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Data l’estrema complessità del tipo di proposizione in esame, sembra opportuno introdurre alcuni concetti e una prima classificazione delle relative attraverso l’analisi del trattamento a esse riservato dalle principali grammatiche italiane1. Tale excursus di carattere introduttivo permetterà di stabilire a che cosa facciamo riferimento quando parliamo di “proposizioni relative”, da una parte, e di evidenziare sin da ora alcune problematiche che saranno poi oggetto di un maggiore approfondimento nel prosieguo del capitolo, dall’altra.

Nelle grammatiche considerate, le proposizioni relative figurano nei capitoli dedicati alla sintassi del periodo e, in particolare, alle subordinate: le relative sono dunque definite come proposizioni subordinate la cui funzione sarebbe di modificare un elemento nominale, detto antecedente o testa della relativa. Dal momento che tale funzione, secondo quanto affermato esplicitamente da Serianni (19912: 622), si dimostra «analoga alla funzione dell’attributo o dell’apposizione nella frase semplice», le relative sono spesso ricondotte alla classe delle “attributive” 2 o comunque considerate come categoria a sé stante rispetto agli altri due gruppi rappresentati dalle completive e dalle circostanziali3.

Al di là del ruolo sintattico, ciò che contribuisce al riconoscimento delle relative è la presenza di pronomi relativi, che da una parte si legano anaforicamente all’antecedente, dall’altra detengono un proprio ruolo sintattico all’interno della subordinata. I pronomi più

1 Mi riferisco alle grammatiche di Dardano/Trifone (1997), di Serianni (19912), di Sabatini (19902) e di Battaglia/

Pernicone (1954). Concepite per un pubblico di non specialisti, queste grammatiche coniugano a un orientamento normativo un’ampia attenzione alle strutture della lingua e alla descrizione di alcuni fenomeni emergenti nell’italiano contemporaneo. Di grande utilità, soprattutto ai fini di un approccio contrastivo, è la grammatica di Schwarze (1995) indirizzata a discenti non italofoni.

2 Il trattamento delle relative è strettamente correlato al problema delle classificazione delle subordinate (cfr.

Dardano/Trifone, 1997: 394-396). Uno dei criteri più diffusi per la classificazione delle subordinate consiste nel tentativo di ricondurre le strutture della frase complessa a quelle della frase semplice: le proposizioni soggettive mostrerebbero dunque una certa analogia con il soggetto, le oggettive con il complemento oggetto e così via. La distinzione delle componenti logico-grammaticali della frase semplice costituirebbe un valido modello per l’analisi delle subordinate, che a loro volta andrebbero dunque intese come espansioni di sintagmi dotate di verbi. Secondo tale approccio le subordinate potrebbero essere suddivise in tre grandi gruppi: proposizioni completive (soggettive, oggettive, dichiarative e interrogative indirette), proposizioni non completive (causali, finali, consecutive, temporali, concessive...) e proposizioni attributive (relative). Un altro criterio di classificazione considera invece la valenza del verbo e distingue tra proposizioni argomentali, che si configurano come espansioni degli argomenti del verbo della frase principale, e proposizioni avverbiali, che invece rappresenterebbero delle aggiunte semantiche alla principale. In un siffatto modello le proposizioni relative, in quanto espansioni di un sintagma nominale, rimarrebbero estranee ad entrambe le categorie. Un terzo modello si basa invece su criteri formali, considerando le subordinate a seconda della natura dell’introduttore (congiunzione, pronome relativo o pronome interrogativo) e a seconda della forma verbale (verbo di modo finito, participio, infinito, gerundio). La legittimità di tali interpretazioni è spesso inficiata dalla difficoltà di ricondurre le diverse realizzazioni sintattiche a categorie così monolitiche (cfr. Serianni, 19912: 548).

frequentemente usati sono che (con funzione di soggetto e complemento oggetto), cui (complemento indiretto) e la serie dotata di marca di genere e di numero il quale, la quale, i

quali, le quali (con funzione di soggetto o, se preceduta da preposizione, di complemento

indiretto). La natura del pronome relativo costituisce il primo fattore per una prima distinzione tra relative dotate di testa (headed relative clauses, secondo la terminologia anglosassone) e “relative libere”: può accadere infatti che le relative non si riferiscano a una testa o a un antecedente nominale esplicito (I ragazzi che studiano ottengono buoni risultati), ma che siano introdotte da un pronome relativo “doppio” (Chi [colui che] studia ottiene buoni risultati), cioè da un elemento che è contemporaneamente testa e pronome.

Un’altra distinzione riportata dalla maggior parte delle grammatiche italiane è rappresentata dall’opposizione tra relative restrittive (o attributive, determinative, limitative) e relative non restrittive (o appositive, aggiuntive)4. La differenza tra i due tipi risiederebbe nel tipo di predicazione apportata dalla relativa: laddove la relativa veicoli un’informazione necessaria, non eliminabile si sarebbe in presenza di una relativa restrittiva, che opererebbe nei confronti dell’antecedente una restrizione rendendone possibile l’identificazione. Diversamente la relativa non restrittiva si configura quale semplice aggiunta, non indispensabile al significato complessivo della frase5 e non in grado di identificare l’antecedente, che di conseguenza deve essere di per sé già determinato6. La specificità dei due tipi sintattici è chiara nelle seguenti frasi, tratte da Dardano/Trifone (1997: 423):

1. prendo l’autobus che sta arrivando;

2. prendo sempre l’autobus, che è il mezzo di trasporto più economico.

Mentre in (2) la relativa è appositiva e difatti aggiunge un’informazione non necessaria, collegandosi a un referente di per sé già identificato, in (1) la relativa ha la funzione di identificare il referente di cui si sta parlando, attivando anche, in presenza di condizioni contestuali favorevoli, una sorta di contrasto (prendo l’autobus che sta arrivando, non quello che è

ancora fermo al capolinea)7.

Dalla distinzione tra restrittive e non restrittive, propriamente appartenente alla sfera logico-semantica, discendono vari aspetti sintattici, che rendono necessario tale strumento di

4 In Sensini (1997: 513) sono invece adottate le due espressioni “relativa determinativa” e “ relativa accessoria”.

Nella grammatica di Schwarze (1995: 449) alle modifizierenden Relativsätze sono contrapposte le adjunctive Relativsätze. Nella linguistica ispanofona sono impiegate le espressioni cláusulas relativas especificativas per le restrittive e

explicatives per le non restrittive, cfr. Brucart (1999).

5 Secondo Sabatini (19902: 475) la relativa non restrittiva potrebbe essere sostituita in molti casi da

un’apposizione.

6 Riferendosi ancora una volta all’analogia tra proposizione relativa e aggettivo, Serianni (19912: 623) osserva che

«la distinzione tra relativa limitativa ed esplicativa è parallela a quella tra aggettivo restrittivo e descrittivo».

7 I due autori individuano nel concetto di relativa restrittiva anche una componente deittica o dimostrativa: la

classificazione anche a fini didattici8. Un primo fattore legato alla restrittività riguarda l’interpunzione. Al contrario delle appositive, le relative restrittive non ammettono la presenza di una virgola tra antecedente e pronome9. Sul piano orale tale dato trova corrispondenza nella possibilità di inserire una pausa tra principale e appositiva.

Il carattere restrittivo della relativa sembra influire anche sulla selezione del modo verbale: mentre nelle appositive compare quasi esclusivamente l’indicativo, o tutt’al più il condizionale, nelle restrittive è possibile trovare anche il congiuntivo. In tal caso la subordinata relativa assume una sfumatura eventuale, caricandosi di diversi valori semantici. La relativa tende così ad avvicinarsi ad altri tipi di proposizioni, come le consecutive, le finali o le condizionali:

3. Relativa con valore finale: Cerco qualcuno che mi aiuti nel lavoro (“affinché mi aiuti”).

4. Relativa con valore consecutivo: Voglio un’automobile che consumi poco (“tale che consumi poco”). 5. Relativa con valore condizionale: Una persona che seguisse i tuoi consigli (“se seguisse i tuoi consigli”)

si metterebbe nei guai.

Tuttavia, anche in presenza dell’indicativo, la relativa sembra in alcuni casi abbandonare la propria funzione di attributo e assumere piuttosto quella di complemento circostanziale, contribuendo in questo modo a chiarire il senso della reggente. I valori semantici che possono essere veicolati dalle relative con verbo all’indicativo sono quello concessivo, quello causale e quello temporale:

6. Relativa con valore concessivo: Laura che pure ha studiato per mesi e mesi (“sebbene abbia studiato per mesi e mesi”) non ha superato l’esame.

7. Relativa con valore causale: Ammiro Claudio che è riuscito a ottenere la promozione (“perché è riuscito a ottenere la promozione”).

8. Relativa con valore temporale: Ho conosciuto tua sorella che ancora non andava a scuola (“quando ancora non andava a scuola”)10.

Il peculiare comportamento di queste proposizioni introdotte da pronomi relativi e il fatto che possano essere rimpiazzate da subordinate di tipo circostanziale11 ha indotto buona parte dei

8 L’opposizione restrittiva / non restrittiva è spesso presentata anche nelle grammatiche in uso nelle scuole medie

inferiori.

9 La tendenza a separare la relativa appositiva dal suo antecedente mediante una pausa ne determina il valore di

aggiunta incidentale o parentetica. Proprio su tale peculiarità delle relative appositive insistono Dardano/Trifone (1997: 423).

10 Si noti che negli esempi (6), (7) e (8) gli antecedenti sono sintagmi nominali definiti che rinviano a referenti già

identificati (come mostra del resto l’uso del nome proprio e del determinante possessivo tua in tua sorella): le relative pertanto non possono essere che appositive.

11 Regula/Jerney (1975²: 321) individuano anche due tipi di relative con valore condizionale: il primo è costituito

dalle relative introdotte dai pronomi doppi (Chi volesse, potrebbe farlo). Il secondo tipo consiste invece nelle relative che si riferiscono ad antecedenti che contengono già in sé un valore ipotetico, come nel caso o nel momento (Nel caso

grammaticografi ad assegnare loro uno statuto in parte diverso dalle relative “canoniche”, cui consegue sul piano terminologico una denominazione differente12.

Un’altra questione piuttosto ricorrente nelle grammatiche tradizionali riguarda le relative implicite, in cui compaiono verbi di modo non finito ed in particolare l’infinito e il participio. Le relative implicite all’infinito possono essere introdotte da un pronome relativo (Ho trovato la persona cui affidare il lavoro) o dalla preposizione da (Il capitolo da studiare per giovedì è il

secondo) 13. Un caso particolare particolare è rappresentato dal costrutto “a + infinito” preceduto da un numerale ordinale (è stato il primo ad arrivare), che Serianni (19912: 625) considera come una sorta di frase scissa costruita con l’infinito. La funzione di relativa può essere svolta anche da un participio (Questo è il libro regalatomi da Luca). Un altro tipo di costrutto implicito che potrebbe essere riformulato attraverso una relativa esplicita è costituito dall’infinito dipendente da un antecedente nominale a sua volta retto da un verbo di percezione (Odo gli uccelli cantare)14.

Le indicazioni fornite dalle grammatiche riguardo alla posizione della relativa concordano sul fatto che il relativo deve essere contiguo al sintagma nominale da cui dipende: la relativa non può essere allontanata dalla reggente, a differenza di quanto avviene in altre lingue. Tuttavia in alcuni casi le cose sembrano stare diversamente: Dardano/Trifone (1997: 424) osservano che nel caso delle relative giustapposte il pronome e l’antecedente non sono sempre contigui: il pronome relativo può infatti occorrere in un periodo diverso rispetto a quello in cui si trova l’antecedente:

9. eravamo convinti che Andrea e Laura si fossero lasciati. I quali, d’altra parte, non facevano nulla per dimostrare il contrario15.

Veniamo infine alle modalità attraverso le quali le relative si coordinano fra di loro o si concatenano in subordinazione. Nella coordinazione di due relative non è necessario ripetere il pronome della seconda relativa qualora questo sia coreferente con il primo e qualora abbia nella subordinata lo stesso ruolo sintattico (Ho incontrato una ragazza che abita a Parigi e frequenta

12 Sensini (1997: 515-516) parla di proposizioni relative improprie o circostanziali. Diversamente,

Dardano/Trifone (1997: 425) e Sabatini (19902: 475-477) considerano le relative dotate di valore semantico

circostanziale come un sottotipo della classe delle relative; in Serianni (19912) appare invece la definizione di

“relative eventuali”, riservata come già accennato alle relative costruite con il congiuntivo.

13 Dardano/Trifone (1997: 427) e Serianni (19912: 625) individuano un valore potenziale-eventuale nel primo tipo

e un valore deontico nel secondo.

14 Questo tipo di relativa implicita compare soltanto nella trattazione di Sensini (1997: 515): «Proposizioni

oggettive, invece, sono le proposizioni costituite dall’infinito dipendente direttamente da un verbo di percezione come udire, sentire, vedere, scorgere: “Odo cantare gli uccelli”. Se però si dice “Odo gli uccelli cantare”, la subordinata

cantare è da considerare una proposizione relativa in quanto, pur con una lieve sfumatura di significato, equivale a

“Odo gli uccelli che cantano”».

la Sorbona, ma ?Ho incontrato una ragazza che abita a Parigi e la madre è russa)16. Per quel che concerne la possibilità di cumulare più relative dipendenti l’una dall’altra, Dardano/Trifone (1997: 425) sottolineano che a differenza delle relative restrittive, le quali ammettono un rapporto di dipendenza tra loro (Ho incontrato la tua amica che lavora nel negozio che si trova all’angolo

della strada), le relative appositive possono soltanto comparire in coordinazione (?Ho incontrato Silvia, che ora studia a Parigi, che è una gran bella città).

Si è detto in precedenza che i pronomi relativi hanno una duplice funzione, anaforica, in quanto rinviano all’antecedente, e sintattica, in quanto svolgono una funzione logico- sintattica nella dipendente (possono cioè essere soggetto, oggetto e complemento indiretto): il ruolo grammaticale del referente pronominalizzato influisce sulla selezione del pronome stesso. Tuttavia, le grammatiche prese in esame non mancano di evidenziare alcune realizzazioni non perfettamente grammaticali: in particolare Sabatini (19902: 477) riunisce sotto l’etichetta di “che polivalente” alcuni usi in cui non c’è congruenza sintattica tra la forma pronominale adottata e il suo ruolo nella subordinata. Si vedano le seguenti frasi:

10.La ragazza che la madre è russa; 11.La ragazza che ci giocavo da piccolo.

In (10) il pronome che, inadatto ad esprimere la funzione di possessore normalmente svolta da

cui, mantiene soltanto la funzione di anafora. Lo stesso fenomeno si osserva in (11) con

un’unica differenza: la funzione sintattica è recuperata dal clitico di ripresa. Questa strategia può essere rinvenuta anche in presenza di una corretta relativizzazione:

12.La questione di cui ne parleremo la prossima volta;

in questo caso la ripresa tramite clitico determina una codifica sovrabbondante del ruolo sintattico, dando luogo a una certa ridondanza.

Sebbene le grammatiche tendano a censurare tali usi, fino a poco tempo fa considerati propri dell’italiano popolare, non mancano di notare come a volte l’uso del che svuotato di funzione sintattica sia ammesso in particolari contesti logico-grammaticali, specialmente in corrispondenza di espressioni di tempo:

13.L’anno che ti ho conosciuto (L’anno in cui ti ho conosciuto); 14.Il giorno che ero in ferie (Il giorno in cui ero in ferie).

Già da questo primo quadro, le proposizioni relative mostrano una complessità tale da ostacolare la ricerca di una definizione esatta ed esauriente. Nel trattamento delle relative infatti intervengono molteplici fattori che investono sia l’aspetto sintattico (tipo di pronome, grado di dipendenza dalla testa, selezione del modo verbale), sia quello logico-semantico

16 Segnalo con il punto interrogativo, in linea con i simboli impiegati in grammatica generativa, i costrutti non

perfettamente grammaticali ma che effettivamente possono ricorrere nelle realizzazioni non standard, come si vedrà più avanti.

(funzione della relativa rispetto alla testa). Inoltre, le relative sembrano essere il tipo di proposizioni più soggette alla variabilità linguistica, e specialmente a quella diafasica e diastratica.

La natura composita dei fenomeni che partecipano alla realizzazione di tali proposizioni e l’esistenza di diverse tipologie rendono piuttosto ardua una trattazione che sia al tempo stesso analitica e coesa. Tuttavia per esigenza di chiarezza espositiva sembra necessario procedere per gradi, tentando di isolare alcune importanti tematiche, da tempo lungamente dibattute in linguistica generale. In particolare una descrizione adeguata delle relative non può prescindere dall’esame del processo di relativizzazione e della tradizionale distinzione tra relative restrittive e relative non restrittive. Si tratta a ben vedere di concetti che, lontani dall’interessare esclusivamente la lingua italiana, costituiscono un importante punto di partenza non soltanto per l’approfondimento dei meccanismi che regolano il funzionamento delle relative, ma anche per una migliore conoscenza delle varie tipologie linguistiche. Prima di procedere a una proposta di classificazione delle relative con antecedente, che necessariamente dovrà passare per la discussione delle varie interpretazioni della relativizzazione e dell’opposizione tra restrittive e non restrittive, sarà bene aprire una breve parentesi riguardante gli universali linguistici e i problemi ad essi legati.