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LE NUOVE PROSPETTIVE DELLA TRASPARENZA NEL CREDITO AL CONSUMO

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Indice

Introduzione

La complessità del mercato bancario e finanziario

CAPITOLO I: LA COLLOCAZIONE DELLA

TRASPARENZA TRA NORMATIVA SETTORIALE

E DISCIPLINA GENERALE

1. La “polisemica” nozione di trasparenza.

2. Il confronto semantico-funzionale con la trasparenza del TUF.

3. Le disposizioni della Banca d’Italia in tema di trasparenza.

4. I sottosistemi della trasparenza.

5. La trasparenza “generale”.

6. La speciale forma di trasparenza nei servizi di pagamento.

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6.2. L’informativa contrattuale.

6.3. Le regole sulle spese dell’informazione.

CAPITOLO II: LA TRASPARENZA NEL CREDITO AL

CONSUMO

Premessa.

1. Il tentativo di armonizzazione massima della Direttiva 2008/48/CE.

2. La normativa odierna: le informazioni precontrattuali. – 2.1. Gli

annunci pubblicitari.

2.2. Le informazioni europee di base (IEB).

2.3. Obbligo di assistenza.

3. Requisiti contrattuali: il TAEG.

3.1. La garanzia della forma scritta? Confronto con il TUF.

4. Le forme di recesso dal lato del consumatore.

4.1. Lo Ius Poenitendi.

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3

4.3. L’estinzione anticipata del finanziamento.

5. Il merito creditizio nel meccanismo del “sovraindebitamento del

consumatore”.

5.1. L’inesistenza di un diritto al credito nell’ottica del merito

creditizio.

5.2. Il credito responsabile.

CAPITOLO III: DALLA TRASPARENZA ALLA

CONSULENZA

1. L’attività di consulenza.

2. L’educazione

finanziaria tra iniziative internazionali e

provvedimento delle Authorities.

3. Dalla trasparenza all’educazione finanziaria: profili problematici.

4. La trasparenza come consulenza: conclusioni

.

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Introduzione

LA COMPLESSITA' DEL SISTEMA BANCARIO E FINANZIARIO

Il mercato finanziario è ontologicamente complesso.

La sua complessità deriva principalmente dalla impossibilità da parte

dell'uomo medio1 di conoscere, valutare, ponderare oculatamente le possibilità

offerte dal mercato e soprattutto i rischi insiti in un settore così particolare e così mutevole da essere, forse, realmente compreso da pochissimi soggetti.

Noto è che il mercato finanziario sia scindibile in tre sottoinsiemi: il mercato

mobiliare, il mercato assicurativo ed il mercato bancario2, come noto è anche il fatto

che la spinta propulsiva ed energica verso una tutela del soggetto debole attraverso tentativi di abbattimento di asimmetrie informative con introduzione di discipline

1 Il termine viene utilizzato come una sorta di compromesso, un crocevia che volutamente ingloba in sé aspetti sia del “cliente al dettaglio” disposto dalla MIFID (direttiva 2004/39/CE), del “buon padre di famiglia” del 1176 c.c (diverso dall'idea del pater familias romano), sia del “consumatore” utilizzato nel codice del consumo.

2 La tripartizione così netta è, in realtà, tendenzialmente anacronistica; questo non perché non vi siano più differenze tra “servizi d'investimento, polizze assicurative e contratti bancari, ma invero esistono moltissime realtà (intermediari) che si adoperano in tutti e tre i settori, creando le figura dei

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5

di trasparenza ante e durante l'esecuzione del contratto, sia stata maggiormente

esercitata verso il mercato mobiliare3.

Anche il mercato bancario, peraltro oggi neanche così lontano da quello mobiliare, vive di uno squilibrio conoscitivo in capo al cliente, di un quid pluris informativo in seno alla banca che le permette di essere l'ago della bilancia di un rapporto contrattuale che è per sua natura una deviazione al principio della parità delle parti di matrice civilistica.

Appare evidente come il rapporto tra banca e cliente viva su di una imparità di fondo, una non colpevole impossibilità tecnica (ed economica) del cliente di

reperire il “bene pubblico” dell'informazione4; questa situazione porta ad uno dei

fallimenti del mercato della concorrenza perfetta, ossia le asimmetrie informative.

3 Il mercato mobiliare è sicuramente quello che attira più ingenti quantità di capitali e li espone a rischi più che percettibili non solo di rendite basse, ma di perdite considerevoli; per questo l'informazione ha assunto un ruolo “pedagogico”, con finalità educazionali alla clientela. GRECO,

Il “quid novi” dell'informazione al risparmiatore nell'attenta valutazione della Corte di Cassazione,

in Responsabilità Civile e Previdenza, fasc.6, 2014, pag 1859.

4 La teoria economica definisce bene pubblico un bene caratterizzato da assenza di rivalità nel consumo e non escludibilità del consumo. Si rileva che “l'informazione” necessita di costi di tempo, acquisizione delle competenze e della comparazione costi/benefici; questo vuol dire che se il reperimento dell'informazione fosse in capo ai risparmiatori, solo coloro con molto tempo a disposizioni e buone risorse economiche compirebbero scelte consapevoli, gli altri (la maggioranza)

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6

Il consumatore ha problemi nel raccogliere ed elaborare le informazioni sui prodotti ed i servizi offerti dalla banca con la conseguente impossibilità di capire e valutare quelle stesse informazioni al fine di fare una scelta consapevole.

Il consumatore ha poi un asimmetria che può definirsi contrattuale ossia legata a condizioni di contratto che rendono molto oneroso o impossibile indirizzarsi verso altre offerte5.

Rilevante infine è il costo della giustizia. Agire in giudizio contro una banca e la sua équipe scelta di principi del foro è arduo e dispendioso per le casse del consumatore e le possibilità di vincita oltremodo scarne.

Risulta evidente che il mercato bancario per poter funzionare in un'ottica (mai, ovviamente, paritaria) di quasi equilibrio necessita la conoscenza di informazioni da parte del cliente al fine di creare una controparte consapevole rispetto alla Banca; è stato affermato: “l'investitore che non compie scelte consapevoli, indirizzando i propri risparmi verso strumenti finanziari e servizi d'investimento non meritevoli, secondo gli economisti, crea inefficienza del mercato. Ciò pregiudica non solo il

fluttuerebbe nel non razionale, ossia nel non informato. CALLIANO, Informazione e trasparenza

nei contratti bancari e finanziari tra diritto dei consumatori e nuovo diritto europeo dei servizi bancari e finanziari, in Dottrina e giurisprudenza commentata – Rivista di diritto bancario, estratto

dal n. 11/2014, pagg. 6 e seg.

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risparmiatore, ma anche le stesse imprese, cui il risparmio ad oggi funge da

principale canale di finanziamento”6; un principio legato al settore mobiliare ma

valevole per tutto il panorama finanziario.

Dunque, affinché l'informazione possa arrivare direttamente al consumatore, vista l'impossibilità dello stesso di procurarsela, deve essere la banca a farsene

carico; questo vuol dire non che la banca può rendere conoscibili7 le informazioni

legate ai contenuti del contratto, ma che ha l'obbligo di fornirle al cliente8.

6 AMOROSINO, Manuale di diritto del mercato finanziario, 3 ediz., Giuffrè, 2014.

7 Secondo la dizione del codice civile al 1341 comma 1, dove si esime da responsabilità un soggetto al momento che l'altro poteva conoscere tramite l'ordinaria diligenza le condizioni generali del contratto.

8 Si parla, in proposito, della duty of disclosure degli ordinamenti di Common Law: un elenco dettagliato di informazioni da fornire all'intermediario come base del consenso consapevole

(informed consent principle). AMATO, Per un diritto europeo dei contratti coi consumatori. Problemi tecnici di attuazione della legislazione comunitaria nell'ordinamento italiano e nel Regno Unito, Milano, 2003.

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CAPITOLO I

LA COLLOCAZIONE DELLA TRASPARENZA TRA

NORMATIVA SETTORIALE E DISCIPLINA GENERALE

SOMMARIO: 1. La polisemica nozione di “trasparenza”. – 2. Il confronto semantico-funzionale con la trasparenza del Tuf. – 3. Le disposizioni della Banca d’Italia in tema di trasparenza. – 4. I sottosistemi della trasparenza. – 5. La trasparenza “generale”. – 6. La speciale forma di trasparenza nei servizi di pagamento. – 6.1. L’informativa precontrattuale. – 6.2. L’informativa contrattuale. – 6.3. Le regole sulle spese dell’informazione.

1. LA POLISEMICA NOZIONE DI “TRASPARENZA”

L'aggettivo polisemico9 è quello che meglio racchiude la semplice

complessità della nozione oggetto di trattazione; l'ossimoro evidenzia come sia

immediato definire la trasparenza come qualcosa di limpido, preciso, istantaneamente percettibile; il problema sta nel trasporre la trasparenza nella intricata materia bancaria, dove mai come adesso il cliente necessita di facilitazioni

9CALLIANO, op. cit. pag. 12 che cita LUPOI, Trasparenza e correttezza delle operazioni

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(anche linguistiche) invece di costruzioni dottrinarie ornate da concetti barocchi ed ampollosi.

La trasparenza, nel settore trattato, può considerarsi come una informazione “completa” ed “adeguata”, ampliandosi fino ad assurgere a riequilibrio delle

posizioni reciproche delle parti10; naturalmente può essere scomposto a sua volta il

termine “completo” in informazione “esauriente” e “finita” ed il termine “adeguato” come un'informazione “calibrata sul cliente”.

Vista l'ampia varietà di lemmi contenuti nella lingua italiana, sarebbe forse impossibile arrivare ad un vocabolo ultimo che non ne incorporasse altri al suo interno; pertanto la prima conclusione rilevabile è che non esiste un termine univoco col quale possa definirsi la trasparenza, in particolar modo quella bancaria.

La trasparenza deve essere adattata volta per volta al particolare campo nel quale è chiamata ad agire; da questo punto di vista si parlerà ad esempio di trasparenza contrattuale come “elemento che rende chiari e conosciuti diritti ed obblighi (e spese) gravanti sui contraenti, garantendo così l'integrità di mercati,

10NIGRO, Linee di tendenza delle nuove discipline di trasparenza. Dalla trasparenza alla

consulenza? Saggio contenuto in Diritto della banca e dei mercati finanziari, 2013, pag. 17 che

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attraverso l'offerta possibilità di controllare modalità e contenuti dell'operazione

prima della sua conclusione”11.

Diventa possibile a questo punto uscire da riflessioni socio-filosofiche del termine ed intendere al trasparenza in senso giuridico come “l'indicazione non equivoca dei punti fondamentali e dei termini dell'accordo, dei suoi effetti giuridici

e dei plausibili esiti economici”12.

La trasparenza deve dunque essere affrontata su più fronti, cercando di canalizzarla nelle varie fasi interne ed esterne della banca; sono ravvisabili diversi momenti:

a) una trasparenza interna che rileva ai fini degli asset governativo-dirigenziale dell'intermediario, volta a far circolare informazioni interne con

l'obiettivo di generare cooperazione e risolvere momenti critici13;

11QUADRI, Trasparenza nei servizi bancari e tutela del consumatore, in Nuova

Giurisprudenza Civile e Commerciale, 2011, pag. 90.

12BUONOCORE, Contratti del consumatore e contratti d'impresa, in Rivista di diritto civile, 1995, pag. 26.

13GOLEMAN, BENNIS, O'TOOLE, Trasparency, San Francisco 2008, tradotto Trasparenza.

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b) una trasparenza precontrattuale, come obblighi della banca di informare il cliente di condizioni più vantaggiose ed adeguate al suo profilo;

un comportamento definibile come proattivo e cooperativo14;

c) una trasparenza durante l'esecuzione del contratto, dove la banca deve tenere informato il cliente della sua situazione e di aggiornamenti riguardanti spese e tassi di interesse;

d) trasparenza nella valutazione del merito creditizio, finalizzata a rendere accessibile il credito al consumatore, motivando l'eventuale diniego alla concessione del credito;

e) trasparenza come possibilità di ricorrere a reclami dinnanzi l'ABF15

e risoluzione stragiudiziale delle controversie, doverosa considerazione di insoddisfazioni derivanti da carente osservanza della trasparenza stessa.

14CAPOBIANCO, Gli obblighi di protezione nella contrattazione bancaria, in Contratti e

Impresa, 2012, pag. 32 ss.

15L' arbitro bancario finanziario ha visto aumentare considerevolmente il suo operato, a scapito di una giurisprudenza sempre più assente nell'ambito della materia bancaria. Vedi RUPERTO,

L'arbitro bancario finanziario, in Banca borsa titoli di credito, 2010, 35 e ss.; POLETTI, La responsabilità della banca per diniego del credito nelle decisioni dell'ABF, in Responsabilità civile e previdenza, fasc.5, 2014, pag.1416B e seguenti.

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2. IL CONFRONTO SEMANTICO-FUNZIONALE CON LA TRASPARENZA DEL TUF

Il concetto di trasparenza viene richiamato, ed è ovvio, anche nella legge 24 Febbraio 1998 che introduce il Testo Unico della Finanza, dove all'art. 21, al punto

a) del comma 1, tra gli oneri comportamentali richiesti agli intermediari, oltre la

diligenza e la correttezza, si puntualizza trasparenza, in maniera non troppo dissimile dall'art. 127 del d.lgs. 385 del 1993 (come riformulato dal d. lgs.

141/2010)16.

Visti i notevoli punti di contatto che intercorrono tra la disciplina finanziaria e quella bancaria, non ultimo la banca stessa che svolge un ruolo preponderante in entrambi i settori, non appare strana la disposizione dell'art. 21 TUF; le finalità alla base delle discipline sono però diverse.

La trasparenza bancaria nasce come sistema di abbattimento di asimmetrie informative, di riequilibrio delle parti contrattuali e di canale conoscitivo a vantaggio del cliente; invero nessuno dubita che dette finalità siano state, e siano tutt'oggi, alla base della disciplina anche nel TUF; ma la ratio principale nell'ambito

16“Le Autorità creditizie esercitano i poteri previsti dal presente titolo avendo riguardo, oltre che alle finalità indicate all'art. 5, alla trasparenza delle condizioni contrattuali e alla correttezza dei rapporti con la clientela”.

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finanziario è la “integrità dei mercati”17, una finalità macroeconomica volta a

garantire il regolare scambio di beni e servizi d'investimento in mercati anche transfrontalieri.

Dunque, pur se affrontate in maniera simile sotto l'egida da una parte della Banca d'Italia e dell'altra della Consob, la trasparenza finanziaria vive della peculiarità che contraddistingue il suo settore, dove ingenti quantitativi di capitali vengono spesso da una persona, banca, Stato da un continente all'altro e dove i rischi per i piccoli (e disinformati) risparmiatori aumentano considerevolmente; questo porta ad una traduzione della trasparenza come strumento per evitare che l'investitore si orienti in prodotti a lui non consoni, rischiosi, non adeguati.

Questo terreno è particolarmente calcato in ambito finanziario dall'entrata in vigore della direttiva 2004/39/CE, conosciuta come direttiva MIFID, che ha

tipizzato regole comportamentali18, che devono essere poste in essere dalla banca

(SIM, SGR...) o dai suoi promotori in caso di offerta fuori sede, volte a delineare un personal profile dell'investitore, prendendo consapevolezza di quelle che sono

17QUADRI, op. cit. pag. 97; vedi anche GOBBO, La disciplina dell'informazione nei contratti

di investimento: tra responsabilità (pre)contrattuale e vizi del consenso, in Giurisprudenza Commerciale, fasc.1, 2007, pag. 103.

18Si allude ai test di adeguatezza, per quanto riguarda la gestione di portafogli e la consulenza in materia di investimenti, e test di appropriatezza per quanto riguarda i servizi d'investimento diversi dai due testé riportati.

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le sue conoscenze del settore, le sue disponibilità economiche e i risultati (con attenzione all'arco temporale) ottenibili.

Pertanto anche nel mercato finanziario si è creato il bisogno, avvertito anche se non con la stessa intensità nel mondo bancario, di una categoria di investitori

responsabili, capaci ed informati sui rischi del mercato con la finalità, appunto, di

garantire il regolare svolgimento di quest'ultimo; la conoscenza, nella species delle informazioni che l'intermediario deve dare al cliente, permettono di aumentare la sua consapevolezza e ragionevolezza, dandogli modo di razionalizzare le sue scelte.

La conclusione poggia su due linee guida: da un lato la trasparenza del mercato finanziario nasce con uno scopo diverso che potrebbe essere definito

macroeconomico di tutela del mercato e di regolarità degli stessi, dall’altro lato la

trasparenza bancaria è orientata principalmente a garantire “chiarezza”19 ad un

settore che vede la partecipazione di un gran numero di soggetti non consapevoli delle reali insidie delle regole applicate dalla Banca in un'ottica spesso (ma non sempre) microeconomica, ossia calibrata sulle scelte del piccolo consumatore.

19Nell'accezione binomica di comprensibilità e percepibilità come esaustivamente descritta da MORERA, Sul concetto di chiarezza nei rapporti bancari, saggio in Diritto della banca e dei

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3. LE DISPOSIZIONI DELLA BANCA D'ITALIA IN TEMA DI TRASPARENZA

Utilizzando il canone della trasparenza come chiave di lettura finalizzata ad una tutela del consumatore (e non solo), il passo più importante viene compiuto dalle disposizioni della Banca d'Italia con il provvedimento del 29 Luglio del 2009

che, insieme al d. lgs. 141 del 13 Agosto 2010 (CCD)20 in attuazione della direttiva

2008/48/CE e al d.lgs. 27 Gennaio 2010, n. 11 in attuazione della direttiva 2007/64/CE sui servizi di pagamento (PSD), creano un complesso di riferimenti sulla trasparenza tra loro differenziati.

Il merito maggiore della disposizione della Banca d'Italia in loco alla tutela del consumatore è stata quello di uscire dai canoni tipici fino a quel momento proposti: obblighi di informazione dati perché devono essere dati, senza curare l'aspetto comprensivo del rapporto negoziale dal lato del cliente.

Questa disposizione cerca di uscire da quest'ottica, inquadrando la trasparenza come strumento per “far comprendere”, non solo conoscere, al fine di creare un

soggetto consapevole delle scelte che pone in essere21; la Banca d'Italia arriva

20Viene riformato il Capo II in materia dei credito al consumo, che diventa “credito ai consumatori”.

21BRODI, Dal dovere di far conoscere al dovere di far “comprendere”: l'evoluzione del

principio di trasparenza nei rapporti tra impresa e consumatori, in Banca borsa titoli di credito,

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finalmente ad aver contezza di come il regolare svolgimento e funzionamento del mercato concorrenziale non sia assicurato solo dal controllo sulla sana e prudente gestione, dai controlli sulla corporate governance bancaria e sulla trasparenza delle

partecipazioni di controllo dalle stesse banche detenute22; la partita più importante

deve invece essere giocata sul piano della trasparenza contrattuale e (soprattutto) precontrattuale negoziale.

Il Capo I del Titolo IV del provvedimento della Banca d'Italia del 29 Luglio 2009, come sostituito con provvedimento 15 Febbraio 2010, è il vademecum della trasparenza cosiddetta generale, ossia di operazioni e servizi bancari e finanziari, che vanno a specificare la normativa del TUB (art. da 115 a 120).

La sconfortante assenza del legislatore nella regolamentazione di questa materia, che è stata completamente delegificata, fa riflettere in merito a come l'idea di armonizzazione massima (linea generale europea e specificazione nazionale) sia stata disattesa, in quanto se è pur vera l'elevata competenza tecnica della Banca d'Italia, una disciplina così importante quale quella della trasparenza avrebbe dovuto avere alle spalle un sostrato di rango primario, o almeno una diretta partecipazione del Governo.

22MINTO, Assetti organizzativi adeguati e governo del rischio nell'impresa bancaria, in

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La Banca d'Italia, mossa dall'intento di semplificare gli adempimenti del cliente e una più corretta informazione per lo stesso, introduce degli “strumenti di trasparenza”, in linea con gli articoli del TUB (115 e ss.); viene previsto un generale dovere di redazione dei documenti informativi la effettiva completezza, chiarezza e

comprensibilità delle informazione seguito da un prontuario con destinatari le

banche al fine di redigere documenti di semplice terminologia e facile lettura,

riferendosi a disposizioni di “agevole ed immediata percepibilità”23; si introduce il

documento di sintesi, ossia un formulario sui diritti della clientela che unifica tutta

la normativa vigente24; sono introdotte guide informative sui prodotti bancari che

ne descrivono le peculiarità; viene deciso che i fogli informativi devono essere esposti nei locali delle banche o sui siti internet.

Il foglio informativo riveste un ruolo di primaria importanza, perché da un lato prevede al suo interno le informazioni sull'intermediario, le caratteristiche dei prodotti e le clausole contrattuali, peraltro limitate solo a ciò che realmente interessa

al cliente25 e dall'altro lato le condizioni economiche; queste sono normalmente

divise in due parti: una standard dove rilevano i dati più importanti, tra cui l'ISC (Indice Sintetico di Costo) che esprime il presumibile costo annuale complessivo del prodotto (parametrato sul rapporto costi – frequenza/utilizzo del cliente); viene

23MORERA, op. cit., pag. 435.

24Ad esempio nel codice del consumo, in leggi speciali o altre disposizioni.

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considerato il diritto da parte del cliente di richiedere copia del testo contrattuale

idoneo alla stipula o il documento di sintesi, dove la consegna è gratuita26, si parla

in proposito della copia della bozza di contratto; viene allegato ai contratti il

documento di sintesi, che riproduce i contenuti del foglio informativo; il documento

di sintesi è contenuto anche nell'estratto conto, a dimostrazione di come la Banca d'Italia abbia ritenuto doveroso far perdurare l'informativa oltre la fase precontrattuale e durante tutta l'esecuzione del rapporto.

Una delle critiche mosse a questa complesso di disposizioni attiene alla fase precontrattuale, nello specifico considerando come fogli informativi e documenti di sintesi restino gli stessi per tutti i prodotti o contratti bancari, quando i bisogni

informativi legati ai vari prodotti sono assai diversi27, non potendo considerare

bisognosi delle stesse informazioni il cliente che si impegna in un mutuo che presenta esborso elevato, lungaggine del rapporto, rischio elevato, margini di negoziazioni con la banca rispetto al cliente che chiede un finanziamento, dove la breve durata e la scarsa percezione del rischio configurano un basso potere di incidere del cliente stesso; pertanto di cui a contratti lunghi e complessi

26Ad eccezione dei contratti di finanziamento, ove il cliente “o ottiene copia del contratto da stipulare pagando una somma non eccedente la spesa di istruttoria, oppure ottiene la consegna gratuita dello schema contrattuale senza le condizioni economiche”.

27CARATELLI, La trasparenza dei rapporti negoziali tra banche e clienti: fabbisogni

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l'informativa dovrebbe essere dettagliatissima, per gli altri potrebbero essere solo meri sunti di elementi portanti.

Altra innovazione della disciplina in auge è la creazione di tre fasce28 di

clientela:

a) consumatori29;

b) clientela al dettaglio (oltre ai consumatori, professionisti, artigiani, enti senza scopo di lucro, microimprese);

c) altre imprese.

La suddivisione appare finalizzata a differenziare la normativa degli indicatori sintetici di costo, laddove non si prevede l'ISC nei fogli informativi dei c/c per i clienti diversi dai consumatori; solo i clienti al dettaglio devono ricevere indicazione dell'ISC in fogli informativi e documenti sintetici per le aperture di

28Secondo un sistema definibile ad ascensori con possibilità di “salire e scendere da una fascia all'altra” creato dalla Direttiva MIFID. PAVIRANI, La dichiarazione di operatore qualificato alla

luce dell'evoluzione normativa e giurisprudenziale, in www.dirittobancario.it. Vedi anche

CAMPOBASSO, Classificazione dell'investitore come “cliente professionale” e imputazione di

conoscenza, in, Banca borsa e titoli di credito, fasc. 6, 2012, pag. 827.

29Che il codice del consumo all'art. 3 comma 1 definisce “la persona fisica che agisce per scopi estranei alla attività' imprenditoriale, commerciale, artigianale o professionale eventualmente svolta”.

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credito e solo i clienti al dettaglio ricevono nell'estratto conto di fine anno il riepilogo delle spese globali.

Difficile, pertanto, è trovare la logica che spinge a non rendere obbligatorio ad esempio l'ISC per le anticipazioni bancarie e non per le aperture di credito destinate alle imprese; o l'ISC è utile alla imprese ed allora deve essere esteso anche ai fidi,

o è inutile ed allora è inspiegabile la differenziazione di trattamento30.

La disposizione della Banca d'Italia, nonostante alcuni punti discutibili prontamente rilevati dalla più attenta dottrina, mostra di essere un rafforzamento importante dal lato del cliente nell'ottica di miglioramento del regime della trasparenza.

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4. I SOTTOSISTEMI DELLA TRASPARENZA

La disciplina della trasparenza bancaria è oggi contenuta nel Titolo VI del TUB intitolato “Trasparenza delle condizioni contrattuali”, ma è ben lungi dal poter essere considerata una disciplina unica ed omogenea; difatti due interventi del 2010 hanno incrementato e differenziato il previgente regime, specializzandolo e tripartendolo.

Il d.lgs. 27 Gennaio 2010 n. 1131 introduce nel Titolo VI il Capo II-bis (artt da

126-bis a 126-octies) denominato “Servizi di pagamento”; il già noto d.lgs. 13 Agosto 2010 n.141 (a sua volta corretto dal d.lgs. 18 Dicembre 2010 n. 218) introduce la disciplina del credito ai consumatori riformando il Capo II intitolandolo

“Credito ai consumatori”32 ed adotta alcune modifiche alla parte generale del Capo

I (“Operazioni e servizi bancari e finanziari”)33.

31In attuazione della direttiva 2007/64/CE conosciuta come la payment services directive

(PSD).

32Prima del 2010 era intitolato “Credito al consumo”.

33Sono modifiche basate su un imprinting di coordinazione ed armonizzazione. Alla legge delega7 Luglio 2009 (sull'adempimento degli obblighi dell'Italia derivanti dall'appartenenza alla comunità europea) si prevede di evitare sovrapposizioni normative, coordinando le norme del TUB con altre disposizioni legislative vertenti su operazioni e servizi bancari, come la legge 4 Agosto 2006 n. 248 sul rilancio economico, la legge 2 Luglio 2007 n. 40 sulla tutela dei consumatori e legge

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La disciplina della trasparenza bancaria interviene su carenze normative ben note, come la quasi assenza di una disciplina speciale dei contratti bancari nel codice civile, la necessità di incrementare meccanismi concorrenziali tra le Banche ed evitare abusi di potere delle stesse verso la clientela, allineandosi alle disposizioni europee al fine di creare un sistema sempre più tecnicizzato.

La dottrina rileva in proposito che la normativa europea ha portato alla tripartizione della trasparenza; ma più che rendere speciali il credito al consumo e i servizi di pagamento (che rivestono all'interno della banca ruoli di prim'ordine),

ha reso residuale la disciplina della trasparenza in generale34, senza contare che la

normativa di matrice europea esprime scelte comunitarie improntate sull'armonizzazione massima che, dunque, non ammettono deroghe, seppure in

melius35.

Risulta difficile poter parlare di un sistema uniforme, vista la miscela di legislazione nazionale ed europea, ma sono comunque ravvisabili possibili punti di

contatto che fanno propendere verso una “comunicabilità” tra i sottosistemi36,

28 Gennaio 2009 n. 2 su famiglie, lavoro ed occupazione; eliminare le disarmonie tra i sottosistemi; riformare la disciplina della trasparenza sulla scia di un armonizzazione massima con l'UE.

34MIRONE, op. cit., pag. 380.

35CALLIANO, op. cit., pag. 15.

36 DOLMETTA, Trasparenza dei prodotti bancari. Regole, Bologna, 2013. Il punto è condiviso anche da NIGRO e MIRONE.

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permettendo in via esegetica di poter applicare la normativa generale della trasparenza per analogia alle lacune normative dei servizi di pagamento e del credito ai consumatori e di “rinvenire all'interno di queste ultime disposizioni di carattere generale costituenti principi normativi di settore applicabili a tutta la normativa

bancaria”37.

Un'ultima considerazione volge di nuovo al mercato finanziario ed un più che percettibile quarto sottosistema: quello dei servizi d'investimento.

I servizi d'investimento che oggi occupano una buona parte dell'attività bancaria, subiscono la disciplina della trasparenza di cui all'art. 21 TUF; le regole di trasparenza per i servizi, gli strumenti e i prodotti finanziari che hanno finalità di investimento sono infatti contenute nel TUF e la disciplina d'attuazione è emanata

dalla Consob38. La disciplina così regolata è semplice: la Banca, quando offre la

prestazione di servizi d'investimento, deve sottostare agli obblighi informativi e alla

37 MIRONE, op. cit., pag. 381

38 Nella “Trasparenza delle operazioni dei servizi bancari e finanziari” emanate dalla Banca d'Italia si legge: “Secondo quanto previsto dall'articolo 23, comma 4, del T.U.F., le disposizioni non si applicano ai servizi e alle attività di investimento né al collocamento di prodotti finanziari e alle operazioni e servizi che siano componenti di prodotti finanziari, sottoposti alla disciplina della trasparenza prevista dal medesimo T.U.F., salvo che si tratti di operazioni di credito al consumo disciplinate ai sensi del titolo VI, capo II, del T.U.”.

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24

disciplina della trasparenza di cui all'art. 21 del Tuf, esattamente come qualunque altro soggetto abilitato.

Più problematico è valutare la disciplina applicabile nel caso di prodotti

composti, ossia gli “schemi negoziali composti da due o più contratti tra loro

collegati che realizzano un'unica operazione economica”; la Banca d'Italia è chiara sull'argomento: deve essere tenuta in considerazione la finalità dagli stessi perseguita; pertanto se la combinazione di tali prodotti realizza una finalità

esclusiva o preponderante di investimento, sarà applicata la normativa del TUF sia

al prodotto nel suo complesso, quanto alle singole parti dello stesso (salvo che queste ultime non costituiscano operazioni di credito al consumo); se la finalità

esclusiva o preponderante non è quella di investimento, sarà applicata la

trasparenza generale all'intero prodotto qualora fosse finalizzato a servizi ed operazioni bancarie; se invece il prodotto non avesse finalità né di investimento né

di servizi ed attività bancaria39, alle sole componenti del prodotto riconducibili a

servizi e operazioni bancarie si applicherà la trasparenza bancaria generale.

39La dottrina avanza l'ipotesi di una finalità assicurativa. MARINI, La nuova disciplina della

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25

5. LA TRASPARENZA “GENERALE”

La trasparenza “generale” altro non è che quella disposta nel Testo Unico Bancario al Capo I Titolo VI, disciplinante le operazioni e servizi bancari e

finanziari; già all'art. 115 si esclude l'ambito di operatività di detta disciplina da

quelle speciali del credito ai consumatori e dei servizi di pagamento, a dimostrazione di come il legislatore europeo tenesse particolarmente a riservare per queste ultime una disciplina particolare ad ampio raggio.

La trasparenza permea ogni norma del Capo I; l'art. 116 sulla pubblicità prevede che “le banche e gli intermediari finanziari rendono noti in modo chiaro ai clienti i tassi di interesse, i prezzi e le altre condizioni economiche relative alle operazioni e ai servizi offerti, ivi compresi gli interessi di mora e le valute applicate per l'imputazione degli interessi”, mostrandosi in piena sintonia con la normativa secondaria.

La forma scritta della corresponsione degli interessi è un passo importante che regolarizza finalmente una delle lacune codicistiche legate ai contratti bancari: dal combinato disposto dell'art. 1284 c.c sul saggio degli interessi legali con l'art. 1815

c.c sull'obbligatorietà degli interessi nel mutuo40 il legislatore, in sostanza “stabiliva

un triplice regime per la convenzione degli interessi: la prima ipotesi è quella della corresponsione degli interessi in misura pari al tasso legale nel caso in cui il

40Mutuo che veniva assunto dal legislatore quale prototipo del contratto di finanziamento o del contratto di credito. SIMONETTO, I contratti di credito, Padova, 1994.

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mutuante ed il mutuatario li avessero convenuti ma senza determinarne la misura (attraverso il riferimento dell’art. 1815 all’art. 1284 secondo comma c.c.); la seconda ipotesi allorquando le parti avessero stabilito la misura degli interessi convenzionali ma questa non fosse stata superiore al tasso degli interessi legali, ed in questo caso la convenzione poteva essere effettuata verbalmente; la terza ipotesi quando le parti avessero stabilito un tasso di interesse superiore a quello legale: e in questo caso il saggio degli interessi doveva essere determinato per iscritto

altrimenti questi sono dovuti nella misura legale”41.

Questo vuol dire che fino al 1993 l'obbligo di forma ab substantiam per gli interessi era previsto solo in caso di determinazione degli interessi in misura superiore rispetto al tasso legale, potendo così concludere che questa disposizione ha posto fine alla libertà di forma dei contratti bancari, in special modo dei contratti di credito; libertà di forma che stona con una disciplina chiara e trasparente alimentando il divario conoscitivo tra banca e cliente.

Di particolare importanza è poi l'articolo 117 nel prevedere al primo comma che “i contratti sono redatti per iscritto e un esemplare è consegnato ai clienti”, lasciando poi al CICR la possibilità, per motivate ragioni tecniche di stabilire quando particolari contratti possono non necessitare di forma solenne.

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L'accezione “contratti” fa propendere verso un'idea di forma scritta che accolga qualunque tipo di contratto bancario, non solo quelli di credito, in ragione di un'interpretazione anche sistematica; invero il Capo è intitolato Operazioni e Servizi Bancari, pertanto non si parla solo di contratti ma di qualunque servizio, anche accessorio (finalizzato all'esecuzione di un contratto già esistente), posto in

essere dalla Banca42.

Nulla quaestio sulla nullità del contratto in caso di violazione di forma scritta;

la giurisprudenza e negli ultimi anni l'ABF sono concordi sul punto43. Essenziale,

oltre la forma scritta del contratto, è la sottoscrizione di entrambe le parti, pur con “riproduzione meccanica di atti” (quali ad esempio un documento grafico in pdf)

purché ne sia verificabile la provenienza44.

La copia del contratto deve essere successivamente consegnata al cliente; quello che sembra un rafforzativo della forma scritta, esplicandosi solo a contratto già concluso, può assurgere ad una (non mera) finalità di controllo ex post dell'operato della banca da parte del cliente, se concretamente la banca fa quanto

42INZITARI, op. cit., pag. 14.

43ABF Milano, 19 Aprile 2011; ABF Roma, 28 Marzo 2013; ABF Napoli, 18 Aprile 2013 tutte in www.ilcaso.it.; Trib. Reggio Emilia 13 Giugno 2013 in www.dirittobancario.it; Cass. Civile sez. II, 14 novembre 2012, n. 19934 in Magistra banca e finanza; Cass. Civile sez. III, 22 Maggio 2015, n. 10545.

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pattuito, elevando così la trasparenza ad una funzione di “supervisore responsabile” ancora non preso in considerazione nella trattazione dell’argomento.

Sempre in clima di esaltazione della trasparenza, al sesto comma dell'art. 117

si pone fine45 ai cosiddetti interessi su piazza, ossia condizioni praticate usualmente

dalle aziende di credito sulla piazza per la determinazione del tasso di interesse; si riteneva compatibile con la disciplina del 1284 c.c. il richiamo operato dalle parti, per iscritto, a prestabiliti criteri o elementi estrinseci, purché obiettivamente e sicuramente individuabili, tali da consentire la concreta individuazione del tasso

convenuto46. Questo perché la giurisprudenza fino ai primi anni '90 riteneva che gli

interessi su piazza fossero “un criterio di determinabilità oggettivo, certo e di

agevole riscontro”47, affermando come il cliente “al momento della stipulazione del

contratto, è in grado di sapere, secondo l’ordinaria diligenza, che gli interessi sono suscettibili di variazione nel tempo in relazione alle determinazioni del cartello

45Invero, il merito è della legge 154 del 1992, trasposta poi nel T.U.

46MANTOVANO, La nullità della clausola <uso piazza> nel rapporto di conto corrente

bancario, in I singoli contratti, 2010, pag. 408 e ss.

47Cass. 30 maggio 1989, n. 2644, in Giust. Civ., 1989, I, 2034; Trib. Milano, 25 maggio 1989 e Trib. Milano 11 gennaio 1990 in www.ilcaso.it,; Cass. 7 marzo 1992, n. 2765, in Banca borsa titoli

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interbancario ed è in grado, nel corso del rapporto, di verificare l’andamento degli

stessi, adeguando di conseguenza il proprio comportamento”48.

Il criterio degli interessi per relationem cessa con il TUB (che incorpora la legge del 1992); la previsione di nullità del rinvio agli usi ha il carattere di divieto teso ad escludere radicalmente che, alla determinazione del contenuto del contratto bancario, possano concorrere fonti il cui contenuto venga espresso all’esterno dello stesso contratto, in forme che non “siano controllabili direttamente nel testo scritto (a pena di nullità), escludendo ogni forma di eterointegrazione attraverso fonte

consuetudinaria del contratto stesso49”.

All'art. 118 è disposto lo ius variandi come potere di modificare unilateralmente clausole del contratto; questa disposizione rappresenta una vistosissima eccezione ai principi civilistici secondo cui il contratto può essere

sciolto o modificato soltanto per “mutuo consenso”50. Viene previsto, anzi

confermato, dal Testo Unico, che quando nel contenuto del contratto e nella formazione dello stesso è stata osservata la disposizione di cui all’art. 117 comma quinto e cioè la previsione espressamente contenuta nel contratto di variazione

48Cass. 20 aprile 1994, n. 3764, in Rep. Foro.it., 1994, voce Interessi, n. 7; Cass. 25 giugno 1994, n. 6113, in Giustizia civile, Massimario, 1994, 6; Cass. 1 settembre 1995, n. 9227, in

Fallimento, 1996, I, 163.

49INZITARI, op cit., pag. 16.

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unilaterale in senso sfavorevole e l’apposita clausola è stata approvata specificatamente per iscritto, la banca può esercitare la facoltà di modificare unilateralmente il tasso, il prezzo e le altre condizioni del contratto; peraltro non si ravvisano particolari controlli sull'operato bancario, se non quelli inerenti alla

buona fede; il cliente ha solo un diritto ad essere informato almeno due mesi prima

su un supporto cartaceo o altri supporto durevole recante il tutt’altro che ambiguo titolo di “Proposta di modifica unilaterale del contratto” ed il potere di recedere entro la data di applicazione senza spese, in quanto se non recede la clausola si intende approvata (2° comma). Qui la trasparenza non funge da riequilibrio delle parti, non permette ad esempio la proposta di modifica unilaterale in capo al cliente, ma si trasforma in uno strumento volto ad evitare l'applicazione di una clausola (non vessatoria) ma probabilmente peggiorativa (sennò perché disporla unilateralmente?) della situazione del cliente.

L'ultimo elemento interessante per una disamina completa sulla trasparenza cosiddetta generale è il diritto di recesso.

L'articolo 120-bis statuisce la possibilità per il cliente di recedere in qualunque momento da un contratto a tempo indeterminato senza penalità né spese risolvendo, con l'accezione indeterminato, dubbi esegetici avutisi con la legislazione

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precedente51; per i contratti a tempo determinato la facoltà di recesso spetta al

cliente solo se preventivamente pattuita a norma dell'art. 1373 c.c52.

In una valutazione finale del diritto di recesso ex art. 120-bis, ossia se così come è stato previsto possa essere considerato come uno strumento utile di trasparenza, può sollevarsi il problema che se il cliente fosse debitore della banca, nel momento in cui esercita il recesso è obbligato a restituire la somma di cui è debitore; così se il recesso fosse conseguenza dello ius variandi, dovrebbe essere valutato attraverso il canone della buona fede il comportamento della banca, poiché “la facoltà di recedere del cliente non sembra poter bilanciare di per sé le condizioni particolarmente onerose o sfavorevoli che la banca dovesse imporre

improvvisamente al cliente”53, in quanto sia il dovere di restituire un debito sia l'onere di rintracciare nuovi intermediari sul mercato sono totalmente in capo al cliente.

51La legge n. 248 del 2006 (decreto Bersani) utilizzava il termine ambiguo di contratti di durata rendendo talvolta problematico inquadrare contratti di mutuo a lungo termine.

52Per quanto riguarda l'estinzione anticipata del mutuo fondiario non possono essere previste spese né penalità; nelle altre ipotesi di estinzione anticipata di mutuo può invece prevedersi un corrispettivo o penalità. MUCCIARONE e SCIARRONE ALIBRANDI, Il recesso del cliente dai

contratti bancari dopo il d. lgs. n. 141/2010: questioni di coordinamento, in Banca, borsa, titoli di credito, 2012.

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Dalla disciplina testé riportata emerge ancora una volta che la trasparenza non può considerarsi un fine, in quanto non si può palare di trasparenza come un corpus autonomo e divisibile dai vari ambiti nella quale essa si esplica; più corretto, dunque, è definirla come il mezzo (scomponibile in ogni aspetto precontrattuale e contrattuale) per raggiungere un determinato obiettivo, nel caso specifico equilibrio (forse utopico) delle parti nei contratti bancari.

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6. LA SPECIALE FORMA DI TRASPARENZA NEI “SERVIZI DI PAGAMENTO”

La disciplina dei servizi di pagamento, così come la disciplina speciale del

credito ai consumatori, ha una paternità europea54 che viene reperita dal d.lgs. 27

Gennaio 2010 a modifica il capo VI del T.U, introducendo nuove disposizioni tutte confinate nell'art. 126 (dal bis al novies) secondo una tecnica già utilizzata dal

legislatore nel merito del processo civile55; infine il 20 Giugno 2012 sono state

emanate recenti disposizioni dalla Banca d'Italia che vanno ad integrare la disciplina del 2009.

Affinché un istituto preposto alla prestazione di servizi di pagamento si veda applicare le regole del presente Capo, occorre che sia localizzato (ergo offra i suoi servizi) nello Spazio economico europeo utilizzando l'euro o altre monete ufficiali dell'Unione come valuta.

I soggetti protagonisti del servizio di pagamento non sono più l'intermediario ed il consumatore, ma il prestatore e l'utilizzatore dei servizi di pagamento.

Fin da subito va chiarito che il servizio di pagamento può essere la predisposizione od esecuzione di una o più operazioni tra loro isolate; ma può anche

54Titolo III della Direttiva 2007/64/CE.

55Difatti al momento dell'introduzione della tutela cautelare nel c.p.c. si preferì non aggiungere articoli nuovi, ma spezzettare il 669 in vari subarticoli.

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essere l'esecuzione programmata di un rapporto stabile da collocarsi a monte delle stesse, ossia un contratto-quadro. Sulla natura dell'obbligazione programmata da un contratto quadro, parte della dottrina ha cercato di classificarla come operazione

contrattuale, discostandosi dal considerarla operazione meramente esecutiva56; altra

dottrina invece propende per una visione più analitica, evidenziando una

“sostanziale eterogeneità” degli strumenti giuridici che realizzano tali operazioni57.

La disciplina trattata ha peraltro applicazione più restrittiva rispetto alla trasparenza generale, poiché per consumatori e micro-imprese è sempre derogabile

in melius, assimilando “il bisogno di tutela della microimpresa a quello del

consumatore”58, lasciando al prestatore del servizio l'onere di aver adempiuto

correttamente agli obblighi.

La predisposizione una disciplina apposita di trasparenza in materia di servizi di pagamento nasce dalla volontà di cautelare le scelte contrattuali della clientela

56TROIANO, Contratto di pagamento, in Enc. Dir., Annali, Milano, 2012, pag. 406 e ss.

57ONZA, La trasparenza dei servizi di pagamento in Italia (un itinerario conoscitivo) in Banca

borsa e titoli di credito, fasc. 5, 2013, pag. 577.

58Questo concetto, oltre ad emergere direttamente dal 20° considerando della Direttiva 2007/64/CE, è stato trattato da molti autori che condividono l'idea di una “incompetenza finanziaria” in capo alla micro-impresa. Sul punto ROPPO, L'utenza nei servizi di pagamento: consumatori?

Professionisti? Clienti? In Banca borsa e titoli di credito, fasc. 5, 2013; PAGLIANTINI, Il nuovo regime di trasparenza nella direttiva dei servizi di pagamento, in Contratti, 2009.

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(retail) in settori particolarmente complessi come quello oggetti di trattazione; l'eccessivo tecnicismo abbisogna di un diritto all'informazione stabile e malleabile sulle diverse situazioni in loco dei diversi sistemi di pagamento.

Il consumatore e la micro-impresa, cui la disciplina riconosce una tutela particolare, lungi dalle logiche e dai mezzi tecnico-legali della quale dispongono le grandi imprese, sono inseriti nella logica garantistica della tutela della clientela, poiché vivono di una incompetenza finanziaria.

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6.1. L'INFORMATIVA PRECONTRATTUALE

L'informativa precontrattuale dei servizi di pagamento parte in un momento antecedente la stipulazione del contratto-quadro, dove il ruolo cardine in adempimento dei doveri di informazione è svolto dal foglio informativo e dal

documento di sintesi.

Il foglio informativo evidenzia il prestatore e le “caratteristiche astratte59 del

servizio offerto, con possibilità di includervi anche i servizi accessori; il foglio informativo costituisce dunque il vero e proprio documento dell'offerta al pubblico ed è messo a disposizione della clientela tramite filiali o siti internet, con la finalità di far comprendere al cliente i termini complessivi del contratto, in

contrapposizione con altre offerte di mercato60.

Il documento di sintesi viene redatto successivamente alle trattative ma prima della stipulazione del contratto, per fornire al cliente un panorama chiaro e dettagliato delle norme che lo stesso si vedrà applicare; sono dunque informazioni

59Intese come indipendenti dal cliente, informazioni impersonali.

60Il provvedimento della Banca d'Italia 20 Giugno 2012 ha previsto un contenuto minimo di fogli informativi, comprensivi di informazioni sull'intermediario e sulle caratteristiche e rischi tipici dell'operazione e del prodotto, includendovi anche le condizioni economiche offerte e le clausole contrattuali riguardanti il diritto di recesso spettante alle parti e tempi massimi entro la quale avvalersene.

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personali che adattano al cliente il servizio prestato61; le informazioni che devono

essere rese al cliente prima della sottoscrizione del contratto devono essere

parametrate al grado di relazione tra banca e cliente62.

Nella pratica è assai frequente che le condizioni offerte al pubblico siano standardizzate, rendendolo impersonali e pertanto non modificabili; questo porta ad una equiparazione, per non dire sovrapposizione tra documento di sintesi e foglio informativo, che vengono dunque a coincidere.

Il nuovo provvedimento chiarisce come il documento di sintesi debba essere il

“frontespizio del contratto”63; pertanto se l'offerta o l'operazione non sono in alcun

modo personalizzabili, il frontespizio del contratto sarà costituito dal foglio informativo.

Il paradosso è costituito proprio dal fatto che, nonostante la possibilità astratta (e concreta) di personalizzazione del contratto, nella fase precontrattuale il contratto rimane predisposto e oggettivo: predisposto in quanto le informazioni ante contratto non si applicano alla formazione dei contratti non redatti dal prestatore dei servizi di pagamento; oggettivo perché alcuni servizi non sono personalizzabili e il

61ONZA, op. cit., pag.583.

62BASSO, Informazioni relative ai servizi di pagamento e ai contratti, in La nuova disciplina

dei servizi di pagamento, Torino, 2011.

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prestatore non ha alcun obbligo di individuare l'offerta più adeguata al cliente64.

Autorevole dottrina non condivide la visione oggettivistica e standardizzata ivi

proposta65.

Nell'ambito delle singole operazioni di pagamento il cliente deve necessariamente essere informato sulle caratteristiche delle possibili operazioni di pagamento, in una fase antecedente alla stipulazione delle stesse; questo può indistintamente avvenire con esposizione pubblica nei locali del prestatore ovvero virtuale tramite siti internet, disponendo che il cliente, ove ne faccia richiesta, possa ottenere la fissazione delle condizioni su carta o altro supporto equivalente; nella sporadica ed occasionale operazione di pagamento cessa la distinzione tra informazione personale e impersonale.

64Sul punto vedi ONZA, op. cit., pag. 585;

65Critico sull'oggettività della fase precontrattuale FERRO-LUZZI, Lezioni di diritto bancario

3, I, Torino, 2012, pag. 158 ss. L'autore afferma che “nei contratti bancari, l'individuazione concreta

del cliente e delle sue caratteristiche personali, economiche... sono dati essenziali: perciò il contenuto di essi non è, né può essere totalmente predeterminato, occorrendo completarlo in occasione della singola stipula”.

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6.2. INFORMATIVA CONTRATTUALE

Una volta che il contratto viene stipulato, la trasparenza si sostanzia in un aggiornamento, talvolta più generale talvolta più minuzioso, sulle condizioni economiche attuali e su quelle precontrattuali; prima di ogni singola operazione programmata, il cliente ha facoltà di richiedere chiarimenti e dettagli su costi e tempi di esecuzione nonché di ottenere una ricevuta attestante l'esecuzione di ogni operazione di pagamento (se isolata) sostituibile da comunicazione periodica in caso di operazione programmata.

Pleonastico (ma non troppo) appare la ripetizione della corretta, chiara66 ed

esauriente informazione contrattuale, proporzionata alle conoscenze del cliente, in

lingua italiana salvo diversa pattuizione.

La garanzia contrattuale trova il suo corollario, armonizzandosi in questo con la disciplina della trasparenza generale, nella forma scritta del contratto e nella trasmissione di una copia dello stesso al cliente; la forma scritta si pone sempre come baluardo della trasparenza, andando principalmente a vantaggio del contraente debole del rapporto bancario che ha sia l'interesse di rendere pubblico

66Sul concetto di “chiarezza” vedi MORERA, op. cit., pag. 434. Sul concetto di “correttezza ed esaustività” vedi invece FRANZA, BRUNO Completezza, coerenza e comprensibilità del

prospetto informativo per l'offerta di obbligazioni bancarie, in Giurisprudenza commerciale, fasc.3,

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un atto concernente il suo rapporto con la banca, sia (in caso di contratti-quadro di servizi di pagamento) “nella potenziale, costante verificabilità della conformità dell'esecuzione dell'operazione di pagamento programmata al servizio contrattualmente disciplinato, potendo controllare che l'esecuzione della prestazione contrattuale corrisponda all'informazione pre-ottenuta, formata e

accettata nel contratto sottoscritto”67, nel senso che l'informazione non basta che sia

accessibile, ma deve essere stabilizzata e non modificata e rispondente alle effettive esigenze dell'utilizzatore dei servizi di pagamento; questi sono i motivi per cui si lascia possibilità agli Intermediari di adottare una informativa semplificata per strumenti di pagamento che, in conformità del contratto-quadro, consentano di effettuare operazioni di pagamento di importo unitario non superiore a 30 euro, con limite di spesa a 150 euro e ricaricabili; la prevalenza della sostanza sulla forma nei micro-pagamenti riduce drasticamente l'informazione (che per il prestatore è un costo) bilanciando gli interessi in gioco.

67MORERA, L'impresa bancaria. L’organizzazione ed il contratto, Napoli, 2006, pag. 339. DOLMETTA, Sulle nozioni di “banca” e di “trasparenza”: spunti al d.lgs. 141/2010, in Diritto

della Banca e dei Mercati finanziari, 2011, pag. 218 ss. Attinente al contratto-quadro disposto in

ambito di gestioni di portafogli d'investimento vedi SANGIOVANNI, L'art. 23 e la sottoscrizione

del contratto-quadro, in Magistra Banca e Finanza, www.magistra.it – ISSN: 2039-7410, 2009;

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Può delinearsi anche una finalità volta a favorire speditezza nei pagamenti di piccolo importo, facilitando il ricorso strumenti di pagamento diversi dal contante, riducendo anche il rischio di commissione di reati evasivi.

Viene prevista l'esclusione dell'obbligo della forma scritta per l’emissione di prodotti di moneta elettronica anonimi di cui all’articolo 25, comma 6, lett. d), del d.lgs. 21 novembre 2007, n. 231; i contratti-quadro che non prevedano la concessione di finanziamenti e consentano operazioni di pagamento di importo unitario non superiore a 500 euro e non eccedenti l’importo totale di 2.500 euro su base annua, prevedendo per questi ultimi la loro redazione su supporto durevole.

Infine la forma scritta a tutela contrattuale garantisce l'operatività (già

analizzata nell'ambito della trasparenza generale) del sistema di

disconoscimento/sostituzione coattiva riguardante il tasso d'interesse ed ogni altro prezzo o condizione praticati, qualora non siano indicati contrattualmente, di rinvio agli usi o in caso di difformità in peius, dal lato del cliente, tra quanto previsto nel contratto e quanto precedentemente pubblicizzato; la coazione rende inane la volontà delle parti e permette la rilevazione d'ufficio del giudice.

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6.3. LE REGOLE SULLE SPESE D'INFORMAZIONE

L'art. 126-ter TUB prevede che “il prestatore di servizi di pagamento non può

richiedere all'utilizzatore spese inerenti all'informativa resa ai sensi di legge”68.

Autorevole dottrina ha evidenziato una “svista linguistica” dovuta all'intensa attività di delegificazione approntata dal legislatore nel campo della trasparenza, nel senso che la norma in auge dispone la gratuità per le sole norme di rango legislativo quando invece, nel nostro ordinamento, la legge (Testo Unico) accenna soltanto agli obblighi informativi, questi ultimi quasi interamente contenute in normative secondarie emesse da autorità amministrative (Banca d'Italia, Consob, AGCM, CICR...); presupponendo in via esegetica la ratio della disciplina come “quella di garantire all'utilizzatore un elevato livello di tutela”, non può che concludersi che la riserva di legge prevista assuma natura ibrida andando a

comprendere anche la normativa secondaria69.

Dunque l'esistenza di una spesa, di oneri economici costituirebbero un ostacolo all'informazione, dato che richiedere una controprestazione in denaro all'utilizzatore potrebbe indurlo a rinunciare al documento informativo.

68Norma confermata anche successivamente nel paragrafo 8 Sezione VI del provvedimento 20 Giugno 2012.

69PIACENTINI, Osservatorio la trasparenza nei servizi di pagamento: il provvedimento di

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Nonostante questa visione di fondo si può prevedere nel contratto che se il cliente richiede informazioni ulteriori o più frequenti rispetto a quelle obbligatorie, o trasmissione con strumenti diversi rispetto a quelli previsti nel contratto, il cliente possa corrispondere le relative spese, adeguate e proporzionate a quanto ha

effettivamente sopportato l'intermediario70; si nota in tutta evidenza la volontà della

Banca d'Italia di fuoriuscire dalla visione paternalistica che ha generato la disciplina della trasparenza, riequilibrando le parti stavolta dal lato del prestatore, evitando

che gravi sullo stesso l'onere dell'eccessiva informazione71; ciò non impedisce che

il prestatore possa accollarsi ugualmente le spese di informazioni non obbligatorie.

L'importante è garantire che il costo dell'informazione sia equiparato al costo della produzione; si obbliga il prestatore ad approntare procedure interne di

70Sezione VI paragrafo 8 Disposizione 20 Giugno 2012.

71FUCILE, art. 126-ter spese applicabili in CAPRIGLIONE, Commentario al Testo Unico

delle leggi in materia bancaria e creditizia, Padova, 2012, pag. 1975. L'autore riflette sulla

concorrenza tra banche, affermando che “in un contesto di serrata standardizzazione del contratto per la prestazione di servizi di pagamento, la mancata applicazione di spese ove ciò sia consentito dal legislatore, rappresenta una valida leva competitiva per il prestatore, nonostante che l'ampia erosione di margini di profitto tradizionalmente collegati alla prestazione di servizi di pagamento operata dal legislatore comunitario faccia della possibilità di applicare spese per informazioni supplementari una preziosa facoltà lasciata al prestatore di servizi di pagamento, quantomeno per recuperare i costi sostenuti”.

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attestazione del rispetto del suddetto principio ed è logico che un procedimento del

genere, formalizzato ex ante, contribuisce all'efficienza del servizio72 e dell'intero

sistema della trasparenza.

A tal proposito si parlerà di informazioni gratuite ogniqualvolta sarà fatto riferimento alle informazioni precontrattuali di contratto-quadro e isolate operazioni di pagamento e quelle successive alla stipula rese a mezzo ricevuta o periodicamente; per estensione sono da considerarsi gratuite la richieste di informazioni sul contratto quadro (art 126-quinquies TUB), le informazioni su modifiche unilaterali e sul diritto di recesso, in armonia con la disciplina generale.

Le informazioni suppletive dietro corrispettivo saranno quelle attinenti alle informazioni legali, le informazioni su condizioni generali del contratto-quadro e tutte le informazioni dal cliente normalmente evitabili.

Una modificazione innovativa può considerarsi quella in tema di modificazioni unilaterale di clausole contrattuali.

L'art 126-sexies TUB non sembra concedere un potere di ius variandi in capo al prestatore secondo lo schema tipico delineato dallo disciplina generale; si obbliga il prestatore ad un preavviso di almeno due mesi che fissa il termine di efficacia della proposta e la data di efficacia della modificazione, valida solo se

72MUCCIARONE, La liceità delle “spese secondarie” nelle operazioni bancarie: l'impatto

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espressamente accettata, salvo diversa pattuizione. Ecco la deroga vistosa all'art.

118 TUB. La normativa generale stabilisce un criterio di silenzio assenso dove se il cliente non recede (resta inerte) la modifica si intende approvata; la previsione

speciale altera la sequenza formativa dell'accordo modificativo73, dove l'inerzia non

si eleva mai a comportamento commissivo e non equivale ad alcun tipo di esercizio di un diritto, lasciando così all'utilizzatore più tempo di sospensione per decidere se accettare o no le variazioni dalla banca proposte.

Dunque il cliente o accetta o rifiuta o recede; ma mai il silenzio si convertirà in assenso.

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CAPITOLO II

LA TRASPARENZA NEL CREDITO AL CONSUMO

SOMMARIO: premessa. – 1. Il tentativo di armonizzazione massima della Direttiva 2008/48/CE. – 2. La normativa odierna: le informazioni precontrattuali. – 2.1. Gli annunci pubblicitari. – 2.2. Le informazioni europee di base (IEB). – 2. 3. Obbligo di assistenza. – 3. Requisiti contrattuali: il TAEG. – 3.1. La garanzia della forma scritta? Confronto con il TUF. – 4. Le forme di recesso dal lato del consumatore. – 4.1. Lo Ius Poenitendi. – 4.2. Il recesso determinativo. – 4.3. L’estinzione anticipata del finanziamento. – 5. Il merito creditizio nel meccanismo del “sovraindebitamento del consumatore”. – 5.1. L’inesistenza di un diritto al credito nell’ottica del merito creditizio. - 5.2. Il credito responsabile.

Premessa

La disciplina del credito ai consumatori è il settore che necessitava maggiormente di una peculiare disciplina della trasparenza, ovviamente armonizzata alla fattispecie generale.

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Le motivazioni sono lampanti: le disposizioni attengono solo ad una particolare fascia ossia quella del consumatore (la fascia debole); le asimmetrie informative sono più che mai profonde vista la difficoltà delle materie e la scarsa coscienza generale del settore, dovuta anche da annunci pubblicitari che, per innovazione della disciplina comunitaria, non devono più contenere i tassi d'interesse (oramai spariti dai siti di molti finanziatori, diventati spesso fuorvianti o carenti); la mole spaventosa di richieste di finanziamento da cui la clientela retail non può assolutamente prescindere.

Indagini svolte rilevano come la trasparenza nei rapporti tra la banca e la clientela sia stata eseguita con delle difformità tra i numerosi passaggi delle negoziazioni, con incongruenze spesso rivolte ad una mancanza di coesione tra le informazioni rese al cliente previamente alla stipula del contratto e la fase di esecuzione del contratto stesso.

Le spinte di matrice europea e gli adattamenti di normativa secondaria hanno come finalità quello di permettere al consumatore di valutare le diverse offerte di credito sul mercato, al fine di prendere una decisione informata e consapevole in merito alla conclusione del contratto di credito.

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1. IL TENTATIVO DI ARMONIZZAZIONE MASSIMA DELLA DIRETTIVA 2008/48/CE

Alla luce dei problemi sopra esposti, ampliati dalla crisi del 2007 generatasi in particolar modo dalle vicende legate ai mutui subprime e da un clima di sfiducia generale della collettività in istituti bancari e finanziari, rei di aver collocato nei portafogli di milioni di risparmiatori obbligazioni di banche come la Lehman

Brothers (rimasti ad alto rating fino al giorno prima della dichiarazione di

bancarotta della stessa)74, il Parlamento Europeo approva la direttiva 2008/48/CE

mosso dalla volontà di aumentare il ricorso al credito del rischio e creare una normativa di armonizzazione massima, come emerge dai Considerando della stessa.

Delle innovazioni rispetto al disciplina previgente75 vi sono, come la volontà

di tutelare l'operazione di erogazione del credito, verificando la finalità di consumo prevedendo che la Banca possa sospendere il diritto di utilizzare il credito da parte

74La giurisprudenza si è più volte espressa sulla “imprevedibilità” del crack della Lehman

Brothers, esimendo gli intermediari da responsabilità verso gli investitori in quanto “il

mantenimento di un rating elevato fino al giorno della dichiarazione d’insolvenza rende palese che il mercato finanziario non ha mai avvertito, prima dell’irreparabile, i sintomi del default, con la conseguenza che non può rimproverarsi alla banca di non aver previsto il default di Lehman

Brothers”. Su tutte Trib. Torino del 10-06-2014; Trib. Bologna 3-6-2014 entrambe in expartecreditoris.it

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