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L‟Irap pagata dalle imprese in perdita

2. Gli argomenti contrari alla costituzionalità dell‟imposta sulle attività

2.1. L‟Irap pagata dalle imprese in perdita

Autorevole dottrina(290) ha osservato che il valore aggiunto prodotto come indice segnaletico della capacità contributiva individuale

reale. Cfr. MOSCHETTI F., Profili costituzionali dell‟Irap, imposta disattenta alla persona e alla

tutela del lavoro, op. cit., pag. 735 e ss..

(288) A tal proposito Lupi osserva le obiezioni sono tutt‟altro che rozze, e non sostengono certo che solo il reddito possa essere l‟indice di ricchezza idoneo a giustificare le tassazione sotto il profilo della capacità contributiva; i critici non ignorano l‟esistenza di tributi commisurati ai consumi, al patrimonio, alla redazione di atti giuridici o al godimento di sevizi pubblici, e non utilizzano certo una visione “redditocentrica” della capacità contributiva per prendersela con l‟Irap. C‟ è piuttosto un giudizio negativo sulla razionalità, alla luce del principio di capacità contributiva, delle scelte fatte in merito al calcolo della base imponibile e dell‟imposta. Cfr. LUPI R.,

L‟Irap tra giustificazioni costituzionali e problemi applicativi, op. cit., pag. 1407.

(289) Questo tipo di approccio guarda al valore aggiunto come destinato a scindersi nelle remunerazioni dei fattori produttivi, sicché esso può manifestare una “ricchezza” del soggetto passivo soltanto per la quota di utile eventualmente da questi fatta propria, mentre le quote necessarie a “coprire” il costo del lavoro e gli oneri finanziari sono destinate ad arricchire lavoratori e finanziatori,manifestando in tal modo una forza economica di questi. Cfr. SCHIAVOLIN R., L‟imposta regionale sulle attività

produttive. Profili sistematici, op. cit., pag. 465.

(290) Facendo degli esempi pratici, si è detto che nell‟Irap un‟impresa Alfa con “vap” pari a 10 miliardi e reddito zero (perché il vap è stato prosciugato da interessi e costi di lavoro) deve pagare quanto un‟impresa Beta con vap di 10 miliardi e reddito di 8 miliardi (perché non debiti e ha personale esiguo). Tutto ciò non ci pare ragionevole e costituzionalmente legittimo perché la capacità contributiva di chi vede il valore aggiunto prodotto dalla sua impresa interamente “espropriato” da interessi passivi e costi di lavoro non è, non può essere uguale alla capacità contributiva di chi, per le diverse sue condizioni economiche, tale espropriazione non deve patire. Pertanto, Alfa

147 alla quale la costituzione impone di parametrare ogni imposta sarebbe una grandezza insignificante. Ciò che rende intollerabile detto prelievo è proprio la circostanza che esso si basa su una disponibilità economica meramente potenziale e non effettiva, in quanto totalmente “sganciata” dal reddito, in aperto contrasto col il principio di capacità contributiva.

Ed infatti, se l‟obbligo del contribuente consiste nel pagamento di una somma, il rispetto del principio costituzionale sopra richiamato esige che i presupposti del tributo siano scelti tra le manifestazioni di forza economica contente in sé i mezzi idonei al pagamento e che essi consentano al soggetto passivo di trarre, secondo criteri di notevole probabilità, da quegli stessi presupposti i mezzi necessari per fronteggiare l‟obbligazione, senza che il prelievo possa, di conseguenza, provocare effetti occultamente espropriativi(291). Le forze economiche costituenti capacità contributiva sono solo quelle che possono venire prelevate senza pregiudicare la persistenza dell‟organizzazione economica colpita .

Da dette tesi si evince allora che, qualora oggetto di imposizione sia un‟organizzazione produttiva che, in base al particolare sistema di imposizione, si trovi nell‟impossibilità materiale di adempiere al pagamento del tributo in quanto ha chiuso l‟esercizio in perdita e che per poter adempiere all‟obbligazione tributaria, sia costretta ad alienare parte del proprio complesso produttivo, potrebbe verificarsi un contrasto con l‟art. 53 Cost..

con reddito zero, ha un‟inesistente capacità di assolvere l‟Irap e per farlo deve ricorrere, se può, a ulteriore indebitamento. Così FALSITTA G., Aspetti e problemi dell‟Irap

op. cit., pag. 497.

(291) Così GAFFURI G., La compatibilità dell‟imposta regionale sulle attività produttive

con i precetti fondamentali dell‟ordinamento giuridico: stato della questione, in Riv. Dir. Trib., 1999,

148 Il riferimento (conferente con il tema della legittimità costituzionale dell‟Irap che ai nostri fini interessa) è a quelle realtà che si ritrovano un valore aggiunto della produzione positivo e che invece, per motivi strutturali (perché, per ipotesi, ad esempio molto indebitate) ovvero per motivi congiunturali, si trovino non solo a dover conseguire la perdita di esercizio conseguita, ma anche attingere ad ulteriori debiti per far fronte al versamento dell‟imposta(292).

A fronte della giustificazione secondo cui una tale impostazione avrebbe delle finalità redistributive(293), è stato osservato che sfugge la ragione di etica sociale(294), in forza della quale l‟intento programmatico di mutare l‟attuale conformazione della società economica debba implicare anche solo il rischio, neppure remoto, di distruggere realtà produttive esistenti(295), come infatti potrebbe accadere con l‟Irap.

(292) Cfr. VICINI RONCHETTI A., Profili dell‟imposta regionale sulle attività produttive,

op. cit., pag. 786, il quale fa notare in proposito: “sembra che l‟Irap abbia dimenticato che nel diritto tributario esistono dei limiti sanciti dalla Costituzione ai quali non è consentito derogare neanche in nome dell‟efficienza produttiva”.

(293) La commissione ministeriale per l‟istituzione dell‟Irap rispondeva all‟obiezione sopra riportata che: “penalizzando le imprese non produttrici di reddito e, a parità

di condizioni, quelle che impiegano in maniera meno ottimale i fattori della produzione, l‟Irap favorisce l‟uscita dal mercato delle imprese non correttamente gestite. … il valore aggiunto della produzione non fa sconti a nessuno e costringe management e proprietà a ricercare sempre l‟ottimale utilizzo di capitale e lavoro”. Per una critica a tali considerazioni si veda GAFFURI G., La compatibilità

dell‟imposta regionale sulle attività produttive con i precetti fondamentali dell‟ordinamento giuridico: stato della questione, op. cit., pag. 851.

(294) Ossserva Falsitta che in questo modo “non si tassa più la capacità contributiva

dove c‟è, ma si tassa sadicamente anche la capacità contributiva dove non c‟è, per indurre chi non ce l‟ha a procurarsela. E se non ci riesce? Se l‟imprenditore è uno sfortunato? o uno sprovveduto o un inetto? Si faccia da parte, si ritiri, si tolga dalle scatole. … l‟imposta non è più uno strumento di prelievo a carico di chi ha le risorse per pagarla, ma un mezzo per effettuare una sorta di pulizia etnica nel mondo delle imprese e sopprimere le imprese malaticce”. Cfr. FALSITTA G., Aspetti e problemi

dell‟Irap, op. cit., pag. 504.

(295) Già nella relazione illustrativa al decreto si auspicava che l‟Irap avrebbe provocato effetti sulle scelte di finanziamento delle imprese, riducendo notevolmente le discriminazioni fiscali dirette a favorire l‟indebitamento delle imprese rispetto all‟autofinanziamento e penalizzando le imprese che utilizzano il debito per ridurre l‟onere fiscale . L‟Irap rappresenta un‟imposta cd. “a complemento” soprattutto della

dual income tax poiché è chiamata a rafforzarne gli effetti sulle scelte finanziarie delle

imprese a causa della indeducibilità degli interessi passivi; è stato al riguardo osservato che l‟effetto principale dell‟Irap è quello di ridurre fortemente la tassazione dei profitti e di rendere fiscalmente meno conveniente l‟indebitamento in quanto gli interessi

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