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Il tema della densità, a livello urbano, ha da sempre rap- presentato un terreno di incontro/scontro fra istanze economiche e funzionali e fra quelle sociali ed ambientali. Oggi diverse considerazioni, che intrecciano stretta- mente circostanze di mercato, principi di salvaguardia ambientale e dinamiche sociali, concorrono a sostenere un’ipotesi di densificazione delle nostre città, a discapi- to di un modello di sviluppo fondato sullo sprawl urba- no. Innanzitutto, si ricorda il consumo di suolo indiscri- minato che tra il 2009 e il 2012, solo in Italia, ha visto un incremento percentuale dello 0,3% rispetto alla super- ficie nazionale, paragonabile alla somma delle aree dei comuni di Milano, Firenze, Bologna, Napoli e Palermo (fonte ISPRA, 2014), fenomeno che non accenna a di- minuire, nonostante l’attuale congiuntura economica. Una seconda considerazione – solo in apparente con- traddizione con la prima – è rappresentata dai processi di contrazione delle città in tempo di crisi e, in parti- colare, dal fenomeno delle shrinking cities, più che mai attuale in alcuni vecchi paesi industrializzati (America, Giappone e Germania). Allo stesso modo, i segnali lan- ciati dall’Italia sembrano prefigurare la possibilità di un fenomeno analogo per molte sue città: invecchiamento della popolazione, crisi economica e dismissione dei siti industriali.

Ciò induce a riflettere sul rapporto esistente fra spazio e utilizzazione, oltre che sui concetti stessi di spazio e di utilizzazione, ripensando a nuovi modelli di “sviluppo” delle città, quando non addirittura di “riconversione” urbana. Da un lato, per il tessuto urbano in contrazio- ne, si pone il problema di come ridare significato ad uno spazio costruito che ha perso la sua utilità, dove spesso la soluzione viene ricercata nell’uso di soft tools, che la- vorano sulla funzionalità più che sul potenziamento del- la costruzione (rivitalizzazione culturale, infrastrutture verdi, ecc.). Dall’altro lato, per il tessuto urbano che conserva il suo significato, si pone il problema di come ottimizzare lo spazio costruito e non, oltre a come mi- gliorarlo in termini di funzionalità ed efficienza. Al tema della nuova costruzione, si affianca naturalmente anche quello della riqualificazione del patrimonio edilizio esi- stente, con particolare riferimento ai grandi quartieri residenziali delle periferie urbane del secondo dopo- guerra.

Pensare in termini di densità urbana non significa sol- tanto ragionare in termini di spazio, ma è necessario approcciare al problema in maniera sistemica, tenendo in considerazione tutte le possibili dinamiche che inte- ressano i flussi cittadini e il loro eventuale incremento (o decentramento): persone, capitali, energia, ecc. Appare indispensabile porre attenzione all’equilibrio della città come ecosistema, mettendo in atto strategie di sviluppo sostenibile, sia alla scala urbana (e oltre) sia alla scala del costruito e anche del singolo edificio, sen- za dimenticare che le due debbono necessariamente “parlarsi”.

Density has become a key concept in modern urban de- velopment because of several reasons, regarding eco- nomy, environment and society. Two main concerns: first, the growing land consumption, despite the econo- mic trends; second, the phenomenon of “shrinking ci- ties” characterized by decreasing population and dein- dustrialization. Italy is affected by both of these issues. So it is necessary to reflect on the relationship between space and utilization and on the ideas of space and uti- lization themselves, in order to rethink new sustainable models of urban development or “urban conversion”. Construction technology plays an important role in order to improve urban quality. This short text focuses on the spread of timber constructions in the cities (mul- ti-storey buildings and rooftop extensions).

testi di riferimento

Ceccotti, A., Follesa, M., Lauriola, M. P., (2005), Le strut-

ture di legno in zona sismica. Criteri e regole per la proget- tazione ed il restauro, Edizioni CLUT, Torino.

Ferrante, T., (Ed.), (2008), Legno e Innovazione, Alinea Editrice, Firenze.

Jacobs, J., (1971), L’economia delle città, Garzanti, Mila- no.

Oswalt, P., (Ed.), (2005), Shrinking Cities, Ostfildern-Ru- it.

Piccardo, C., (2013), uso del legno nel settore edilizio ita-

liano. Criticità potenzialità e linee di ricerca per uno svilup- po sostenibile, Tesi di Dottorato, 8 Aprile 2013.

link a ricerche

Tesi di Dottorato (2010-2012): uso del legno nel settore

edilizio italiano. Criticità potenzialità e linee di ricerca per uno sviluppo sostenibile, Piccardo Chiara.

All’interno del contesto appena descritto, la tecnolo- gia applicata al costruire gioca un ruolo importante nel soddisfare le nuove istanze di sviluppo della città e di qualità degli spazi di vita.

A tal proposito, il panorama urbano europeo ha re- centemente visto la diffusione – prima inconsueta – di sistemi costruttivi in legno, con applicazioni del tutto originali e innovative: da un lato, le realizzazioni multi- piano, indirizzate in buona parte ad interventi di edilizia sociale (in ultimo, il complesso di via Cenni a Milano); dall’altro, le superfetazioni edilizie su edifici esistenti, sia nella forma di sopraelevazioni sia in quella di amplia- menti altri.

Tra le potenzialità offerte dai sistemi costruttivi in le- gno, ve ne sono alcune in grado di renderli concorren- ziali rispetto ai sistemi convenzionali e, in particolare, alle tecnologie ad umido: in primo luogo, la loro intrin- seca leggerezza, che li rende particolarmente interes- santi sotto il profilo delle prestazioni antisismiche; in secondo luogo, la loro rapidità di messa in opera, grazie alla possibilità di prefabbricare elementi off-site, con conseguente sgravio economico e di tempo durante la fase di cantiere; in terzo luogo, un maggiore controllo della qualità degli elementi edilizi, derivante appunto dalla razionalizzazione delle operazioni tecniche per la fase di prefabbricazione, svolta in un ambiente protet- to. Non meno importante risulta l’aspetto della soste- nibilità ambientale, dove la rinnovabilità della risorsa legnosa, la sua capacità di stoccare anidride carbonica nella biomassa, nonché il risparmio d’acqua derivante dal processo costruttivo a secco, possono, ad esempio, favorire la scelta del legno rispetto ad altri materiali da costruzione.

Tuttavia, nello specifico contesto italiano, è necessario risolvere ancora alcune criticità, affinché si possa ga- rantire un pieno sviluppo delle tecnologie del legno, an- che in una prospettiva più ampia di filiera nazionale. A tal proposito, si deve ricordare che l’Italia rappresenta uno dei paesi europei con il più basso grado di autosuf- ficienza nell’approvvigionamento di tale materia prima, malgrado la buona disponibilità di superficie forestale per usi produttivi, importando in maniera crescente nel tempo legno sia allo stato grezzo che semilavorato (circa il 70% del fabbisogno nazionale). Ciò ovviamente rappresenta una mancata occasione per le economie locali di ottimizzare le proprie risorse.

Un aspetto che si è dimostrato per lungo tempo frenan- te, specie rispetto alla possibilità di costruire in altezza, è stato la mancanza di una normativa tecnica chiara in materia di strutture di legno. Per fare un esempio, solo con l’emanazione della legge n. 214/2011 è stata ripor- tata la coerenza tra il D.P.R. 380/2001 (Testo Unico per l’Edilizia) e le Norme Tecniche per le Costruzioni, sino ad allora di fatto contrastanti, svincolando definitiva- mente gli edifici in legno con più di tre piani in zona si- smica dalla necessità di richiedere approvazione presso

il Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici (pratica piut- tosto onerosa per il prolungamento delle tempistiche di approvazione e per la specificità degli elaborati da produrre).

Tuttavia, per quanto riguarda la normativa antisismica, permangono alcune incertezze e difficoltà interpretati- ve, derivanti dalle lacune contenute nell’Eurocodice 8 e assimilate dalla norma tecnica italiana. Tra i temi non ancora chiariti si trova anche quello delle sopraeleva- zioni con sistemi costruttivi in legno, le quali attestan- dosi su edifici preesistenti, caratterizzati normalmente da strutture differenti (ad esempio, telaio in calcestruz- zo armato), si inseriscono in una rigida e prescrittiva codificazione normativa – quella della tipologia strut- turale mista – che oggi dovrebbe essere rivalutata alla luce di un approccio prestazionale.

A ciò si aggiunge il distacco maturato tra l’innovazione di prodotto conosciuta recentemente dal settore le- gno-edilizia e la casistica contemplata dalla normativa tecnica vigente, la quale, elaborata dieci anni fa, rischia di tradursi in elemento frenante.

Infine, tra i fattori ostativi alla diffusione dei sistemi co- struttivi lignei in Italia, si ricordano alcuni fatti di natura culturale, come lo scarso know-how tecnologico dei progettisti e il clima di diffidenza proveniente dall’o- pinione pubblica, nonostante le prime realizzazioni in contesti urbani stiano offrendo una base di riferimento. Il caso dei sistemi costruttivi in legno è una dimostra- zione di come il tema della densità urbana possa rap- presentare una fonte di sfide sul piano tecnologico e di stimolo al milieu culturale che le supporta. In particola- re, gli aspetti di sicurezza delle costruzioni (rispetto al sisma e all’incendio) e di riduzione degli impatti ambien- tali (riguardanti, ad esempio, il ciclo di vita della costru- zione, la gestione del cantiere, l’approvvigionamento energetico, anche da fonti rinnovabili) costituiranno ancora elementi cruciali di ricerca.

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