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Il pertesto riferito

Nel documento CLUB Working Papers in Linguistics Volume 2 (pagine 143-148)

individuazione e metalinguaggio di tipi testuali nella letteratura scritto-disegnata

4. Il pertesto riferito

La definizione del pertesto nasce dall’esigenza di indicare specifici fenomeni i quali sono a loro volta ulteriormente distinguibili in sotto-classificazioni (Manco 2015: 134). Tuttavia, se il discorso sul pertesto in generale è stato ormai avviato, quello sulle sue sotto-classificazioni dev’essere ancora adeguatamente affrontato.

La quantificazione dei pertesti in un’opera articolata come Watchmen ha consentito di contarne circa 346 limitatamente agli elementi con testo leggibile. Si tratta in gran parte di pertesti tradizionali ma non mancano casi di elementi a carattere fortemente iconico o ripetizioni altamente informative come la “N” che compare su un flacone (Figura 8). Né mancano pertesti caratterizzati da cura estrema, come ad esempio uno che compare a p. 200, dove si riesce a leggere il testo scritto in dettaglio e si rileva che il traduttore ha ritenuto di non intervenire (Figura 9).

Figura 8. Watchmen, p.237 Figura 9. Watchmen, p.200

Dall’analisi dei pertesti rilevati in Watchmen si ricavano osservazioni senz’altro utili ai fini di una loro più accurata classificazione. Innanzitutto, si conferma il dato intuitivo secondo cui essi costituiscono un tipo testuale che compare poco in contesti naturali, ma sono altri i motivi di interesse che l’analisi dell’opera di Moore e Gibbson permette di rilevare. Infatti, una delle considerazioni da fare ai fini delle potenziali analisi di cui il pertesto in generale è destinatario è che esso può comparire in modo parziale, laddove per altre forme testuali si fa ricorso a un’indicazione di continuità, tipicamente i puntini di sospensione. Inoltre, si deve constatare che esso è l'unico testo che può trovarsi non tradotto: cosa sulla quale si deve riflettere, tentando di trovare una convergenza

metodologica che attualmente manca del tutto. Altra cosa da rilevare è che il pertesto è l'unico testo scrittivo che può ripresentarsi più volte come se fosse lo stesso, in forza della riproducibilità del supporto; a quest’ultima osservazione si aggiunga che le ripresentazioni possono essere realizzate mediante valorizzazione di dettagli e altri espedienti che si riflettono sulla relativa analisi intertestuale, oltre a costituire una particolarissima occorrenza metonimica (e non solo) di cui ad oggi, nella riflessione sul testo e relativa analisi, non si è tenuto conto (cfr. Figure 10, 11, 12).

Figura 10. Watchmen, p. 56

Da quanto sinora visto consegue anche che il pertesto è un elemento oscillante dal punto di vista della perspicuità e della singolarità: infatti, esso a volte è estremamente facile da individuare poiché lo si rappresenta in modo isolato (Figura 10), mentre altre volte non lo si può isolare con la stessa precisione con cui si isolano elementi come nuvolette, didascalie, eccetera, poiché in una vignetta possono presentarsene di diversi e difficilmente separabili tra loro (Figura 13); di contro, il parlato-scritto e altre testualità risultano di norma create per una lettura univoca, norma che davvero difficilmente viene infranta.

Figura 13. Watchmen, p. 101

Infine, valga la pena isolare un sotto-tipo che in Watchmen ricorre più di una volta, e di cui non si deve dare per scontato il rilevamento in opere meno elaborate sul piano testuale complessivo. Si tratta di un pertesto non inusuale ma che può presentarsi in modi differenti, che si potrebbe definire “pertesto riferito”, e consistente nella trasposizione in una nuvoletta o altro contenitore meta-testuale del contenuto di un pertesto. Tipicamente, esso si presenta quando un personaggio legge il contenuto di una lettera o altro testo (Figura 14 pagina seguente).

Insomma, nel caso specifico dell’opera presa in esame la classificazione dei pertesti è messa alla prova e al tempo stesso sostenuta dall’articolazione d’uso che ne viene fatta. Valga come esempio proprio il pertesto riferito: al di là dell’uso sistematico che se ne rileva, esso dà modo anche di fare qualche considerazione sull’uso, che viene anticipato in modo poco perspicuo in un cartiglio all’inizio di un Capitolo, disorientando il lettore sulle meta-informazioni di fronte alle quali si trova, cosa, quest’ultima, che lo distanzia nettamente dalla didascalia e dalle sue finalità. Salvo poi scoprire, di lì a poco, che si tratta del riferimento a ciò che è scritto su un pertesto non direttamente leggibile. Si capirà dunque che un simile testo, non potendo essere inquadrato nel consueto parlato-scritto o pensato-scritto, richiede una specifica analisi che tenga oltremodo conto del più o meno intenso valore cataforico che esso esprime.

Figura 14. Watchmen, p. 77

5. Conclusione

Nel campo della letteratura scritto-disegnata ci sono casi dove il parlato-scritto è davvero esiguo e il disegno domina oltre ogni misura, pur essendo esso per principio l’elemento che non può mai mancare in un fumetto: sarebbe pertanto parecchio informativo, in termini linguistico-testuali, un fumetto dove la dimensione scrittiva minasse quella grafica. Questo accade, per esempio, in taluni lavori della fumettista Lynda Barry, dove spesso il testo è talmente abbondante da sospingere nell’angolo il disegno; al contrario, ci sono opere dove i suoni nel corpo della vignetta sono rari se non addirittura assenti, cosa di cui è esempio Dago, il fumetto creato da Robin Wood e Alberto Salinas che si caratterizza per intere tavole dettagliatissime quanto a disegno e del tutto prive di testo; ma ci sono anche opere in cui le classiche didascalie, vettori testuali di informazioni principalmente spazio-temporali (“in quel mentre…”, “di lì a poco…”, “il giorno dopo…”, “nell’altra stanza…”, “poco lontano…”, “in un tempo imprecisato…”, “New York, 11 luglio 1979”) sono in sostanza assenti. Infine, ci sono opere in cui il pertesto assume un’importanza centrale per la ricostruzione filologica della narrazione: ne sia esempio Max Fridman, di Vittorio Giardino, opera in cui l’attenzione riservata al pertesto raggiunge livelli di accuratezza esemplari.

Come si è provato a mostrare, uno degli obiettivi del lavoro è stato quello di individuare qualche sotto-tipo testuale non ancora isolato e in effetti, nel testo preso in esame, una volta quantificate le vignette, sono stati individuati e quantificati i seguenti elementi:

1. rappresentazione di parlato; 2. rappresentazione di pensato;

3a. pseudo-didascalia; 3b. didascalia;

4a. pertesto riferito; 4b. pertesto.

Come già accennato, l’individuazione di detti tipi testuali ha messo di fronte all’evidenza che ve ne fossero alcuni – non pochi per la verità – per i quali le definizioni classiche non sono apparse pienamente adeguate. In particolare, si è notato che un testo che non verrebbe fatto di riferire al parlato-scritto e che normalmente sarebbe rubricato tra le didascalie per il fatto di trovarsi in un riquadro senza pipetta, non può essere propriamente definito “didascalia” se non dopo averlo esaminato attentamente allo scopo di stabilirne la compatibilità con il testo didascalico. Questo, come si capisce bene, rende opportuna la più attenta considerazione di tali tipi testuali in quanto discreti quando si proceda a un’analisi basata su criteri metodologicamente fondati, poiché essi, a differenza di quanto si tende a ritenere, hanno caratteristiche proprie. Al tempo stesso, i nuovi tipi testuali individuati arricchiscono la sequenza proposta, suggerendo di collocare le occorrenze 3a. e 4a. rispettivamente prima della didascalia e prima del pertesto in quanto essi sono tendenzialmente orientati verso la dimensione -scrittiva.

Bibliografia

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