• Non ci sono risultati.

Il decreto di contrasto alla violenza di genere e la sua conversione in legge

2. Il dibattito in Italia

2.1 Il decreto di contrasto alla violenza di genere e la sua conversione in legge

Nel nostro Paese, il dibattito riguardante le misure da adottare nel contrasto dei delitti su vittime vulnerabili (e, in particolare, di quelli caratterizzati da violenza di genere), in tempi recenti, è stato suscitato dal susseguirsi incalzante di numerose notizie di cronaca riguardanti episodi di violenza anche mortale nei confronti di donne, assai spesso per mano dei loro mariti o partner. Si è

constatato, infatti, un complessivo, allarmante

incremento delle notizie di omicidi commessi nell’ambito di esperienze di coppia o – ancora più spesso – in seguito alla cessazione di relazioni affettive, non accettata dal

partner maschile. È stato al riguardo coniato il termine

“femminicidio” 70.

In tale contesto, e dopo ampio dibattito nelle sedi istituzionali, il Governo italiano ha focalizzato la propria attenzione sul tema, emanando il provvedimento in materia di sicurezza e per il contrasto della violenza di

genere71. Tale legge è oggetto di critiche anche da parte di

70PAVICH G., Le novità del decreto legge sulla violenza di genere: cosa cambia per i reati con vittime vulnerabili. Un esame critico delle nuove norme sostanziali e processuali del d.l. n. 93/2013 riguardanti i delitti in danno di soggetti deboli, in Dir. pen. cont. rivista online del 24

settembre 2013.

71 Il riferimento è al Decreto Legge 14 agosto 2013, n. 93,

“Disposizioni urgenti in materia di sicurezza e per il contrasto della violenza di genere, nonché in tema di protezione civile e di commissariamento delle province”; convertito (con modificazioni) nella legge 15 ottobre 2013, n. 119.

48

molte delle associazioni che si occupano di violenza di genere.

La legge in esame – sebbene intitolata “Disposizioni urgenti in materia di sicurezza e per il contrasto della

violenza di genere”, e malgrado il termine “femminicidio”

non sia usato nel testo normativo – è stata salutata dall’opinione pubblica e dai media come “legge sul femminicidio”.

Di legge sul femminicidio, nell’uso comune, si parla anche con riferimento ad alcuni provvedimenti legislativi aventi ad oggetto “misure cautelari contro la violenza nelle relazioni familiari”. In particolare con riguardo alla legge 4 aprile 2001, n. 154, che ha introdotto per la prima volta la misura cautelare dell’ “allontanamento dalla casa familiare” (articolo 282-bis c.p.p.), la cui disciplina è stata poi integrata dal decreto legge 23 febbraio 2009, n. 11, convertito nella legge 23 aprile 2009, n. 38 (articolo 282-

ter c.p.p.) ed ampliata dal decreto legge n. 93 del 2013 e

relativa legge di conversione (articoli 282-bis, comma 6, e 384-bis c.p.p.).

Il problema della parola “femminicidio”72 è che quando la

si ode, se ne ode soltanto la metà, “femmina”, e si

trascura l’altra metà, l’uccisione73. Questa componente

semantica restituisce all’espressione linguistica il suo significato simbolico originario, espressivo di una

72 La cui accezione in negativo è connessa al carattere

apparentemente autocontraddittorio del termine, che – con l’etimo

femmina – rimanda a ciò che vi è di biologicamente dato nel rapporto

uomo-donna, e non a ciò che vi è socialmente e culturalmente costruito.

49

fortissima presa di posizione politica, che ha innescato il processo di internazionalizzazione delle istanze di giustizia per i crimini contro le donne.

La parola “femminicidio” (come uccisione misogina di donne, ultimo atto di un continuum di violenza sulle donne per mano di uomini per motivi associati all’appartenenza al genere femminile), pur avendo acquistato una diffusione globale, è pressoché estranea alle fonti europee e alle stesse fonti internazionali, le quali – come visto – nel settore della prevenzione e repressione delle pratiche violente esercitate contro le donne hanno prevalentemente quale riferimento l’espressione “violenza di genere”.

Venendo al punto: perché il ricorso alla decretazione d’urgenza? L’iniziativa governativa, oggetto di una particolare attenzione mediatica, è stata motivata

dall’esigenza di rispondere all’allarme presente

nell’opinione pubblica per una “presunta” recrudescenza della violenza maschile sulle donne con alcune disposizioni, per quanto riguarda le modifiche di diritto penale sostanziale, che aggravano o estendono la risposta

sanzionatoria in relazione a tre categorie di reati74

(violenza sessuale, maltrattamenti e stalking) che, sicuramente più di ogni altro, costituiscono la cornice dell’allarmante fenomeno.

Si è detto “presunta”. Non esiste, infatti, in Italia una raccolta ufficiale dei dati sugli omicidi disaggregati per genere, e la mancanza di dati raccolti da istituzioni

50

nazionali impedisce di misurare accuratamente la portata del fenomeno; come non esistono dati statistici ufficiali concernenti il numero dei processi penali instaurati per i casi di violenza maschile sulle donne. Si tratta di una grave mancanza del nostro Paese, che non ha ancora dato seguito alle numerose sollecitazioni da parte degli organismi internazionali che richiedono a tutti gli Stati di predisporre strumenti adeguati per il monitoraggio del fenomeno. Per molti75 non sono i fatti violenti contro le

donne ad essere in crescita, ma ne emergono sempre più le diverse dimensioni e fenomenologie.

L’intervento d’urgenza del Governo, che ha definito la violenza maschile sulle donne «una vera e propria

emergenza sociale», ponendo l’accento sul carattere

“contingente” del fenomeno piuttosto che sulla sua natura sistemica e strutturale (la quale suggeriva riflessione e ponderazione nell’esame delle esigenze poste a base del provvedimento, dunque l’opposto di un uso emergenziale del diritto penale), sarebbe stato giustificato – come testimoniato dalle stesse parole di presentazione del decreto – dalla straordinaria necessità e urgenza di introdurre misure per rafforzare la protezione delle vittime e prevenire più efficacemente i reati perpetrati ai loro danni.

I commenti positivi al decreto, gli apprezzamenti e le

felicitazioni non sono mancati, essendo tale

provvedimento un segnale positivo dell’attenzione

75 Così MERLI A., Violenza di genere e femminicidio, Dir. pen. cont.

51

dedicata dal Governo al fenomeno della violenza di genere. Ma nei commenti del giorno dopo l’approvazione anche critiche e timori hanno fatto la loro comparsa, tra le posizioni sfumate di chi apprezza le buone intenzioni ma fa notare i possibili punti deboli di singoli aspetti, e chi invece mette nero su bianco opinioni apertamente negative. Tale divergenza di opinioni è resa possibile – quasi prevedibile, anzi – dal fatto che il decreto contiene previsioni estremamente variegate, muovendosi su quattro direttrici:

- la prevenzione e il contrasto della violenza di genere;

- le norme in tema di sicurezza per lo sviluppo e la tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica;

- le norme in tema di protezione civile;

- le norme in tema di gestioni commissariali delle province.

Ai nostri fini interessano esclusivamente le norme rientranti nella prima categoria di intervento.

Con l’approvazione del decreto legge 14 agosto 2013, n. 93 – pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 16 agosto 2013, n. 191 – sono entrate quindi in vigore nel nostro ordinamento “Disposizioni urgenti in materia di sicurezza e per il contrasto della violenza di genere, nonché in tema di protezione civile e di commissariamento delle province”. Ciò ha comportato mutamenti normativi funzionali a

52

rafforzare il sistema di garanzie per la vittima di reato76: si

assiste alla introduzione nel nostro ordinamento, nei settori del diritto penale sostanziale e processuale, di una serie di misure, preventive e repressive, per combattere la violenza contro le donne in tutte le sue forme (violenza di genere).