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L‟esercizio abituale di un‟attività produttiva

3. Il presupposto dell‟Irap ai sensi dell‟art. 2 del d.lgs. n. 446 del 1997

3.3. L‟esercizio abituale di un‟attività produttiva

Altro requisito richiesto dal legislatore è quello dell‟abitualità ovvero dello svolgimento dell‟attività produttiva organizzata in via non

autonomamente organizzate (lavoro dipendente, collaborazioni coordinate e continuative, interessi e altre forme di remunerazione del capitale, eccetera). Ugualmente possono essere assoggettate a Irap le attività organizzative svolte dallo Stato, dagli enti pubblici e dalle amministrazioni pubbliche in genere, anche laddove si risolvano solamente in esercizio di pubbliche funzioni. Ovviamente, in questi casi, l'applicazione del tributo è limitata, di regola, alla misura dei compensi per prestazioni di lavoro dipendente. GALLO F., Ratio e struttura dell‟Irap, op. cit., pag. 627.Secondo Fedele, che non debba necessariamente trattarsi di attività economica dipende dalla natura stessa della principale delle contribuzioni sostituite dall‟Irap, ovvero il contributo per il Servizio Sanitario Nazionale, commisurato alle retribuzioni erogate da qualsiasi soggetto o organizzazione anche se avente ad oggetto attività meramente “erogatorie”, le quali, al pari di tutte le altre, possono considerarsi produttive di beni e servizi. FEDELE A., Prime osservazioni in tema di Irap, op. cit., pag. 457.

(79) BODRITO A., L‟Irap tra genesi ed esegesi, op. cit., pag 475.

(80) In altre parole, il riferimento alla produzione tende a sancire la quasi totale irrilevanza dei risultati economici anche potenziali dell‟attività, se ed in quanto ulteriori rispetto al risultato economico derivante dal valore aggiunto della produzione al netto della remunerazione dei fattori produttivi (capitale e lavoro), così COCIANI S.F.,

L‟autonomia tributaria regionale nello studio sistematico dell‟Irap, op. cit., pag. 251. Nello stesso

senso, SCHIAVOLIN R., L‟imposta regionale sulle attività produttive, in MICCINESI (a cura di),

Commento agli interventi di riforma tributaria, Padova, 1999, pag. 771; quest‟ultimo Autore

osserva che qualsiasi attività produttiva organizzata dà luogo al presupposto dell‟imposta, indipendentemente non solo dallo scopo di lucro, ma anche dall‟economicità, quindi anche se strutturalmente i costi di essa superano i proventi.

(81) È dunque per tale motivo che, come si vedrà oltre, tra i soggetti passivi figurano anche le amministrazioni pubbliche e gli enti senza scopo di lucro, sia pur con diverse modalità di determinazione della base imponibile, CORASANITI G., Irap: gli

elementi della fattispecie imponibile, la giustificazione costit. e la graduale abrogazione, in Dir. Prat. Trib., 2001, pagg. 973-974.

47 occasionale(82). Anche in questo caso la lettera della disposizione tributaria parlando di “esercizio abituale” si distacca dalla corrispondente disposizione civilistica che, invece, richiede il requisito della professionalità(83). In realtà, almeno da questo punto di vista, si deve ritenere che alla differenza terminologica non corrisponda una differenza sostanziale in quanto per professionalità si può senz‟altro intendere la stabilità o non occasionalità dell‟attività esercitata, ovvero l‟abitualità(84) considerata quale reiterazione nel tempo di operazioni economiche omogenee - o comunque teleologicamente preordinate - tali da dimostrare la non episodicità dell'attività svolta(85), secondo considerazioni peraltro già da tempo consolidatesi in dottrina relativamente all‟interpretazione del medesimo requisito nel settore delle imposte sui redditi e dell‟Iva.

(82) Secondo Schiavolin, ciò non tanto perché un‟attività occasionale non possa, sul piano economico, essere autonomamente organizzata e produrre un valore aggiunto, quanto perché si è preferito, da parte del legislatore, concentrare l‟applicazione del tributo in capo a chi, rivesta stabilmente un certo ruolo economico e sociale e sia per questo, da un lato, più agevolmente controllabile dall‟Amministrazione finanziaria e dall‟altro, in condizione di attrezzarsi per adempimenti fiscali di un certo impegno. SCHIAVOLIN R., L‟imposta regionale sulle attività produttive. Profili sistematici, op.

cit., pag. 242.

(83) Consistente nel porre in essere “con regolarità, sistematicità e ripetitività una

pluralità di atti economici, coordinati e finalizzati al conseguimento di uno scopo”. Cfr. Ris. Min. n.

550326 del 24 novembre 1988. GALLO F., Ratio e struttura dell‟Irap, op. cit., pag. 633 ritiene che la professionalità consiste nella “sequenza di atti e comportamenti coordinati e

programmati e al conseguimento di fini unitari stabilente perseguiti”.

(84) GALGANO F., L‟imprenditore, Bologna, 1991, pag. 18.

(85)Su cui TINELLI G., Il reddito d'impresa nel diritto tributario, Milano, 1991, pag. 82 e ss. Sul tema si veda altresì POLANO, Impresa nel diritto tributario, in Dig. IV, disc.

privat. sez. comm., VII, Torino, 1992, pag. 189, il quale osserva che: “l'attività tenuta presente dal legislatore fiscale in tema di tassazione diretta, come pure per l'applicazione dell'Iva, e in genere nel campo dell'imposizione, è infatti, in primo luogo e di regola, attività ripetitiva di singole operazioni o di sequenze di atti come sopra caratterizzate. È quindi un qualcosa che si distingue essenzialmente per essere in genere, nei casi considerati, un agire, un operare volti al compimento di una serie (per principio) indefinita di atti di identica o affine connotazione tipologica, i quali appunto rassomigliandosi tutti pur nella propria autonoma rilevanza, giungono a trasfondere alla risultante della loro ripetizione, l'attività appunto, il proprio carattere qualificativo”. La medesima dottrina

ritiene poi che il concetto di esercizio per professione abituale di cui all'art. 51 Tuir “pare nella sostanza riferirsi al concetto usuale della professionalità, qui specificamente contraddistinto

dall'abitualità, il che corrisponde a quanto osservato in precedenza con riguardo allo svolgimento dell'attività ed anche alla disciplina in materia di adempimenti contabili (...)”.

48 Tale requisito sembrerebbe essere stato richiesto dal legislatore dell‟Irap per una pluralità di motivi. In primo luogo, perché un‟attività occasionale non potrebbe essere autonomamente organizzata e produttiva di valore aggiunto. La presenza dell‟aggettivo abituale, infatti, sottolinea che la stabilità è una delle caratteristiche che deve possedere un‟attività organizzata suscettibile di essere considerata separatamente dal titolare del potere di organizzazione dei fattori produttivi(86).

In secondo luogo, l‟abitualità serve al fine di concentrare l‟applicazione del tributo in capo a chi, rivestendo stabilmente un certo ruolo economico-sociale, sia, da un lato, più agevolmente controllabile dall‟Amministrazione finanziaria, dall‟altro, in condizione di attrezzarsi per adempimenti fiscali di un certo impegno(87). Altra ragione(88) a

(86) Questa interpretazione del requisito dell‟abitualità serve a convalidare una particolare concezione del presupposto dell‟Irap, e precisamente quella che ravvisa il presupposto del tributo nella capacità del titolare dell‟attività di organizzare i diversi fattori produttivi (cd. etero-organizzazione). Come si rileverà nel seguito della trattazione, infatti, uno dei maggiori problemi interpretativi suscitati da questo tributo è rappresentato dal significato dell‟autonoma organizzazione quale requisito necessario per integrarne il presupposto applicativo. Ed infatti, per chi sostiene che detto requisito si riferisca alla cd. auto-organizzazione, ovvero alla necessità che l‟attività produttiva non possa prescindere dalla figura del suo titolare e non sia quindi incardinata nell‟organizzazione di un altro soggetto, l‟aggettivo “abituale” cui si riferisce l‟art. 2 indica che condizione necessaria e sufficiente per la realizzazione del presupposto impositivo, è lo svolgimento di un‟attività “autonoma” qualificata dalla stabilità ovvero dalla professionalità. Tuttavia, se si ipotizza che lo svolgimento della propria attività imprenditoriale o professionale integra di per sé solo il presupposto d‟imposta, la presenza dell‟aggettivo abituale appare superflua ed incomprensibile, visto che l‟abitualità, sia pure intesa come professionalità, è già in re ipsa nelle figure dell‟imprenditore e del lavoratore autonomo, come definite dal Tuir cui rinvia l‟art. 3 del d.lgs. n. 446, in tema di soggetti passivi Irap. Cfr. sul punto SALLUSTIO C., Il

rimborso dell‟Irap ai lavoratori autonomi: questioni controverse ed ipotesi interpretative, in Rass. Trib., 2002, 4, pag. 1297.

(87) SCHIAVOLIN R., L‟imposta regionale sulle attività produttive. Profili sistematici, op.

cit., pag. 242, rileva che coloro che svolgono attività occasionali non sono soggetti ad

Irap per ragioni di opportunità e semplificazione, in quanto, nel bilanciamento tra l‟interesse degli enti impositori ad un gettito probabilmente non significativo e quello dei contribuenti a non essere colpiti da un prelievo ulteriore rispetto all‟imposta sul reddito e a evitare i relativi adempimenti formali, il legislatore ha dato prevalenza al secondo.

(88) SCHIAVOLIN R., L‟imposta regionale sulle attività produttive. Profili sistematici, op.

49 sostegno dell‟applicabilità del tributo alle sole attività abitualmente esercitate potrebbe essere ravvisabile nella circostanza che il legislatore ha voluto così garantire ai soggetti passivi la possibilità di adeguare le modalità organizzative della sua attività in modo tale da sopportarne il peso mediante la traslazione dell‟imposta o tramite adattamenti della combinazione dei fattori produttivi(89).

4. L’autonoma organizzazione quale elemento