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Il tipo testuale didascalia

Nel documento CLUB Working Papers in Linguistics Volume 2 (pagine 141-143)

individuazione e metalinguaggio di tipi testuali nella letteratura scritto-disegnata

3. Il tipo testuale didascalia

Al pari di ogni altro elemento meta-testuale, anche la didascalia, che in senso etimologico costituisce grossomodo una “istruzione” di lettura, ha una storia che può aiutare a comprendere se è corretto o meno definirla sempre e comunque come tale in un fumetto.

Nella storia della letteratura disegnata, l’evoluzione della didascalia mostra una tendenza verso il narrativo che ha sempre più tradito la vocazione istruttiva che essa garantiva soprattutto al genere “fumetto” nelle fasi iniziali della sua diffusione. Così, da che era una “frase scritta accanto a un’illustrazione (generalmente in basso) per spiegarne il contenuto o commentarlo” (GDLI 1961-20012: s.v.), la didascalia spesso sparisce a favore di pseudo-didascalie, ovvero testi che racchiudono una voce fuori campo che non è quella – per così dire – dello sceneggiatore (tipica della didascalia tradizionale) bensì quella di qualcuno che, pur non comparendo magari mai nel disegno, è cionondimeno nella storia. In tal modo, il “contenitore” non contiene più un testo atto a spiegare il contenuto di un’illustrazione e commentarlo, ma contiene un testo che spiega una situazione più complessa ed esterna alla vignetta.

Il Lessico Universale della Lingua Italiana permette di riferirla indirettamente al fumetto:

In libri, giornali, riviste e sim., scritta esplicativa di un’illustrazione, situata di norma al disotto della figura. […]. Nell’impaginazione moderna talvolta la d. è stampata nell’interno della figura” (288–289).

La definizione del Lessico Universale non viene aggiornata nel Vocabolario Treccani on-line, che sotto il lemma “didascalia” non fa riferimento al fumetto, pertanto si può dedurre solo per approssimazione che, fra le varie definizioni, la più conforme ad esso sia quella riferita a “libri, giornali, riviste e sim.”:

In libri, giornali, riviste e sim., scritta esplicativa di un’illustrazione, situata di solito al disotto della figura. d. Per estens., scritta esplicativa, generalm. iscritta su cartiglio, usata in miniature e in dipinti o rilievi di grandi dimensioni. Con questo termine si intende definire il testo racchiuso in un riquadro e che fornisce informazioni basate sul criterio della “voce fuori campo” che descrive i fatti.7

Similmente, la Encyclopaedia of Language and Linguistics così definisce la didascalia:

Caption texts are explanatory texts located at the edge of the panel (or between panels), often in a small, square frame of their own. They comment on the progress of the story in the panel and give information that has not been conveyed by the panels. The function of the caption text is to link the panels, sum up or comment on the action, or provide any information the author wants to communicate to the reader. They frequently deal with time factors, e.g. they could read ‘later,’ ‘meanwhile,’ or ‘ten years ago.’ (Brown et al. 2005: 626).

Ciò che salta agli occhi e che vale la pena sottolineare, è che né il Grande Dizionario della Lingua Italiana (GDLI) né il Lessico Universale né il Grande Dizionario Italiano dell’Uso (GRADIT) riferiscono la didascalia al fumetto.

In ogni caso la didascalia è particolarmente diffusa in Watchmen, e, quel che qui interessa sottolineare, lo è in varie declinazioni d’uso che creano qualche difficoltà in sede d’analisi testuale. Infatti, nell’opera compaiono testi che recuperano la funzione originaria del cartiglio in funzione di contenitore di voce fuori campo, con la caratteristica, nel caso specifico, di riferirsi a fatti a loro volta “fuori campo”, ossia avvenuti in uno spazio e in un tempo esterno alla vignetta, e quindi a quanto in essa accade. Una simile occorrenza crea pertanto la necessità di una sorta di doppia attenzione al testo nella sua complessità e in qualche misura induce a rivedere lo statuto della didascalia come testo atto a “[to] comment on the progress of the story in the panel”, poiché sembrerebbe prevalere, nel caso in questione, la sua vocazione a “[to] give information that has not been conveyed by the panels” (Mey 2009: 84).

In una vignetta di Watchmen, ad esempio, ci sono due personaggi che parlano di un uomo che ha perso la vita precipitando dalla finestra del suo appartamento. Nelle due nuvolette compare il seguente testo:

[Personaggio 1]: Non hai ancora risposto alla mia domanda. Secondo te è un furto o dobbiamo cercare un altro movente?

[Personaggio 2]: Senti, potrebbe trattarsi di una rapina… Una banda di teppistelli fatti di KT-28 o Qualuude… (Moore & Gibbson 2005: 16).

Nella vignetta che segue, i due personaggi non compaiono più e si vede il personaggio di cui stanno parlando mentre precipita nel vuoto; pertanto, si tratta di una descrizione del fatto di cui essi stanno parlando e il lettore inferisce che essi stiano immaginando l’evento di cui parlano; la loro “voce” pertanto va a finire fuori campo ovvero proviene da una zona esterna alla vignetta; tale valore esoforico viene risolto, talvolta, orientando le pipette verso il bordo della vignetta. Nel caso specifico, tuttavia, non si è fatto ricorso a questo espediente anche perché l’evento descritto (ossia l’uomo che precipita) fa parte di un tempo diverso. Così, nella vignetta compaiono quelle che si definirebbero a prima vista delle didascalie: due spazi rettangolari contenenti testo. Nondimeno, il testo è virgolettato, pertanto è con ogni chiarezza un parlato-scritto, qualcosa che qualcuno sta dicendo pur non comparendo:

Didascalia 1: “Sai com’è… In una città così grande succedono cose folli” Didascalia 2: “Non tutte hanno un movente”

In questo modo, il testo delle due didascalie è, a prima vista, il parlato dei due personaggi appena visti, ma esso potrebbe rappresentare anche, contro-intuitivamente, voci riportate da un narratore terzo di cui, al momento della lettura, non è chiara l’identità; a questa ipotesi se ne potrebbero aggiungere altre ma un approfondimento di un simile aspetto dell’opera comporterebbe l’allontanamento dall’oggetto del presente lavoro. Vale comunque la pena notare che in un testo come Watchmen la ricchezza dei tipi testuali è tale da richiamare quella che in altra letteratura (peculiarmente quella che si occupa di linguaggio cinematografico) è la complessa e già richiamata dimensione diegetica, con le sue articolazioni di livello intra- ed extradiegetico: cosa che può far riflettere sulla ricchezza delle riflessioni testuali che si possono trarre da un lavoro siffatto. Vero è che si tratta di un espediente da tempo diffuso, tuttavia è innegabile che nel volume in questione il suo utilizzo raggiunge punte espressive e funzionali difficilmente eguagliabili, che costituiscono un patrimonio oggettivo ai fini dell’analisi del testo in sé.

Ci si potrebbe dunque limitare, per la presente occasione, a isolare tali didascalie con funzione testuale specifica, designandole appunto come sottogruppo “3b. pseudo- didascalie”. Anche tale ridefinizione, come si diceva per altri aspetti della questione, potrà essere ripresa e adeguatamente approfondita in altra sede. Per ora, basti far notare che la tradizionale elencazione di tipi testuali che caratterizzano il fumetto non prevede tale occorrenza, che pare pertanto opportuno isolare e alla quale pare altrettanto opportuno assegnare una designazione univoca. In mancanza di questi due passaggi (individuazione e etichettamento), infatti, ne sarebbe impossibile la specifica analisi linguistico-testuale.

Nel documento CLUB Working Papers in Linguistics Volume 2 (pagine 141-143)