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L’ultimo libro importante di Fowles, A Maggot, viene pubblicato nel 1985, esattamente venti anni dopo l’uscita della versione rivisitata di The Magus, e, in un certo senso, ne riprende le tematiche principali, cercando di ricreare qualcosa che vada “beyond the literary”52 Nel prologo l’autore afferisce che il titolo del romanzo deve essere ricondotto al significato antico della parola, cioè “capriccio”, “fissazione”. In realtà però, sempre all’inizio del medesimo, si trova questa definizione: “the larval stage of a winged creature, as is the written text, at least in the writer’s hope”.53 Ancora una volta, quindi, l’autore ci offre un romanzo dal carattere fantasioso ed elaborato, con l’intento di adoperare un cambiamento di pensiero nel lettore reale, che finisce per mettere in discussione il rapporto tra realtà e finzione.

Nonostante le vicende fantasiose, l’opera contiene parecchi riferimenti storici: Fowles intreccia la finzione con documenti e passaggi decisamente realistici, e benché si ostini a rifiutare l’etichetta di romanzo storico, la presenza di una matrice empirica si nota soprattutto in quelle pagine che, verso la fine della storia, rimandano a delle riprese giornalistiche dal Gentleman’s Magazine inserite all’interno del testo in facsimile. Oltre al prologo, all’epilogo e a questa documento giornalistico, Fowles esplora in questo romanzo altre due tipologie testuali: il metodo dialogico (botta e risposta) per gli interrogatori e la lettera, utilizzata specialmente per gli scambi tra l’investigatore e il padre del Lord – the Duke. La vicenda si svolge nel periodo del protestantesimo, concentrandosi sullo sviluppo del movimento dei Quaccheri. L’eroina principale è ancora una volta femminile, Louise-Fanny-Rebecca, madre fittizia di Ann-Lee, fondatrice del movimento degli Shakers, che si opponeva fermamente alle idee primitive della Società degli Amici. È proprio questa la vicenda storica reale che si inserisce all’interno della narrativa.

La struttura del romanzo è insolita. Le prime cinquanta pagine descrivono gli avvenimenti dell’ultima giornata di viaggio, ovvero la conclusione dell’intera vicenda. Durante la vigilia del May Day del 1793, un gruppo di personaggi, da ormai a cavallo da quattro giorni nella contea di Exmoor – in piena Inghilterra rurale – si ferma in una

52 J. FOWLES, “foreword to” The Magus, cit., p. 6.

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taverna per trascorrere la notte. Il gruppo è composto da un lord in incognito (alias Mr. Bartholomew) e il suo servo sordomuto; un attore di professione, ingaggiato per proteggere il travestimento del lord; una guardia del corpo gallese e infine Rebecca, una prostituta assunta per scopi a lei non ancora rivelati. Dalle prime pagine si comprende immediatamente che il burattinaio dell’intera vicenda è il Lord, che, non ha ancora rivelato a nessuno dei suoi protetti il vero scopo del viaggio, anzi, li ha istruiti a mentirsi l’uno con l’altro. Per il giorno seguente è fissato un appuntamento in una caverna con un misterioso sconosciuto e la compagnia si riduce: l’attore e il bodyguard vengono “licenziati” prima dell’avvenimento, mentre Rebecca comprende di essere stata adescata come merce di scambio. Si conclude qui la prima parte della vicenda.

Qualche giorno dopo si scopre che Dick, il servo, è stato trovato impiccato nel bosco, i due mercenari sono scappati e il Lord è scomparso. La vicenda passa ben presto nelle mani di Harry Ayscough, un avvocato/investigatore adescato dal padre del Lord, che inizia ad indagare sul caso, partendo dall’inizio, e cioè dal giorno di partenza del gruppo, il primo maggio del 1793, giungendo poi fino al fatidico episodio della caverna. La seconda parte del libro è interamente dedicata alle testimonianze raccolte da Ayscough durante gli interrogatori: il proprietario della taverna e la sua cameriera; il parroco del paese; il proprietario del bordello di Rebecca e, infine, il bodyguard, l’attore e Rebecca stessa, adesso sposata con un fabbro.

Durante la lettura, ci rendiamo conto di essere completamente abbandonati dalla guida di un narratore convenzionale e siamo spinti a dare una nostra interpretazione dei fatti, seguendo gli indizi che ci vengono offerti dai frammenti e dalle lettere che troviamo nel testo. Non esiste una sola ed unica testimonianza dell’avvenuto, ne esistono molteplici, nessuna della quale definitiva, anzi, ognuna coesistente e allo stesso tempo possibile. Per quanto riguarda la manipolazione del linguaggio, ancora una volta, analogamente a quello che era successo in The French

Lieutenant’s Woman, l’autore non solo ci vuol fare percepire una distanza temporale,

ma anche una distanza geografico-regionale e di classe, percepibile solo attraverso l’uso di diversi dialetti. Ad esempio, Rebecca sembra avere molte difficoltà a rapportarsi con l’avvocato e prima di rispondere alle sue domande ha bisogno di un po' di tempo per capire cosa effettivamente le è stato chiesto, o ancora, quando Ayscough si riferisce al

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gallese ‘Jones lo definisce sempre “liar”, dimostrando i pregiudizi razziali all’interno della società dell’epoca. Questo serve a John per mettere a confronto la middle-class e la working class, non solo attraverso le parole dei personaggi, ma anche attraverso i commenti del narratore contemporaneo che fa cosi trasparire, la propria ideologia. La Hutcheon, ad esempio, sostiene che:

Postmodern metafictions have looked to both the historiographic and fictional accounts of the past in order to study the ideological inscriptions of difference as social inequality. In A Maggot the twentieth-century narrator fills in the background of the eighteenth century's sexism and classism as it is needed in order to explain the characters' actions.54

Secondo gli standard fowlesiani, la figura femminile è centrale per lo sviluppo della storia e lo scioglimento della tensione, poiché, nonostante le sue testimonianze risultino: ”[…] more of gross fantasy than credible fact”,55 sono le uniche che in un certo senso aiutano l’investigatore. Anche se, la soluzione finale resta comunque consona alle precedenti opere di Fowles. Sulla falsariga di “The Enigma”, anche questa anti-detective story non trova una soluzione definitiva, anzi, Ayscough si confida con il lettore ammettendo che, neanche un avvocato/investigatore può sapere tutta la verità del mondo, e conclude con una dichiarazione filosofica:

Man would of his nature know all; bui it is God who decrees what shall or shall not been known; and there we must resign ourselves to accept His wisdom and mercy, in such matters, which is that He deems it often best and kindest to us mortals that we shall not know all. In the bosom of the great mystery, I most humbly suggest, should Your Grace seek comfort.56

Da notare l’abilità di Fowles e la sua chiarezza di pensieri, che già nel suo Zibaldone di pensieri, The Aristos, aveva scritto qualcosa di simile: “Mystery, or unknowing, is energy. As soon as a mystery is explained, it ceases to be a source of energy. If we question deep enough there comes a point where answers, if answers

54 L. HUTCHEON, “A Poetics of Postmodernism - History, Theory, Fiction”, Vol 986 of University Paperbacks, Routledge, 1989, p. 196.

55 Ibid., p. 448. 56 Ibid., p. 450.

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could be given, would kill. We may want to dam the river; but we dam the spring at our peril”.57

In conclusione, notando il continuo ripetersi di precise tematiche all’interno di ogni opera fowlesiana – ad eccezione di Peter Conradi, che dichiara con molta onestà che “John Fowles’s achievement has proved a hard one to assess”58 – si osserva una certa eterogeneità di pensiero e varietà sulla rappresentazione narrativa nell’autore. Egli parte sempre dalla premessa che la società non è dipendente dal concetto di divinità/autorità e che l’individuo vive in una situazione di scomoda libertà, visto che non può scaricare le sue responsabilità su un’entità metafisica che con certezza lo assolverà dalle colpe. Trasferendo il concetto in termini narrativi, l’autore ci offre una serie di personaggi che – in mancanza di chiari segni della presenza di Dio – si ergono ad antagonisti della divinità, cercando di esercitare un potere dispotico sui propri simili (The

Collector); altre volte essi si ribellano ad una tirannia dispotica, rovesciando il mito di

una dipendenza divina (The Magus); oppure sono costretti alle dipendenze, non meno limitanti, di una condizione epocale (The French Lieutenant’s Woman). Si potrebbe continuare all’infinito. In tutti questi casi, la situazione narrativa tipica richiede che il personaggio, costretto in una situazione assimilabile alla prigionia, cerchi di evadere, di rompere il cerchio, riaffermando la propria libertà. L’opposizione tra prigionia e libertà non costituisce soltanto una tematica cardine, esse, trova la sua ragione d’essere proprio nella preoccupazione formale di Fowles riguardo al genere: se, da una parte, la scrittura permette al romanziere di ‘autenticare’ la sua attività, dall’altra questa volontà viene ridotta da quella di palesare i meccanismi sui quali poggia la costruzione letteraria, allo scopo di coinvolgere non solo emotivamente ma anche creativamente il lettore ideale. Ciò viene particolarmente sperimentato a partire dai romanzi pubblicati dopo

The Magus, per trovare massima espressione in The French Lieutenant’s Woman, primo

ma non ultimo dei romanzi con triplo/doppio finale.

Un simile risultato, però, non è ancora definitivo agli occhi di un autore come Fowles che, utillizzare la letteratura come strumento di comprensione della vita reale ma, trova un ulteriore problema nel linguaggio, strumento che si è andato inaridendo

57 J. FOWLES, The Aristos: A Self-Portrait in Ideas, Boston, Little, Brown, 1964, p.28. 58 P. CONRADI, John Fowles, London, Methuen, 1982, p. 15.

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sempre di più, diventando inadeguato per la rappresentazione di un oggetto complesso come la vita. Da qui deriva l’utilizzo del polifonismo e del polistilismo, mezzi espressivi privilegiati da Fowles per superare l’inghippo: ricorsi a voci antifonali, antitesi come mezzo espressivo, pluralità di voci narranti, narratore intrusivo e manipolatore della macchina del tempo e così via. Con l’inserimento di queste tecniche narrative all’interno di diversi generi letterari, l’autore porta il percorso del lettore da una situazione di stasi a un movimento verso l’ignoto.

È proprio il mistero, quindi, la carta vincente dell’ignoto, ciò che lo rende assimilabile a una tentazione edenica. L’individuo tende ad una conoscenza, che altro non è che auto-coscienza, ma, scoprendo l’inaccessibilità del sapere assoluto, la tensione diventa un’energia vitale, che spinge i personaggi ad agire, anche in modo negativo. Per questo spesse volte le creazioni foulesiane finiscono per utilizzare una maschera, chiudendosi in ruoli capaci di trascendere la dimensione eroica: inutile ricordare l’importanza di The Magus, in cui il personaggio viene coinvolto in una serie di rappresentazioni che sovvertono il suo concetto di realtà. Recuperando la capacità di reinventarsi un’identità e di plasmarla a proprio piacimento, il personaggio diventa il romanziere di sé stesso. Il pericolo dell’isolamento è, in questo processo, molto alto; per questo bisogna che l’arte dimostri costantemente l’artificio su cui si fonda, rivelandone l’intima debolezza, allo scopo di ristabilire un rapporto dialettico con la realtà da cui trae ispirazione. Come afferma lo stesso Fowles nell’intervista rilasciata a Carol Barnum:

I did not say I wanted to write in total isolation. A rather unfair extra privilege that best sellers receive is this contact with their readers. Some such letters are plain stupid (not least in their praise), some are from celebrity-seekers, others from cranks of one kind or another; but a majority are very revealing for the writer and give him or her that most difficult of all information to obtain: how the book is actually seen and read by a wide range of people, from university professors to lonely housewives. Quite frequently they are not really about the book or me at all, but about the letter-writers —that is, they have to explain themselves to explain why they have been affected by what I write. I cherish these especially. I got a letter from an ex-monk the other day, who claimed that The Magus had got him out of the monastery. I told him, not really. It had just given him a nudge along the way. I think that's all one can ask of the novel. It can't change society, but it can push people a little bit or show them the way. Such reader response is

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to my mind a good deal more valuable than any but the best professional reviews and academic studies.59

L’esistenzialismo non è dunque visto da Fowles come una dottrina fatta di prescrizioni e precetti, bensì qualcosa di strumentale o, trasferito in termini politici, una sorta di socialismo parlamentare non dogmatico, capace di coniugare in modo soddisfacente i bisogni della massa come quelli del singolo:

I’m intrested in the side of existentialism which deals with freedom: the business of whether we do have free will, to what extent you can change your life, choose yourself, and all the rest of it. Most of my major characters have been involved in this Sartrian concept of authenticity and inauthenticity.60

Ciò deriva dalla profonda conoscenza dell’idea sartriana secondo cui i romanzi dovrebbero esistere” in the manne of things, of plants, of events, and not at first like products of man”,61 rimodellata, però, da un autore che ha perso fiducia nella tecnica del nouveau roman, che teorizza l’estroversione del personaggio e l’oggettivismo portato agli estremi, ed è convinto che non sia possibile scrivere un romanzo di questo tipo, soprattutto in inglese, tanto che nella stessa intervista sopra citata, arriva a descrivere l’esperimento di Christine Brooke-Rose ”a brave failure”, poiché:

The sort of novel that Camus and Sartre wrote […] I don’t think you can do it in English. It’s something that’s grown out of texture of the language; it’s dependent upon being able to write it in a very metaphorical way and having that tradition behind you. I don’t think the English tradition, which is inherently pragmatic and realistic, can do it.62

Si può quindi affermare che, il pensiero di Fowles, invece di cambiare con l’avanzare del tempo e l’avvicinarsi a nuove teorie, resta sempre ancorato alla sua prima formazione, quella esistenzialista, che cresce e si evolve esattamente come la sua persona fisica. Gli unici cambiamenti da lui apportati sono quelli stilistici, cuore e motore di ogni sua opera letteraria, mantenendo fede a quella che fin da principio era la sua

59 C.M. BARNUM, “An Interview with John Fowles” in Modern Fiction Studies, Vol. 31, No. 1, 1985,

Johns Hopkins University Press, p. 197.

60 J. CAMPBELL, “An Interview with John Fowles” in Contemporary Literature, Vol. 17, No. 4, 1976,

p. 459.

61 J.P. SARTRE, “Situation of the Writer in 1947”, in What is Literature, B. Fechtman, London,

Methuen, 1950, p. 169.

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concezione di romanzo: “the true function of the novel, beyond the quite proper one of pure entertainment, is heuristic, not didactic; not instruction, but suggestion; not teaching the reader, but helping the reader teach himself”.63

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Capitolo Secondo

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