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Il 1977 è un anno molto impegnativo per i lettori di Fowles. Oltre alla revised version di The Magus, l’autore decide di riscattarsi dal lungo intervallo di otto anni, trascorso tra la pubblicazione di The French Lieutenant’s Woman e intervallata solo dalla raccolta di racconti The Ebony Tower, pubblicando un nuovo romanzo: Daniel Martin. Con le sue seicento pagine, l’opera rappresenta a pieno l’intenzione dell’autore di distaccarsi dal genere favolistico in cui si era cimentato fino ad allora: “I ought to write more realistically […] I am getting tired of fables”.41

A molti il libro pare un vero e proprio capolavoro, nonostante l’ingente riduzione di sperimentalismo che caratterizza tutte le precedenti opere di Fowles. Ciò non ha impedito la creazione di schieramenti tra coloro che ritenevano il romanzo ”a masterly fictional creation, dense with fact […] his best piece of work to date”,42 ma anche ”a masterpiece of symbolically charged realism […] Fowles’s best work so far […] the only writer in English who has the power, range, knowledge, and wisdom of a Tolstoj or James

40 J. FOWLES “The Cloud”, in The Ebony Tower, cit., p. 294.

41 D. HALPERN, “A sort of Exile in Lyme Regis”, London Magazine, No. 10, March 1971, p. 36. 42 W. H. PRITCHARD, “An English Hero”, The New York Times Book Review, 25 Semptember, 1977,

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[…] a master stylist”.43 E dall’altro canto i delusi pronti a far cadere Fowles dall’olimpo degli artisti, per collocarlo nella schiera di scrittori di più basso livello, interessati alla commedia più sciatta “his least stylized, least distanced novel.”44, o ancora il giudizio più categorico che vede Daniel Martin come ”a brillantly bougs structure, a mock-pyramid on a film set, a dead monument to what Samuel Johnson […] called ‘that hunger of imagination which preys incessantly upon life”.45 A metà si colloca il giudizio di Peter Wolfe, il quale riconosce l’abilità di Fowles nel far funzionare alla perfezione la complicata vicenda di Daniel Martin almeno per buona parte del libro, ma si trova a criticare la parte finale, occupata della descrizione della crociera sul Nilo e che, secondo il critico: ”rob[s] the last quarter of the book of drama”.46

Il romanzo parte con il capitolo intitolato “The Harvest”, che altro non è che un

flashback del protagonista. Danny, figlio del parroco, è alle prese con il lavoro

campestre, durante il periodo della mietitura. Ci rendiamo conto, durante la lettura, che il narratore adulto, Daniel, rievoca proprio quel momento poiché è il primo periodo della sua infanzia dorata in cui si trova a confrontarsi con la morte. Questo rito di passaggio rende Daniel consapevole di non poter più tenere al di fuori della sua vita la morte e, nello stesso momento, crea dentro di lui una frattura profonda tra l’io come individuo e l’io come parte della specie, che tornerà a riproporsi nell’eterno ciclo vitale del protagonista.

Quando la narrazione ritorna al presente, Dan si trova in un albergo a Los Angeles, in compagnia di Jenny, amante e collega di lavoro: lui un soggettista in esilio, lei un’attrice in Camelot. Si intuisce fin da subito che Daniel è stufo del lavoro e della vita all’estero, tanto che Jenny gli propone di scrivere il romanzo della sua vita e gli trova perfino un nomignolo, aprendo a caso l’elenco telefonico: S. Wolfe – anagrammabile in Fowles. Prima che tutto ciò prenda forma, il telefono che squilla interrompe la conversazione tra i due: qualcuno dall’Inghilterra desidera parlare con Daniel.

43 J. GARDNER, “In Defense of the Real”, in Saturday Review No. 5, 1 October. 1977, pp. 22-23. 44 E. STONE, “Put on a Happy Face”, in Village Voice, No.22, 12 September. 1977, pp. 41-42. 45 T. PAULIN, “Talkative Trasparencies: Recent Fiction”, in Encounter No. 50, 1978, p. 70. 46 P. WOLFE, John Fowles: Magus and Moralist, Lewisburg, Pa, Bucknell U.P, 1979, pp. 194-95.

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Il capitolo terzo, “The Woman in the Reeds”, è di nuovo un flashback, che sposta l’orologio al 1950. Lo sfondo è Oxford e più precisamente il fiume Cherwell, sul quale Dan sta facendo una gita fuori porta con Jane. L’idillio è però solo apparente. Subito dopo ci rendiamo conto che in realtà Jane è fidanzata con Anthony e Dan si vede con Nell, la sorella di lei. L’attrazione dei due giovani è però così intensa da concretizzarsi, più avanti, in un singolo atto d’amore, che si conclude con il rinvenimento di un cadavere sul corso del fiume. Ancora una volta la morte appare inscindibile al momento di felicità pastorale.

“An Unbiased View”, il capitolo successivo, rappresenta il classico esempio di quello che viene definito da Genette “infrazione momentanea al codice di focalizzazione”,47 in pratica un flashback che si presenta come un flashforward: non solo cambia il narratore, ma l’informazione che riceve il lettore – circa il modo in cui si sono conosciuti Dan e Jenny – costituisce un’anticipazione di fatti che sono sì avvenuti nel passato, ma al lettore verranno narrati solo più avanti.

La telefonata del capitolo quinto (“The Door”), riesuma ancora una volta il passato di Dan. Nell, la sua ex-moglie, avvisa il protagonista dell’imminente morte di Anthony e gli suggerisce, dietro richiesta esplicita di Jane, di raggiungerli immediatamente con il primo volo. Daniel era contrariato: “I had no serious desire to examine my past or re-create it in any shape or form”48 ma, a malincuore, finisce per accettare. Questo evento ricalca in un certo senso il mitico nostos, o ritorno a casa: Dan, che come Odysseus,49 si trova di fronte al compito di recuperare il suo passato, impersonato da Penelope/Jane. Il colloquio con Anthony avviene soltanto nel diciassettesimo capitolo (“Catastasis”),50 ed è ritardato proprio per dare modo al lettore

47 Cfr. G. GENETTE, Figure III: Discorso del Racconto, Torino, Einaudi, 1976, p. 242. 48 J. FOWLES, Daniel Martin, London, Jonathan Cape, 1977, p. 80.

49 Naturalmente esistono importanti differenze tra i due viaggi: quello di Odysseus è erratico,

manca di linearità: in un primo tempo verso ovest (la morte), successivamente verso est (la rinascita). Il viaggio di Dan, invece, parte da ovest, ma una volta in Inghilterra si diramerà in diversi viaggi verso l’occidente (Oxford, Devon, Shropshire), prima di iniziare il viaggio finale verso est, in Egitto, al quale affiderà la ‘rinascita’ propria e di Jane. Risulta per questo evidente che l’occidente sia nel romanzo associato all’idea di decadenza: l’intera civiltà occidentale viene messa sotto accusa perché ritenuta responsabile di aver stimolato il culto dell’individualismo, producendo risultati spaventosi. Da qui il recupero delle civiltà orientali.

50 Nella retorica classica, il termine delimita la prima parte dell’orazione, cioè l’esposizione dei

fatti. Nel dramma, invece, si trova generalmente in corrispondenza del quarto atto e corrisponde al momento ritardante e preparatorio alla catastrophe finale.

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di informarsi nei capitoli precedenti, di alcuni avvenienti cruciali del passato, utili alla comprensione del dialogo tra i due. Durante la conversazione, Anthony svela a Dan di essere a conoscenza da diversi anni del motivo della rottura della loro amicizia e del tradimento da parte di Jane. Nonostante tutto, egli chiede all’amico di riavvicinarsi alla moglie e prendersi cura di lei. Di seguito troviamo una digressione filosofica riguardante la fede nell’uomo e, in conclusione, Dan promette di fare del suo meglio e Anthony si suicida gettandosi dalla finestra. Il finale del libro è, ovviamente, il ricongiungimento tra i due amanti storici, Dan e Jane, che, dopo diverse difficoltà, riescono a trovare la felicità l’uno nell’altra.

Per raggiungere questo traguardo, però, il protagonista deve trasformarsi in un uomo nuovo, attraversando un percorso di pentimento seguito da una forma di espiazione e riparazione dei torti commessi. La prima parte del libro, più o meno fino al capitolo trenta, vuole proprio suggerirci, attraverso l’alternarsi di continui flashback e

flashforward, la difficoltà che il protagonista incontra nel cercare di aprirsi al passato.

Per buona parte della sua vita, Dan cerca di nascondere e rinnegare il passato: “I live in front of too many wrong decisions, I cannot rid my life out of them, the least I can do is to hide them form my lady guests…that is the practical theory, at any rate”.51 Quando Anthony lo aiuta a riaprire la finestra del passato e a considerare l’Io come qualcosa che non deve essere soltanto accettato, ma piuttosto indagato per cercare di capire come sarebbe stato o come dovrebbe essere; Dan comprende che esiste una continuità indissolubile tra passato e presente e che l’essere adulti dipende proprio dall’essere stati bambini. Per questo motivo, solo attraverso il recupero di quell’Io perduto e potenziale da cui si sente esiliato, il protagonista riuscirà a portare a termine la ricomposizione dei frammenti sparsi della sua esistenza e a far combaciare le due metà.

In conclusione, John Fowles espone uno dei problemi esistenziali più complessi dell’umanità attraverso la sua arte. Dimostrando che, con la stessa facilità con cui si trovano delle vie di uscita nel mondo della finzione, l’eroe contemporaneo o il lettore stesso, possono trovarle nella realtà.

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