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La definizione dell‟autonoma organizzazione rilevante ai fini

4. L‟autonoma organizzazione quale elemento determinante per

4.3. La definizione dell‟autonoma organizzazione rilevante ai fini

68 Purtroppo, come detto, la Corte Costituzionale, pur affermando la necessità di un‟autonoma organizzazione quale presupposto dell‟Irap, ha però omesso di specificare quale sia la portata di tale concetto, se cioè l‟Irap colpisca gli imprenditori e i lavoratori autonomi perché autonomamente organizzati oppure se colpisca tali soggetti solo fintantoché dotati di un‟organizzazione autonoma rispetto al loro apporto lavorativo(118). L‟interpretazione del presupposto indicata dalla Corte costituzionale implica che l‟Irap discrimini tra i soggetti esercenti attività autonome, non colpendo chi operi senza impiegare né lavoratori né capitali, ma non è chiara la ratio sottostante a tale scelta, se cioè si tratti di discriminazione qualitativa, legata ad una manifestazione specifica di ricchezza espressa soltanto dalle attività autonomamente organizzate, o di una semplice rinuncia, per ragioni di semplicità applicativa, a tassare situazioni ritenute marginali, o ancora di altre motivazioni concernenti la coerenza interna del tributo(119).

(118) A dimostrazione dell‟incertezza determinata dalla richiamata sentenza della Corte costituzionale e della necessità di un intervento normativo chiarificatore, si legge nella risoluzione parlamentare n. 7-00473 del 6 ottobre 2004 approvata dalla VI Commissione finanze della Camera dei Deputati che “relativamente all'aspetto

dell'organizzazione di capitale, … la stessa, per giustificare una connotazione di autonomia rispetto all'utilizzatore, debba concretizzarsi nell'utilizzo di risorse finanziarie e di investimenti in beni materiali di non modesta entità economica, cosicché sarebbe impensabile, come finora fatto dall'Amministrazione finanziaria, poter assumere sotto il concetto di organizzazione autonoma di capitali e di mezzi il possesso e l'utilizzo di attrezzature quali macchine da scrivere, calcolatrici, arredi d'ufficio, computer o altre attrezzature similari. La tesi contraria, finora abbracciata dal Fisco, porterebbe infatti ad un'interpretazione eccessivamente restrittiva del concetto di autonoma organizzazione, la quale, in tal caso, si intenderebbe come sempre sussistente, frustrando così i fondamentali principi dettati dalla Corte Costituzionale”. Si sottolinea conclusivamente nella

richiamata risoluzione che “dalla lettura di quanto affermato nella sentenza n. 156 emerge

dunque, in maniera inequivoca, che l'affermazione dell'Amministrazione finanziaria riguardo ad una presunzione assoluta dell'esistenza di autonoma organizzazione in capo all'esercente abituale di un'attività di lavoro autonomo è destituita di ogni fondamento e come, anzi, il legislatore dovrebbe preoccuparsi di stabilire un principio interpretativo rispetto ai requisiti quantitativi e qualitativi di tale autonoma organizzazione”.

(119) SCHIAVOLIN R., L‟imposta regionale sulle attività produttive. Profili sistematici, op. cit., pag. 233.

69 La scelta del significato da attribuire all‟autonoma organizzazione viene naturalmente ad influenzare l‟intero impianto concettuale del tributo e non è di mera esegesi, ricollegandosi al fondamento stesso del prelievo, vale a dire all‟indice di capacità contributiva che lo giustifica(120). Ed infatti, a seconda della tesi che si accoglie, si concepisce in un modo diverso la ratio del tributo.

In proposito, proprio sulla base della ratio che ispira l‟Irap, non pare, quindi, di potersi accogliere la tesi dell‟autonoma organizzazione come auto-organizzazione. Essa, va detto, è tesa a colpire la capacità contributiva del “business” ed è basata sulla capacità produttiva che deriva dalla combinazione di uomini, capitali, macchine, materiali, conoscenze tecniche, capacità imprenditoriali e manageriali, nonché dalla collaborazione dello Stato e dell‟intera società. Una capacità contributiva autonoma, reale, separata, quindi, dalla capacità contributiva personale propria dei singoli individui, in qualità di proprietari, di percettori di redditi, di consumatori(121).

In altri termini, se si può sostenere che ai fini Irap rileva il potere dell‟esercente l‟attività sui fattori produttivi organizzati, considerato come indice di capacità contributiva, può sembrare ovvio ravvisare nella formulazione della norma l‟intento di richiedere una organizzazione tale da configurare un dominio siffatto. La conseguenza dovrebbe essere

(120) È evidente che la risoluzione di tale problema assume carattere preliminare nella definizione del presupposto dell‟Irap in quanto chi predilige la tesi dell‟autonoma organizzazione come semplicemente non inserita in un‟organizzazione riferibile ad altri, valorizza l‟obiettivo dell‟Irap di colpire tutto il valore aggiunto, mentre, al contrario, chi si basa sulla necessità dell‟autonomia strutturale dell‟organizzazione fa leva sulla natura reale dell‟imposta e pertanto tende ad escludere dal novero dei soggetti passivi Irap tutti coloro che producono valore aggiunto solo ed esclusivamente in virtù dell‟organizzazione di capitali e lavoro propri.

(121) DE CAPITANI DI VIMERCATE P., L‟imposta regionale sulle attività produttive, op.

70 quella di escludere l‟applicabilità dell‟imposta alle attività, bensì qualificabili come d‟impresa o professionali ai fini delle imposte sui redditi, ma svolte senza organizzare capitale o lavoro di soggetti diversi dal titolare: se infatti questi si limita ad “auto-organizzarsi”, non ha fattori produttivi su cui esercitare un qualche potere(122).

Alla luce delle sopra esposte considerazioni emerge, dunque, che la soluzione prescelta dalla Corte Costituzionale nella definizione del concetto di autonoma organizzazione sembra appiattita sulle conclusioni a suo tempo raggiunte in materia di Ilor, e non considera la profonda diversità dell'Irap rispetto all'imposta sostituita. Se in quest'ultima, infatti, si rendeva in qualche modo ineludibile la verifica della sussistenza dei presupposti concreti perché la discriminazione qualitativa dei redditi potesse operare senza ledere il principio di eguaglianza (quindi accomunando nella stessa sorte solo situazioni tra loro omogenee). Nel caso dell‟Irap, invece, le molteplici circostanze che giustificano il tributo conducono a ravvisare il presupposto impositivo nello svolgimento in sé dell‟attività autonomamente organizzata e nella rilevanza che tale dato – oggettivamente considerato – assume quale fattore di produzione di un valore aggiunto.

Conseguentemente, se dopo aver compreso la differenza tra il presupposto dell‟Irap e quello dell‟Ilor, si accetta con riferimento alla

(122) SCHIAVOLIN R., L‟imposta regionale sulle attività produttive. Profili sistematici, op. cit., pag. 246, dove si rileva pure che l‟espressione “attività autonomamente organizzata” non sia l‟espressione più adatta ad indicare la disponibilità di lavoro o capitale su cui esercitare il suddetto dominio. È importante osservare in proposito che l‟Autore dimostra di aver superato l‟idea della sufficienza della auto-organizzazione sostenuta al momento dell‟entrata in vigore dell‟imposta, ossia quella della attività auto-organizzata in quanto non inserita in un‟attività altrui, tornando a riflettere sul significato dell‟autonoma organizzazione nel senso che lo stesso richieda qualcosa di più strutturato, rispetto alla capacità di lavoro e ai mezzi indispensabili per rendere semplici prestazioni di servizi.

71 prima imposta la volontà di tassare le sole attività espressive di organizzazione di fattori produttivi altrui, risulta allora arbitraria la limitazione della verifica ai soli artisti e professionisti e non agli imprenditori(123).

Il requisito dell‟organizzazione appare fondamentale quale indice di capacità contributiva tassabile in quanto idoneo ad essere misurato e a dare contezza della produzione di valore aggiunto da esso derivante, nel senso che il valore aggiunto dovrebbe esprimere e misurare la capacità dell‟organizzazione di palesare una capacità contributiva a sua volta esprimentesi in sequenze di atti e comportamenti coordinati e programmati al conseguimento di fini unitari stabilmente perseguiti e socialmente rilevanti(124).

Pertanto, se interpretata in modo da trovare una giustificazione costituzionale all‟imposta in argomento, la nozione di organizzazione autonoma che caratterizza l‟attività diretta alla produzione deve assumere il significato di insieme coordinato di fattori produttivi autonomo sul piano “soggettivo-funzionale”, nel senso che l‟organizzazione non deve appartenere funzionalmente al titolare dell‟attività produttiva ed essere, quindi in grado di funzionare anche a prescindere da esso, ciò anche se

(123) Cfr. BASILAVECCHIA M., Sulla costituzionalità dell‟Irap, un‟occasione non del

tutto perduta, op. cit., pag. 315. L‟affermazione che si legge nella sentenza, secondo la

quale per l‟impresa l‟organizzazione è in re ipsa è infatti smentita per effetto del rinvio che le disposizioni sui soggetti passivi Irap effettuano alle disposizioni del Tuir: in buona sostanza, non è l‟imprenditore commerciale - civilisticamente individuato - ad essere soggetto passivo Irap, bensì il soggetto che sia considerato dalle altre norme fiscali come titolare di reddito d‟impresa. Nel sistema del Tuir è noto peraltro che l‟attività imprenditoriale, ove svolta nell‟ambito delle attività previste dall‟art. 2195 cod. civ. prescinde dal requisito dell‟organizzazione, per cui ben può esservi un soggetto titolare di reddito d‟impresa che non sia dotato di organizzazione autonoma, e non si comprende perché, alla stregua del criterio individuato dalla Corte, in tal caso non abbia rilevanza l‟eventuale accertamento della carenza del requisito ritenuto essenziale per l‟applicazione dell‟Irap.

72 nel quadro di una appartenenza giuridica. Difatti, autonomizzandosi funzionalmente rispetto al soggetto passivo che esercita l‟attività, l‟organizzazione viene ad assumere una rilevanza pure ai fini del risultato dell‟attività stessa, ancorché - pur essendo idealmente e funzionalmente distinta dal soggetto passivo come tale - non può che ritenersi al medesimo soggetto giuridicamente appartenente.

Sembrerebbe quindi potersi concludere che il requisito dell‟organizzazione possa dirsi integrato quando si riscontra il contemporaneo ricorso a più fattori produttivi che, tra loro coordinati, danno luogo ad un risultato riconducibile all‟organizzazione in quanto tale piuttosto che al suo titolare e che comunque trascende rispetto ad esso, essendone funzionalmente autonoma. Tale concezione riduce inevitabilmente il ruolo del titolare-organizzatore, seppure senza eliminarlo, specie nel caso in cui questo risulti necessario giuridicamente per lo svolgimento di un‟attività(125).

Questa concezione dell‟organizzazione ben si collega con la scelta del legislatore di tassare il valore aggiunto prodotto come nuova ricchezza diversa dal reddito, cioè non quale aumento del patrimonio di un determinato soggetto, ma quale frutto dell‟attività autonomamente

(125) In proposito appare degna di nota al precisazione di Schiavolin che ritiene che l‟essenza dell‟attività organizzata non risieda tanto in certe caratteristiche dell‟organizzazione, come l‟idoneità della stessa ad operare anche in assenza del titolare, quanto nello svolgimento di un‟attività gestionale da parte del titolare, vale a dire “organizzativa”. Dunque, la non soggezione ad Irap delle attività professionali e d‟impresa non autonomamente organizzate parrebbe spiegarsi in quanto il legislatore non ravvisa in esse attività gestionale cui si collega siffatta attitudine alla contribuzione, riprendendosi in tal modo le teorie del potere di comando sui fattori della produzione. Così SCHIAVOLIN R., L‟imposta regionale sulle attività produttive. Profili sistematici, op. cit., pag. 305.

73 organizzata(126). Ed il legislatore ritiene in grado di produrre nuova ricchezza solo quelle attività “autonomamente organizzate”.

L‟autonomia organizzativa necessaria per rendere “produttiva” una determinata attività comporta dunque un‟espansione, rispetto al lavoro personale, della produttività e quindi del volume di cessioni e prestazioni effettuabili. Identificata così l‟essenza dell‟attività autonomamente organizzata, si può ritenere che la valutazione cui si riferisce la giurisprudenza costituzionale sulla presenza in concreto di un‟organizzazione “di capitali o lavoro altrui” richieda un accertamento sugli elementi di fatto idonei a dimostrare la presenza di quell‟opera organizzativa. Ed è proprio in questo senso che si è diretta la giurisprudenza che si è occupata e continua ad occuparsi della questione della sussistenza del presupposto dell‟Irap in mancanza di una autonoma organizzazione, verificando, come richiesto dalla Corte costituzionale, di volta in volta, la presenza di elementi da cui si può riconoscere la sussistenza di un‟autonomia organizzativa nel senso sopra esposto. E questi elementi, secondo le Commissioni di merito e secondo la Corte di Cassazione, sono precipuamente costituiti dall‟impiego “non occasionale di lavoro altrui”, e dall‟utilizzo “di beni strumentali eccedenti le quantità che secondo l‟id quod plerumque accidit costituiscono nell‟attualità il minimo indispensabile per l‟esercizio” dell‟attività produttiva di valore aggiunto.

(126) Dagli stessi lavori preparatori risulta l‟intento del legislatore di colpire con l‟Irap un tipo specifico di valore aggiunto, espressivo della capacità contributiva che deriva dalla combinazione dei diversi fattori (cfr. Relazione finale della Commissione di studio per il decentramento fiscale), sicché il valore tassabile è quello imputabile all‟organizzazione nel suo insieme, non già singolarmente alle varie attività in essa confluenti. In quest‟ottica è quindi irrilevante la trasformazione in redditi in capo ad altri soggetti delle frazioni di valore aggiunto prodotto, giacché la distribuzione della ricchezza prodotta tra i soggetti concorrenti a crearla riguarda una fase successiva a quella presa in considerazione dal legislatore. Cfr. SCHIAVOLIN R., L‟imposta regionale

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4.4. Il requisito dell’autonoma organizzazione nella