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La disciplina di cui al Decreto Legislativo 20 dicembre 2009, n 198.

Nel documento L'azione di classe (pagine 80-84)

L'AZIONE DI CLASSE PUBBLICISTICA

3. La disciplina di cui al Decreto Legislativo 20 dicembre 2009, n 198.

La nuova azione di classe avverso la Pubblica Amministrazione è stata introdotta al fine precipuo di ripristinare il corretto svolgimento della funzione o la corretta erogazione di un servizio: essa potrà essere esperita dai titolari di interessi giuridicamente rilevanti ed omogenei per una pluralità di utenti e consumatori, i quali possono agire in giudizio nei confronti delle amministrazioni pubbliche e dei concessionari di servizi pubblici, se derivi una lesione diretta, concreta ed attuale dei propri interessi: a) dalla violazione di termini o dalla mancata emanazione di atti amministrativi generali obbligatori e non aventi contenuto normativo da emanarsi obbligatoriamente entro e non oltre un termine fissato da una legge o da un regolamento; b) dalla violazione degli obblighi contenuti nelle carte di servizi ovvero dalla

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violazione di standard qualitativi ed economici stabiliti, per i concessionari di servizi pubblici, dalle autorità preposte alla regolazione ed al controllo del settore e, per le pubbliche amministrazioni, definiti dalle stesse in conformità alle disposizioni in materia di performance contenute nel decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150, coerentemente con le linee guida definite dalla Commissione per la valutazione, la trasparenza e l'integrità delle amministrazioni pubbliche (c.d. Civit), secondo le scadenze temporali definite dal decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150 .

Il rimedio processuale in parola, per altro, non potrà essere avanzato avverso le autorità amministrative indipendenti né nei confronti di altre autorità quali gli organi giurisdizionali, le assemblee legislative e gli altri organi costituzionali nonché la Presidenza del Consiglio dei Ministri; per taluni dei soggetti indicati, la precisazione legislativa pare sia stata fatta ad abudantiam: gli organi giurisdizionali, già sul piano della disciplina costituzionale, vanno soggetti ad una disciplina differenziata da quella che è propria della Pubblica Amministrazione mentre le Assemblee legislative e gli altri organi costituzionali giammai potrebbero andare incontro ad una censura giudiziaria quale quella in parola (per altro, non ricorrerebbero neanche i presupposti oggettivi previsti dalla norma primaria per l’esercizio dell’azione giudiziaria de

qua).

Al fine di pubblicizzare adeguatamente l’avvenuto esercizio dell’azione di classe, la norma prescrive che del ricorso sia data immediatamente notizia sul sito istituzionale dell'amministrazione o del concessionario intimati: ciò renderà possibile il successivo intervento processuale da parte dei soggetti che si trovino nella medesima situazione giuridica del ricorrente, i quali potranno intervenire nel termine di venti giorni liberi prima dell'udienza di discussione del ricorso, da fissare d’ufficio.

Legittimati alla proposizione del ricorso in parola, per altro, sono anche le associazioni o i comitati i cui associati appartengano alla pluralità di utenti e consumatori danneggiati a seguito delle forme di mala

gestio amministrativa sopra indicate.

Sul versante della legittimazione passiva, il ricorso viene proposto nei confronti degli enti i cui organi sono competenti a esercitare le funzioni o a gestire i servizi affetti dalla suddette disfunzioni amministrative.

Gli enti intimati dovranno informare immediatamente della proposizione del ricorso il dirigente responsabile di ciascun ufficio coinvolto, il quale può intervenire nel giudizio.

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Il giudice, invece, nella prima udienza, ove ritenga che le violazioni o le omissioni siano ascrivibili ad enti ulteriori o diversi da quelli intimati, dovrà ordinare l'integrazione del contraddittorio.

Sul crinale rimediale, non è secondario, poi specificare che lo strumento processuale in parola non consente di accedere al risarcimento del danno: le relative doglianze saranno attivabili alla stregua dei rimedi ordinari, rimanendo l’azione di classe pubblica inidonea a tale finalità.

Last, but not least, il ricorso è devoluto alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo e le

questioni di competenza sono rilevabili anche d'ufficio.

Sul versante procedurale, è stabilito che il ricorrente debba notificare preventivamente, anche con le mo- dalità di cui all'articolo 48 del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, una diffida all'amministrazione o al concessionario ad effettuare, entro il termine di novanta giorni, gli interventi utili alla soddisfazione degli interessati.

La diffida in parola dovrà essere notificata all'organo di vertice dell'amministrazione o del concessiona- rio: questi, assunte senza ritardo le iniziative ritenute opportune, individua il settore in cui si è verificata la violazione, l'omissione o il mancato adempimento lamentato e cura che il dirigente competente prov- veda a rimuoverne le cause.

Opportunamente, poi, il Legislatore ha stabilito che tutte le iniziative assunte siano comunicate all'autore della diffida.

Le pubbliche amministrazioni dovranno determinare, per ciascun settore di propria competenza, il proce- dimento da seguire a seguito di una diffida notificata ai sensi del presente comma.

L'amministrazione o il concessionario destinatari della diffida, se ritengono che la violazione, l'omissione o il mancato adempimento siano imputabili altresì ad altre amministrazioni o concessionari, invitano il privato a notificare la diffida anche a questi ultimi.

La diffida dovrà essere comunicata dall'amministrazione pubblica o dal concessionario di servizi pubblici interessati al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione (obbligo, questo, che pare sancito opportunamente, dando la stura a possibili interventi amministrativi che possano risolvere la questioni a prescindere da un contenzioso giudiziario).

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Una volta provveduto alla menzionata diffida, il ricorso sarà proponibile soltanto se, decorso il termine di 90 giorni l'amministrazione o il concessionario non abbiano provveduto, o lo abbiano fatto in modo par- ziale, ad eliminare la situazione denunciata.

A fronte di una siffatta persistente situazione di irregolarità amministrativa, il ricorso potrà essere propo- sto entro il termine perentorio di un anno dalla scadenza dei menzionati 90 giorni.

Sussistendo l’obbligo di dare luogo ad una procedura siffatta, il ricorrente dovrà comprovare in giudizio di avere provveduto alla notifica della suddetta diffida nonché l’infruttosa scadenza del termine assegnato per provvedere.

Trattandosi di servizi pubblici, in luogo della diffida di cui al comma 1, il ricorrente, se ne ricorrono i presupposti, potrà promuovere la risoluzione non giurisdizionale della controversia ai sensi dell'articolo 30 della legge 18 giugno 2009, n. 69; in tal caso, se non si raggiunge la conciliazione delle parti, il ricor- so sarà proponibile entro un anno dall'esito di tali procedure.

A livello intertemporale, da ultimo, assurge a rilievo la disciplina posta dall’art. 7, D. Lgs. 198/09 che condiziona la concreta operatività dell’impianto normativo alla previa emanazione dei provvedimenti da esso previsti (i relativi profili saranno valutati nel prosieguo della presente trattazione).

Sul piano dell’analisi generale e fatti salvi gli approfondimenti che di seguito saranno operati, giova per ora considerare che secondo la dottrina79 la class action contro la PA si differenzia in modo sostanziale da quella prevista dal Codice del Consumo; infatti, con la prima si ristabiliscono gli standard di efficienza e produttività deviati dalla scorretta gestione della cosa pubblica, mentre con la seconda si risarcisce un danno a seguito di una lesione generata nell’ambito dell’attività privatistica svolta da produttori e fornitori di beni e di servizi.

Dal punto di vista processuale ciò si traduce in una differenza del petitum, vale a dire dell’oggetto della domanda giudiziale: condanna al risarcimento danni nel caso dell’azione promossa ai sensi dell’art. 140- bis cod. cons., condanna ad assumere comportamenti virtuosi e rispettosi delle norme nel caso dell’azione intrapresa ai sensi del D. Lgs. n. 198/2009.

Ancora, la tesi interpretativa citata ha ritenuto che lo stesso termine class action sia utilizzato impropriamente (sarebbe più corretto, secondo tale ermeneutica, chiamarla “civic action”, azione civica), dal momento che non è previsto alcun diretto beneficio in capo a chi la attiva, a differenza di quanto

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previsto nel caso dell’azione di classe vigente nel campo dei servizi e del commercio.

L’impossibilità di ottenere direttamente il risarcimento (una volta emessa la pronuncia di condanna è sempre possibile esperire gli ordinari rimedi per richiedere il risarcimento) rappresenterebbe, dunque, una grave menomazione, tenuto conto del fatto che – al contrario – la proposizione dell’azione comporta dei costi, anche in considerazione della circostanza per cui i procedimenti in questione non sono resi esenti dal versamento del Contributo Unificato previsto dal D.P.R. n. 115/2002.

Nel documento L'azione di classe (pagine 80-84)