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Determinazione del patrimonio netto di derivazione contabile

CAPITOLO 2: Individuazione del danno risarcibile: singole operazion

2.2. Determinazione dell’ammontare degli atti distrattivi

2.2.1. Determinazione del patrimonio netto di derivazione contabile

Il patrimonio netto scaturisce, secondo la tecnica ragionieristica, dalla differenza tra le attività e le passività presenti in bilancio e, in quanto tale, non è suscettibile di autonoma valutazione. Infatti, così come evidenziato anche nei principi contabili nazionali32, esiste un’uguaglianza contabile di valori tra le attività e la sommatoria delle passività ed il patrimonio netto, quest’ultimo, pertanto, con

32 Cfr., sul punto, documento OIC n. 28. La normativa Ias/Ifrs definisce il patrimonio netto come una categoria residuale, in riferimento alla quale non viene disciplinato alcun criterio organico di disponibilità e distribuibilità, nè redatto alcun documento dedicato sui criteri di relativa misurazione e rilevazione.

funzione di bilanciamento delle due sezioni, derivante dalle stime e dalle congetture eseguite sui singoli elementi attivi e passivi. Nell’ottica finanziaria considerata la necessaria uguaglianza tra ‘‘impieghi’’ di mezzi monetari (attività) e le ‘‘fonti’’ di tali mezzi monetari (capitale proprio e capitale di terzi), il patrimonio netto rappresenta l’ammontare del capitale proprio, vale a dire dei mezzi apportati dall’imprenditore o autogenerati dall’impresa stessa, indistintamente investiti (insieme ai mezzi di terzi cioè alle passività) nelle attività del patrimonio aziendale. Anche se il patrimonio netto, proprio perchè costituisce un valore differenziale, è unitario, per finalità pratiche e giuridiche esso risulta suddiviso in quote ideali. Ai sensi dell’art. 2424 cod. civ. rubricato «Contenuto dello stato patrimoniale», il patrimonio netto, contraddistinto dalla lettera A del passivo, è suddiviso in:

I - Capitale

II - Riserva da soprapprezzo delle azioni III - Riserve di rivalutazione

IV - Riserva legale

V - Riserva per azioni proprie in portafoglio VI - Riserve statutarie

VII - Altre riserve, distintamente indicate VIII - Utili (perdite) portati a nuovo IX - Utile (perdita) dell’esercizio

Non sono interessate voci del conto economico se non per l’utile (perdita) dell’esercizio, il cui saldo è poi trasportato nello stato patrimoniale. Dopo aver ripreso la tradizionale definizione del patrimonio netto come differenza tra attività e passività di bilancio, nella prima parte il Documento n. 28 dell’OIC svolge il ruolo di interpretare il contenuto di ciascuna delle nove voci di cui si compone la classe A del passivo patrimoniale secondo lo schema civilistico.

• I - Capitale: Corrisponde al valore nominale dei conferimenti sottoscritti dai soci e delle riserve girate a capitale nel corso del tempo. Esso esprime il capitale sociale sottoscritto, anche se non ancora interamente versato: il valore dei versamenti ancora dovuti (con separata indicazione della parte

già richiamata) viene iscritto nella sezione dell’attivo, nella classe A) «Crediti verso soci». Nelle società azionarie (spa, sapa) deve essere uguale al prodotto del valore nominale unitario delle azioni emesse per il rispettivo numero.

• II - Riserva sopraprezzo azioni: Include la differenza tra valore di emissione delle azioni ed il loro valore nominale, oltre alle differenze positive che sorgono, in occasione della conversione di prestiti obbligazionari convertibili tra il valore delle nuove azioni emesse ed il valore nominale delle obbligazioni annullate.

• III - Riserve di rivalutazione: Accoglie le rivalutazioni permesse dalle apposite leggi di rivalutazione monetaria (come le Leggi n. 342/2000 e n. 448/2001). Non sono da includersi le riserve da altri tipi di rivalutazione, per le quali si veda invece il punto VII.

• IV - Riserva legale: Accoglie gli utili accantonati a norma dell’art. 2430 Codice civile. In essa devono confluire almeno il 5 per cento degli utili netti di bilancio finchè il suo saldo non ha raggiunto il 20 per cento del capitale sociale. Fino a tale limite essa può essere utilizzata riducendone l’importo solo per copertura di perdite dopo che sono state impiegate già tutte le altre riserve eventualmente presenti. Oltre tale limite essa per la parte eccedente diviene una riserva disponibile anche per altri scopi (aumento gratuito del capitale sociale, distribuzione ai soci, ecc.). In tal caso va comunque ricostituita per il suo importo originario. L’art. 2412 ne regola le modalità di costituzione in caso di riduzione del capitale sociale in presenza di prestito obbligazionario emesso.

• V - Riserva per azioni proprie in portafoglio: Deve essere

obbligatoriamente costituita ai sensi dell’art. 2357-ter Codice civile usando altre riserve disponibili o utili distribuibili dopo che la società ha acquistato azioni proprie e per l’importo esattamente pari al costo sostenuto e mantenuta in bilancio finche´ tali azioni sono presenti. Il suo importo deve sempre esser pari all’importo delle azioni proprie iscritto

nell’attivo. Non rientra in questa voce la riserva per acquisto azioni di società controllante, da collocarsi invece al successivo punto VII.

• VI - Riserve statutarie: Accoglie le riserve costituite in forza di specifiche disposizioni previste dallo statuto societario, che ne disciplinerà le modalità di formazione ed utilizzo.

• VII - Altre riserve: In questa voce possono confluire molteplici conti, la cui specifica indicazione deve comunque essere fornita nella nota integrativa (art. 2427, comma 1, n. 7). Il principio contabile cita i seguenti: riserve straordinaria, riserva facoltativa, riserva per rinnovamento impianti e macchinari: sono tutte riserve da accantonamento di utili non imposte dalla legge o dallo statuto, ma deliberate dall’assemblea sociale e finalizzate o meno verso scopi specifici, che possono peraltro essere variati dallo stesso organo societario. Il Documento n. 28 non specifica la possibile inclusione tra queste della riserva perequazione (o integrazione) dividendi, avente lo scopo di incrementare i dividendi per gli azionisti negli anni in cui siano scarsi i redditi di esercizio per garantire un dividendo in linea con gli obiettivi gestionali; riserva per acquisto azioni della società controllante: trattasi di riserva obbligatoria ai sensi dell’art. 2359-bis, Codice civile, da costituirsi rispettando le stesse regole già descritte a proposito della riserva per acquisto azioni proprie; riserva da conversione in euro: consiste nella riserva che si movimenta per imputarvi gli eventuali utili differiti su cambi derivanti dalla conversione in euro delle poste contabili espresse in valute aderenti all’unione monetaria; riserve da condono fiscale: sono le riserve consentite da apposite leggi di condono fiscale che permettevano l’iscrizione nel netto di riserve tassate in esercizi precedenti (es. Legge n. 516/1982); riserva da contributi in c/capitale: a seguito della nuova formulazione del TUIR, ormai essa accoglie solo quei contributi in c/capitale non destinati a confluire nel conto economico ma finalizzati a rafforzare patrimonialmente la società, senza che siano correlati allo svolgimento di attività specifiche (es. ricerche) o all’acquisto di determinati beni (es. macchinari innovativi);

riserva da riduzione capitale sociale: accoglie quelle somme che residuano quando si riduce il capitale sociale o a seguito di perdite per una cifra «tonda», n on perfettamente coincidente con l’importo della perdita o «per esuberanza», con relativa distribuzione ai soci. La differenza tra importo del capitale ridotto e la perdita coperta (o il capitale esuberante rimborsato ai soci) confluisce in questa voce; riserva per avanzo di fusione: in massima sintesi, accoglie la differenza positiva tra patrimonio netto della società fusa e ammontare della valutazione attribuita a tale società nell’operazione di fusione; riserva da deroghe ai sensi dell’art. 2423, comma 4: il Codice civile prevede che in casi eccezionali si deve derogare alle norme sulla redazione del bilancio (art. 2423 e segg.), qualora la loro applicazione impedisca la rappresentazione chiara, veritiera e corretta della situazione economica, finanziaria e patrimoniale. Se dalla deroga derivano degli utili (come nel caso di rivalutazione volontaria di beni), il citato articolo prescrive che essi debbano trovare collocazione in tale riserva, indistribuibile finchè non si è realizzata la potenziale plusvalenza. Spetta alla nota integrativa informare sulle motivazioni ed i riflessi della deroga ed agli organi di controllo societari valutarne la congruità ed esprimere il loro assenso nella relazione da allegare al bilancio; riserva non distribuibile da rivalutazione delle partecipazioni: è la riserva che l’art. 2426, comma 4, impone di iscrivere quale contropartita della rivalutazione di partecipazioni immobilizzate in controllate e collegate, a per le quali si sia scelto di applicare il metodo del patrimonio netto, nel caso in cui, secondo quanto disposto dal Documento n. 21 dei Principi contabili dell’OIC, dette partecipazioni siano da rivalutare. Tale riserva è indistribuibile finchè non si è effettivamente realizzato il plusvalore della partecipazione tramite liquidazione dei dividendi; riserve per versamenti di soci: entro questa tipologia, che confluisce idealmente nelle riserve di capitale, ossia facenti parte del capitale di apporto, il Documento n. 28 distingue varie riserve: 1) i versamenti in conto aumento di capitale, riserva che accoglie in contropartita le somme versate dai soci a seguito di

sottoscrizione di aumento di capitale «scindibile» (ossia eseguibile anche nel caso in cui non vi sia integrale sottoscrizione), già deliberato dall’assemblea ma non ancora perfezionato giuridicamente (es. in corso di omologazione); 2) i versamenti in conto futuro aumento di capitale riserva che accoglie in contropartita le somme versate dai soci a seguito della semplice previsione di un futuro aumento di capitale non ancora deliberato dall’assemblea; 3) i versamenti in conto capitale o a copertura perdite, riserva che accoglie in contropartita le somme versate dai soci non connessi ad aumenti di capitale in corso o previsti, ma dettati soltanto dall’esigenza di potenziare l’azienda o di reintegrare le risorse distrutte a seguito di perdite. In quest’ultimo caso, la riserva presenta uno specifico vincolo di destinazione e non può essere variata finchè la perdita non è stata coperta; riserva da conguaglio utili in corso, intesa come contropartita contabile di somme che in occasione di aumenti di capitale i nuovi capitali devono versare per poter partecipare al termine dell’esercizio alla distribuzione di dividendi in modo uguale ai capitali già esistenti; riserva da conversione cambi, destinata ad accogliere gli utili netti su cambi che per effetto dell’art. 2426, 8-bis, devono essere accantonati fino al realizzo in una riserva non distribuibile.

• VIII - Utili (perdite) portate a nuovo: raccoglie i redditi (utili o perdite) formatisi in esercizi precedenti che l’assemblea non ha ancora deciso come destinare in via definitiva.

• IX - Utile (perdita) dell’esercizio: è il reddito che emerge dal conto economico dell’esercizio, da riportare nello stato patrimoniale. Se durante l’esercizio è stato distribuito un acconto o è stata già coperta anticipatamente una parte della perdita in corso di formazione, tali importi vanno portati distintamente a detrazione del risultato di esercizio.

Per la determinazione del deficit ingiustificato, il patrimonio netto viene desunto dalla contabilità dell'impresa fallita, rettificata solo per tener conto dei costi e ricavi eventualmente non contabilizzati.

I ricavi non contabilizzati potranno essere desunti da fonti di conoscenza esterne quali testimonianze, dichiarazioni raccolte dal Curatore stesso, verbali della Guardia di Finanza, sentenze.

Alcuni costi non contabilizzati (che sono tipicamente quelli dell'ultimo periodo di vita dell'impresa) normalmente emergono dall'esame delle istanze di ammissione al passivo. Anche questi costi vengono riconosciuti a giustificazione del deficit, ma utilizzando una procedura diversa.

Invece di portarli a riduzione del patrimonio netto di derivazione contabile, essi saranno portati a riduzione del passivo fallimentare a valori storici33.

2.2.2. Determinazione del Passivo fallimentare a valori storici