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3. Gli ultimi giorni di un «moribundo Portugal dito império» Os dias do fim d

3.2 Le «delizie della vita coloniale»

Poco sopra ho accennato al fatto che il protagonista, nonostante dichiari l’intenzione di voler emergere solo in quanto riflesso degli avvenimenti narrati e degli altri personaggi descritti, non riesca a togliere la sua figura dal proscenio del racconto: effettivamente il giornalista Luís Ribeiro Sales è sì un testimone, ma anche un testimone che, come esige la scrittura di un diario, ci racconta la sua stessa vita, il suo modo di stabilire relazioni tra avvenimenti o tra comportamenti, lo stile delle sue relazioni sociali. E nella prospettiva tanto di stabilire quale sia il suo punto di vista quanto di raccogliere particolari della vita coloniale, questo approccio ci può fornire alcuni spunti di interesse. Innanzitutto per inquadrare il contesto sociale all’interno del quale egli si muove.

Come praticamente accade anche in tutti gli altri romanzi che prenderò in considerazione (e a dimostrazione di un colonialismo che, come si è detto, è stato prevalentemente urbano), il protagonista si muove esclusivamente nel conteso della capitale mozambicana, l’allora Lourenço

12 Cfr. supra p. 75.

13 Infatti «la dedica d’opera [...] è l’esibizione (sincera o meno) di una relazione (di un tipo o di un altro) tra l’autore e

qualche persona, gruppo o entità», G. Genette, Soglie. I dintorni del testo, Torino, Einaudi, 1989, p. 133.

Marques, secondo la denominazione del tempo. Si sposta anche in altre città del Sudafrica, a Londra, a Lisbona, ma il suo ambiente resta comunque quello delle città, dove incontra altri giornalisti o personaggi politici. Non esce mai né dal suo ambiente, né dal suo contesto sociale di riferimento. Non ha relazioni con i nativi che non siano relazioni impari, con i “criados”, sempre descritti in un modo affettuoso, ma stilizzato, che non lascia loro alcuno spazio per qualificarsi diversamente. Anche Alberto, definito dal protagonista come la sua «única família nesta terra de Cristo» (153), resta pur sempre per lui un fedele sempliciotto anche quando giunge il momento di fare ipotesi sui possibili cambiamenti nel rapporto patrão-empregado dopo l’indipendenza:

«Os frelimos (assim os baptizaram) prometem-lhes liberdades, direitos cívicos que desconhecem, regalias que nunca imaginaram, desde a prerrogativa de ocupar as moradias dos “patrões colonialistas e exploradores do povo” ao acesso imediato no funcionalismo e gerência de firmas. Desconfio que o Alberto o inscreveram no lugar que sempre sonhou: polícia de trânsito, “mas com mota e capacete branco”. E o sacana do preto nem de ginga sabe andar...» (153).

Il razzismo è palese già dalle scelte lessicali, nonostante l’uso dell’africanismo “ginga” per “bicicleta” (prontamente tradotto in portoghese in nota), ma soprattutto nei contenuti espressi: è palese nella sua doppia vertente, esplicita, riservata al “sacana” nero, incapace di andare in bicicletta e di comprendere i suoi diritti, o paternalista, riservata al nero “fedele”, che sogna di fare il vigile urbano. Non a caso anche Alberto farà una brutta fine durante i disordini del 7 settembre, quando la casa di Sales verrà assaltata: lui e il cane verranno barbaramente uccisi, probabilmente a causa dell’implicazione di Sales nel tentativo di ribellione bianca. La fedeltà del domestico sarà la causa della sua morte.

Ma anche ad altri personaggi è riservato lo stesso trattamento: nelle ultime pagine del libro il narratore riporta un dialogo al quale ha assistito a casa di amici, in Sudafrica, durante il quale l’empregado (ed eccellente cuoco, che aveva imparato a cucinare i piatti tipici portoghesi) che li aveva raggiunti dal Mozambico, Gabriel, chiede: «Todo o gente no xilunguine fala do senhor Democracia. Quando vai chegar este patrão no Moçambique?» (418) «Tarde de mais», sarà la risposta, ma ovviamente l’aspetto che risalta maggiormente è il linguaggio di Gabriel, trattato come un bambino incapace di vedere nella democrazia qualcosa di diverso da un “padrone”. Oltretutto il narratore sente il bisogno di giustificare il fatto stesso che Gabriel possa intervenire introducendo la sua domanda con una descrizione del contesto ed ottenendo quindi l’effetto di separarla dal resto della conversazione:

«Nesta altura da conversa, Gabriel andava pela sala, a arrumar a louça ou a limpar cinzeiros, não lembro bem. Porque a discussão esfriara, voltou-se para Ricardo e perguntou, comprometido: [...]» (418).

Il narratore vuole, in questo modo, rendere plausibile, a se stesso e a un ipotetico lettore consapevole del contesto nel quale si svolgono le vicende, il fatto che il domestico possa anche solo intervenire nella conversazione. E questa indicazione ci dice molto sulle relazioni sociali esistenti anche nelle case che si considerano più “aperte”.

Un diverso trattamento è invece accordato ai nativi che si dimostrano più emancipati e attivi da un punto di vista politico. Quando Sales incontra un esponente della FRELIMO all’aeroporto di Luanda, durante il suo viaggio verso Londra, assume immediatamente una postura di superiorità e sicurezza, basandola ancora una volta su una tipizzazione di tipo razzista:

«Conheço este género de pretos. Entram de pantufas, a mostrarem-se comprometidos e ignorantes. Depois retiram cartas da manga, que jogam com rapidez incríviel, tipo facas de circo, no momento da verdade. Por isso tentei cortar-lhe as vasas» (243).

Il dialogo prenderà una piega che il narratore non avrebbe ipotizzato, infatti il suo interlocutore, Feliciano Lucas, gli propone per conto della Frelimo un incarico di governo, anche se, in un certo senso, per “incastrarlo”, per precludergli altre mosse e per controllarlo (questa per lo meno è l’interpretazione che viene proposta da Sales). Ed allora, il narratore sarà costretto ad ammettere: «Percebi que fora apanhado» (243), mostrando come tutta la sua sicurezza non l’abbia aiutato a gestire la situazione; timoroso, fa capire a Lucas che potrebbe accettare, per poi esprimere nel diario opinioni decisamente diverse, che rendono esplicite le ragioni di un conflitto che per lui non si è ancora risolto:

«sinto vergonha de mim mesmo e desta coragem de galinha. Devia ter-lhe dito que não excomungo a única força entre os pretos, com perfil de liderança. Mas não estudei pela mesma cartilha, andei de armas na mão a combatê-los. Nunca poderei ser funcionário decente e leal de um grupo que titulei de bandidos armados, terroristas, capangas de Moscovo e Pequim, sei lá. Respeito os combatentes, fizeram a sua guerra usando todos os truques. Eu pontuei do lado oposto, fui ferido em combate. É cedo de mais para a angústia cicatrizar» (244).

Come già accennato, Sales è un ex combattente e questo è uno dei rarissimi punti del diario nei quali questo vissuto viene a galla e, soprattutto, va a giustificare direttamente un suo comportamento, o meglio, in questo caso, un orientamento delle sue opinioni. Diremmo che questo è forse l’unico caso in cui il protagonista si trova a vivere un conflitto reale, verbale, ma reale, e comprendiamo come questo stesso conflitto potrebbe avere conseguenze politiche concrete nonostante le rappresentazioni di un governo «multirracial» proposte da coloro che tentano il colpo di mano del 7 settembre e che cercano di negare la rappresentatività della FRELIMO. Se continuiamo a tenere, come è nostro obiettivo, uno sguardo che vuole cogliere il punto di vista europeo sugli avvenimenti che segnano la fine dell’impero coloniale, quello che emerge più

chiaramente dalle parole del narratore è una contrapposizione noi-loro che va al di là di qualsiasi propaganda, la paura nei confronti di un avversario politico che sta man mano assumendo una posizione di parità a tutti gli effetti. E soprattutto emerge una visione ancora molto stereotipata dell’altro, nonostante gli anni vissuti nella colonia; come si intuisce, il tempo passato nella colonia non ha impedito al protagonista di vivere all’interno di una comunità sostanzialmente chiusa. La stessa visione stereotipata marca anche la caratterizzazione dei personaggi femminili, donne con le quali il protagonista vive relazioni disinvolte e che sono effettivamente tipizzate: Rita, portoghese, innamorata, devota; Clara, tedesco-brasiliana, emancipata e bellissima, ma politica e calcolatrice; Clara, mulatta bellissima e passionale che «dói de boa» (47) (Sales attribuisce il modo di dire abbastanza triviale ad un amico, ma tuttavia lo riporta e lo condivide); Maribela, anche lei portoghese, ma più giovane, appena arrivata in Mozambico, che sta iniziando a «descobrir as delícias da vida colonial» (321), operazione nella quale il protagonista si propone come guida. Queste “delizie” sono appunto, per la giovane, storie d’amore, pranzi e appuntamenti nei più lussuosi alberghi della città, partite a tennis nel Clube Militar, e, in generale, una sensazione di libertà dalle convenzioni della metropoli e dallo sguardo del padre, militare:

«Ela sente-se outra em LM, presa aos livros, alunos, colegas e à liberdade da cidade grande. Que mal conhece. Nunca frequentou hotéis, raro a convidaram para dançar, jamais entrou num cabaré ou viu strip- tease. Quando decido levá-la a um show, rejubila. [...] A pé levei-a então a desbravar o mundo nocturno e agitado da rua do pecado. Riscos de neon, gargalhadas tilintando a óbvio, gente que passarinha e saúda (sobretudo jornalistas), turistas, embaradiços, garotas voluptuosas, grupos de coca-colas que vão a todas e não perdem um espectáculo. Bela surpreende-se com a animação das pessoas (“nunca imaginara que fosse assim”) e, mão na mão, entra nos bares de portas duplas, [...]» (298-300).

Anche la visita alla Rua do pecado non assume in nessuna occasione uno sguardo più critico o, per lo meno, ironico da parte del protagonista, che anzi si fa beffa dello scandalizzarsi della ragazza, preoccupata del resto più del buon costume che di altro. È in questo aspetto, soprattutto, che i personaggi vantano la maggiore liberalità della colonia, rispetto al bigotto Portogallo degli anni Cinquanta e Sessanta. Ma liberalità nei costumi non è sinonimo di libertà, e certamente non lo è per tutti. Lo sguardo del narratore continua a vedere solo ciò che assimila al proprio mondo, escludendone dunque un altro dal racconto della sua vita o dedicandogli visioni stereotipate, come quando riassume sommariamente la descrizione del Mozambico insieme con un commensale sudafricano:

«Quanto a Moçambique, recordámos as praias de areia dourada, as galinhas à piripíri, a Rua do Pecado, em cujos dancings os sul-africanos rasgam despudoradamente as malhas do apartheid e da lei seca»15 (166).

15

In un’altra conversazione con un sudafricano, il già citato agente Viljoen, Sales assume lo stesso tono di superiorità, spavaldo e maschilista, rivendicando un certo savoir faire laurentino in relazione alle donne: «Os camarões à piripíri

Anche se non ci è nato, senza dubbio il Mozambico avrà avuto anche un’importanza più sentimentale per il protagonista, che afferma di fare molta fatica a pensare di dover tornare in Portogallo un giorno16, ma bisogna dire che nei racconti degli episodi della sua vita pubblica e privata non ci si allontana molto dalle immagini sommariamente citate qui sopra. Ed anche nelle riflessioni più analitiche si ritrovano spesso stereotipi comuni nelle narrative sull’Africa, ma che forse ci aspetteremmo di non trovare in un testo che si vuole così informato; il testo ripropone invece parte di una cultura profondamente europea e maschilista, che cita ad esempio (ancora) un paragone antico tra il continente africano e una donna bella e appassionata, da conquistare, come quando, riferendosi a Cláudia la qualifica come una «valquíria morena que dói de boa. Aliás, corre- lhe às golfadas nas veias o sangue quente de África, esta amante voluptuosa que todos os dias nos embriaga e nos entontece» (54).