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Densità scrittiva del pertesto

Nel documento CLUB Working Papers in Linguistics Volume 2 (pagine 133-137)

individuazione e metalinguaggio di tipi testuali nella letteratura scritto-disegnata

1. Densità scrittiva del pertesto

“Pertesto” è un termine di recente introduzione in letteratura che si riferisce a una occorrenza testuale con caratteristiche sue proprie. Del pertesto, fino a che non ne è stato isolato il tipo, è mancata dunque anche una specifica e univoca designazione. Per la descrizione di alcune sue caratteristiche e di un’ulteriore collocazione nel quadro della teoria del testo e delle sue applicazioni, può essere utile ricordare che esso si descrive come un testo prodotto su supporto specifico perspicuamente rappresentato in un testo figurativo, ad esempio una pubblicità, un fotoromanzo, un fumetto (si vedano le Figure 1 e 2 a pagina seguente).

Pertanto, alla definizione della pertestualità è inerente la rappresentazione del supporto e le esigenze dell’analisi testuale suggeriscono senz’altro di tenerlo distinto da altri tipi quali il testo nel balloon, quello in didascalia e altre specifiche occorrenze.

Figura 1. Pertesto in un numero del Corriere dei Piccoli del 1929

Figura 2. Pertesti in Max Fridman di Vittorio Giardino

Come si è provato a riassumere altrove (Manco 2015), la distinzione tra rappresentazione scritta di una narrazione non orale e una orale si riduce in linea di massima a una sequenza (che qui si propone in versione più sintetica rispetto ad altre occasioni in cui se ne è discusso) nella quale si definisce la fortissima vocazione scrittiva1 del pertesto, occorrenza che più di ogni altra mostra presa di distanza dai testi

che imitano il piano sonico,2 i quali tendono appunto a una più o meno accentuata

prossimità ad esso.3 È sulla base della densità scrittiva, a nostro avviso, che i tipi testuali

1 Il termine “scrittivo” viene proposto allo scopo di riferirsi in maniera specifica a testi caratterizzati da

fenomeni di scrittura compresi tra una gradazione minima (parlato-scritti) e una massima (pertesti). Una soluzione come “scrittivo” consente inoltre un migliore riordinamento paradigmatico con “visivo”.

2 L’impossibilità di utilizzare “sonoro” nel caso del fumetto induce in questa occasione a proporre

“sonico”; non si tratta di un neologismo ma la suffissazione in -ico, oltre ad essere più adatta a un contesto tecnico, potrebbe prestarsi anche a un’estensione come “sonicità” con specifico riferimento al suono rappresentato attraverso la scrittura, laddove “sonorità” sarebbe di difficile utilizzo.

3 La realtà mimetica all’interno della quale si muove la riproduzione di voci e suoni che si manifestano

nel mondo extra-testuale rende necessario che si distingua fra un piano di rappresentazione scritta degli stessi che tenga conto del loro sviluppo sul piano filogenetico e su quello ontogenetico. Per questo, la collocazione di questa o quella rappresentazione di voce o suono in uno schema che voglia stabilirne una

del fumetto vanno considerati ai fini della analisi che li concerne. Qui di seguito si riporta la sequenza a cui si è fatto cenno, che comprende tipi testuali caratterizzati da diversa gradazione scrittiva e sonica:

[riproduzione di suoni/voci] fonosegno, ideosegno

testo nella nuvoletta testo in didascalia

pertesto

Tra altri possibili testi nei quali il pertesto può comparire, la sequenza appena vista contiene, in particolare, i tipi testuali ricompresi nella letteratura scritto-disegnata che si esprime in varie forme: dalla vignetta alla striscia occasionale, dal fumetto alla graphic novel. Tali testi condividono la caratteristica di descrivere ciò che accade nella forma di sequenza di eventi visivi, ossia destinati a esser fruiti per il tramite della vista, e eventi sonici, ovvero che fanno riferimento alla dimensione della sonorità.4 La rappresentazione

degli eventi pertanto deve riprodurre il visivo mediante il disegno e il sonico mediante il disegno dei suoni; questi ultimi, che a quanto pare si pongono su un livello semiotico ulteriore rispetto al visivo, a loro volta sono da distinguere in suoni del mondo (non umani) e suoni linguistici (umani). Già nelle opere scritto-disegnate degli anni Trenta del secolo scorso la questione è ormai ben definita, con delimitazione di spazi propri per ciascuna macro-tipologia di suono o voce: nella nuvoletta, in didascalia, nel corpo stesso del disegno.

Allo scopo di chiarire meglio la suddetta sequenza, qui di seguito si propone qualche considerazione su ognuno degli elementi che la formano.

1. [riproduzione di suoni/voci]. Si tratta di una occorrenza che non può essere contemplata fra quelle di tipo scrittivo. Infatti, al di sotto del piano del fonosegno (per i relativi dettagli si veda, qui di seguito, il paragrafo 2. dedicato a questa voce) riesce a dir poco difficile immaginare una ulteriore rappresentazione di testo che alluda alla dimensione sonica o verbale. Ne sono prova quei libri per bambini che, con riferimento ad alcune loro parti, contengono un meccanismo atto a riprodurre acusticamente suoni e voci, distaccandosi in tal modo dalla dimensione della scrittura. In questi casi il livello scrittivo, tendente ad una ideale attenuazione progressiva a mano a mano che si procede dal livello del fonosegno a quello del parlato-scritto, si azzera del tutto, mentre quello sonico esce dalla dimensione ideale del testo per diventare reale ovvero extra-testuale.

2. fonosegno e ideosegno. Fonosegni e ideosegni costituiscono occorrenze che stanno al limite della rappresentabilità del sonico da una parte e dello scrittivo dall’altra, ossia che non rientrano nella scrittura codificata del discorso umano. Pertanto, al livello testuale tipicamente -scrittivo e +sonico del fonosegno vanno riferite le rappresentazioni di suoni eseguite mediante soluzione convenzionale ideale sequenza cronologica deve essere concepita tenendo conto o dell’uno o dell’altro piano. Pur non essendo questa la sede per trattare di una simile questione, la cui specifica discussione si rimanda ad altra occasione, sembra opportuno precisare la profonda distinzione fra i due distinti piani di realizzazione del fenomeno. In particolare, si coglie l’occasione offerta dal presente lavoro per approfondire le riflessioni già a suo tempo avviate sulla pertestualità (cfr. Manco 2015, 2016, 2016b).

4 La rappresentazione di altre sensorialità, come odori, sensazioni tattili e sapori possono essere sussunte

come, tipicamente, il tentativo di riprodurre per iscritto l’onomatopea (ad esempio din don; drin!; bang). Esso è dunque un segno decisamente -scrittivo. Rientrano invece tra gli ideosegni gli espedienti che suggeriscono un movimento tendenziale, più o meno accentuato, dalla dimensione propria del disegno a quella della scrittura del discorso umano, mantenendo tuttavia il contatto con l’imitazione del parlato o, più generalmente, della sua componente acustica. Ne sono un caso esemplare le grawlixes (Walker 1980), ossia segni come % @ & # $ ! disposti in sequenza morfotattica non necessariamente predeterminata, che servono per lo più a censurare determinate parole e che cionondimeno impegnano il lettore in uno sforzo di collaborazione per immaginarle nella loro dimensione sonora (Figura 3).

3. Testo nella nuvoletta. Subito dopo il piano del fonosegno e dell’ideosegno si colloca, nella succitata sequenza, il testo nella nuvoletta, che tipicamente imita il parlato. Esso è dunque -scrittivo e +sonico di altre occorrenze che richiedono decisamente meno il riferimento alle regole che soggiacciono al parlato.

4. Testo in didascalia. Il testo nella didascalia è certamente più scrittivo di quello nella nuvoletta e del fonosegno. Questo dipende anche dal fatto che difficilmente lo si può staccare dalla storia della scrittura come tale, o meglio delle indicazioni di lettura che quindi lo collocano più stabilmente nello spazio della meta-scrittura. Non a caso, esso storicamente costituisce un’indicazione di lettura o comunque una segnalazione, come può essere anche stata – ad esempio – l’annotazione a margine: tutti espedienti che si distanziano decisamente dall’imitazione del parlato o del sonico e che implicano decisamente, semmai, che si disponga di una adeguata competenza letto-scrittiva. Nel fumetto, in particolare, tale indicazione tende fortemente a cristallizzarsi e convenzionalizzarsi, consistendo in indicazioni di tipo spaziale o temporale. La sua componente sonica, che nel caso specifico sarebbe per lo più vocale, è pertanto residuale.

5. Pertesto. Come già accennato, nella sequenza di tipi testuali che vanno da una più marcata imitazione del sonico a una più marcata imitazione dello scrittivo, il pertesto costituisce il tipo che più di qualunque altro si sposta verso quest’ultima direzione. Mentre è raro, infatti, trovare un pertesto che imiti il parlato, lo è decisamente meno individuare quelli che evocano la scrittura in quanto tale.

Figura 3. Mort Walker, Beetle Bailey

In sintesi, dunque, ciascuna delle due polarità scrittivo e sonico deve essere intesa come potenzialmente suscettibile di accogliere testi che imitano un grado di scrittività oscillante tra il massimo e il minimo e uno di sonicità oscillante tra il minimo e il massimo. Pertanto, una volta che si voglia tener conto della scrittura come spazio dove

si rappresentano innanzitutto le parole di un discorso antropico al di là di quello concesso alla rappresentazione dei suoni del mondo (fondamentalmente onomatopee), si deve ammettere che al punto più proprio della polarità -scrittivo e +sonico si colloca il parlato-scritto, mentre al punto più alto della polarità +scrittivo e -sonico si colloca il pertesto.

Nel documento CLUB Working Papers in Linguistics Volume 2 (pagine 133-137)