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Danni subiti e risarcimento.

Nel documento L'azione di classe (pagine 86-90)

L'AZIONE DI CLASSE PUBBLICISTICA

5. Danni subiti e risarcimento.

Una prima nettissima differenza tra l’azione di classe civile e l’omologo rimedio previsto nei confronti della Pubblica Amministrazione si presenta già ad una prima lettura del D. Lgs. 198/09, posto che la c.d.

class action pubblicistica non consente di accedere al risarcimento del danno.

Differenza tra le due azioni in parola, quella evidenziata, che davvero non è di poco conto, posto che la valenza risarcitoria dell’azione di classe ex art. 140 bis cod. cons. ne costituisce un tratto qualificante ed assorbente.

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La circostanza che il rimedio giudiziario ex D. Lgs. 198/09 assolva a finalità differenti da quelle risarcitorie, oltre ad essere esplicitato dall’art. 1, comma 6, stesso D. Lgs., si evince già dall’incipit della norma laddove, all’art. 1, stabilisce che l’esercizio dell’azione è consentito “Al fine di ripristinare il

corretto svolgimento della funzione o la corretta erogazione di un servizio..“.

La finalità cui tende l’azione giudiziaria – si chiarisce sin da subito – riveste una connotazione schiettamente pubblicistica laddove la riparazione dei danni subiti permane estranea allo strumento rimediale e destinata ad operare nell’ambito dei rimedi ordinari (cfr. art. 1, comma 6, D. Lgs. 198/09).

In senso conforme alla disciplina sinora richiamata, si pone la previsione di cui all’art. 4 della norma in parola che, nello stabilire quali siano i poteri decisori del Tribunale amministrativo adito, prevede che „Il

giudice accoglie la domanda se accerta la violazione, l'omissione o l'inadempimento di cui all'articolo 1, comma 1, ordinando alla pubblica amministrazione o al concessionario di porvi rimedio entro un congruo termine, nei limiti delle risorse strumentali, finanziarie ed umane già assegnate in via ordinaria e senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.”.

I poteri del giudice, dunque, hanno carattere ordinatorio e sono suscettibili di estrinsecarsi una volta che sia stata accertata la violazione dei parametri violati: il comando giudiziale, tuttavia, dovrà tenere conto delle risorse strumentali, finanziarie ed umane ordinariamente sussistenti in capo all’ente e non dovrà comportare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

Il vaglio giudiziale, dunque, dovrà necessariamente considerare le risorse sussistenti in capo all’ente e tanto dovrà fare doppiamente: dapprima al fine di valutare la sussistenza o meno della lesione denunciata (art. 1, comma 1 bis, D. Lgs. 198/09) e, successivamente, al fine di emettere il decisum ordinatorio di propria spettanza, evidentemente, connotandolo in base alle capacità dell’ente di ottemperare con le risorse di cui già dispone.

L’analisi del Decreto Legislativo in parola non può non indurre una riflessione: la violazione dei parametri idonea a determinare la lesione in capo al ricorrente, per la verità, sussiste oppure no; lo stato delle risorse di cui l’ente dispone, cioè, non può incidere sull’an dell’illegittimità, atteso che a fronte di obblighi prestabiliti e successivamente violati, ove questi non abbiano carattere di genericità, la violazione degli stessi è suscettibile di essere identificata in termini netti.

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giudizio sull’an dell’illegittimità – vale a dire sulla sussistenza o meno della lesione denunciata – potrebbe tenere nel debito conto le risorse disponibili da parte dell’ente per valutare se la relativa condotta possa o meno essergli rimproverata.

Incidenter, si osserva che gli obblighi imposti sui concessionari di servizi pubblici constano avere –

almeno di massima - una connotazione specifica, con quanto ne deriva sul piano dell’accertamento giudiziale.

Venendo, comunque, al dato che ivi più interessa – vale a dire quello attinente ai danni subiti ed al correlato risarcimento – come si è detto, l’aspetto risarcitorio rimane estraneo al contenzioso ex D. Lgs. 198/09 e con riferimento alle relative problematiche soccorrono i rimedi ordinari.

Sul punto, sorge spontanea la considerazione per cui, nonostante che il giudice amministrativo non possa condannare al risarcimento a seguito dell’esercizio dell’azione di classe pubblicistica, la censura giudiziale che egli abbia espresso sul piano della lesione inferta ed in ordine all’avvenuta violazione dei parametri di legge, non potrà non incidere nell’ambito di un successivo giudizio a valenza risarcitoria.

A questo riguardo, poi, non potrà non rilevare il giudizio che sia stato espresso in ordine all‘“esigibilità“ – per mutuare un’espressione maggiormente usata in ambito penalistico – o meno della condotta dovuta alla stregua delle risorse umane e finanziarie disponibili in capo all’ente pubblico.

Collegandosi alle considerazioni sopra espresse, l’esigibilità della condotta non può incidere sull’an dell’illegittimità ove vengano in rilievo obblighi a valenza specifica (ad es., l’obbligo del concessionario di servizi di telecomunicazioni di installare una nuova linea telefonica entro trenta giorni dalla richiesta dell’utente, come prevedono talune Carte dei servizi), ma potrà incidere sul quantum del risarcimento ove la condotta, nel caso di specie, non fosse esigibile (fatte salve, però, le forme di „indennizzo“ automatiche previste dalle Carte dei servizi od a livello normativo); laddove, invece, la normativa di riferimento non consenta di modulare il risarcimento in base alla maggiore o minore colpevolezza del danneggiante, a quel punto, pare che l’esigibilità della condotta non possa incidere neanche sul quantum risarcitorio.

Da ultimo, per quanto concerne il profilo giurisdizionale, l’azione ex D. Lgs. 198/2009, come detto, è demandata alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo; la successiva azione giudiziaria che fosse tesa ad ottenere il risarcimento del danno, invece, dovrà fondarsi sugli ordinari criteri di riparto connessi alla causa petendi o, secondo un criterio di matrice giurisprudenziale, al c.d. petitum sostanziale

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(legato non soltanto alla posizione soggettiva azionata, ma anche al concreto provvedimento che si chiede al giudice) oppure dovrà rivolgersi direttamente al giudice amministrativo laddove sia prevista una giurisdizione esclusiva in suo favore.

In particolare, in ordine alle problematiche che interessano, si consideri che l’art. 133 del codice del processo amministrativo, al punto a), n. 1, ha previsto un’ipotesi di giurisdizione esclusiva con riferimento a fattispecie risarcitorie legate all’inosservanza doloso o colposa dei termini di conclusione del procedimento (sul punto, per altro, si veda la recentissima disciplina introdotta dal D.L. 69/13, c.d. Decreto del fare).

Laddove, dunque, la lesione lamentata si riferisca a dette ipotesi, occorrerà adire, al fine di ottenere il risarcimento del danno subito, il giudice amministrativo che conoscerà della questione in via esclusiva; nel corso del relativo giudizio, poi, il ricorrente potrà avvalersi dell’accertamento già svolto dallo stesso plesso giurisdizionale amministrativo, nel distinto giudizio relativo all’azione esercitata ai sensi del D. Lgs. 198/2009.

Per quanto concerne, invece, la lesione che derivi dalla violazione degli obblighi contenuti nelle Carte dei servizi ovvero alla violazione di standard qualitativi ed economici stabiliti, per i concessionari di servizi pubblici, dalle autorità preposte alla regolazione ed al controllo del settore – anche essa costituente un presupposto utile ai fini dell’esercizio dell’azione di classe pubblicistica – attenendo la relativa materia a rapporti contrattuali, la relativa vicenda risarcitoria sarà devoluta al giudice ordinario.

Anzi, sul punto, giova osservare che, di seguito all’accertamento svolto dal giudice amministrativo adito ex D. Lgs. 198/09, i soggetti danneggiati potranno avvalersi del medesimo accertamento giurisdizionale, innestando un contenzioso civile, questa volta ai sensi dell’art. 140 bis cod. cons.

Con maggiore sforzo esplicativo, può rilevarsi che successivamente all’esercizio dell’azione di classe pubblicistica che abbia accertato la lesione lamentata dai ricorrenti, al fine di ottenere il risarcimento del danno, laddove – come nel caso dei rapporti contrattuali tra utenti e concessionari di pubblici servizi – sussista la giurisdizione ordinaria, potrà essere questa volta attivata un’azione giudiziaria ex art. 140 bis cod. cons., utilizzando l’accertamento già svolta presso gli organi giurisdizionali amministrativi.

Per quanto concerne, poi, le altre violazioni che possono dare luogo ad un’azione di classe pubblicistica, ovvero quelle attinenti agli obblighi posti in capo alle pubbliche amministrazioni, definiti dalle stesse in

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conformità alle disposizioni in materia di performance contenute nel decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150, la questione si pone in termini differenti.

Ferma restando l’esigenza di definire l’organo giurisdizionale competente in base agli ordinari criteri di riparto laddove non sussista un’ipotesi di giurisdizione esclusiva, si consideri che mentre nell’ipotesi già vista, afferente all’erogazione di pubblici servizi, il danno in capo all’utente è più facile da individuare ed è sovente forfettizzato nelle stesse Carte dei servizi, nell’ipotesi in parola il danno sarà risarcibile nei limiti in cui il cittadino sia effettivamente in grado di dimostrarlo: onere probatorio che sarà meno facile da assolvere ove la lesione attenga alla violazione di standard qualitativi che, tuttavia, non abbiano inciso in termini di effettività sulla sfera giuridico-economica del cittadino, non addivenendo, pur a fronte della formale illegittimità od incoerenza rispetto ai parametri normativi, alla soglia del danno (o, comunque, diano luogo ad una danno minimale od irrilevante).

Nel documento L'azione di classe (pagine 86-90)