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Dalle istantanee al film, appunti di viaggio

Capitolo III. Una cinepresa in valigia: ho(me)liday movie

III. 2 Dalle istantanee al film, appunti di viaggio

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I film di famiglia che riprendono le vacanze, le gite o i soggiorni in Italia e all’estero ci restituiscono un quadro abbastanza fedele alla vita e ai cambiamenti delle abitudini degli italiani e delle italiane, dimostrando anche la rapida diffusione della cinematografia amatoriale come pratica del tempo libero.

L’atto del viaggiare, seppur nelle sue diverse modalità, implica una serie di operazioni e passaggi che possiamo definire “ritualità turistiche”: l’organizzazione del viaggio, la preparazione dei bagagli, il trasferimento verso la destinazione, la sistemazione in alloggi (albergo o casa), gli eventuali spostamenti e visite programmate, il ritorno e il racconto del viaggio. La macchina fotografica prima della cinepresa entra prepotentemente nelle pratiche turistiche, inseparabile strumento per testimoniare e garantire l’esperienza della vacanza e del viaggio,

la fotografia si sviluppa in tandem con una delle più caratteristiche attività moderne: il turismo. Sembra assolutamente innaturale viaggiare per svago senza portarsi dietro la macchina fotografica. Viaggiare diventa una strategia per accumulare immagini125

124Ibidem.

125 Susan Sontag, Sulla fotografia, ripresa da R. M. Chalfen, Sorrida prego!, p. 133. .

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La macchina fotografica fa parte del necessaire per il viaggio, e diviene uno strumento efficace per raccontare le destinazioni e i luoghi visitati. L’atto del fotografare prima e del filmare poi diviene una delle attività più praticate durante le gite e i viaggi, uno dei riti costituiti della viaggiatrice e del viaggiatore. Così la macchina da presa fin dai suoi primi anni di diffusione si lega a questo uso, immortalare luoghi lontani e riportarli con sé a casa, in valigia, come un souvenir personale da offrire poi in fase di proiezione a parenti e amici, fruitori principali di questi racconti, ma anche a se stessi per ricordare e rivedere le esperienze vissute in queste particolari occasioni.

Per analizzare da vicino il fenomeno dei film di viaggio familiari come specchio della società italiana che riguarda le abitudini e l’impiego del tempo libero e il suo rapporto con la vita quotidiana, le abitudini e le modalità di rappresentazione da parte delle donne che filmano le proprie famiglie nell’eccezionalità del viaggio, cercherò di costruire una ideale geografia dei singoli fondi, distinguendo le modalità di viaggio, i tempi e i luoghi che questi film rappresentano. Di questi film prenderò in considerazione le destinazioni (mete esotiche, le città d’arte, la montagna, le località marine), le occasioni in cui questi viaggi venivano effettuati, la frequenza e le attività effettuate durante il soggiorno. Sarà importante rilevare all’interno del testo filmico le forme e le figure estetiche che emergeranno come peculiari del film di viaggio, soprattutto nel rapporto con la rappresentazione della famiglia negli spazi pubblici. Il film di viaggio attua una negoziazione tra lo spazio privato che la famiglia rappresenta e lo spazio pubblico che questa occupa e vive, tra la rappresentazione di quello spazio privato e quella degli spazi sociali, condivisi.

Per molte di queste donne il viaggio rappresenta solo la villeggiatura estiva nelle località balneari italiane, nella seconda casa di famiglia, che ricrea quello stesso ambiente casalingo e quotidiano e poco si differenzia dalla vita

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che conducono abitualmente. Si tratta sempre della voglia di scoprire e di viaggiare, che seppur in maniera diversa da chi di loro intraprende viaggi “esotici” fuori dai confini italiani, tende a riportare l’esperienza di sé e il vissuto familiare in luoghi “estranei” che ci riconducono ad altri spazi, ad altre case, simili ma distanti dalla loro. Le mete che queste donne si prefissano, vicine o lontane, hanno il sapore della casa e della famiglia. Spesso per loro l’esperienza del viaggiare inizia con il viaggio di nozze, e continua come esperienza familiare, condivisa con il marito e i figli, un modo possibile per soddisfare la loro voglia di conoscere il mondo, di ritrovare in quell’altrove la loro casa. Perché se il film di famiglia è heimkino126

Le vacanze in riviera o in montagna, nell’alberghetto o nella seconda casa sono solo una delle esperienze che il film di famiglia registra, ma sono anche le più numerose. Negli anni Cinquanta non solo le famiglie agiate, ma (letteralmente cinema domestico) come definito da Alexandra Schneider, cioè un cinema domestico, appartenente quindi alla casa, il viaggiare dei queste donne porta il cinema di famiglia fuori da quella casa, sradicandolo dalle mura domestiche, dalla dimensione privata, portando questo privato nel pubblico e il pubblico nel privato. Il viaggio è a doppio senso, queste donne viaggiano verso e il viaggio verso di loro, attraverso il cinema. Portando il cinema familiare e la famiglia in uno spazio altro, queste donne non fanno che rassicurarci che il loro spazio è il mondo, che niente di ciò che vedono e riprendono è estraneo, che tutto è familiare. Il viaggio è un’esperienza di conoscenza, intima e anche condivisa. Nel viaggio queste donne portano loro stesse e le loro cineprese come occhi che registrano e raccontano avventure.

126 Come spiega Alexandra Schneider questo termine, che non ha un vero e proprio corrispettivo in italiano, lega l’home movie alle pratiche, agli spazi e alle prassi di consumo; A. Schenider, Felice Logatto, Bernardo l’eremita e I boys: il sistema Pathé Baby e il caso della famiglia U., in (a cura di) Luisella Farinotti, Elena Mosconi, Il metodo e la passione. Cinema amatoriale e film di famiglia in Italia, Comunicazioni sociali, 3, 27, Vita e Pensiero, Milano 2005.

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anche i lavoratori meno abbienti si potevano permettere il lusso di una vacanza in riviera, negli stabilimenti balneari che su tutte le coste italiane creano luoghi e forme del divertimento per le famiglie italiane che si godono le meritate ferie retribuite.

Le cineamatrici non si separano dalla loro cinepresa, che in queste occasioni di eccezionalità familiare dove il tempo libero non è più un frammento nell’ordine prestabilito della vita quotidiana, ma si estende sino a divenire lo stato della vacanza, diviene una compagna di avventure, un oggetto indispensabile quasi quanto il costume da bagno e il vestito da sera. Scriveva Barbara Reid Robson, sulla rivista Sunset, nell’ottobre del 1929:

A movie camera as well as a small stillo ne were my constant companions. Yes, the movie was heavy, but I wouldn’t take anything for the 3200 feet of film witch will be a lifetime momento of my wonderfull journey. And even though one can buy postcard picture of the ordinary sights, I find that my snapshots meane ver so much to me»127

Altri film invece si costruiscono come dei veri e propri percorsi, le cineamatrici ne scandiscono le tappe, i preparativi, la partenza, il viaggio verso la località di vacanza, l’arrivo e le giornate scandite dalle visite ai

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Tuttavia ciò che contraddistingue questi diari di viaggio filmati è la costruzione del racconto. A volte le villeggiature o i soggiorni nella casa al mare o in montagna non vengono rappresentati in forme diverse dagli altri momenti familiari vissuti nella tranquillità domestica. In questi film non si riscontrano marche audiovisive e indici che ci segnalino il luogo geografico (cartelli stradali), una forma del racconto che ci restituisca il percorso del viaggio (la partenza o i preparativi). Il viaggio non è importante, come non lo è il luogo dove si gira; al centro di questi film c’è la famiglia e la sua rappresentazione, indipendentemente dal luogo e dal momento vissuto.

127 Barbara Reid Robson, Getting Ready for my round and world trip, Sunset, October 2009, pp. 67-72, citato in Patricia R. Zimmermann, Geographies of desire: cartographies of gender, race, nation and empire,

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monumenti e ai luoghi più interessanti, riti e consuetudini del viaggio che identificano questi film come dei veri diari di bordo.