ČELIK JE DIO ŽIVOTA MOG
1.2. Del trasformare una kasaba 106 chiamata Zenica
Passata de facto sotto l’amministrazione civile asburgica nel 1878, a seguito del Trattato di Berlino, che pose fine alla Guerra russo-turca, la BiH rimase de jure sotto il controllo Ottomano -da cui dipendeva come Pascialato dal 1463- fino al momento dell’ufficiale annessione alla Corona dell’Aquila bicipite, avvenuta nel 1908.
Purtroppo, non sono molti i documenti e le testimonianze scritte pervenuteci (perlopiù di missionari e viaggiatori), di quella lunga e importante epoca storica che sono i quattro secoli alle dipendenze di Istanbul, la Carevi Grad (la città degli Imperatori). Ciò che è certo è che, fin dal 1502, Zenica si presentava come una «kasaba» ovvero una «cittadella» (Jukić, 1953; Kadić, 1994) in cui erano presenti tutte le condizioni demografiche, religiose, economiche e urbano-geografiche, previste per ottenere questo particolare status, che permetteva alle attività interne al quartiere centrale (la
čaršija) di essere esenti da imposte. La condizione demografica per poter assurgere al titolo di kasaba implicava che un determinato insediamento fosse popolato in modo permanente da una
popolazione musulmana, con una o più džemat o mahale107. Il requisito religioso implicava che
esistesse almeno una moschea in cui venissero regolarmente eseguiti tutti i doveri dei fedeli. Il vincolo economico imponeva l'esistenza di un bazar con negozi, strutture pubbliche, bagni e una piazza. La fertile pianura formata dalla confluenza della Bosna, e dei suoi due torrenti affluenti che scorrono in città, Kočevo e Babina Rijeka, fu descritta dal biografo del Principe Eugenio di Savoia (che vi passò radendola al suolo alla fine del XVII secolo), come una «terra estremamente pacifica, equiparabile alla valle del Nilo» (1697).
L’immagine bucolica di una Zenica ottomana ubertosa, verdeggiante, generosa di frutti e messi, trova riscontro nella tradizione folklorica, così come nelle parole del francescano Padre Jukić, entrambe riportate nella storica rivista quindicinale Bosanska Vila:
[...] Zenica è famosa per il suo frutto e il suo buon grano. Così fa una canzone serba [...]: «A Sarajevo Grossi108 e Ducati, a Visoko manufatti di pelle, a Tešanj nobili pettini, a Zenica frutta e frumento»[...]. Le case fuori città su tutti e quattro i lati sono occupate da cocomeri,
106 In turco, cittadella.
107 Se džemat ha una valenza prettamente religiosa, riferendosi all’appartenenza a una circoscrizione afferente ad una determinata moschea (l’equivalente di una parrocchia), mahala si rifà all’idea urbana di quartiere.
verdure di ogni tipo, cetrioli, angurie, meloni... i cocomeri si immergono nei grandi canali, dove l’uomo pensa di trovarsi di fronte a un piccolo Nilo
[Bosanska Vila, 10/04/1892, anno VII, n.10: 153-154]
La posizione geografica della kasaba ottomana, adagiata sulle sponde della maestosa Bosna, rendeva il terreno estremamente fertile con una grande disponibilità di campi coltivati e pascoli che, unitamente alle lussureggianti colline e alle aspre montagne che la circondano, rendevano il bacino protetto e sicuro, grazie anche alle fortificazioni di Vranduk, all’imbocco Nord della valle, e di Bobovac a Sud. Questi edifici di epoca medioevale hanno ricoperto una funzione sia militare che residenziale per i regnanti bosniaci, tra cui le dinastie nobiliari dei Kulinić e dei Kotromanić, che governarono il Banato di Bosnia109 ed estesero i loro domini fino (quasi) ai confini attuali. Citando un resoconto di viaggio nell’agonizzante Impero Ottomano del 1874, lo scrittore Popović-Momir, descrive la cittadella dove di lì a poco sorgerà il mastodontico gigante d’acciaio come:
Un borgo dove l'acqua e le sorgenti calde sono molto salutari durante la stagione fredda. È davvero meraviglioso vedere frutta verdissima, giardini, prati, campi, colline, vallate, pascoli in tutta Zenica. Uno scrittore ha riferito: «Zenica è un piccolo borgo ma giace sulla cima di una bellissima e fertile pianura formata dal fiume Bosna. Quanto la rende fertile e piacevole tanto la decora; perché guardando dalle alture alla pianura, si scorge la gloriosa Bosna che giace al sole, serpeggiando a destra e a sinistra oltre quei campi e prati, giardini e pascoli... uno spettacolo davvero meraviglioso e pacifico. È garantito da cosa Zenica derivi il suo nome!»110
[Putovanje u nakrst oko cijele Zemlje. Beograd, 1874: 145 citato in Bosanska Vila, 10/04/1892, anno VII, n.10: 154]
La prima menzione ufficiale con il suo nome attuale, ritrovata negli archivi della Repubblica di Dubrovnik (nelle cronache della caduta della città in mano alle milizie turche di Baraka), è datata 20 marzo 1436, mentre l’etimologia del suo nome si perde nei racconti medioevali risalenti all’epoca d’oro della dinastia Kotromanić.
109 Ban era il titolo nobiliare legato al governo del Banato di Bosnia, relativo allo Stato de facto indipendente prima dall’Impero Bizantino ovvero dal 1154 al 1180 e poi dalla Corona d’Ungheria, dal 1180 fino al 1377, quando fu elevato al rango di Regno (Anđelić & Miletić, 1984).
Gli zeničani infatti, da secoli tramandano una leggenda che affonda le sue radici nel XV secolo e precisamente:
All’inizio della primavera del 1463, quando Re Stjepan Tomasević, fuggendo dall’Imperatore turco Muhamed, ormai giunto al castello di Bobovac, scappò con tutta la corte verso Nord, verso la fortezza di Jajice e si fermò su una collina dove oggi si trova il villaggio di Gornija Zenica. Qui, la Regina Katarina Kosača-Kotromanić, trovando un attimo di quiete, si voltò per l’ultima volta verso l’amata Bobovac e, scoppiando in un pianto inconsolabile, esclamò: «Osta zenica oka moga» (resti la pupilla dei miei occhi)111. Così quel piccolo villaggio che poi si allargò alla pianura, prese il nome di Zenica
[Linta M., Postanak imena varoši: Zenica in Kalendar Bošnjak, 1892]112
Oltre alla leggenda della Regina Katarina di Bosnia (sepolta in Vaticano e rivendicata dai croati come l’ultima Regina cattolica della BiH, a riprova del loro dominio sull’area), un’altra teoria senz’altro meno suggestiva ma altrettanto rilevante dal punto di vista simbolico e parte integrante della reinterpretazione «cromatica» della città, fa discendere il nome da un uccello abbondantemente presente nei boschi delle colline limitrofe, la Cincia, in lingua BHS Sjenica, dai classici colori giallo e verde.
Per Amir Ismić, PhD in Storia presso l’università di Novi Pazar (Serbia), «la sostituzione, avvenuta alla fine della Guerra di Bosnia, nello stemma cittadino del colore rosso associato al fuoco e al comunismo, con il giallo e il verde, rappresentano i colori della Sjenica (Cincia), da cui la città prende il nome... ma anche con il colore verde dell’Islam» (C.P. 13/11/2018).
In un’attenta opera di rimozione dei rimandi ad un passato politico e industriale «pesante» (in senso lato e in senso stretto), nel nuovo logo di Zenica, in luogo della stilizzazione di un altoforno con stella rossa campeggiante, troviamo oggi raffigurati i simboli delle diverse epoche storiche che hanno caratterizzato la città: il castello di Vranduk (simbolo della BiH medioevale), la mezzaluna (riferita alla religione musulmana, lascito di età ottomana), la stele crociata (simboleggiante il «periodo d’oro della Bosnia cristiana di Kulin Ban») e, in ultimo, piccone e martello incrociati, rimando alla tradizione mineraria-industriale inaugurata con l’avvento degli austro-ungarici (fig. 10).
111 Tradotta nel linguaggio comune come «luce dei miei occhi». 112 Riguardo l’etimologia del nome cfr. Jalimam, 1999: 7.
La narrazione socialista tesa a sussumere identità e Storia della città sotto l’egida di un simbolismo monotematico, centrato sull’industria pesante (sulla ŽZ in particolare), si è andata sgonfiandosi fino quasi a sparire, a partire dal 1995, anno zero di una nuova era neoliberista.
In questo solco sono nate negli ultimi vent’anni associazioni, fondazioni e gruppi attivi di cittadini e professionisti, animati dallo spirito di riscoperta di una storia e di «radici» che affondano ben prima del 1945, anno di liberazione della BiH da parte delle forze partigiane jugoslave. L’associazione «Forum Građani», una delle più attive sul territorio, esplicita nel suo statuto che «la missione di base è preservare l’anima, le tradizioni e l’identità della città di Zenica», rivendicando in questo modo una storia in chiave politico-nazionale poiché:
La propaganda della storiografia contemporanea di questa Regione [in Serbia e Croazia,
N.d.A.] vorrebbe distruggere la storia antica del nostro Paese [...] ma per fortuna abbiamo
ritrovato opere antiche che inconfutabilmente provano l’esistenza della BiH già all’inizio del primo millennio! Questo prova che la BIH come Stato sovrano esisteva già nel medioevo, prima che si formassero gli stati di Croazia e Serbia (si fa più serio)... dimostra che la BiH non è una creazione del socialismo o dell’accordo di Dayton! [...] la BiH non è qualcosa di nuovo... ha avuto i suoi Re e i suoi giudici [...], Zenica ha il suo passato, grazie a Kulin Ban
[Faruk, R., 29/03/2019]
Attraverso il mito fondativo dello Stato medioevale del Ban Kulin, sovrano illuminato (Isaković, 2007), alla fine degli anni Novanta viene messa in atto un’interessante opera di riscoperta e riappropriazione della tradizione, portando avanti l’idea di uno Stato millenario unitario, che però rimane un concetto non unanime all’interno del Paese a causa delle divisioni inter-entitarie tra la componente serba in RS e, nella FBiH, tra zone a maggioranza croata e altre a maggioranza musulmana, ognuna delle quali rivendica la propria esclusiva memoria storica.
È sul suolo di Zenica che, in epoca medioevale, si sono succeduti gli eventi cruciali per la formazione e riaffermazione di una «identità bosniaca originaria», che passano per la valorizzazione odierna del documento chiamato Povelja Kulina Bana113 come «pietra angolare
(kamen temelja) della costituzione dello Stato bosniaco-erzegovese» (Šefik Đaferović, Presidente
bosgnacco della BiH, Zenica, 29/08/2019)114. Quest’ultimo intervento dimostra l’esistenza di un processo di ricerca instancabile di conferme di una genesi lontana, certa e documentata e quantomai percepita come assolutamente necessaria per lo sviluppo di una radicata identità bosniaca, in ottica competitiva e difensiva nei confronti delle narrazioni screditanti che colpiscono il Paese da più fronti, interni ed esterni.
In questo contesto d’emergenza identitaria, sospinto dai venti del nazionalismo che hanno spirato sulla Jugoslavia a partire dalla fine degli anni ’80, la città si è trovata ad occupare una posizione privilegiata in quanto palcoscenico medioevale di quegli eventi fondativi dello Stato bosniaco, che oggi costituiscono il nucleo primigenio attorno al quale saldare le coscienze dei cittadini-elettori. Da questa luminosa epoca medioevale deriva il detto popolare «Od Kulina Bana i dobrijeh dana» (i giorni migliori, quelli di Kulin Ban; Dragić, 2017: 153), a ricordare un tempo particolarmente propizio della propria Storia nazionale (Imamović, 1996: 31). Questo particolare rimando storico risulta oggi ben radicato nella scena storiografica (Kurtić et al., 2018) e mass mediatica della FBiH115.
Il periodo di indipendenza politica del Regno medioevale di BiH ha visto Zenica e precisamente un’area pianeggiante a sinistra del fiume Bosna, chiamata Bilino Polje, testimone delle tappe fondamentali del processo di costruzione dello Stato, rendendola inconsapevole protagonista:
Qui per la prima volta è stata riconosciuta la BiH come Stato [...], nella Dichiarazione di Kulin Ban si permetteva il commercio libero con la Repubblica di Dubrovnik, si sanciva l’esistenza di uno Stato bosniaco [...] che trafficava con l’Europa senza dogane... la gente poteva andare e venire bez papira (senza documenti)... (con un tono appositamente
provocatorio) ma quale Unione Europea! Kulin Ban per primo ha ideato l’Unione
Europea... nigdje to u Europi nema (da nessuna parte era così in Europa)! [Faruk, R., 29/03/2019]
114 Parole pronunciate nel discorso tenuto alla cerimonia di inaugurazione dell’istallazione della copia della Dichiarazione nel parco antistante lo stadio «Bilino Polje», per la ricorrenza degli 830 anni della Povelja. Insieme
al Presidente bosgnacco Đaferović era presente il Presidente croato-bosniaco Željko Komšić. Scontata l’assenza del membro serbo-bosniaco della Presidenza tripartita, Milorad Dodik.
115 Sia nei broadcast internazionali Al Jazeera Balkans e Hayat, sia nella rete nazionale RTV Zenica, sono presenti numerosi contenuti di natura storica riferiti alla BiH medioevale e alle implicazioni politiche che questa assume in
uno stato diviso. Per necessità di sintesi segnalo solo alcuni servizi significativi visibili ai seguenti indirizzi: http://balkans.aljazeera.net/vijesti/dan-kada-je-kulin-ban-napisao-povelju;
In questo senso, le ricorrenze pubbliche celebrative degli eventi che hanno scandito le tappe della nascita dello Stato bosniaco medievale, così come la caratura dei personaggi politici che negli ultimi anni vi hanno partecipato nella Municipalità di Zenica (due dei tre Presidenti della Repubblica bosniaca e l’ultimo Presidente della Repubblica socialista croata, per citarne alcuni), stanno a testimoniare l’enfasi e la rilevanza politica che oggi, a differenza di un passato recente, si intende assegnare al fenomeno mitopoietico fondativo dello Stato.
Nello specifico, i due cruciali eventi storici in questione risalgono al periodo del Basso Medioevo: la Blinopoljska Izjava (8 aprile 1203) ossia «l’Abiura di Bilino Polje» presso Zenica (allora conosciuta con il nome di Brod)116
da parte del Ban Kulin, in cui veniva formalmente rigettata la
fede Bogomila in favore del Cattolicesimo alla presenza del messo papale Giovanni De Casamaris (Bjelovitić, 1968: 40; Serdarević et al. 1987: 8), e la Povelija Kulina Bana (Dichiarazione di Kulin Ban) dell’11 agosto 1189 ossia il trattato di libero scambio di merci e persone tra i territori bosniaci sotto il controllo del Bano Kulin e la Repubblica di Dubrovnik, in cui per la prima volta fa la sua comparsa nella Storia il popolo bosniaco e la sua forma statuale di Regno117 (Kurtović, 2019: 16). Da notare come, in un Paese costituzionalmente fondato su istanze nazionaliste in continua tensione tra loro, «la straordinaria importanza storico-filologica che la Povelja ricopre per l’intero universo slavo -in quanto risulta essere il più antico documento scritto in lingua staroslovenska118 mai ritrovato» (Emir Porća, C.P., 11/04/2019)119- non riesca a trovare una sintesi tra le parti in causa (serba, croata e musulmana), andando invece ad acuire le rivendicazioni nazionali in materia di progenitura dello Stato.Alle scoperte di carattere storico-archeologico sopracitate va ricordato il ritrovamento nel villaggio di Podbrežje (nella municipalità di Zenica), della «Ploča velikog sudije Gradješe», ovvero la «Tavola del grande giudice Gradiješe», risalente al XII secolo, a conferma dell’esistenza di un apparato unitario di leggi scritte già affermatosi in età medioevale, così come di un sistema
116 Brod in BHS significa «barca». Già conosciuta in epoca romana come Bistua Nova (località in cui erano attivi
numerosi siti minerari; cfr. allegato n.1), nei documenti medioevali assume la denominazione Brod in virtù del fatto che vi era a disposizione una barca per l’attraversamento del fiume Bosna in prossimità dell’area del «Bilino Polje» (Serdarević, 1987:7-8).
In allegato (n.2) la traslitterazione originale in staroslavenski e la sua trascrizione nell’alfabeto latino in lingua BHS a cura di Amira Turbić-Hadžagić; traduzione in lingua italiana a cura dell’autore.
118 Lingua slava antica. Il manoscritto originale è oggi custodito a San Pietroburgo. 119 Cfr. con Dragić (2017: 147) e Turbić-Hadžagić (2009: 36).
giudiziario ben organizzato, che dotava l’antico Regno di Bosnia di una piena sovranità territoriale, politica e amministrativa (Hajdarević & Jalimam 1999: 21).
807 anni più tardi, precisamente il 24 aprile 1996, sullo stesso terreno in cui il Ban Kulin decretava l’ingresso nella Storia del suo Regno, un altro avvenimento simbolico segnava l’inedito ingresso sulla scena mondiale del piccolo Paese balcanico indipendente: l’esordio della prima Nazionale di Calcio bosniaca della storia, la neonata Representacija Bosne i Hercegovine120.
Nell’amichevole ufficiale, che nell’immaginario di tifosi e politici del tempo avrebbe dovuto segnare l’inizio della rinascita post-bellica, nonostante il tifo infuocato dei quasi ventimila del «Bilino Polje», il match in programma tra BiH e Albania si concluse invece a reti inviolate. Rinascita che dal punto di vista politico e sociale a partire dal primo Dopoguerra, stenta ancora oggi a decollare, relegando la città in uno stato catatonico di profonda stagnazione economica, a cui la popolazione (soprattutto giovani) cerca di sfuggire migrando in UE.
Di segno contrario alla contemporanea stasi che avvolge la città, appare invece la violenta spinta modernizzatrice (sempre in un rapporto di sudditanza e predazione) occorsa nei quarant’anni di dominazione austro-ungarica (dal 1878 al 1918), che segnarono inesorabilmente il destino della città e dei suoi abitanti, imponendo Zenica agli occhi della Regione come polo centripeto per le attività estrattive ed industriali.
Sotto l’egida di Vienna la popolazione cittadina quadruplicò, passando dai 2.101 del 1878 ai quasi 8.000 alle soglie della Grande Guerra (Bjelovitić, 1968: 66), dando la svolta definitiva per la rivoluzione demografica, sociale ed economica che contribuirà a riconfigurare antropologia ed ecologia della città, fondando un nuovo e inarrestabile paradigma industriale su cui tutt’ora si imperniano narrazioni e retoriche che pervadono il tessuto civile della «Uzavreli Grad»121 (ibid.: 63; Serdarević et al., 1987: 13).
Le iniziali resistenze alla colonizzazione austro-ungarica da parte della popolazione musulmana e ortodossa «furono calmate molto presto, così la maggior parte delle persone accettarono le nuove condizioni politiche, amministrative, culturali e tutte le ulteriori implicazioni psicologico-sociali che ne derivavano» (Serdarević et al., 1987: 14).
120 Https://reprezentacija.ba/51966-prva-zvanicna-utakmica-mesa-prije-20-godina-kao-kapiten-debitovao-za-bih 121 Città incandescente.
Insieme alla ferrovia a scartamento ridotto costruita nel 1879, che dal confine nord con la Croazia porta in città, nei primi anni di occupazione vennero avviate gli opifici che cambiarono volto alla tranquilla valle ricca di cocomeri. Grazie allo sviluppo impresso dagli occupanti si diede avvio all’estrazione meccanica di carbone fossile con l’apertura della prima miniera del Paese, la Rudnik
Mrkog Ugalj122, datata 1880; si inaugurò la Fabrika Papira ossia la Cartiera (1885); fu varata la Željezara Zenica (la Ferriera, 1892) e, fondamentale per la gestione e il controllo di questa
Provincia dell’Impero, ricordiamo l’istituzione del Centralno Kazneno-Popravni Dom za Bosnu i
Hercegovinu (abbreviato KP Dom), la prigione centrale dell’ex Pascialato (Bjelovitić, 1968:
65-66; Serdarević et al., 1987: 13-17).
Nel capitale lavoro di Dottorato di Miloš Bjelovitić, dal titolo Zenica i njena okolina (Zenica e i suoi dintorni), discusso all’Università Sarajevo nel 1965123 e svolto «grazie al sostegno del Consiglio Operaio della Željezara Zenica» (1968: 6), vengono individuate due principali ragioni connesse all’ascesa del modello industriale metallurgico-minerario:
La prima precondizione per il modo di produzione industriale è stata la costruzione della ferrovia. Inizialmente agli austro-ungarici serviva questa via di comunicazione per le necessità dell’occupazione militare, per questo motivo la principale ferrovia della BiH, che collegava Brod [città al confine nord con la Croazia, N.d.A.] a Zenica (186 km), fu costruita molto velocemente e [...] meno di un anno dopo l’inizio dell’occupazione, nel luglio 1879, arrivò il primo treno in città.
Parallelamente [...] fu trovato il primo strato di carbone di ottima qualità (a 10 metri di profondità). Il giacimento si trovava accanto alla ferrovia e alla stazione ferroviaria [...] per cui erano numerose le condizioni geografiche e topografiche molto favorevoli per lo sviluppo del comparto industriale. Fu così che già l’anno successivo, nel 1880 iniziarono i lavori della prima miniera di carbone della Bosnia. La Rudnik124 appare quindi come il
fattore determinante dello sviluppo e della localizzazione dell’industria (ferriera e cartiera) nel bacino di Zenica
[Bjelovitić, 1968: 72]
122 D’ora in poi, nel testo RMU.
123 Pubblicato dall’Accademia delle Scienze e delle Arti della BiH nel ’68. 124 Miniera.
Nel giro di pochi anni la kasaba dell’Eyalet bosniaco125 mutò completamente nell’aspetto, nella demografia e nelle relazioni lavorative industrial-capitaliste che andavano germogliando.
Dal primo censimento ad opera degli austriaci del 1879126 si evince che nella cittadella la popolazione raggiungeva le 2.101 unità ed era suddivisa a metà tra lavoratori del settore agro-pastorale e del commercio (Bjelovitić, 1968: 71). L’81,8 % degli abitanti era di fede musulmana, il 9,8% cristiano ortodossa, il 6,1% cristiani cattolici e il 2,3% era costituito da fedeli ebrei, tra cui Otto Weiss primo farmacista della città127 (ibid.: 61; Jalimam, 1999: 42). Tre decenni più tardi, nel 1910 il numero di cattolici e musulmani era pressoché identico (rispettivamente 40,8% e 39,6%), il 14,2% della popolazione era di fede ortodossa, il 4,1% professavano l’ebraismo, mentre gli stranieri «chiamati kolonisti» (Serdarević et al., 1987: 14), arrivati per dare impulso alle nuove attività amministrative ed industriali128 divennero, nel 1910, più di un quarto della popolazione, triplicando di fatto nel giro di 25 anni (Bjelovitić, 1968: 67-69)129.
Fu così che la grande forza dell’apparato burocratico ed economico dell’Impero Asburgico portò a Zenica una eterogeneità e una mescolanza fino ad allora sconosciute, che «rese la perla incastonata nelle valli del fiume Bosna, un luogo aperto e altamente multiculturale» (ibid.: 72).
Fattori chiave della Rivoluzione industriale furono quindi la posizione strategica della città, servita dalla ferrovia e la scoperta di un immenso bacino carbonifero che vennero prontamente sfruttati grazie ai capitali privati della «Kohlen-Industrije-Vereint», con l’avvio il 5 maggio 1880 della prima miniera bosniaca. Di lì a dodici anni, il successo della RMU (miniera) dovuto all’ottima qualità del minerale estratto, aprì le porte alla costruzione della ferriera (Kempf, 1898: 436). Ancora nel 1961, le riserve di carbone della città ammontavano, secondo le stime del Dipartimento di Geografia dell’Università di Sarajevo, a ben 252,8 milioni di tonnellate (Milojević, 1961 in Bjelovitić, 1968: 72) che, unitamente alla modernizzazione della ŽZ avvenuta negli anni ’50, 125 Unità amministrativa regionale facente capo all’Impero Ottomano.
126 Per il primo censimento austro-ungarico della città (1880) si veda Haupt-Uebersicht der politischen Eintheilung