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Con la novella del decreto legge n. 93 de 2013 e della relativa legge di conversione, il legislatore interviene anche sulle misure cautelari tipiche dei processi per violenza di genere, e lo fa con due disposizioni: una prima166 di notevole rilievo pratico ma non difficile da

inserire all’interno del sistema processuale, ed una

seconda167 di altrettanto rilievo pratico ma che crea

notevoli problemi di coordinamento con il sistema processuale vigente168.

164 Un esempio per tutti, l’ordinamento canadese. 165 Così BELLANTONI G.,Op. cit., pp. 1286 ss. 166 Articolo 2, comma 1, lettera a).

167 Articolo 2, comma 1, lettera b).

168 RUSSO C., Femminicidio (d.l. 14 agosto 2013 n.93) conv. in L. n. 119/2013, in vigore dal 16 ottobre 2013: la nuova disciplina dei reati di maltrattamenti, violenza sessuale, stalking e minaccia semplice; l’aggravante del reato commesso contro minori o donne in gravidanza; la misura di prevenzione per percosse e lesioni lievissime intradomestiche; l’allontanamento dalla casa familiare in flagranza di reato e la difesa della vittima nel procedimento cautelare; il permesso

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La prima disposizione aggiunge al catalogo dei reati che

consentono l’applicazione della misura cautelare

dell’articolo 282-bis c.p.p., in deroga ai limiti edittali degli articolo 274 e 280 c.p.p., anche i reati di cui agli articoli 582 (limitatamente alle ipotesi procedibili d’ufficio o aggravate) e 612, comma 2, c.p.

Si tratta di una disposizione molto utile per la tutela della persona offesa da questo tipo di reati, perché ha ad oggetto due delitti puniti con pena edittale molto contenuta, e per questo dotati di uno statuto processuale (su arresto in flagranza, fermo, misure cautelari, possibilità di intercettazioni) non particolarmente incisivo, ma che sono particolarmente frequenti nei processi per violenza di genere. Essi sono anche reati dalla struttura piuttosto semplice e dalla prova abbastanza agevole. La circostanza che essi, però, non consentissero misure cautelari può avere indotto in qualche caso la polizia giudiziaria o l’autorità giudiziaria169 a tentare di collegare i

singoli fatti di lesioni in una più complessiva condotta di maltrattamenti tra conviventi (di cui all’articolo 572 c.p.) o di atti persecutori (di cui all’articolo 612-bis c.p.).

Il fatto che adesso siano consentite misure cautelari anche per questi reati, quindi, ha come effetto anche quello di semplificare gli oneri probatori a carico di chi sostiene l’accusa per un reato in materia di violenza di

di soggiorno per le vittime di violenza domestica, Officina del diritto. Il

penalista, Milano, Giuffrè Editore, 2013.

169 Talora pressati dall’esigenza di tutelare la persona offesa di una

violenza di cui era stato accertato essere in atto e che rischiava di degenerare rapidamente in tempi che non consentivano di attendere il passaggio in giudicato della sentenza di condanna per i singoli fatti di lesione o minaccia.

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genere, perché in presenza di una condotta violenta o minacciosa basterà limitarsi a provare tale condotta per ottenere una misura cautelare, senza impelagarsi nella sempre complicata prova del disegno complessivamente unitario dei maltrattamenti e degli atti persecutori.

La seconda disposizione introdotta dal decreto legge n. 93 e dalla legge di conversione nel sistema delle misure cautelari è più eterodossa ed obbliga l’interprete a ripensare alla sistemazione teorica di alcuni istituti.

Con l’articolo 2, comma 1, lettera b), del decreto legge, infatti, il legislatore aveva stabilito che le richieste di revoca o sostituzione della misura dell’allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinarsi alla persona offesa e le ordinanze che dispongono su tali richieste dovevano essere notificate alla persona offesa o al suo difensore.

Già per come era strutturata nel testo originario del decreto legge, si trattava di novità di non poco momento. Nel sistema tradizionale delle misure cautelari, infatti, la persona offesa dal reato non aveva alcuno spazio, non applicandosi alla sottoprocedura cautelare neanche le norme generali sui diritti della persona offesa di cui agli articoli 90 e ss. del codice.

Nessuna deroga alla tradizionale irrilevanza della persona offesa nel subprocedimento cautelare era stata introdotta neanche in occasione di quella che potremmo definire la prima legge sul femminicidio, la legge 4 aprile 2001, n. 154 contro la violenza nelle relazioni familiari, che

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dell’allontanamento dalla casa familiare dell’articolo 282-

bis c.p.p., ma non prevedeva nessun obbligo di

informazione della persona offesa.

Una prima limitatissima deroga alla tradizionale irrilevanza della persona offesa nel subprocedimento cautelare veniva introdotta in occasione di quella che potremmo definire la seconda legge sul femminicidio, il decreto legge 23 febbraio 2009, n. 11, convertito nella legge 23 aprile 2009, n. 38, che introduceva l’articolo 282-

quater c.p.p. che stabiliva che i provvedimenti di cui agli

articoli 282-bis e 282-ter c.p.p. dovevano essere comunicati alla persona offesa. Si trattava, però, di deroga marginalissima, che non obbligava a ripensare il sistema,

perché l’obbligo di comunicazione riguardava

segnatamente soltanto le ordinanze applicative di misura, in ordine alle quali non era concepibile un interesse della persona offesa a contraddire o impugnare, per cui si poteva senz’altro inquadrare la novità dell’obbligo di comunicazione ex articolo 282-quater c.p.p. in una comunicazione che dava luogo a una sorta di pubblicità notizia, per usare una categoria civilistica, e non aveva ulteriori effetti sul sistema della tradizionale irrilevanza della persona offesa nella subprocedura cautelare.

Con la terza legge sul femminicidio, il decreto legge n. 93 in esame, il legislatore decide, invece, per misure molto più incisive quindi, obbligando a verificare la tenuta del sistema dell’irrilevanza della persona offesa nella subprocedura cautelare alla luce di tali novità normative.

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Con la legge di conversione, poi, la portata della novità normativa viene amplificata a dismisura, ed in parte anche snaturata, perché essa diventa applicabile non soltanto alle procedure di revoca o sostituzione delle misure dell’allontanamento dalla casa familiare e del divieto di contatti con la persona offesa, ma alla procedura di revoca o sostituzione di ogni tipo di misura cautelare fatta eccezione per l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria, e per ogni tipo di reati commesso con violenza alla persona170, con la sola eccezione della

richiesta di revoca o sostituzione presentata in sede di interrogatorio ex articolo 294 c.p.p., a cui continua ad essere applicabile il vecchio regime.