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1. L’impero portatile o la concretezza del mito

1.4 Mozambico

1.4.1 Le ragioni di una scelta

Se fin qui si è parlato in modo tutto sommato generico dell’imperialismo portoghese nella sua ultima fase, con l’attenzione rivolta in particolar modo agli orientamenti politici della madrepatria e alle concezioni della nazione che li determinavano, è opportuno indirizzare ora uno sguardo più attento al contesto coloniale, per trovare un riscontro concreto di quelle direttive politiche. Non si tratta qui di fornire una ricostruzione storica dettagliata, quanto piuttosto di dare alcuni punti di riferimento storici alle considerazioni sulla rappresentazione dell’impero. L’obiettivo è quello di evitare, quanto è più possibile, un approccio astratto e approssimativo, che trascuri le differenze effettivamente esistenti tra una colonia e l’altra, cercando invece, come è necessario per vagliare la costruzione e la persistenza dei miti con una minima consapevolezza, di situare in un ambito ben preciso la descrizione del colonialismo, come quella del post-colonialismo. In un certo senso si può dire che, dopo aver mostrato l’indeterminatezza di talune leggi promulgate dal regime salazarista, il mio scopo è quello di non ricadere nel loro stesso errore metodologico e perciò di definire con esattezza a cosa mi riferisco quando parlo dell’impero portoghese dei secoli XIX e XX.

96 Id. p. 76.

97 E. Lourenço, “Da língua como pátria” in A nau de Ícaro seguido de Imagem e miragem da lusofonia, p. 128.

98 AA. VV. “Pour une littérature-monde en français”, Le Monde des livres, 15/03/2007, pubblicato nello stesso anno da

Gallimard.

Senza dimenticare che la situazione politica e sociale presentava differenze da colonia a colonia e ritenendo che l’analisi di un caso concreto possa giovare – citando Margarida Ribeiro e Ana Paula Ferreira100 – sia all’identificazione dei fantasmi e delle fantasie imperiali (e ad una loro confutazione) sia ad una migliore comprensione delle opere letterarie che andrò ad analizzare, opterò quindi per lo studio un contesto coloniale ben preciso, cioè quello mozambicano.

Le ragioni per soffermarsi sul Mozambico assumono un rilievo particolare se confrontate con il periodo storico che si sta considerando (e cioè quello che va dalla fine del XIX secolo alla caduta dell’Estado Novo) e con i dibattiti che lo attraversano poiché tutte le difficoltà e le ambiguità del progetto coloniale portoghese trovano un riflesso particolarmente intenso e probabilmente potenziato dalla distanza con la madrepatria, nella storia di questa che era la colonia africana più lontana – e più trascurata, fino alla metà dell’Ottocento. Non a caso, ancora dopo l’Ultimatum, voci importanti in Portogallo, come quella di Oliveira Martins, suggerivano di vendere proprio la colonia mozambicana, per ripianare la difficile condizione economica della madrepatria e per concentrare gli sforzi della colonizzazione unicamente su un territorio, quello angolano, più frequentato dai coloni e più facile da raggiungere. Eppure, proprio la tenacia nel conservare la colonia dell’Africa orientale può essere letta come il simbolo di una scelta definitiva e cioè quella di non ripiegarsi entro i confini nazionali per mantenere invece la vocazione imperiale portoghese che, pur valendosi di risorse economiche e strategiche molto inferiori rispetto a quelle inglesi o francesi, non può essere considerata unicamente ispirazione di un imperialismo di prestigio: anche se questa componente resta presente (come del resto avviene per le altre potenze europee), ciò che è necessario considerare, in proporzione, sono gli sforzi enormi messi in campo da un paese periferico e privo di un’economia dinamica al fine di mantenere un impero tanto esteso in un periodo, come quello che segue il congresso di Berlino, durante il quale Inghilterra e Germania stipulavano accordi segreti (come il Trattato di Westminster) per spartirsi il continente africano in generale e i territori sotto il controllo portoghese in particolare101. Eppure, come Malyn Newitt mette in luce (e come avviene anche in seguito all’ultimatum inglese), «although the treaty, the terms of which soon became known, was greatly resented in Portugal, its effect was not to weaken,

100

Ferreira, Ana Paula, Ribeiro, Margarida Calafate (orgs.), Fantasmas e Fantasias Imperiais no Imaginário Português Contemporâneo, Porto, Campo das Letras, 2003.

101 Si tratta di un accordo segreto stipulato nel 1898, noto appunto come il Trattato di Westminster, nel quale Inghilterra

e Germania si promettevano reciprocamente la spartizione dell’impero coloniale portoghese, nel caso in cui il Portogallo fosse stato messo nelle condizioni di rinunciare alle sue colonie. In particolare il trattato sanciva anche la divisione dell’Angola e, cosa che qui ci interessa maggiormente, del Mozambico: alla Germania sarebbe andata la parte settentrionale, mentre all’Inghilterra quella meridionale. Come nota Malyn Newitt, oltre a sancire l’esclusione della Germania dai territori dell’Africa meridionale, il trattato ebbe l’effetto di dividere le colonie portoghesi in sfere di influenza per attività commerciali, investimenti e persino campagne missionarie. M. Newitt, A History of Mozambique, London, Hurst, 1995, p. 359.

but to strengthen Portugal’s hold on its empire»102; ed è in questo senso che gli sforzi per difendere, mantenere ed organizzare in particolar modo il Mozambico, dove maggiormente si facevano sentire le pressioni inglesi, possono essere visti come un simbolo del “desiderio imperiale” portoghese e del suo confronto-scontro con gli imperialismi legati ad altre potenze europee (con la loro forza e con i loro metodi di gestione del territorio). È per questo, del resto, che personaggi come Mouzinho de Albuquerque e António Ennes, sono diventati simboli per l’intero impero e non solo per quanto riguarda la storia del Mozambico. Inoltre è interessante notare come la fissazione improvvisa delle frontiere mozambicane a seguito dell’ultimatum dell’11 gennaio 1890, segni nella storia dello spazio di quella regione, e fino ai nostri giorni, i confini dettati da un evento che fu senza dubbio più traumatico in Portogallo103 che in quelle stesse colonie che pure ne erano il pretesto: «although two years of diplomacy were to follow, the Mozambique that emerged was very much Mozambique as it existed on that fateful January day»104.

Infine, un altro motivo di interesse (facile da ritrovare anche nelle opere letterarie), prendendo come riferimento specialmente la riorganizzazione che si è avuta sotto il regime salazarista, sta nel fatto che il Mozambico, specialmente, può essere preso come modello di un colonialismo che non rispecchia gli auspici e le direttive del regime, né dal punto di vista del modello ideale di popolamento pensato dai dirigenti dell’Estado Novo, né da quello dei rapporti tra gruppi sociali e razziali sbandierato dalla propaganda ufficiale.