gli Hermeneumata Pseudodositheana
I.6 Le favole degi Hermeneumata, Babrio ed il Romulus
Sulle finalità delle favole degli Hermeneumata Pseudodositheana pochi sono i dubbi: come il resto del materiale confluito nello stesso manuale, si tratta di un uno strumento didattico, funzionale all’apprendimento di una L2.
Questo vale evidentemente per la versione ultima fissata dalla tradizione manoscritta pervenuta, e restano non pochi interrogativi sulla genesi del nucleo favolistico degli Hermeneumata. D’altro canto, menzionare Babrio e risalire, perciò, almeno al II secolo, per due delle favolette, quelle metriche, significa
Significativa è la parallela immagine di una ζωγραφία ~ pictura (Flammini 2004, 103, 2592 ~ 104, 2617) in relazione ai racconti sul mondo degli dei cui si allude nell’introduzione alla sezione mitografica degli Hermeneumata; non si può escludere che il greco sia privo di ulteriore si-gnificato per il fatto che le favole esopiche abbiano per protagonisti proprio gli animali. Questa immagine è stata anche differentemente interpretata: in Gianotti 1989, 442 si pensa piuttosto a libri illustrati o cicli di disegni che accompagnassero le favole; benché tracce di rappresenta-zioni degli animali protagonisti delle favole siano note per i testimoni manoscritti medievali, non è certo che questa consuetudine fosse già praticata tra Antichità e Tarda Antichità.
È la presenza del latino a sinistra a suggerire una possibile anteriorità della recensione parigina; si confronti infra a proposito del rapporto tra le due lingue e la mise en page del testo.
I.6 Le favole degi Hermeneumata, Babrio ed il Romulus 61
constatare fin da subito che il materiale esopico confluito negli Hermeneumata Pseudodositheana ha evidenti punti di contatto con la tradizione di Babrio per le favole greche. Elementi babriani, però, convivono con altri più antichi anche nella pars Graeca delle favole degli Hermeneumata⁵⁸, e quella Latina mostra punti di contatto con la tradizione nota dal Romulus, anche dove il latino tra-duca una favola greca che aveva in Babrio la sua origine.
A rendere ulteriormente complesso un quadro tanto differenziato al suo interno è il fatto che soltanto nella pars Latina della recensio Leidensis si sono preservati i titoletti delle singole favole, cosa questa che implica che la lingua di riferimento fosse il latino, almeno in quella fase in cui la tradizione si è fissata nei testimoni noti. C’è un altro elemento di scarto tra la recensione leidense ed il frammento parigino, dal momento che, come si è anticipato, nella prima è il greco a fare fronte al latino, mentre nel secondo è il contrario, con il greco a rendere il latino; nell’uno e nell’altro caso, però, ogni lingua è ricopiata nella scrittura corrispondente, con il greco in scrittura greca ed il latino in quella latina, cosa questa che ben rende la padronanza, almeno ad un livello di base, da parte del destinatario del manuale – nella fase in cui l’ha fissato la tradizione pervenutaci – dell’uno e dell’altro sistema linguistico e scrittorio. Il destinatario del manuale del Fragmentum Parisinum doveva, però, avere il latino per lingua madre e come lingua ‘di riferimento’.
Morten Nøjgaard aveva parlato della tradizione delle favole degli Herme-neumata Pseudodositheana come di un «carrefour d’influences diverses»⁵⁹:
queste non deriverebbero direttamente né da Babrio né da Esopo, ma piuttosto dalla stessa fonte che è alla base dell’operazione letteraria di Babrio, dalla quale sarebbe stato derivato anche il Romulus⁶⁰. Le favole degli Hermeneumata, quelle di Babrio e quelle del Romulus rappresenterebbero, perciò, tre espressioni let-terarie indipendenti derivate da una fonte comune, cosa questa che motiverebbe anche i punti di contatto fra le tre collezioni. Tra queste la collezione delle favole bilingui degli Hermeneumata «a vu le jour dans un but pédagogique»⁶¹, dato che emergerebbe non soltanto dalla brevità delle narrazioni, ma anche
dall’atten- Rodríguez Adrados 1999a, 118–119: «we find ourselves with a mixture of archaic, pre-Ba-brian elements, together with the true Bapre-Ba-brian tradition».
Nøjgaard 1967, 398 (si confronti anche 398–403, più in generale, sulle favole degli Herme-neumata), la cui posizione non è molto distante da quella di Getzlaff 1907. Indubbiamente superata alla luce della ricerca più recente è la posizione di Nøjgaard a proposito della for-mazione degli Hermeneumata, interpretati come un glossario di traduzioni latine a partire da testi greci costituito alla fine del II secolo.
Nøjgaard 1967, 399.
Nøjgaard 1967, 402; in questa prospettiva si confronti anche Bertini 1998, 6.
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zione ai dettagli e alle indicazioni temporali oltre che dalla presenza di epiteti dalla marcata espressività.
Lungo una prospettiva differente si sviluppa l’argomentazione di Francisco Rodríguez Adrados, ad un trentennio di distanza dal capitale lavoro di Nøjgaard:
elementi che leghino imprescindibilmente la tradizione favolistica degli Her-meneumata Pseudodositheana a Babrio non sussistono, e quanto è noto dalla tradizione manoscritta è frutto di una progressiva espansione a partire da un nucleo primigenio⁶², forse messa in prosa da un’originaria collezione ellenistica di favole, opera di un anonimo all’altezza del II secolo⁶³. Il compilatore delle favole degli Hermeneumata avrebbe raccolto o creato delle favole brevi, ma avrebbe anche lui stesso prodotto delle versioni brevi a partire da favole di tradizione differente, traducendo in latino a partire dalla versione greca origi-nale; il latino di questa compilazione avrebbe, poi, in parte generato la versione confluita nel Romulus⁶⁴. L’autore della versione latina delle favole degli Her-meneumata si identificherebbe, allora, con lo Pseudo-Dositeo, mentre il modello greco sarebbe destinato a restare nel vago⁶⁵.
Parlare, però, di Romulus aiuta poco, per il fatto che si tratta di una tradi-zione non meno complessa di quella favolistica degli Hermeneumata Pseudo-dositheana, ma non meno interessante perché si tratta di un’evidente congiun-tura tra la favolistica antica e tardoantica e quella medievale d’Occidente.
All’interno di questa raccolta, Georg Thiele – la cui edizione è ancora quella di riferimento, benché sia datata a più di un secolo fa – aveva identificato due elementi costitutivi: parafrasi delle favole di Fedro sarebbero accorpate ad un nucleo che nulla avrebbe in comune con Fedro e che rappresenterebbe una raccolta nota come Aesopus Latinus, dalla tradizione assolutamente indipen-dente e proveniente da una collezione popolare anonima in lingua latina, to-talmente slegata dalla tradizione di Fedro e che avrebbe avuto origine nel II secolo⁶⁶.
Rodríguez Adrados 2000, 221–222 (e, più in generale sulle favole degli Hermeneumata, 221–
235).
Rodríguez Adrados 2000, 233.
Rodríguez Adrados 2000, 233–234: «it is easy to check that the original version is the Greek one and the derived one the Latin (which sometimes produces a new derivative version, that of Romulus)», 234.
Rodríguez Adrados 2000, 234: «the Greek collection in prose thus remains more anonymous than ever. Not to mention its Hellenistic model».
Thiele 1910, III-VII. Quella di Thiele è una posizione che segna soltanto il punto di inizio di un dibattito piuttosto vivace, cui ha significativamente contribuito da ultimo Rodríguez Adrados 2000, 516–558. Per una più agile panoramica sullo status quaestionis si confrontino il contributo I.6 Le favole degi Hermeneumata, Babrio ed il Romulus 63
Numerosi sono i manoscritti, disseminati tra le biblioteche europee, testi-moni del Romulus in cui la raccolta di favole latine in prosa è introdotta da un prologo dall’essenza fortemente programmatica, dove Romolo dice a suo figlio Tiberino che quanto seguirà sono traduzioni latine delle favole greche di Esopo, riproducendo un ‘triangolo’ (padre-favole-figlio) già evocato dalla lettera di Ausonio a Sesto Petronio Probo⁶⁷. Si tratta di manoscritti datati tra X e XVI secolo⁶⁸, ripartiti da Leopold Hervieux in cinque recensioni⁶⁹ ma piuttosto ri-conducibili ad una bipartizione tra recensio vetus e gallicana, alle quali si sommano le raccolte di favole latine del Codex Ademari (Leiden, Voss. Lat. O. 15, di XI secolo)⁷⁰ e del Wissemburgensis (Wolfenbüttel, Gud. Lat. 148, di IX secolo), entrambe le quali contengono favole che si ritrovano all’interno della raccolta del Romulus.
Nei codici Ademari e Wissemburgensis, però, il prologo di Romolo che si rivolge al figlio Tiberino scompare per lasciare spazio a quello di Esopo che dedica le sue favole al maestro Rufo, testo questo che si trova generalmente nel Romulus subito dopo la lettera del padre al figlio Tiberino.
È stato ipotizzato che l’epistola di Esopo a Rufo costituisse una delle sezioni più antiche del Romulus: la raccolta dell’Aesopus ad Rufum (in cui le favole avrebbero avuto come prologo la lettera del favolista greco al suo maestro) po-trebbe identificarsi con il nucleo originario del Romulus, un nucleo fatto di un prologo (la lettera del favolista per eccellenza al suo maestro) e di almeno sessanta favole, ampliato attraverso aggiunte distintive tra la recensio vetus e quella galli-cana⁷¹. Se Fedro, o piuttosto parafrasi prosastiche delle favole di Fedro, o favole confluite nella raccolta degli Hermeneumata Pseudodositheana, o, ancora, una raccolta ellenistica tradotta in latino prima che nascesse la raccolta di Fedro fosse il punto di riferimento per quelle raccolte nell’Aesopus Latinus è questione for-temente controversa, benché la critica recente converga sull’ipotesi che l’Aesopus Latinus – ed il Romulus – avrebbero una tradizione tutta occidentale⁷².
specifico di Vámos 2013 e Vannini 2010, 24–26, in uno studio focalizzato piuttosto sul Satyricon petroniano e sull’analisi delle origini della novella sulla matrona di Efeso.
In merito si confronti supra.
Sulla tradizione manoscritta del Romulus ci si limita qui a rinviare a Cascón Dorado 2005, 306–309.
Hervieux 1884 I, 286–296.
Sulle favole del monaco e grammatico Ademaro di Chabannes, sia sufficiente il rinvio a Bertini 1998, 17–64.
È questo il filo rosso dell’argomentazione di Rodríguez Adrados 2000, 516–558.
Holzberg 2002, 95–104 traccia un quadro sintetico ed efficace della storia degli studi relativi all’Aesopus Latinus cui si rinvia per ulteriori approfondimenti sulla questione; si confronti anche Cascón Dorado 2005, 291–306. Non sarà, però, fuori luogo ricordare che recente e tutta da 64 Capitolo I Insegnare il latino attraverso le favole
Che questa tradizione occidentale si sia accresciuta nel corso del tempo resta, però, innegabile, così come innegabile è che la Tarda Antichità vide cir-colare raccolte favolistiche di varia natura e non esclusivamente nate in Occi-dente: se e come tradizione favolistica occidentale ed orientale, l’una e l’altra in lingua latina, si incontrarono e, forse, contaminarono resta ulteriormente da sondare.
La tradizione delle favole degli Hermeneumata Pseudodositheana è nota dai quattro manoscritti che confluiscono nella recensio Leidensis e dal Fragmentum Parisinum, tutti codici la cui copia venne indubbiamente intensificata dalla re-novatio culturale carolingia, tra il monastero di Corbie e quello di San Gallo. La tradizione delle favole bilingui greco-latine come strumento per l’apprendimento di una lingua straniera all’interno di ambienti scolastici, però, ha un’origine ben più antica, e fa virare nell’Oriente della Tarda Antichità.
sviluppare è l’ipotesi che il nucleo originale del Romulus sia piuttosto altomedievale; in merito si confronti Mann 2014.
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