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Le favole degli Hermeneumata Pseudodositheana

Nel documento Maria Chiara Scappaticcio Fabellae (pagine 66-70)

gli Hermeneumata Pseudodositheana

I.5 Le favole degli Hermeneumata Pseudodositheana

Benché generati con finalità, in tempi e spazi differenti, l’essere destinati ad ambienti scolastici fu il denominatore comune che garantì ad una serie di testi di essere inglobati gradualmente nel nucleo degli Hermeneumata⁴⁷.

Ruolo determinante era indubbiamente giocato anche dal fatto che si trat-tava di materiale scolastico finalizzato all’acquisizione di una L2, che fosse il latino per gli ellenofoni o il greco per i latinofoni. In questa prospettiva, le favole non soltanto rappresentavano materia privilegiata per l’insegnamento scolastico del grammaticus (e del rhetor) ma erano anche flesse perché costituissero uno strumento per l’apprendimento di una L2, e di questo è espressione la tradizione degli Hermeneumata Pseudodositheana, nel cui nucleo primigenio le favole fu-rono tra i primi testi ad entrare.

 Dickey 2015a, 6.

 LDAB 6075; MP33009; Kramer 1983, n°15; il papiro è datato tra V e VI secolo.

 Dickey 2015a, 89; sul Colloquium Montepessulanum si vedano l’introduzione, l’edizione e le note di commento a 83–137.

 Dickey 2012, 24.

I.5 Le favole degli Hermeneumata Pseudodositheana 57

Insieme al Fragmentum Parisinum, è la sola recensio Leidensis a trasmettere integralmente le diciotto favolette degli Hermeneumata Pseudodositheana⁴⁸.

Diciotto è un numero che poco dice su quante fossero le favole nel nucleo originario: non si può, infatti, escludere né che la tradizione abbia visto una sottrazione né che ci sia stato un proliferare di favole rispetto a quelle che qualcuno dovette, ad un certo punto, unire al resto del materiale bilingue che costituiva i primi due libri degli Hermeneumata.

Nonostante soltanto due siano i testimoni manoscritti ad averne restituite diciotto, che le favole costituissero parte integrante del manuale degli Herme-neumata è ricostruibile se non altro perché la praefatio che le introduce (talora, insieme alla sezione incipitaria della prima favoletta, de cervo) è stata trasmessa anche dal Monacensis clm 601 (foll. 61r-66v)⁴⁹, dal Sangallensis 902 (foll. 27r-v) e dall’Harleianus 5642 (foll. 28r-29v), tutti copiati a San Gallo tra IX e X secolo e ricondotti ad un archetipo comune e distinto da quello degli Hermeneumata Pseudodositheana Leidensia⁵⁰. Il cosiddetto Fragmentum Parisinum, invece, è trasmesso dal manoscritto parigino Lat. 6503 della Bibliothèque Nationale de France (foll. 1r-4v), copiato nell’abbazia di St. Pierre de Corbie nel terzo-quarto del IX secolo⁵¹, coordinate in diacronia e in diatopia in cui si inseriscono anche tasselli importanti per la storia del testo di Fedro⁵².

 Il recente contributo di Mordeglia 2015 offre una panoramica sulle favole degli Hermeneu-mata Pseudodositheana, proponendo una nuova edizione (limitata alla versione latina) tradotta e commentata delle quattro favole che hanno paralleli nel corpus di Fedro. Per un inquadra-mento sulle favole nell’insieme del materiale confluito negli Hermeneumata e per un critico aggiornamento bibliografico, si confronti Dickey 2012, 24–25.

 Differentemente dal resto della tradizione, nel manoscritto di München, Bayerische Staats-bibliothek clm 601, la sezione prefatoria alle favole segue le Hadriani sententiae.

 Flammini 2004, XXIII-XXIV.

 Che la tradizione del Fragmentum Parisinum sia da ricollegare a quella degli Hermeneumata Stephani è ipotesi avvalorata dalla dimostrazione di Dionisotti 1985, 313–318 e, più recente-mente, Dickey 2012, 18–19. Nel contributo di Mordeglia 2015 si insiste sull’anteriorità cronolo-gica del Fragmentum Parisinum rispetto al resto della tradizione che ha trasmesso le favole e si segnala come questo rappresenti «un testimone di primo piano. Stupisce anzi che, dopo più di un secolo di studi, manchi ancora un’edizione completa commentata delle favole di questa redazione stilata secondo criteri moderni» (170). Il lavoro della Mordeglia cerca di rispondere a questo desideratum limitatamente a poche delle favole trasmesse dal manoscritto parigino e, sulla scia degli assunti di Getzlaff 1907 e Thiele 1910, è animato dalla constatazione che «un approfondimento dei rapporti tra le favole pseudodositeane e le versioni di questi altri testi può certo aiutare a far luce sulle intricate vicende del testo di Fedro e dei suoi rifacimenti prosastici altomedievali, a partire dalle varie redazioni del Romulus» (172).

 La Mordeglia 2015, 171 parla di un «triangolo ideale in cui Corbie si pone come terzo centro dopo Reims e Fleury»; è da Reims e Fleury, infatti, che provengono rispettivamente il mano-58 Capitolo I Insegnare il latino attraverso le favole

La circolazione autonoma delle favole in una fase anteriore rispetto a quella in cui vennero inglobate al nucleo primigenio degli Hermeneumata Pseudodo-sitheana è ricostruibile in virtù dell’anatomia del manuale bilingue stesso, benché il prologo che le introduce, nel tentativo di illustrare le loro finalità e, allo stesso tempo, le finalità dell’insegnamento bilingue del latino e del greco, sembri ricollegarsi ad un’argomentazione già prima sviluppata e riprenda temi consueti ai prologhi dei vari testi che completano l’‘antologia’ degli Hermeneu-mata⁵³:

Νῦν οὖν ὃ ἂν ἐπιβάλῃ, ἐπὶ πέρας ἄξεις˙ διὸ ἐν παντὶ πράγματι φιλοπονεῖν δεῖ ἀπὸ τῶν θελόντων πλέον τι εἰδέναι, ὃ εὔχρηστόν ἐστιν ἀνθρωπίνῳ βίῳ˙ τούτου μάλιστα ἀπηγορία κυριεύσει, ὅθεν δεῖ γραμμάτων τέχνην ἐκμαθεῖν, καὶ γὰρ ἐστὶν ὅραμα ἀπηγορίας˙ ἔνθεν γὰρ πάντα καταυγάζονται˙ οὐκ ἀμαθῶς γὰρ ὁ εἰδέναι θέλων Ῥωμαιστὶ λαλεῖν καὶ Ἑλληνιστί, ἐπιμελῶς προσέχῃ˙ τοῦτο γὰρ ὑποδείγματος χάριν προσθήσομεν ἀπηγορίαν, ἥτις ἐστὶν

᾿Aθηνᾶς χάριν, ἡ διδοῦσα ἅπασιν τὴν μάθησιν καὶ τύχην πρῶτον, ἔπειτα εἰδέναι˙ ποιῶν γὰρ ποιεῖ ἀνθεῖν τούτους, τοὺς μὴ ἀμελοῦντας καὶ ποιοῦσιν ἃ ἔμαθον˙ τέχνη γὰρ μετατίθεται ἀπὸ ἀνθρώπου εἰς ἄνθρωπον, καὶ διὰ τοῦτο τέχνη οὐκ ἀποθνήσκει˙ ἔπειτα ποία ἦν χάρις μαθεῖν, εἰ ὁ διδάσκων ἦν ἀθάνατος; ταῦτα γὰρ εἶναι θεοί ἐθέλησαν ἀναμιμνήσκοντες πρῶτον πάντων θεοὺς σέβεσθαι, οὐ λιβάνῳ, ἀλλὰ συνειδήσει. Πλεῖον γὰρ ἐστὶν καλῶς ζῆν ταῦτα ποιοῦντα, γονεῖς τιμᾶν, τέκνοις ἐγγλυκαίνειν, φίλους φιλεῖν καὶ ἁπλῶς ὑποδεικνύειν καὶ ἀνυπόπτως πάντα ποιεῖν καὶ μή <πονηρῶς>, ἵνα ἐν παντὶ πράγματι εὔχρηστος ᾖς καὶ πάντα τὰ ἔθιμα ζωῇ σῇ παρατηρῇς καὶ θαυμάσῃς, ὅτι τὸν καλῶς ποιοῦντα καλῶς ἀκο-λουθεῖ. Νῦν οὖν ἄρξομαι μύθους γράφειν Αἰσωπίους καὶ ὑποτάξω ὑπόδειγμα‧ διὰ τοῦτον γὰρ αἱ ζωγραφίδες συνέστηκαν‧ εἰσὶν γὰρ λίαν ἀναγκαῖαι πρὸς ὠφέλειαν τοῦ βίου ἡμῶν.

Nunc ergo quod conatus fueris, ad finem adducis; propterea in omni re studere oportet a volentibus plus aliquid scire, quod utile est humanae vitae; huius praecipue oratio domina-bitur, unde oportet litterarum artem perdiscere: etenim est visus orationis; hinc enim omnia inluminantur, non indocte enim qui scire velit Latine loqui et Graece, diligenter adtendat. Hoc enim exempli gratia adponemus orationem, quae est Minervae gratia, quae dat omnibus doctrinam et fortunam primum, deinde scire; faciens enim facit florere eos qui non ne-glexerunt et faciunt quae didicerunt. Ars enim transfertur ab homine in hominem, et propterea ars non moritur; denique quae erat gratia discere, si qui docet erat inmortalis? Haec enim esse dii voluerunt admonentes primum omnium deos colere, non ture, sed conscientia; plus enim est bene vivere haec facientem, parentes diligere, natis indulgere, amicos amare et simpliciter demonstrare et sine suspicione omnia facere et non maligne, ut in omni re utilis sis,

scritto di New York, Pierpont Morgan Library 906 ed un Remensis andato disperso, da un lato, e la cosiddetta Scheda Danielis della Vaticana (Reg. Lat. 1616), i tre più antichi codici delle favole di Fedro, a proposito della cui tradizione ci si limita a rinviare a Boldrini 1990.

 Flammini 2004, 77, 1961–78, 1983 ~ 78, 1986–79, 2007; l’edizione del prologo degli Her-meneumata Pseudodositheana di Flammini è fondata sulla collazione dei manoscritti leidense, monacense, sangallense e harleiano. Con leggerissime variazioni (e poco significative nella nostra prospettiva) rispetto a quello dei Leidensia, il prologo alle favole è anche noto dal Fragmentum Parisinum, nell’edizione di CgL III 94, 1–95, 36.

I.5 Le favole degli Hermeneumata Pseudodositheana 59

et omnia quae solent vitae tuae observes, et miraberis, quoniam bene facientem bene se-quitur. Nunc ergo incipiam fabulas scribere Aesopias et subiciam exemplum; per eum enim picturae constant, sunt enim valde necessariae ad utilitatem vitae nostrae.

Nella recensio Leidensis degli Hermeneumata Pseudodositheana, le favole se-guono le Hadriani sententiae, chiuse ricordando le sorti di chi si fosse macchiato di parricidio, destinato ad essere cucito in un sacco con una scimmia, una vipera, un gallo ed un cane e, poi, gettato in mare⁵⁴: che il ritratto di un uomo empio costretto a patire con degli animali – impiis animalibus impius homo, recitano gli Hermeneumata – abbia guidato il compilatore del manuale perché proprio lì fossero collocate le favolette non è da escludere, tanto più che il carattere intrinsecamente moralistico della favola le garantì successo in ambito scolastico ed il parallelismo (e la simbologia) tra animali ed uomo è uno degli elementi costitutivi del genere stesso.

Qualcosa, però, sfugge. La descrizione delle pene di un parricida ed il bi-sogno di portare avanti ciò che ci si sia sforzati di intraprendere cui allude il compilatore non sembrano susseguirsi in modo tale che il prologo alle favole cominci a ragione con un οὖν ~ ergo⁵⁵, né si può escludere che i rimaneggia-menti cui andarono incontro gli Hermeneumata Pseudodositheana abbiano giocato un ruolo decisivo in questa sezione, comportando un salto logico da una materia all’altra che tale verosimilmente non era al momento della giuntura delle varie porzioni testuali, salvo postulare che il compilatore abbia creato un legame logico tra l’una e l’altra sezione assolutamente fittizio che tentava, senza successo, di congiungere le due sezioni. In modo non lontano da altre sezioni introduttive a nuclei tematici specifici, anche nel prologo alle favole il compi-latore ritorna sul sapiente apprendimento del latino e del greco (senza dar modo al lettore di intuire quale fosse la lingua madre del destinatario del suo mes-saggio), ma lo fa insistendo sull’imprescindibile legame tra ciò che sia utile humanae vitae e la litterarum ars e mettendo, in qualche modo, il suo discorso sotto la protezione divina di Minerva e di tutte quante quelle divinità che, tu-telando l’immortalità dell’ars, devono essere onorate con la conscientia più che con l’incenso. L’apprendimento del latino e del greco, insomma, si lega a quello di una condotta corretta, di un bene vivere che si materializza nel rispetto dei

 Flammini 2004, 77, 1954–1959: fit quaedam lex eiusmodi omnibus hominibus, uti qui parri-cidium fecisset, publice in culleum missus consueretur cum vipera et simia et gallo et cane, impiis animalibus impius homo, et in plaustrum iunctum nigris bovis deportaretur ad mare et in pro-fundum mitteretur; ostenderunt exemplum poenae, ut magis timeant * * * sic crudelem opus fecit;

ci si limita qui a riportare il solo testo latino.

 Flammini 2004, 77, 1961 ~ 78, 1986.

60 Capitolo I Insegnare il latino attraverso le favole

genitori e in un atteggiamento indulgente verso i figli, nell’amare gli amici e nell’ostentarlo in modo semplice, nell’agire sine suspicione e non maligne e sforzandosi di ergersi a modello e riferimento, al punto tale che le proprie buone azioni ne generino altrettante verso di sé. Di questo agire morale le favole eso-piche sono un esempio: mettono, infatti, il discente dinanzi a ritratti – che li si chiamino ζωγραφίδες, che li si chiamino picturae⁵⁶ – dall’innegabile necessità in quanto modelli di vita e volti nella prospettiva di quella utilitas cui allude il compilatore fin dall’inizio della sua argomentazione.

Sia nella recensio Leidensis degli Hermeneumata Pseudodositheana che nel Fragmentum Parisinum il prologo è seguito da diciotto favole, il cui ordine varia nell’una e nell’altra tradizione. Varia anche l’assetto testuale: se la versione leidense degli Hermeneumata antepone il greco alla resa latina, è il latino a precedere il greco nel Fragmentum Parisinum⁵⁷, dove, tra l’altro, manca anche una delle favole leidensi. Né c’è omogeneità nell’impostazione delle favole stesse se il nucleo leidense di diciotto narrazioni ne comprende sedici in prosa e due – rispettivamente la sedicesima e la diciassettesima, de culice e de formica – in metro coliambico nella sola versione greca, tradotte in prosa al latino, identifi-cate con due favole attribuite a Babrio.

Nel documento Maria Chiara Scappaticcio Fabellae (pagine 66-70)