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Gli argomenti a favore della legittimità costituzionale dell‟Irap

La definizione della capacità contributiva posta a base dell‟Irap non può prescindere dal considerare quell‟indice che il legislatore ha assunto quale presupposto dell'imposta regionale sulle attività produttive, e cioè l'organizzazione produttiva di valore aggiunto. In tali casi, come si è visto, l'organizzazione produttiva si risolve per il suo titolare in

(300) Cfr. SALVATI A., Alcuni spunti in tema di costituzionalità dell‟Irap, op. cit., pag. 1627, la quale osserva come il fatto che la teoria del godimento dei servizi pubblici non trovi accoglimento nel nostro ordinamento risulta evidente, dal punto di vista giuridico, in virtù dell‟irrilevanza della finalizzazione delle entrate impositive alla copertura delle spese da sostenere per la categoria dei servizi indivisibili.

152 disponibilità di beni e in prestazioni economicamente valutabili, corrispondenti alla potenzialità produttiva dell'organizzazione stessa. Ed è esclusivamente sotto questo profilo che, coerentemente alla ratio legis del tributo, l‟esercizio di un‟attività organizzata viene assunto ad indice di capacità contributiva, indipendentemente dall'esistenza - in capo al soggetto passivo - di un reddito, di un patrimonio, di un consumo e di altre manifestazioni di ricchezza già scelte a fondamento dei tributi vigenti nell'attuale sistema.

A differenza del reddito e del consumo, che hanno comunque riguardo ai risultati di attività economiche, l'attività di produzione si pone logicamente “a monte” dei suoi esiti produttivi e rileva, pertanto, a prescindere dalla valutazione dei risultati, in quanto implica necessariamente poteri di coordinamento, di direzione e controllo su beni e servizi economicamente valutabili.

Contrariamente a quanto sostenuto nel precedente paragrafo, i sostenitori dell‟imposta regionale sulle attività produttive poggiano, dunque, le loro argomentazioni su una concezione di fondo completamente diversa. Da un lato, infatti, si ritiene che l‟organizzazione si possa risolvere per il suo dominus nella disponibilità di beni e servizi economicamente valutabili, ovvero nella disponibilità di fattori produttivi che, opportunamente coordinati, danno luogo alla produzione di valore aggiunto (che poi sarebbe la grandezza che l‟Irap si propone di tassare). E dall‟altro, si osserva che l‟organizzazione stessa a sua volta fruisce di beni e servizi pubblici, provoca costi e diseconomie per la collettività che in un qualche modo devono essere compensate con un tributo, per l‟appunto, imperniato sulla logica del beneficio.

153 Detta teoria presuppone che l‟art. 53 Cost., non individuando manifestazioni tipizzate di capacità contributiva, lascia al legislatore un certo margine di autonomia che trova il suo limite solo nell‟arbitrarietà e nell‟irragionevolezza(301). Secondo tale concezione, è quindi evidente che ben potrebbe essere preso a base dell‟imposizione il dominio dei fattori della produzione. L‟organizzazione dell‟attività produttiva, secondo un concetto elastico di capacità contributiva, è sicuramente idonea ad esprimere quella forza economica che denota attitudine alla contribuzione.

L'esercizio di un‟attività produttiva denota l'esplicazione di una forza economica che ben si esprime nell'organizzazione di fattori produttivi che, almeno normalmente, non sono riducibili al puro lavoro personale, ma involgono l'utilizzazione di lavoro altrui, di beni durevoli, di capitali propri o di prestito. Certo, non si nega che l'attività d'impresa o di lavoro autonomo costituisce indice soltanto indiretto di attitudine alla contribuzione, ma ciò è quanto accade evidentemente anche con riferimento ai fatti di spesa(302) o della stipulazione(303)

(301) Qualsiasi tesi volta a interpretare diversamente l‟art. 53 non potrebbe, secondo questa impostazione, essere condivisa, in quanto trascina con sé un giudizio di illegittimità costituzionale destinato a travolgere gran parte dei tributi esistenti eccezion fatta, soltanto, per l'imposta generale sul reddito, l'unica che - in teoria - faccia riferimento all'attitudine alla contribuzione sulla base di un indice (il reddito complessivo, appunto) suscettibile di far luogo ad una misurazione in qualche modo attendibile della capacità contributiva complessiva. Così BATISTONI FERRARA F.,

L‟Irap è un‟imposta incostituzionale?, in Riv. Dir. Trib., 2000, pag. 95.

(302) Il consumo, infatti, non costituisce indice certo di capacità economica. Perché sia tale occorre presumere (e la presunzione non sempre può rispondere a realtà) che esso sia posto in essere con mezzi derivanti da un reddito o, comunque, da una ricchezza propria, non certo se, per attuarlo, il consumatore è costretto a ricorrere al credito e, nel nostro Paese i debiti delle famiglie finalizzati al consumo sono, al meno da qualche anno, in continuo aumento. Così BATISTONI FERRARA F., Eguaglianza e

capacità contributiva, in Riv. Dir. Trib., 2008, pag. 477.

(303) Si pensi all‟imposta proporzionale di registro su un trasferimento immobiliare. Se è ragionevole ritenere che tale trasferimento costituisca una manifestazione reale di forza economica per il compratore, così non è, o almeno, non è sempre per il venditore: si pensi, ad esempio, a chi sia costretto a vendere la casa di

154 di negozi giuridici(304). Gli uni e gli altri possono, in ipotesi specifiche, non esprimere affatto capacità economica: come è stato giustamente rilevato(305), non è detto che gli acquisti corrispondano ad un reddito o a una ricchezza esistente, se per esempio compiuti indebitandosi; non è detto che dall'esercizio dell'impresa o dell‟attività professionale si debba ricavare in concreto un reddito spendibile. Tuttavia, come non si dubita che l'acquisto di un bene - magari di un bene di lusso - consenta di riscuotere l'Iva anche se è ben possibile che ad esso non corrispondano disponibilità proprie dell'acquirente così, se l'esercizio di un'attività d'impresa o di lavoro autonomo costituisce normalmente espressione di forza economica, non pare irragionevole assumerla a presupposto di un'obbligazione tributaria(306).

Né può essere condivisa la tesi secondo cui l‟Irap sarebbe in contrasto con il principio di capacità contributiva in quanto porrebbe un obbligo di contribuire alla spese pubbliche in capo all'impresa in perdita. Chi sostiene questa tesi, dichiarando totalmente inesistente l‟idoneità soggettiva delle imprese in perdita a pagare imposte, muove dal

abitazione per far fronte ad altre spese resesi necessarie. Eppure, per il legislatore tributario, entrambi sono obbligati in solido ed in via principale, al pagamento del tributo. Così BATISTONI FERRARA F., Eguaglianza e capacità contributiva, op. cit., pag. 477.

(304) Contrario a queste tesi GAFFURI G., La compatibilità dell‟imposta regionale

sulle attività produttive con i precetti fondamentali dell‟ordinamento giuridico: stato della questione, op. cit., pag. 851; l‟A. osserva infatti che tale approccio è privo di plausibilità. Al contrario

di quanto accade nell‟Irap - dove la relazione del prelievo con le sostanze indirettamente rivelate è tanto evanescente da non consentire di esprimere un giudizio di concordia con il principio costituzionale -, il tributo sul consumo e quello sul trasferimento traggono la loro giustificazione dallo stesso bene - apprezzato nel mercato - che è oggetto dell‟atto di sfruttamento o di cessione: nel primo caso parte della ricchezza consumata confluisce nelle casse dello Stato impositore e, nell‟altra ipotesi, analoga sorte è impressa al flusso finanziario che il trasferimento implica.

(305) Così BATISTONI FERRARA F., L‟Irap è un‟imposta incostituzionale?, op. cit., pag. 95.

(306) Al massimo, si può dire che l'entità del tributo ancorato ad una manifestazione siffatta dovrebbe essere modesta onde evitare che, troppo frequentemente, il tributo medesimo ecceda, in concreto, la forza economica collegabile al dominio sui mezzi di produzione.

155 presupposto che tale idoneità si debba connettere necessariamente al reddito, si dà cioè per dimostrata una premessa smentita, nella realtà, dal fatto che, accanto alle imposte sul reddito, il nostro ordinamento conosce imposte ulteriori assolutamente irrinunciabili(307). Se, accanto al reddito, esistono altri indici di forza economica, la constatazione dell'inesistenza di reddito non basta per negare l'esistenza di capacità contributiva. Tanto più che ciò che rileva è in questo caso la considerazione che la perdita cui i detrattori dell‟Irap fanno riferimento è una perdita rilevante ai fini Ires che nessun collegamento dovrebbe avere con il pagamento dell‟Irap(308).

Al contrario, è evidente che laddove fosse la stessa base imponibile Irap ad essere negativa, nessun pagamento (a fini Irap) sarebbe dovuto all‟Erario. Se l'impresa è in perdita ai fini dell'imposta sul reddito, l'imponibile Irap è costituito soltanto dalla retribuzione dei fattori della produzione altrui che l'imprenditore (o il lavoratore autonomo) ha utilizzato, diminuito dell'ammontare della perdita. Al contrario, non vi è base imponibile quando non vi è produzione di valore aggiunto, ossia quando i costi deducibili eguagliano o eccedono i ricavi lordi.

Ciò significa che il tributo non si lega, puramente e semplicemente, all'esercizio di un‟attività d'impresa o di lavoro

(307) L‟Irap, in sostanza, non colpisce un reddito e probabilmente, molti equivoci nell‟interpretazione di detta imposta nascono proprio dal fatto che il comune sentire affida alla tassazione del reddito effettivo la realizzazione del criterio di imposizione equa, per cui il distaccarsene rappresenta un fallimento, un tradimento di una ideologia. Così REDI M., Irap: presupposto d‟imposta e capacità contributiva, in Boll. Trib., 1999, pag. 25.

(308) Da questo punto di vista sembra corretta l‟affermazione di Batistoni Ferrara per cui è vero che un‟azienda in perdita non produce reddito, ma non per questo motivo si può sostenere che la sua titolarità esprima una forza economicamente indifferente, altrimenti si potrebbe sostenere che il pensionato con poche lire di reddito abbia una capacità contributiva superiore a quella di chi possiede codesta azienda.

156 autonomo, ma alla creazione, attraverso l'organizzazione di fattori produttivi, di un valore aggiunto e viene commisurato a tale valore aggiunto ripartito tra reddito netto dell'imprenditore e reddito degli altri proprietari dei fattori della produzione (lavoratori e capitalisti). Secondo tale tesi, dunque, il valore aggiunto come metro di misura non sembra così insensato(309).

Da ultimo, si osservi che, stando alla teoria economica del tributo, come si è visto, l‟imposta è stata criticata nel presupposto che potrebbe sorgere il dubbio che essa possa giustificarsi in funzione della sua natura commutativa. I fautori di tali tesi non sembrano tuttavia tenere nella giusta considerazione che il principio solidaristico alla base della nozione di capacità contributiva ha tratto necessariamente origine dalla constatazione dell‟impossibilità di individuare quei soggetti che usufruiscono dei servizi pubblici. Insomma, se da una parte il criterio del beneficio può apparire di per sé insufficiente e addirittura non necessario a giustificare in termini strettamente giuridico-costituzionali il concorso individuale alle pubbliche spese, non può certamente disconoscersi, dall‟altra, che il godimento dei servizi locali, che direttamente o indirettamente vanno a beneficio dei soggetti che svolgono un‟attività produttiva, concorre a legittimare, soggettivamente ed oggettivamente, l‟imposizione nei confronti dei soggetti che tali attività svolgono(310).

4. La legittimità dell’Irap secondo la decisione della