La Comunità europea di Difesa: i lavori della Conferenza fino alla firma del trattato
3. Il ruolo decisivo di McCloy, Eisenhower e Bruce nel rilancio della scelta per l’esercito europeo
Rispetto alla volontà dell’amministrazione americana, manifestatasi anche con il telegramma di Acheson, la letteratura sulla CED ha messo in evidenza, di volta in volta, l’azione di alcune figure di spicco che contribuirono a modificare tale politica e causarono una deriva opposta, nel senso che concorsero a far maturare una svolta nel seno dell’amministrazione Truman, che dalla fine del successivo mese di luglio 1951 sposava la linea 67 Un telegramma di Acheson a Bruce di qualche giorno dopo, mostrava che il segretario di Stato era determinato a superare le eventuali obiezioni francesi , proponendo alle nazioni aderenti una modifica al Trattato di Bruxelles del 17 marzo 1948, che andava esteso alla Germania per rimuovere ogni possibile ostacolo al suo riarmo: cfr. telegramma del 28 giugno 1951, in FRUS, 1951, vol. III, cit., pp. 801-805.
dell’esercito europeo e della Conferenza di Parigi con la definitiva approvazione presidenziale della direttiva di sicurezza nazionale NSC 115, avvenuta formalmente il 2 agosto 1951. Prima di sintetizzarne i contenuti, si analizzano di seguito brevemente gli avvenimenti e l’opera delle tre personalità che la letteratura indica come decisivi nel cambio drastico della politica americana sulle modalità per arrivare al riarmo della Germania: l’alto commissario McCloy, il generale Eisenhower e l’ambasciatore Bruce 68.
Direttamente coinvolto nelle trattative che avevano luogo a Petersberg, McCloy il 10 giugno 1951 lasciava l’Europa per recarsi negli Stati Uniti e illustrare alla Segreteria di Stato i pochi risultati già raggiunti e concordati e i molti punti di disaccordo, in particolare da parte francese: nonostante una delle principali opere scritte sulle attività di questo diplomatico americano in Germania69 datasse già da quel periodo un suo presunto appoggio all’esercito europeo in corso di elaborazione a Parigi, l’esame delle fonti e delle dichiarazioni rese alla stampa nel corso del viaggio negli USA lasciano pensare che lo scopo primario di McCloy, all’inizio di giugno, fosse ancora di proporre i punti di accordo raggiunti a Petersberg come una base di lavoro per l’immediato. Lo scopo primario era di iniziare quanto prima le 68 L’analisi degli avvenimenti legati alla volontà statunitense di appoggiare pienamente la CED e il ruolo di queste personalità al riguardo è cambiata nel corso degli anni, mano a mano che le fonti d’archivio diventavano disponibili. Procedendo cronologicamente, già Aron nel 1956 individuava nella presa di posizione di Eisenhower a favore della Conferenza di Parigi uno dei fattori decisivi per la transizione: cfr. R. Aron, Esquisse historique d’une grande querelle idéologique, in R. Aron, D. Lerner (a cura di), La querelle de la C.E.D., cit., p. 5; nel 1965 Moch introduceva l’importanza della figura di McCloy, anche se in
termini negativi, imputandogli una presunta volontà di favorire il riarmo tedesco anche a costo di pesanti concessioni: cfr. J. Moch, Histoire du réarmement allemand, cit., pp. 273-279; Fursdon per primo
aveva il merito di racchiudere nella stessa analisi gli artefici della svolta descritta, valutando in modo del tutto positivo l’azione di McCloy e introducendo non solo l’importanza del ruolo svolto dall’ambasciatore a Parigi Bruce, ma anche l’opera di persuasione effettuata da Jean Monnet nei confronti di Eisenhower, che si sarebbe poi rivelato decisivo: cfr. E. Fursdon, The European Defence Community, cit., pp. 117-125. Con la disponibilità di materiale d’archivio le ricostruzioni si facevano
sempre più precise e complete: sull’importanza della figura di Bruce, cfr. M. F. Herz, David Bruce’s “Long Telegram” of July 3, 1951, Washington D.C. 1978; per una ricostruzione molto completa,
focalizzata sul ruolo di McCloy, cfr. T. A. Schwartz, America’s Germany, cit., pp. 216-234; per i
particolari del ruolo di Monnet nel convincere Eisenhower ad appoggiare il progetto CED: cfr. S. B. Wells, Jean Monnet, cit., pp. 151-153; per una ricostruzione più generale: A. Clesse, Le projet de C.E.D.,
cit., pp. 42-44; D. Preda, Storia di una speranza, cit., pp. 77-79; R. McGeehan, The German rearmament question, cit., pp. 126-134; P. Winand, Eisenhower, Kennedy and the United States of Europe, cit., pp. 27-30; W.
I. Hitchcock, France restored, cit., pp. 155-156; S. J. Brady, Eisenhower and Adenauer. Alliance maintenance under pressure, 1953-1960, Lanham 2010, pp. 12-13; J. McAllister, No exit, cit., pp. 204-215; L. Risso, Divided we stand, cit., pp. 52-57.
69 T. A. Schwartz, America’s Germany, cit., con particolare riferimento alla datazione della sua svolta in senso pro CED nelle pp. 216-218.
procedure per il riarmo tedesco, per eventualmente poi implementare le altre misure allo studio a Parigi, in una sorta di “processo sincronizzato”70 che privilegiava nell’immediato le misure di Petersberg in chiave più atlantica che europea: lo stesso alto commissario in una conferenza stampa del 26 giugno a Washington aveva annunciato che la Germania avrebbe partecipato allo sforzo della NATO, suscitando opposte reazioni in Francia71 e poi in Germania72. La decisione di McCloy di adottare completamente la soluzione europeista è da collocare quindi al suo rientro in Germania quando, ai primi di luglio 1951, si rendeva conto della ferma opposizione francese e una serie di colloqui con Alphand e soprattutto con Jean Monnet lo convincevano della necessità di schierarsi più a favore dell’esercito europeo, anche per raggiungere una serie di obiettivi connessi al necessario riarmo tedesco: rimuovere la resistenza francese; raggiungere una più definitiva associazione fra gli stati europei, come auspicato dalla Segreteria di Stato, anche per creare le condizioni per un futuro disimpegno delle forze americane in Europa senza che, alla loro partenza, si potesse più ritornare alla disgregazione degli eserciti nazionali, in particolare con la rinascita di quello tedesco; mantenere una sostenibilità economica degli sforzi di consolidamento delle forze armate dei paesi europei, più plausibile nella cornice CED. Per questo motivo egli fece il possibile per convincere la Segreteria di Stato a favorire il negoziato di Parigi, agendo in due direzioni: 70 Nel telegramma da McCloy ad Acheson, si faceva esplicito riferimento, nel riportare una conversazione con Alphand, a “synchronizing Petersberg and Paris discussions”: FRUS, 1951, vol. III, cit., pp. 785-786, cit. a p. 785. Un’ulteriore conferma, che accumunava Acheson a questa linea d’azione inizialmente suggerita da McCloy, è il telegramma spedito dal segretario di Stato all’ambasciata di Parigi del 28 giugno, dove egli affermava di aver ricevuto il rapporto dei lavori di Petersberg che dovevano essere prontamente considerati, anche se “it is our desire to give the report from Paris fullest consideration and to have some group of mil reps consider Paris report as it affects Ger and give recommendations on a possible conciliation of the two approaches. If Fr and Brit agree this procedure, ground work will at least be laid for a mil consideration of both Bonn and Paris approaches to problem of German contribution”: telegramma in FRUS, 1951, vol. III, cit., pp. 801-805, cit. a p. 801. Cfr. anche quanto già segnalato nella nota 67.
71 Oltre alle vivaci reazioni sugli organi di stampa transalpini, che leggevano l’intervento come un sostanziale via libera a quanto discusso a Petersberg prima ancora che i governi interessati si fossero espressi in merito, Moch in qualità di ministro della Difesa sollevava la questione “de la bombe McCloy” nel corso del Consiglio dei ministri del 27 giugno, per riaffermare con forza che l’unica via per ammettere il riarmo della Germania rimaneva quella europea, senza possibilità di una diretta via atlantica: cfr. J. Moch, Histoire du réarmement allemand, cit., pp. 274, 277.
72 La necessaria correzione di tiro seguita alle reazioni francesi, spingevano McCloy ad affermare che la conferenza di Parigi non era in alcun modo messa da parte dal lavoro svolto a Petersberg, con la conseguenza che questa volta le reazioni più decise si avevano in Germania, sia tra i Socialdemocratici di Kurt Schumacher sia tra le delegazione tedesca a Petersberg, guidata da Blank: cfr. T. A. Schwartz,
America’s Germany, cit., p. 228.
ottenere l’adesione preventiva di Adenauer, che doveva respingere gli attacchi delle opposizioni in parlamento e doveva contrastare la netta avversione dei suoi consiglieri diplomatici e militari, che chiedevano di proseguire nel cammino tecnicamente più rapido di Petersberg; assicurarsi inoltre l’alleato più prezioso in questa situazione, il Generale Eisenhower che, pur lontano dagli USA in quanto già a capo della nuova struttura di comando NATO, rappresentava la voce più autorevole per dare peso e credibilità al progetto francese, che fino a quel momento procedeva stancamente.
Nonostante nel suo primo giro di ricognizione nelle capitali del vecchio continente di inizio anno 1951 Eisenhower non fosse rimasto favorevolmente colpito dalla volontà europea di organizzarsi per la difesa del continente, egli aveva avuto modo di sostenere da un punto di vista tecnico-militare la necessità di un maggiore impegno americano e della NATO contro il pericolo sovietico, che non poteva però fare a meno del contributo di Divisioni europee e tedesche73, nelle modalità che solo i governi alleati potevano concordare. L’esigenza di poter disporre quanto prima di nuove forze da inserire nel dispositivo atlantico in Europa gli faceva preferire una soluzione di un diretto inserimento sotto comando NATO delle costituende unità da combattimento tedesche, ma la consapevolezza delle difficoltà francesi ad accettare una simile soluzione74 e l’opera di convincimento effettuata sia da McCloy che da Monnet75 nei suoi confronti lo portarono nel mese di luglio 1951 a dare pubblicamente un convinto appoggio alle trattative in corso a Parigi. Una prima espressione pubblica, anche se generica visto che non era direttamente menzionata la Conferenza di Parigi, di riconoscimento dell’importanza di una maggiore cooperazione e anche di una maggiore coesione politica tra i paesi europei avveniva nel discorso pronunciato dal generale Eisenhower il 3 luglio 1951 a Londra all’English Speaking Union, alla presenza delle più importanti personalità del mondo britannico, come Winston Churchill, citato dal generale americano come una delle personalità che avevano aperto la strada a una maggiore coesione europea. Questo, quindi, era il tema centrale dell’esortazione lanciata da Eisenhower, che invitava i popoli europei a superare le 73 Cfr. quanto sopra esposto, nella nota 14.
74 Cfr. T. A. Schwartz, America’s Germany, cit., p. 221. Affermava l’autore al riguardo: “he [Eisenhower] understood the French concern for security, pointing out that ‘if his son had been tortured by the Germans [as Jules Moch’s had been], he would not be very sympathetic towards the Germans’”. 75 Un incontro tra Monnet e il generale Eisenhower era stato proposto da McCloy e effettivamente aveva luogo il 21 di giugno, come riportato da Monnet nel suo libro di memorie (cfr. J. Monnet,
Memoirs, cit. pp. 358-359; la fonte è stata ripresa e citata da tutta la letteratura successiva) e come
descritto nel Memorandum of Conference del 21 giugno 1951, NA RG84/PC51-52/14.
barriere economiche, i confini antichi e le forti rivalità storiche per raggiungere l’unità degli Stati europei, unica via per costruire una Difesa comune contro il pericolo che arrivava da Est, ma anche per aspirare a una sempre maggiore prosperità: l’invito a costruire un continente federato era così forte da far dichiarare a Eisenhower che una volta superate le divisioni esistenti, l’Europa sarebbe stata in grado di affrancarsi anche dalla dipendenza dal mondo anglosassone76. Il riferimento, nel discorso, al mondo anglosassone serviva a rassicurare la platea britannica all’ascolto che quanto auspicato era indirizzato agli Stati dell’Europa continentale e non anche alla Gran Bretagna, ma inoltre introduceva un modello, in particolare quello della federazione americana come un possibile assetto istituzionale da imitare per raggiungere un più alto bene comune e costruire una “workable European federation” 77.
Questo maggiore indipendenza era proposta e andava letta con un duplice obiettivo: non legare permanentemente i destini delle forze armate anglo-americane al continente ed esortare le classi politiche europee ad affrontare i negoziati in corso con più decisione per trovare il necessario accordo politico che doveva accompagnare, se non precedere, le soluzioni tecnico-militari per l’esercito europeo78. Il discorso fu ripreso e commentato da alcuni organi di stampa79, anche francesi e il quotidiano “Le Monde”, in un articolo di fondo, suggeriva ai 76 Affermava il generale durante il suo discorso: “with unity achieved, Europe could build adequate security and, at the same time, continue the march of human betterment that has characterized Western civilization. […] In such unity is a secure future for these peoples. It would mean early independence of aid from America and other Atlantic countries”, da “Address by General Dwight D. Eisenhower, SACEUR, at the English Speaking Union Dinner at Grosvenor House, Park Lane, London, Tuesday, 3 July 1951”, in NA RG84/PC51-52/3, p. 4.
77 Ancora dal discorso: “We, the peoples of the British Commonwealth and of the United States, have profited by unity at home. If, with our moral and material assistance, the free European nations could attain a similar integration, our friends would be strengthened, our own economic improved, and the laborious NATO machinery of mutual defense vastly simplified. A solid, healthy, confident Europe would be the greatest possible boon to the functioning and objectives of the Atlantic Pact”, ivi, p. 5. 78 Durante il citato pranzo con Monnet del 21 giugno, Eisenhower aveva modo di sottolineare che non riteneva così urgente definire il problema del livello Divisionale per l’esercito europeo, quanto quello prioritario e più reale di come costruire una relazione tra i diversi popoli europei, “organize relations between people”: cfr. T. A. Schwartz, America’s Germany, cit., p. 224. Già nel precedente mese di marzo
1951, Eisenhower si era espresso sulla necessità di creare prima le condizioni politiche, per poi poter organizzare un esercito europeo altrimenti, affermava, “establishing a European army would be putting the cart before the horse”: cfr. citazione menzionata in J. McAllister, No exit, cit., p. 210.
79 Citando questo discorso, Preda menzionava in Italia un articolo di Spinelli, ove egli sottolineava come Eisenhower avesse con forza indicato la via della federazione ai politici europei; contemporaneamente Preda citava anche, con la mediazione di Taviani, l’articolo di Le Monde del 5 luglio: “commentando ironicamente l’accaduto, ‘Le Monde’ uscì con un articolo di fondo intitolato
lettori che “sebbene questo discorso fosse fatto in Inghilterra, era diretto principalmente alla Francia. […] Non è più una questione per i nostri politici di rifiutarsi di ammettere questo punto; tutti o quasi tutti i nostri leader sanno che questa [l’unità europea] è l’unica speranza per salvare l’Europa”80.
Sebbene nel discorso di Londra la CED non fosse citato direttamente, lo stesso giorno ― il 3 luglio 1951 ― l’esercito europeo era il tema centrale di un telegramma, inusuale nella sua lunghezza e peculiare per la profondità dell’analisi svolta, per di più in modo difforme dalla politica perseguita sino a quel momento da dipartimento di Stato: il cablo, conosciuto poi come “the Long Telegram”81 era inviato dall’ambasciatore americano a Parigi David Bruce al segretario di Stato, in un estremo tentativo di modificare il corso dell’annunciata politica di perseguimento dell’integrazione delle armate tedesche nella cornice atlantica, nel quadro dei colloqui di Petersberg. Gli argomenti utilizzati da Bruce per vincere la resistenza della Segreteria di Stato e dei vertici della Difesa e convincerli a scegliere la Conferenza di Parigi come il mezzo più adeguato per arrivare al riarmo della Germania, possono essere così sintetizzati:
- il riarmo della Germania poteva avvenire efficacemente e in una cornice di sicurezza solo all’interno del disegno perseguito con l’esercito europeo, che avrebbe garantito la necessaria coesione anche una volta che le truppe americane avessero lasciato il continente: nel caso degli accordi di Petersberg nulla poteva assicurare che nel futuro la Germania, una volta ricreata la sua potenza militare, rimanesse vincolata all’Europa occidentale e al sistema atlantico;
Eisenhower homme d’Etat européen”, in D. Preda, Storia di una speranza, cit., p. 78. L’analisi diretta
dell’articolo permette di limitare il fattore “storicamente” ironico alla circostanza che, in quel momento, fosse un generale americano il più convinto sostenitore del processo d’integrazione europeo. Si può inoltre affermare come il giornale parigino lodasse l’iniziativa del generale statunitense, sottolineandone l’importanza per i politici e l’opinione pubblica francese. Da evidenziare che nel materiale d’archivio americano è presente una consistente raccolta di articoli e missive di Spinelli, di materiale divulgativo dei federalisti europei, che testimoniano ampiamente come nel periodo citato i federalisti cercassero una convergenza con elementi dell’amministrazione statunitense: cfr. NA RG84/EDC50-52/17.
80 Il citato editoriale Eisenhower homme d’Etat européen è consultabile anche nella sua traduzione in inglese, a cura dell’ambasciata statunitense a Parigi, in NA RG84/PC51-52/3.
81 Telegramma di Bruce al segretario di Stato del 3 luglio 1951, FRUS, 1951, vol. III, cit., pp. 805-812. Per un’analisi completa e approfondita del telegramma e della sua influenza negli avvenimenti successivi, cfr. M. F. Herz, David Bruce’s “Long Teleram” of July 3, 1951, Lanham 1978.