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De hirundine et ceteris avibus

Nel documento Maria Chiara Scappaticcio Fabellae (pagine 96-109)

Capitolo IV De hirundine et ceteris avibus:

P. Mich. VII 457 + Yale II 104

IV.1 De hirundine et ceteris avibus

Che protagonista sia una rondine o piuttosto un gufo, il motivo della favola veicolata dal P.Mich. VII 457 + P.Yale II 104 è stato proposto e rimodulato in una serie di varianti sviluppate a partire dal nucleo che vede l’uccello protagonista essere deriso da altri uccelli per l’aver proposto loro di andare a risiedere insieme agli uomini. Ammoniti davanti ad un pericolo creduto mortale, infatti, gli uccelli non prestarono ascolto alla duplice possibilità o di abbattere il pericolo nascente (fosse una pianta mortale, come il vischio o la quercia, o piuttosto il lino) o di andare a rifugiarsi dagli uomini; risultato è che essi sono catturati, mentre la

Secolo: III d.C.

Provenienza: Tebtynis (Umm el-Baragât)?

Edizioni: H.A. Sanders, 1947 (P.Mich. VII 457); Roberts 1957 (P.Mich. VII 457); Parássoglou 1974 (P.Mich. VII 457 + P.Yale II 104); S.A. Stephens, 1985, 50–52 (P.Mich. VII 457 + P.Yale II 104) Repertori: CpL 80 (P.Mich. VII 457); CLA Suppl. 1780 (P.Mich. VII 457); LDAB 134; MP32917 Conservazione: Ann Arbor, Michigan University Libr. [inv. 5604b] + New Haven, Yale University, Beinecke Libr. [inv. 1158]

Documento esaminato attraverso le riproduzioni fotografiche digitali https://doi.org/10.1515/9783110568509-011

rondine ed il gufo riescono a salvarsi e a trovare riparo presso gli uomini. Se sia più antico il tema della rondine o piuttosto quello del gufo e se abbiano la stessa origine è questione complessa¹.

Le varianti introdotte, a partire dall’uccello protagonista, sono molte, e, dalla duplice versione esopica della Collectio Augustana, sono stati essenzial-mente identificati quattro sviluppi narrativi a partire dalla versione di Demetrio Falereo, che vedono alternarsi come protagonisti la rondine ed il gufo, come pericolo il vischio ed il lino col quale vengono fabbricate le reti per catturare gli uccelli, come conseguenza la salvezza dell’uccello protagonista e l’ammirazione per aver osato chiedere riparo agli umani².

La versione esopica ha per protagonista una rondine che cercava di con-vincere gli altri uccelli perché distruggessero le bacche di vischio che sarebbero state per loro mortali o stringessero con gli uomini un rapporto di amicizia perché non tentassero di avvelenarli³. Che quello del vischio fosse un tema antico è noto da una versione che, per certi versi, corre parallela a quella eso-pica, nota da un volumen da biblioteca circolato nell’Egitto del I secolo, il P.Ryl.

III 493, un testimone importante perché ha trasmesso quattordici favole fram-mentarie ricondotte a Demetrio Falereo⁴. L’Egitto, perciò, tra I e III secolo, vide circolare più di una versione della stessa favola originaria: il P.Ryl. III 493 ha per protagonista un gufo che avverte della pericolosità del vischio, mentre il P.Mich.

VII 457 + P.Yale II 104 una rondine che ammonisce davanti al pericolo della fabbricazioni di reti con la pianta di lino, quest’ultima motivo evidentemente più recente entrato a contaminare la narrazione originaria.

IV.2 P.Mich. VII 457 + P.Yale II 104

La favola esopica bilingue latino-greca del P.Mich. VII 457 + P.Yale II 104 è stata ricopiata su un foglio ricavato e tagliato a partire da un rotolo originario di buona qualità sul quale era stato trascritto, al recto, un testo giuridico. Il P.Mich.

VII 456 + P.Yale. inv. 1158 recto trasmette, infatti, il più antico frammento latino

 Questo tema favolistico è stato al centro delle ricerche di Rodríguez Adrados 1980 e 1982, nonché 2000, 110 –114 e 2003, 54–56 (H. 39ab), cui si rinvia per un lucido inquadramento della tradizione e dei problemi di questa narrazione e per ulteriori riferimenti bibliografici.

 In merito ci si limita a rinviare a Rodríguez Adrados 2003, 55.

 Aesop. 39a-b (Hausrath 1957 = 349 Chambry 19602).

 LDAB 133; MP30050. Sulla tradizione delle favole di questo papiro e per ulteriori indicazioni bibliografiche ci si limita qui a rinviare a Rodríguez Adrados 1980, 82–91.

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di contenuto giurisprudenziale, ricopiato in una corsiva antica datata al pieno I secolo e caratterizzato dall’uso distintivo di rubricature in inchiostro rosso⁵.

Una differenza sostanziale è ben visibile tra la scrittura accurata del recto giuridico e quella non calligrafica – ma parimenti una corsiva antica, databile al III secolo – del verso, dove la stessa mano ha copiato sia il greco sia il latino in uno stile molto vicino a quello dei documenti, con un’attenzione a tenere distinte le parole benché non si usi uno specifico sistema interpuntivo⁶.

Il primo dei due frammenti ad essere pubblicato è stato quello della colle-zione della Michigan University Library (P.Mich. VII 457; 5 x 13 cm): la sua editio princeps comparve nel settimo volume dei papiri Michigan – il volume inte-gralmente consacrato ai testi latini – nel 1947 e se ne parlò generalmente come di un documento bilingue e soltanto in sordina venne avanzata l’ipotesi che si trattasse, come al recto, di un testo legale⁷; ad un decennio di distanza, Colin H.

Roberts, registrando l’anomalia della presenza di uccelli in un possibile testo del diritto, intuì che si trattava piuttosto di una versione della favola della rondine che elargisce invano consigli agli altri uccelli⁸.

Dopo almeno tre linee in scrittura latina, le altre superstiti sono tutte in greco; le prime linee sono una traduzione della chiusa della favoletta ed un parallelo è possibile soltanto tra il latino della l. 1 ed il greco della l. 14, l’ultima leggibile del frammento. Rispetto ai glossari e alla consueta strutturazione dello spazio scrittorio secondo una doppia colonna testuale che veda affiancarsi pars Latina e pars Graeca (o viceversa), questo del P.Mich. VII 457 + P.Yale II 104 è, come anche il P.Amh. II 26, un caso singolare: alla versione latina della favola (che occupava lo spazio dell’intera colonna scrittoria) seguiva quella greca.

L’essere stata ricopiata al verso di un testo del diritto romano suggerì, inoltre, la possibilità che anche la favola del P.Mich. VII 457 + P.Yale II 104 fosse circolata in un ambiente romano, copia privata di ufficiali latinofoni alle prese con l’apprendimento del greco o piuttosto copia di un maestro che l’avrebbe utilizzata in contesti educativi⁹.

 Su questo frammento si vedano le osservazioni paleografiche di Ammirati 2015, 28 e 83, dove si troveranno anche ulteriori rinvii bibliografici relativi all’aspetto più propriamente testuale di questo frammento di diritto.

 Sulla questione e per una galleria bibliografica in merito si confronti, più recentemente, Ammirati 2015, 40 e 49 n. 9.

 P.Mich. VII 457, 100 –101; al papiro è assegnato il titolo di ‘bilingual document’.

 Roberts 1957.

 Roberts 1957, 125: «yet the hand is fluent and practised, certainly not that of a schoolboy. The legal text on the recto suggests that it originated in Roman circles; it may have been a private copy made by some Roman official learning Greek, or a schoolmaster’s version for dictation to his class».

IV.2 P.Mich. VII 457 + P.Yale II 104 89

Nel 1974 George M. Parássoglou pubblicò un secondo frammento apparte-nente allo stesso foglio (e allo stesso rotolo) di quello della collezione del Mi-chigan; come il frammento del Michigan, anche il P.Yale inv. 1158 (3.5 x 13 cm) venne acquistato nel 1931 sul mercato antiquario da Maurice Nahman, prove-niente come il frammento del Michigan da uno stoccaggio di rivenditori del Cairo, comprato, però, non a Londra, come quello, ma a Parigi. La provenienza dei due frammenti resta, perciò, avvolta in una nebulosa, benché sia stata avanzata la possibilità che siano stati trovati a Tebtynis¹⁰.

IV.3 Il P.Mich. VII 457 + P.Yale II 104 e la tradizione esopica

Un anno dopo l’edizione dei due frammenti ricongiunti di Parássoglou, nel 1975, il P.Mich. VII 457 + P.Yale II 104 venne ripubblicato da Susan A. Stephens all’interno del secondo volume dei papiri conservati alla Beinecke Library dell’Università di Yale; l’edizione della favoletta viene data in una versione mi-gliorata ed ‘ampliata’, in cui nuove letture vengono proposte anche con il sup-porto di Eric G. Turner (per epistulam) e molte lacune colmate exempli gratia in modo tale da mettere sotto gli occhi del lettore un papiro che meglio rendesse l’idea del testo trasmesso¹¹. Il risultato, però, è quello di una ricostruzione ope ingenii resa ulteriormente complessa per il fatto che la tradizione manoscritta nota – si voglia greca, si voglia latina – non ha trasmesso una versione identica della favola veicolata dal papiro¹².

La favola del P.Mich. VII 457 + P.Yale II 104, infatti, sembra unire a quello consolidato – e già esopico, perché noto dalla favola della Collectio Augustana – della rondine l’elemento narrativo del lino (e della fabbricazione di reti da caccia di lino), probabilmente introduzione più recente rispetto alla presenza del

vi- È questa informazione reperibile nel LDAB, senza che, però, siano dati ulteriori dettagli.

 P.Yale II 104, 51: «the following restorations, which are only provided exempli gratia, are somewhat longer than those of the editio princeps».

 In questa sede ci si limiterà alle integrazioni necessarie per completare lemmi preservati parzialmente. Resta la difficoltà di calcolare la dimensione della linea nella colonna originaria, ragione per la quale ricostruire la quantità di lettere cadute nella lacuna della sezione sinistra del frammento del Michigan è, allo stato attuale, impossibile. Il numero delle lettere in lacuna qui segnalato è, perciò, indicato a puro titolo esemplificativo.

Alle due rispettive edizioni di Parássoglou 1975 (in particolare, 35–37) e della Stephens (in P.Yale II, 51–52) si rinvia anche per il commento analitico alle linee greche del frammento e alle possibili ricostruzioni testuali, dal momento che qui non si analizzeranno altro che i rapporti tra le linee latine superstiti e quelle greche parallele e i possibili legami con il testo latino del Romulus.

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schio come pianta mortale per gli uccelli, che compare per la prima volta proprio nel testimone orientale e bilingue di III secolo e che è stato retrodatato al III a.C.

per la presenza di stringhe coliambiche individuate nel frammento stesso: quella del P.Mich. VII 457 + P.Yale II 104 sarebbe una quarta versione metrica della favola, insieme a quella del P.Ryl. III 493 e le due trasmesse dalla Collectio Augustana¹³. Di questa stessa versione metrica del P.Mich.VII 457 + P.Yale II 104 è stata osservata la vicinanza al testo del Romulus (24), ricondotto, a sua volta, a Fedro¹⁴.

Una riflessione sul triangolo ‘P.Mich. VII 457 + P.Yale II 104 – Fedro – Romulus’ si impone, e sottolineare che la favola non è nota dalla raccolta giunta sotto il nome di Fedro è necessario punto di partenza; l’attribuzione della favola a Fedro, perciò, è stata fondata soltanto sulla sua presenza nella raccolta del Romulus¹⁵. Ma, come si è visto a più riprese, il legame del Romulus con l’una o piuttosto l’altra tradizione favolistica è arduo a rintracciarsi, non soltanto per la complessità del tipo di tradizione stessa ma anche per l’evidente stratificazione testuale cui il nucleo della raccolta è andato incontro nel corso del tempo (e nelle differenti recensiones), non alieno dall’aver assorbito materiale testuale di una tradizione molto simile a quella nota dagli Hermeneumata Pseudodosithe-ana. Non soltanto la favola della rondine e degli altri uccelli ammoniti del pericolo del lino (o del vischio che sia) non è presente nel corpus fedriano, ma non è neanche trasmessa nel nucleo favolistico degli Hermeneumata Pseudo-dositheana, o almeno da quello noto dalla tradizione medievale del manoscritto leidense e del frammento parigino. Tra Oriente tardoantico ed Occidente Me-dievale, tra la favola della rondine del P.Mich. VII 457 + P.Yale II 104 e quella del Romulus (24), bisognerà ipotizzare un ulteriore tramite, di natura scolastica, che abbia potuto facilmente oscillare tra Oriente ed Occidente e che abbia

ininter- È questo elemento enfatizzato soltanto a partire dagli studi di Rodríguez Adrados 1980, 194–

196: «sin embargo, es importante porque es donde por primera vez aparece el tema del lino; de las redes de lino en que caen los pájaros. Digo por primera vez porque también en esta fábula (cuyo papiro es del siglo III d.C.) hay coliambos, es decir, es del siglo III a.C.» (194).

 Rodríguez Adrados 1980, 195: «esta cuarta versión métrica está (…) muy próxima à Rómulo 24, es decir, según parece más probable, a Fedro, hasta ahora aislado», assunto questo ripro-posto anche più recentemente in Rodríguez Adrados 2003, 55: «the bird continues to be the swallow, but now the advice is to destroy the seed of the flax plant, from which nets are made;

the ending is the same (in P.Mich. 457 + P.Yale inv. 1158v, and in R. 24, by Phaedrus)».

 Nella ricostruzione genealogica di Rodríguez Adrados 2000, 114 (con leggere variazioni rispetto a 1980, 208) la favola prosastica del P.Mich. VII 457 + P.Yale II 104 viene fatta derivare dalla stessa fonte (Z, a sua volta derivata dalla prosa di Demetrio) da cui sarebbero nate la seconda versione prosastica della Collectio Augustana (39b Hausrath 1957) e la favola di Fedro (non pervenuta), che avrebbe generato, a sua volta, la versione di Rom. 24.

IV.3 Il P.Mich. VII 457 + P.Yale II 104 e la tradizione esopica 91

rottamente avuto fortuna tra Antichità, Tarda Antichità e Medioevo: questo tra-mite non può che risiedere nella tradizione degli Hermeneumata Pseudodosi-theana, della quale il P.Mich. VII 457 + P.Yale II 104 è una tappa. Questo non significa postulare un rapporto di filiazione di tradizione, né accantonare l’ipotesi fedriana, ma semplicemente limitare l’indagine a quanto più diretta-mente permettono di ricavare i testi in questione.

Nel P.Mich. VII 457 + P.Yale II 104, al momento della semina del lino, una rondine radunò tutti gli altri uccelli per invitarli a distruggerlo, ma gli uccelli si beffarono della rondine; quando, però, dal lino vennero intrecciate delle reti, soltanto la rondine si trovò al riparo sotto i tetti delle dimore degli uomini. Non c’è una morale formulata in quanto tale, ma l’insegnamento viene parimenti trasmesso: soltanto quando furono catturati, gli altri uccelli compresero quale fosse stato il danno nel non aver voluto accettare il consiglio della rondine.

È con una sententia morale che, invece, si apre la favola del Romulus: chi non ascolta un saggio consiglio è destinato a scontrarsi con una cattiva sorte;

d’altro canto, differentemente da quelli protagonisti della favola bilingue del papiro, gli uccelli del Romulus non sembrano aver acquistato la consapevolezza delle conseguenze generate dal non seguire i consigli di chi ha maggiore espe-rienza o intuito, e l’insegnamento viene lasciato alla morale. Come nella favola del papiro, però, quella del Romulus introduce il racconto a partire dalla raccolta dei semi di lino; gli uccelli non vi badarono, ma una rondine capì e, convocatili tutti, gli disse che quel lino sarebbe stato per loro un pericolo. Gli uccelli si fecero beffa della rondine. Quando il lino cominciò a dare i suoi frutti, la rondine ammonì nuovamente gli uccelli, illustrando loro come con quel lino venissero fabbricate delle reti che avrebbero consentito agli uomini di catturarli. Per la seconda volta la rondine si vide derisa, ma andò a rifugiarsi sotto i tetti delle case degli uomini; è per questo che tutti gli altri uccelli, che non vollero stare a sentire gli ammonimenti della rondine, sono destinati a cadere nelle reti degli uomini.

I punti di contatto tra queste due versioni della favola sono una coincidenza con la tradizione esopica nota dalla Collectio Augustana, benché manchino solidi appigli nei termini di una ripresa lessicale, e resti l’ipotesi che a capo di queste tradizioni possa esserci la versione di Demetrio Falereo¹⁶. Il nucleo favolistico (abbia o meno avuto un antenato metrico) è stato, perciò, sviluppato nel testi-mone scolastico del P.Mich. VII 457 + P.Yale II 104, attraverso il quale qualcuno

 Sulla questione ci si limita a rinviare ai tentativi ricostruttivi di Rodríguez Adrados 1980 (in particolare, si veda la ricostruzione stemmatica a 208; si confronti anche 1982, 79) e 2003, 54–56.

92 Capitolo IV De hirundine et ceteris avibus: P.Mich. VII 457 + P.Yale II 104

apprendeva contemporaneamente un insegnamento morale e una nuova lingua, e non si può escludere che il materiale di scuola abbia costituito un filtro (ed un modello) per il Romulus, né che questa favola della rondine fosse inclusa in un primigenio gruppo di favole accorpato agli Hermeneumata Pseudodositheana, dei quali la tradizione medievale rappresenta soltanto una più recente istanta-nea.

. . . ]aves, cum caperentur, 1 intellexerunt q]uantum detrimentum

. . . consil]ịo non obtemper[a]re . . . ἐπεὶ τὸ λί]νον ἐϲπάρη, χελιδὼν

. . . ἠπεί]ξατο τὰ λοιπά ὄρνεα ὅπωϲ 5 . . . ] ϲυλλέξαντεϲ

ἀφανίϲω-ϲι . . . εἰ]ϲ τὴν ἑαυτῶν ἀπώ̣λε̣ι̣αν‧

. . . ] τὴν ϲυμβουλ{ε̣}ί̣αν . . . ]ν̣ . μετ᾽ οὐ πολὺ δέ, ὅτε

. . . δίκτ]υ̣α ἐπλ̣έ̣κ̣ε̣το, ἡ μὲν χε- 10 λιδὼν μετήν]εγκεν ἑαυτὴν ‹ε›ἰϲ

δώμα-τα ἀνθρώπω]ν̣ καὶ ὑπὸ τὴν αὐτὴν ϲτέ-γην νεοϲϲιὰ]ν̣ ἑαυτῇ κατεϲκεύαϲεν‧

τὰ δὲ λοιπὰ ὄρν]ε̣α̣, ὅτε ἐπιάζοντο,

ἐνόη-ϲαν — — — ] . . 15

 a è parzialmente leggibile ma inequivocabile ||  di i resta la sola estremità superiore del tratto, parimenti alle ultime due lettere della sequenza nel frammento di Yale

 . . . sed enim ceterae] ạves cum Stephens ]ques cum (tor]ques in apparatu) Sanders ]quescum (an emendandum in questum) Roberts ] . ques cum Parássoglou | caperentur Parássoglou Ste-phens cap̣eren[t Sanders caperenṭ[ Roberts ||  intellexerunt] Hermeneumatis collatis q]uantum Parássoglou syco]p̣antam Sanders ] . antụm Roberts cognoverunt demum q]uantum Stephens | detrimentum Parássoglou Stephens detrimen[tum Sanders Roberts ||  ]o Sanders ] . o (an consil]io vel bo]no in apparatu) Roberts ] . o Parássoglou esset iis qui consil]ịo Stephens | obtemper[a]re Stephens obtemper[ant Sanders Roberts obtemperạṇt Parássoglou ||  ]νον Sanders [ἐπεὶ τὸ λί]νον Roberts Parássoglou [vellent. ἐπεὶ τὸ λί]νον Stephens | χελιδὼν Parássoglou Stephens χέν̣[

Sanders (χέννιον in apparatu) χελ̣ι̣[δὼν φρονιμωτάτη Roberts ||  ]ξατο Sanders ϲυνελέ]ξατο Roberts σοφὴ ἠπεί]ξατο Parássoglou φρονιμωτάτη ἠπεί]ξατο Stephens | ὄρνεα ὅπωϲ Parássoglou Stephens ὄρν̣[εα Sanders ὄρνε̣[α Roberts ||  ]ο̣υ̣ π̣έ̣ξαντεϲ Sanders ]ϲ̣υ̣λλέξαντεϲ Roberts τὸ σπέρμα] ϲυλλέξαντεϲ Parássoglou ταχέωϲ ἐκκληϲίαν] ϲυλλέξα̣ν̣τεϲ Stephens | ἀφανίϲω- Stephens ὠ̣φ̣ε̣[ Sanders ἀφα̣[νὲϲ ποι- Roberts ἀφα̣ν̣ήϲω- Parássoglou ||  ]οϲτό̣λ̣ο̣υ̣ τῶν ἀπο[ Sanders ] . . ϲτ . α̣υ̣των ἀπο . [ Roberts ϲι παντελ]ῶϲ τὴν ἑαυτῶν ἀπώ̣λε̣ι̣αν Parássoglou ϲι τὸ λίνον φθόμενον εἰ]ϲ τὴν ἑαυτῶν ἀπώ̣λε̣ι̣αν Stephens ||  ] τὴν ϲυμβουλ̣[ὴν Sanders ἀρίϲ]την ϲυμβουλ̣[ὴν Roberts τὰ δ᾽ἠγνόησαν] τὴν ϲυμβουλεί̣αν Parássoglou τὰ δὲ κατεγέλαϲαν ταύτην] τὴν ϲυμβουλ{ε̣}ί̣αν Stephens ||  ]α̣ϲ̣του πολὺ ι̣χ̣[ Sanders ] . . . . του πολὺ δε[ Roberts τῆϲ χελιδόν]ο̣ϲ̣ . μετ᾽ οὐ πολὺ IV.3 Il P.Mich. VII 457 + P.Yale II 104 e la tradizione esopica 93

δέ, ο̣υτε Parássoglou ὡϲ ματαιολογίαν οὖϲα]ν̣ . μετ᾽ οὐ πολὺ δέ, ὅτε Stephens ||  ]ι λεπ̣τ̣ὰ̣

κατα̣ψυ[ Sanders ] . ι̣α επ̣τ̣ . . ε . . η . [ Roberts τὰ λινὰ δίκτ]υ̣α ἐπλ̣έ̣κ̣ε̣το, ἡ μὲν χε- Parássoglou ἐκ τοῦ λίνου δίκτ]υ̣α ἐπλ̣έ̣κ̣ε̣το, ἡ μὲν χε- Stephens ||  λιδὼν μετήν]εγκεν ἑαυτὴν ἰϲ δώμα- Pa-rássoglou ἤν]εγκεν ἑαυτὴν κ̣[ Sanders μετήν]εγκεν ἑαυτὴν ἰϲ [τὰϲ οἰκίαϲ τῶν ἀνθρώπων Roberts λιδῶν μόνη μετήν]εγκεν ἑαυτὴν ἰϲ δώμα- Stephens ||  τα ἀνθρώπω]ν̣ καὶ ὑπὸ τὴν αὐτὴν ϲτέ-Parássoglou ] καὶ ὑπὸ τὴν αὐτὴ̣[ν Sanders ] καὶ ὑπὸ τὴν αὐτὴ[ν ὀροφὴν Roberts τα τῶν ἀνθρώπω]ν̣ καὶ ὑπὸ τὴν αὐτὴν ϲτέ- Stephens ||  γην νεοϲϲιὰ]ν̣ ἑαυτῇ κατεϲκεύαϲεν Parásso-glou ] νέας̣ τῇ κατεϲκ[ Sanders νεοϲϲιὰ]ν̣ ἑαυτῇ κατεϲκ[εύαϲεν Roberts γην ἀδεῶϲ νεοϲϲιὰ]ν̣

ἑαυτῇ κατεϲκεύαϲεν Stephens ||  τὰ δὲ λοιπὰ ὄρν]ε̣α̣, ὅτε ἐπιάζοντο, ἐνόη- Stephens ] ὅτε ἐπ̣ιάζοντο [ Sanders ] . . ὅτε ἐπ̣ιάζοντο . [ Roberts τὰ δ᾽ἄλλα ὄρν]ε̣α̣, ὅτε ἐπιάζοντο, ἐνόη-Parássoglou ||  vestigia nemo nisi ἐνόη-Parássoglou legit

ll. 1 ~ 14: ]aves, cum caperentur ~ ὄρν]ε̣α̣, ὅτε ἐπιάζοντο

L’unico parallelo superstite tra la versione latina e quella greca del papiro è limitato alla battuta finale del racconto che ritrae gli uccelli davanti alle con-seguenze del non aver prestato ascolto ai consigli della saggia rondine e del ritrovarsi imbrigliati nelle reti intrecciate dagli uomini a partire dalle piante di lino.

La resa avis ~ ὄρνεον è abbondantemente documentata nella tradizione bilingue nota dai glossari, affiancata da quelle più sporadiche con ~ ὄρνις (CgL II 387, 13; III 257, 28) ed ~ ὄρνεος (II 557, 48). Avis ~ ὄρνεον è, ad esempio, attestato sia al singolare che al plurale in più recensioni del capitoletto de avibus ~ περὶ ὀρνέων degli Hermeneumata Pseudodositheana (Leidensia, Flammini 2004, 36, 964; Amploniana: CgL III 89, 52; Monacensia: 187, 52; Einsidlensia: 257, 27; Mon-tepessulana: 318, 60; Stephani: 360, 10 e 39; Fragmentum Bruxellense: 397, 27;

Vaticana: 435, 23), e non soltanto nei titoletti, oltre che nelle sezioni alfabetiche dei glossari degli Hermeneumata stessi (si vedano il Glossarium Leidense: III 400, 73, secondo l’ordine dell’alfabeto latino; e Glossae Bernenses: 501, 47 e Herme-neumata codicis Vaticani reginae Christinae 1260: 571, 5 secondo il greco).

Il valore temporale del cum è ulteriormente chiarito dalla resa, al greco, con ὅτε, documentata nei glossari di tradizione medievale (si confrontino, ad esempio, CgL II 118, 55; 388, 40).

Quanto, invece, a capio ~ πιάζω (che equivale a dire πιέζω) si trova soltanto nel testo in analisi. Capio, infatti, è generalmente reso, nei glossari, con δέχομαι (CgL II 269, 4), λαμβάνω (II 358, 23), θηρῶμαι (II 328, 35) e, soprattutto, con χωρῶ (II 479, 55; Flammini 2004, 11, 320; CgL III 80, 67; 441, 15–16: per sottolineare la differenza tra χωρῶ e κρατῶ). Il greco πιάζω/πιέζω si trova, invece, tradotto nella tradizione nota dei glossari bilingui con deprehendo (II 44, 4), premo (III 78, 58), presso (II 407, 41) e, soprattutto, con prendo, resa della quale, accanto a quella attestata nelle glosse greco-latine dello PseudoCirillo (II 407, 41), è anche do-94 Capitolo IV De hirundine et ceteris avibus: P.Mich. VII 457 + P.Yale II 104

cumentata una breve sequenza di forme flesse nella recensione monacense degli Hermeneumata Pseudodositheana (III 152, 65–66; 153, 6).

Un verbo come presso meglio di capio rende l’idea dello schiacciamento implicata da πιάζω/πιέζω; capio, però, è il verbo che si trova anche nella pa-rallela favola del Romulus, dove la rondine ammonisce gli altri uccelli del fatto che con il lino vengono fatte le reti ut humanis manibus capi possimus (24, recensio vetus), mentre nella chiusa del racconto si parla di uccelli che non

‘vengono catturati’, ma che ‘cadono nelle reti’ (Rom. 24: in retibus cadunt). Si tratta, d’altro canto, del verbo generalmente impiegato per descrivere l’atto della cattura degli uccelli¹⁷.

ll. 2 ~ 14–15: [intellexerunt] ~ ἐνόη-| [‐ϲαν]

L’integrazione della forma verbale [cognoverunt] è stata proposta in sede di edizione dalla Stephens, senza addurre ragioni che non fossero quelle intuibili a partire dalla parzialmente superstite forma greca ἐνόη[ϲαν].

Alla sola occorrenza di cognosco ~ νοέω/νοῶ degli Hermeneumata Pseu-dodositheana Einsidlensia (CgL III 279, 46; si confronti anche 44: ἐννοεῖν intel-ligere), però, fa da contraltare un più fitto numero di attestazioni di intellego ~ νοέω/νοῶ non soltanto nelle glosse greco-latine dello PseudoCirillo (II 377, 20), ma anche nella tradizione nota degli Hermeneumata Pseudodositheana. Di in-tellego ~ νοέω, infatti, si trovano anche forme parzialmente flesse nella sezione con il glossario alfabetico della recensione amploniana degli Hermeneumata (III 77, 39–41: noo intellego | noeson intellege | noema intellectus) e nel Glossarium Leidense (III 408, 18–24: intellegi noisa | intellego noo | intellegit noi | intellexisti‹s›

enoesate | intellegimus noumen | intelleximus enoesamen | intellectum noema; non lontano era comparsa la hirundo chelidon ˙ hic˙ ode, 407, 49: forse che si senta un’eco dell’hirundo autem hoc di Rom. 24?). Intellego, d’altra parte, è il verbo che, all’interno del Romulus, descrive l’azione della rondine nel momento in cui comprese cosa sarebbe avvenuto con quel lino appena seminato dagli uomini:

hirundo autem hoc intelligens (24, recensio vetus).

l. 2: q]uantum detrimentum

 Si vedano, ad esempio,Varro ling. 8, 61 (si ab avibus capiendis auceps dicatur); Cic. nat. deor.

2, 160 (aves ne caperentur quidem nisi hominum ratione atque sollertia) e, con un vistoso salto cronologico, Ulp. dig. 41, 1, 44 (si ab alio capiatur avis). Si confronti anche il significativo esempio citato nell’anonimo de dubiis nominibus: viscus ‘ad capiendum aves’ generis masculini, ut illud:

‘in quercu viscus exstat’ (Glorie 1968, 817, 864–865).

IV.3 Il P.Mich. VII 457 + P.Yale II 104 e la tradizione esopica 95

L’idea del danno derivante dal non aver saputo ascoltare i consigli di chi è stato in grado di meglio intuire i pericoli futuri a partire da un piccolo indizio non sembra avere paralleli né nella tradizione nota dalla favola greca della Collectio Augustana né dal parallelo latino del Romulus, dove, invece, la contrapposizione è tra un buono ed un cattivo consiglio (24, recensio vetus: qui non audit bonum

L’idea del danno derivante dal non aver saputo ascoltare i consigli di chi è stato in grado di meglio intuire i pericoli futuri a partire da un piccolo indizio non sembra avere paralleli né nella tradizione nota dalla favola greca della Collectio Augustana né dal parallelo latino del Romulus, dove, invece, la contrapposizione è tra un buono ed un cattivo consiglio (24, recensio vetus: qui non audit bonum

Nel documento Maria Chiara Scappaticcio Fabellae (pagine 96-109)