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Danno riflesso per illeciti fallimentari aventi natura formale

CAPITOLO 2: Individuazione del danno risarcibile: singole operazion

2.3. Danno riflesso per illeciti fallimentari aventi natura formale

In questo paragrafo si tratta la questione relativa al danno cagionato per fatti di bancarotta fraudolenta documentale o per bancarotta semplice o per falso in bilancio. In questo caso la questione si pone in termini più complessi, posto che, in via generale, le violazioni di ordine formale raramente cagionano un danno patrimoniale in via diretta. Va subito detto che tanto l’accusa di omessa o irregolare tenuta delle scritture contabili sia il reato di false comunicazioni sociali, di per sé stessi non sarebbero direttamente causativi di danno per fatto di bancarotta47, né sotto il profilo di illecito che determina una diminuzione del

patrimonio, né nella forma dello illecito che determina un aggravamento del dissesto48. I detti illeciti, invece, possono essere strumentali o all’occultamento di

un fatto che determina o ha determinato una diminuzione del patrimonio, o di un fatto volto alla prosecuzione della gestione con conseguente aggravamento del dissesto. Pertanto, in linea generale e in prima approssimazione, per riuscire ad individuare il danno da bancarotta documentale occorre verificare a quale tipo di attività era strumentalmente collegato il fatto di bancarotta documentale e quindi rinvenire il fatto causativo del danno eziologicamente collegato all’illecito formale. Passando ad una analisi più dettagliata delle varie situazioni possiamo rilevare quanto segue:

1) il reato di bancarotta semplice documentale viene considerato dalla giurisprudenza della suprema Corte, un reato di pericolo e come tale non sempre tale da cagionare un danno patrimonialmente apprezzabile49.

47 Per altro va notato che tanto la dottrina quanto la giurisprudenza non hanno mai manifestato dubbio alcuno che nel caso no dei possibili effetti dannosi ricollegabili alla bancarotta documentale è la difficoltà di ricostruzione del patrimonio della impresa fallita, con conseguente, maggior danno per i creditori, rappresentato dalla quota di patrimonio non rinvenuto o non recuperato e non suscettibile di recupero. 48 Uno dei possibili effetti dannosi ricollegabili alla bancarotta documentale è la difficoltà di ricostruzione del patrimonio della impresa fallita, con conseguente, maggior danno per i creditori, rappresentato dalla quota di patrimonio non rinvenuto o non recuperato e non suscettibile di recupero.

49 Cass., sez. V, 15.3.2000. In tema di bancarotta semplice documentale, è punito il comportamento omissivo del fallito che non ha tenuto le scritture contabili; trattasi di reato di pericolo presunto che, mirando ad evitare che sussistano ostacoli alla attività di ricostruzione del patrimonio aziendale e dei movimenti che lo hanno costituito, persegue la finalità di consentire ai creditori l'esatta conoscenza della

Sicuramente uno dei possibili danni che possano derivare da questo tipo di illecito è la difficoltà con la quale il curatore, per esempio, abbia potuto ricostruire o meno il patrimonio fallimentare. Si tratta ovviamente di un danno ipotetico che deve essere oggetto di una valutazione particolarmente rigorosa;

2) passando alla bancarotta fraudolenta documentale, si ripropongono, in realtà le medesime considerazioni che sono già state formulate al punto precedente50. In questo caso bisogna fare attenzione a distinguere le

ipotesi nelle quali la mancanza delle scritture contabili ha cagionato un danno, di per sé, riferibile per esempio alla concreta impossibilità del curatore di procedere all’esercizio di azioni recuperatorie (riscossioni di crediti) o revocatorie, rispetto alle ipotesi nelle quali la falsificazione della scrittura è sottesa al nascondimento di un fatto costitutivo di un ulteriore illecito. In questo secondo caso, si tratta, infatti di evitare una duplicazione di danni che già trovano la loro causa genetica immediata e

consistenza patrimoniale, sulla quale possano soddisfarsi; la fattispecie, pertanto, consistendo nel mero inadempimento di un precetto formale (il comportamento imposto all'imprenditore dall'art. 2214 c.c.), integra un reato di pura condotta, che si realizza anche quando non si verifichi, in concreto, danno per i creditori; peraltro, l'obbligo di tenere le scritture contabili non viene meno se l'azienda non ha formalmente cessato l’attività, anche se manchino passività insolute, esso viene meno solo quando la cessazione dell’attività commerciale sia formalizzata con la cancellazione dal registro delle imprese. 50 Si noti che la giurisprudenza ha qualificato il reato di cui all’art. 216 pp. cpv n. 2, un reato di danno per differenziarlo da quello di cui all’art. 217 Lf; in tal senso: Cass., 6.6.1980. Fra le due ipotesi di reato, quella di cui all'art. 216 n. 2 e quella di cui all'art. 217 l. fall. corrono rilevanti differenze, sia quanto all'elemento materiale, sia quanto all'elemento psicologico; quanto all'elemento materiale, il primo è un reato di danno e inoltre coinvolge nella condotta punibile anche le scritture facoltative, mentre il secondo è un reato di pericolo presunto, per cui è irrilevante se la ricostruzione possa ugualmente effettuarsi anche aliunde e riguarda soltanto le scritture rese obbligatorie dal c.c.; per ciò che concerne l'elemento psicologico, mentre il primo esige che lo scopo perseguito dall'agente sia indirizzato (dolo) proprio a rendere impossibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari, il secondo si accontenta della semplice colpa; altre differenze riguardano il fatto che l'art. 216 si riferisce piuttosto al contenuto sostanziale delle scritture e l'art. 217 piuttosto, o almeno prevalentemente, all'osservanza delle formalità prescritte per la loro tenuta (numerazione, bollatura, vidimazione, cancellature, ordine delle annotazioni) e che per il secondo è previsto un termine breve di operatività temporale massima (tre anni antecedenti alla dichiarazione di fallimento).

diretta nell’illecito che viene occultato anche attraverso l’atto di bancarotta fraudolenta documentale;

3) il delitto di falso in bilancio, il più delle volte è commesso con il primario fine di prolungare la vita della impresa nella speranza di una soluzione gestionale della stessa. Quindi è il mezzo con il quale l’amministratore della società può “aggravare” il dissesto. Talora, il falso in comunicazioni sociali è strumentale al nascondimento di un’operazione di distrazione o ad una operazione dolosa attraverso la quale si è cagionato il dissesto: in questo caso il danno è determinato con le modalità indicate ai paragrafi successivi e il delitto di false comunicazioni sociali si pone solo come strumento di occultamento di un fatto illecito dannoso.

2.4. Danno provocato alla società e ai creditori per l’aver causato il dissesto