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torino e la sperimentazione dell’intervento sociale**

Lungo il corso del ‘900, con l’espansione demo- grafica conseguente all’intensa industrializza- zione, Torino ha costituito un importante labo- ratorio di sperimentazione sul tema dell’edilizia sociale. All’urgenza con cui il problema del biso- gno abitativo si è presentato ha corrisposto la re- alizzazione di quartieri di edilizia sociale le cui di- verse forme possono raccontare oggi, superando letture univoche e omologanti, le diverse idee di spazio che le hanno via via plasmate. Quella che si è venuta formando è una sorta di “città nella città” composta di parti fra loro eterogenee e oggi in- globate dalla espansione edilizia, ma riconoscibili come appartenenti ad un medesimo insieme: dai primi interventi dell’inizio del secolo, costituiti da blocchi edilizi organizzati lungo i tracciati stradali e in continuità con i tessuti dell’edilizia privata, ai successivi complessi di edifici in serie parallela, dove a orientare l’impianto non è più l’organiz- zazione viaria, ma la ricerca di una migliore aera- zione e soleggiamento per gli alloggi; dai grandi quartieri organici degli anni cinquanta dove gli edifici si articolano a formare spazi aperti comu- ni, ai settori urbani nei quali la ripetizione di alti blocchi paralleli trova origine non solo dalle re- gole dell’orientamento, ma anche dalle tecniche della prefabbricazione edilizia1. La riconoscibilità di questi quartieri, parti consistenti della città, deriva dall’impronta chiara che essi riportano sul terreno, dalla presenza di ampi spazi aperti, le cui caratteristiche di “spazi di vicinato” oggi appaiono spesso, però, snaturate o non sfruttate a pieno. Dal punto di vista tecnologico, si tratta di quar- tieri nei quali è identificabile la lunga durata delle tecniche della muratura portante, adottate spes- so nei primi decenni del ‘900 secondo criteri di economia e razionalizzazione derivati dalla ricer- ca antonelliana e accostate alla introduzione dei primi elementi in cemento armato (per le logge, talvolta per gli orizzontamenti)2; una lunga du- rata che si protrae sino al secondo dopoguerra, come nel quartiere Falchera (1950-58), i cui di- versi “blocchi” edilizi sono spesso caratterizzati da una struttura mista (murature portanti d’in- volucro in laterizio faccia a vista, pilastri di spina 01. Sintesi soluzioni proposte in: “Workshop Social

housing & retrofit energetico. Ri-progettazione am- bientalmente sostenibile. ATC Torino. Complesso di edilizia pubblica di via Giovanni Cravero”, 2013-14. Corso di Tecnologia dell’architettura. Laurea Magistra- le in Architettura, Costruzione e Città, Politecnico di Torino.

KEywoRdS

Sostenibilità Affidabilità

Controllo del processo Progetto collaborativo

e solai in cemento armato), accogliendo così len- tamente l”innovazione” della struttura a telaio in cemento armato con tamponamenti a cassa vuo- ta3; sino allo scarto deciso, dai primi anni sessan- ta, verso la sperimentazione delle tecniche della prefabbricazione pesante a grandi pannelli, a partire inizialmente dall’importazione di brevetti francesi (come i brevetti Barets e Costamagna)4, e poi dallo studio da parte di alcune imprese locali di sistemi ad hoc5.

Concluso il periodo della crescita, ad una prima fase di interventi di recupero, avviata nella se- conda metà degli anni ‘70, è seguita una seconda e più complessa stagione di interventi, tramite la costituzione del Progetto Speciale Periferie (1997), le cui competenze sono state poi assun- te all’interno della amministrazione comunale nell’ambito del Settore Periferie (2001), che dal 2007 ha acquisito la denominazione di Settore Rigenerazione Urbana e Sviluppo. I progetti, fi- nanziati anche grazie ai programmi promossi a livello europeo e nazionale (Urban, PRU, CdQ), e istruiti a partire dalla condivisione di alcuni principi di base ritenuti necessari a garantire l’ef- ficacia dei processi e la qualità degli esiti - come la interdisciplinarietà fra competenze e logiche d’intervento settoriali e la partecipazione attiva degli abitanti -, hanno riguardato contesti urbani diversi, quasi sempre caratterizzati dalla presen- za di quartieri di edilizia residenziale pubblica, aree interessate da forti cambiamenti demogra- fici ed economici e dall’emergere di un diffuso disagio sociale.

In questo quadro complesso, ricco di sperimen- tazioni ma nella situazione di crisi economica at- tuale alla ricerca di nuove opportunità di rilancio, il patrimonio quantitativamente più rilevante e oggi più carente sul piano prestazionale e archi- tettonico, è quello realizzato fra gli anni’50 e gli anni ’80. Si tratta di un patrimonio che necessita, di volta in volta, di attenzioni e quindi di modalità di intervento differenti, a partire da un’analisi in grado di porre in evidenza e salvaguardare, ove necessario, i caratteri ambientali e architettonici più significativi.

In linea generale, le criticità rilevate in questi quartieri sono molteplici: sul piano ambientale e

edilizio, lo scarso isolamento termico e acustico, la presenza di ponti termici e acustici, i livelli di il- luminazione e ventilazione degli ambienti interni spesso sotto soglia, i degradi materici legati oltre che agli agenti atmosferici alle scelte tecniche e progettuali effettuate in origine e alla scarsa ma- nutenzione; sul piano distributivo, nei complessi realizzati in particolare a partire da prevalenti modelli tipologici tardo-razionalisti e dall’impie- go delle tecniche della prefabbricazione pesante, la scarsa flessibilità conseguente ai sistemi co- struttivi adottati; infine, sul piano architettonico e percettivo, l’immagine alienante che, specie in quei quartieri, la ripetizione di un identico modu- lo costruttivo tende a restituire a livello generale. Si tratta, quindi, di un patrimonio che richiede azioni di implementazione dei servizi esistenti, di manutenzione edilizia e impiantistica, di re- trofit energetico, da comprendere però entro un obiettivo più complesso, oltre la sola dimensione tecnica del recupero, per affrontare istanze più generali di abitabilità e qualità degli spazi e per identificare soluzioni d’intervento efficaci e al tempo stesso se possibile flessibili e replicabili, con le necessarie modifiche, a casi analoghi. Recupero del patrimonio di edilizia sociale pubblica: le prospettive della ricerca*** Nei prossimi decenni, il recupero di questo patri- monio costituirà per l’Italia una delle aree di lavo- ro più rilevanti per un cambiamento strutturale delle politiche per la casa e per uno sviluppo del settore edilizio sia in termini di mercato che di competenze professionali.

Il recupero funzionale ed energetico del patrimo- nio esistente rappresenterà quindi un driver di sviluppo in grado di dare un significativo contri- buto alla crescita, quale politica anticongiuntura- le, a livello nazionale.

In molti Paesi europei in fase di decrescita a cau- sa della crisi economico-finanziaria, ma anche per effetto delle Direttive europee orientate al riuso del patrimonio esistente, il tasso di crescita an- nuo delle nuove costruzioni si è contratto (l’1% nel settore residenziale nel 2011) invertendo il rapporto fra le due categorie di intervento. Da questo quadro si può desumere come il recu-

pero dell’edilizia esistente possa essere assun- to in prospettiva come settore strategico per il rilancio dell’ambito edilizio come testimoniano infatti, anche in Italia, gli incoraggianti risultati dei bonus fiscali per le ristrutturazioni edilizie nel 2013 e nel 2014, che hanno garantito un incre- mento di fatturato per il settore edilizio con un importante gettito per lo Stato.

La costante perdita di valore del patrimonio edi- lizio esistente a basso rendimento energetico, stimato da ISTAT in un calo dei prezzi del 12% dal 2010, e la prospettiva per l’85% delle abitazioni delle quattordici città metropolitane italiane di divenire entro i prossimi dieci anni un patrimonio con più di quarant’anni di età, richiedono con ur- genza una implementazione delle politiche e de- gli studi di settore per indirizzare correttamente le azioni di intervento e gli incentivi a livello na- zionale e locale.

Il presupposto fondamentale per la definizione delle politiche e degli strumenti operativi per l’in- tervento sul patrimonio edilizio esistente è costi- tuito, quindi, dalla conoscenza delle caratteristi- che tecniche e costruttive dello stock edilizio. Il Politecnico di Torino nel corso degli ultimi anni ha avviato diverse attività di ricerca finalizzate allo sviluppo di strumenti di conoscenza del pa- trimonio, di analisi e di valutazione dei processi di intervento. A tale proposito si citano i progetti europei TABULA, finalizzato alla elaborazione di una struttura armonizzata delle tipologie edilizie residenziali europee, ed EPISCOPE, orientato ad un definizione di “azioni pilota” sul patrimonio edilizio residenziale, coordinati dal Dipartimento Energia nel quadro del programma europeo In- telligent Energy Europe6.

Accanto agli strumenti di conoscenza e di inqua- dramento del patrimonio edilizio, indagato nella dimensione quantitativa, il Dipartimento di Ar- chitettura e Design (DAD), nell’ambito dell’attivi- tà di formazione e ricerca, ha analizzato il pano- rama nazionale e internazionale di interventi di riqualificazione del patrimonio di edilizia sociale pubblica attraverso un confronto diretto con gli operatori pubblici7.

L’attività, incentrata in particolare sull’analisi del- le relazioni fra l’innovazione del processo edilizio

e la sperimentazione di sistemi di prefabbricazio- ne leggera negli interventi di sopraelevazione, ampliamento e retrofit energetico, con il Dipar- timento Interateneo di Scienze, Progetto e Poli- tiche del Territorio (DIST) ha recentemente av- viato un filone di ricerca sull’analisi SROI (Social Return On Investment), finalizzato ad una valuta- zione dei benefici sociali dell’investimento8. Gli esiti delle diverse attività di ricerca sviluppa- te dal Politecnico di Torino, orientate alla analisi di possibili modelli di d’intervento, costituiscono in prospettiva un patrimonio di conoscenza utile per affrontare la complessità della gestione dei processi.

Patrimonio esistente. Le difficoltà di intervento* La residenza sociale e la rigenerazione urbana in- contrano vincoli urbanistici, difficoltà di accesso ai finanziamenti europei e criticità di gestione dei processi.

Esemplarmente, nell’area torinese i fondi comu- nitari per il retrofit energetico hanno costituito il prevalente strumento di intervento sui complessi ERP per il periodo 2007-13. Le operazioni hanno compreso oltre al miglioramento dell’involucro passivo anche la manutenzione ordinaria, po- nendo attenzione all’uso di materiali ecologici, ai sistemi di riscaldamento ad alta efficienza ed al controllo dei consumi.

In Francia, l’approccio integrato ha, invece, permesso la riqualificazione energetica dell’in- volucro, la valorizzazione dell’architettura, la riconfigurazione degli spazi pubblici aperti, la densificazione della costruzione - con l’apposi- zione di elementi tridimensionali prefabbricati - e nuove mixité funzionali9.

Dal caso Torino al confronto internazionale, emerge la necessità di adottare criteri operativi per l’intervento sul patrimonio ERP:

- modulazione della riqualificazione per lotti di edifici, coerenti al mantenimento degli abitanti insediati o alla predisposizione di case parcheg- gio temporanee all’interno dell’area;

- adattabilità tipologica delle unità abitative all’e- voluzione delle esigenze (frazionamento, integra- zione spaziale… );

dorsali esterne in facciata e/o in sottosuolo, siste- mi solari attivi …), e adattività architettonica (in- serimento di isolamento più facilmente esterno o in locali non abitabili, serramenti ad elevate pre- stazioni termiche, contenimento dei ponti termi- ci, formazione di logge distaccate dalla struttura climatizzata e di serre solari …);

- plurifunzionalità degli spazi collettivi, coerenti al miglioramento del paesaggio microurbano e all’inclusione sociale;

-incentivazione di partnership economica (in re- lazione a nuove destinazioni private terziarie e di servizio, ad unità immobiliari di proprietà in com- plessi pubblici …)10.

nuovo quadro legislativo e innovazione di processo*

L’innovazione delle tecnologie di produzione deve essere accompagnata dall’innovazione delle tecnologie di processo.

Il “Piano Casa 2014” non solo prevede l’“ade- guamento energetico, impiantistico, statico e il miglioramento sismico degli immobili”, ma la promozione di “un processo integrato di rigene- razione delle aree urbanizzate e dei tessuti edilizi esistenti attraverso lo sviluppo dell’edilizia socia- le”, con semplificazione degli strumenti urbani- stici11. Nell’emergenza dell’“edilizia residenziale sociale”, i comuni ad “ad alta tensione abitativa” sono chiamati a “definire criteri di valutazione della sostenibilità urbanistica, economica e fun- zionale nei progetti”. Tale approccio richiede di sviluppare strumenti ed indicatori utili a valutare la qualità e di selezionare le migliori tecnologie disponibili. In prospettiva di benchmarking, le valutazioni di prestazione mettono in gioco la ca- pacità tecnica di promotori, progettisti, aziende fornitrici ed imprese esecutrici.

La qualità dell’abitare sociale, inoltre, fa crescen- te riferimento a servizi complementari, promuo- vendo lo sviluppo di comunità e l’emersione di modelli di integrazione, quali residenze collettive, cohousing, condomini solidali, alberghi sociali. Nel periodo 2014-20, i risultati di maggior im- patto si prospettano con programmi di interven- to comunitari plurifondo per i servizi di interesse economico generale (SIEG), per le aree a decre-

mento economico (SIE) e per la ricerca e sviluppo. In tale direzione, nuove partnership pubblico-pri- vato si profilano per rispondere alla pluralità del- la domanda abitativa sociale, per definire le stra- tegie nell’emergenza, ad esempio per convertire il patrimonio dismesso/invenduto – residenziale, terziario, post-industriale – in edilizia sociale. Emerge il crescente interesse della grande pro- mozione immobiliare per questo settore in Italia, evidenziato dalla rilevante aggregazione delle “Società di Gestione Risparmio” attive al 2014. Il processo è coerente al riassetto del patrimonio da parte di principali proprietari privati e pubbli- ci - enti locali, demanio dello Stato, assicurazioni, banche, imprese – ed è legato al risanamento dei bilanci ed alla razionalizzazione del processo am- ministrativo e produttivo.

La ri-definizione della strategia di valorizzazione degli asset immobiliari, riguarda in particolare il riposizionamento nell’edilizia sociale privata – attraverso il workout immobiliare - di patrimoni di recente intervento o in corso di costruzione, ma non adeguati sia all’evoluzione della doman- da del mercato che all’innovazione tecnologica, riguardo soprattutto all’efficientamento ener- getico.

Alle prospettive di ottimizzazione in termini fi- nanziari e legali delle operazioni rivolte a rispon- dere ad alcuni segmenti del fabbisogno abitati- vo, devono rispondere altrettante prospettive di trasparenza e di controllo tecnico-prestazio- nale degli interventi e del facility management. Prioritario è, quindi, lo sviluppo di strumenti di processo e di controllo:

- profilazione e stima dei segmenti della doman- da di edilizia residenziale sociale

- anagrafica e diagnosi del patrimonio esistente - benchmarking di tecnologie affidabili e buone pratiche

- prefattibilità tecnico – economica e valutazione multicriteriale (ex-ante, in itinere, ex-post) degli interventi e dell’utilità sociale (“minor costo per la collettività”)

- controllo di qualità del processo progettuale - esecutivo

- previsione di costi nel ciclo di vita e di interventi manutentivi (facility management)

02. Scheda tecnica.

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- criteri di integrazione di interventi comunitari multisettoriali.

Lo sviluppo di strumenti di supporto alle decisioni previsionali-progettuali-costruttivi - che integrino sostenibilità e qualità tecnologica nel tempo - è rilevante anche per gli interventi gestiti attraver- so il “Fondo Investimenti per l’Abitare” (FIA) dalle “Società Gestione Risparmio” (SGR)12.

Obiettivi principali sono il contenimento dei costi, il raggiungimento di soglie di qualità prestazionale e dell’utilità sociale, attraverso l’incentivo all’in- novazione tecnologica e all’industrializzazione, il miglioramento del controllo di processo e della si- curezza del lavoro13. In tale prospettiva, il settore

03. Locandina per la comunicazione sociale del piano nazionale pubblico in Inghilterra “Decent Homes pro- gramme we’re investing in your local area” per la Muni- cipalità di Tower Hamlets, Londra.

04. Schema progetto Mapping and Making Barriera, 11.2014

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del social housing può svolgere un ruolo primario anche per stimolare la diffusione dei sistemi di prefabbricazione e la conseguente riorganizzazio- ne ed aggregazione delle strutture di impresa. Gli interventi del FIA sono, comunque, rivolti ad una domanda di abitazione sociale e tempora- nea con capacità economica superiore rispetto a quella della residenza pubblica, in assenza del ruolo di calmiere degli investitori istituzionali. In particolare nel caso di ERP, il contenimento dei costi riguarda attualmente non solo l’intervento, ma gli oneri per gli utenti e il periodo di ammorta- mento, preferenzialmente inferiori a dieci anni14. In Italia, l’emergenza abitativa ha determinato, inoltre, nuove forme di sostegno della locazione, con iniziative comunali a canone concordato. In Inghilterra, lo sperimentato modello della ”mu- nicipal housing agency” ha posto in rilievo il ruolo del coordinamento pubblico, degli strumenti di programmazione e di controllo tecnico-finan- ziario per garantire un reddito equo nel settore dell’affitto sociale15.

Inclusione sociale e residenzialità sociale* I fondi strutturali europei privilegiano, attual- mente, le sperimentazione di nuovi modelli abitativi e di integrazione di infrastrutture so- cio-sanitarie, l’efficienza energetica nel settore residenziale, la creazione di spazi inclusivi di co- munità nella rigenerazione economica e sociale di comunità in condizioni critiche16.

Strategie per la qualità dell’abitare sono già state recentemente lanciate in Gran Bretagna, rivolte ai quartieri periferici a rischio. Il “Department for Communities and Local Government” ha posto una stretta connessione fra residenzialità e ser- vizi di vicinato17, incoraggiando la resilienza della comunità e forme di economia adattiva locale. Il piano “decent home” mira al recupero delle re- sidenze, finanziando la ristrutturazione di alloggi e la riqualificazione - gestione di spazi pubblici marginali con la forma dell’ “housing benefit”, che comporta l’accompagnamento sociale e gli appal- ti di interesse di quartiere18.

Dall’esperienza inglese, connotata dalla forte pluralità etnica, emerge la necessità di meglio de- finire i segmenti di mercato per cui si attendono

Nelle realtà locali, è essenziale l’identificazione dei target di destinatari e della loro incidenza per indirizzare l’offerta residenziale, quali gli anziani, gli immigrati - in prospettiva di marketing inter- culturale -, i singoli, i nuclei familiari monoparen- tali, i residenti temporanei.

In considerazione dei tempi non brevi dei pro- cessi e del modificarsi dei modelli abitativi, i requisiti di flessibilità spaziale e di adattabilità comportamenti di consumo abitativo, privato e

collettivo, confrontabili. Riguardo all’utenza inse- diata e potenziale, occorre approfondire le meto- dologie di analisi per programmare la segmenta- zione della domanda abitativa sociale in termini di dimensioni e articolazioni spaziali, di fabbiso- gno e di organizzazione di servizi collettivi socio – sanitari di prossimità e di capacità di intervento economico surrogativo.

note

1. Di Biagi, P., (2008), La città pubblica. Edilizia sociale e ri- qualificazione urbana a Torino, Allemandi & C., Torino. 2. Tamagno, E., (1981), “La costruzione dell’edilizia popola- re torinese”, Rassegna, 1981, n. 5, pp. 65-72.

3. Capomolla, R., Vittorini, R., (Ed.), (2003), L’architettura InA-Casa (1949-1963). Aspetti e problemi di conservazione e recupero, Gangemi Editore, Roma.

4. Per una disamina dei diversi sistemi prefabbricati intro- dotti nei primi anni ’60, cfr.: De Vita, R., (1965), “Esame e classificazione dei sistemi di prefabbricazione”, in Petri- gnani, A., (Ed.), Industrializzazione dell’edilizia, Dedalo, Bari. Per una rilettura critica di quella esperienza, cfr.: Poretti, S.,(1997), “La costruzione”, in Dal Co, F., (Ed.), Storia dell’ar- chitettura italiana. Il secondo novecento, Electa, Milano, pp. 281-284.

5. Come il brevetto Coimpre, messo a punto dall’impresa omonima fondata nel 1963 proprio per rispondere alle opportunità offerte dalle concentrazioni degli appalti, perseguendo obiettivi di industrializzazione del processo edilizio. Cfr.: Gibello, L., Sudano, P. M., (2002), Francesco Dolza. L’architetto e l’impresa, Celid, Torino.

6. I progetti TABULA (Typology Approach for BUiLding stock energy Assessment, 2009-2012) ed EPISCOPE (Energy Performance Indicator Tracking Schemes for the Continuous Optimisation of Refurbishment Proces- ses in European Housing Stocks, 2013-2016), finanziati nell’ambito del programma europeo Intelligent Energy Europe (Responsabile scientifico unità di ricerca italiana, V. Corrado, Politecnico di Torino, DENERG).

7. Questo tema è al centro dell’attività didattica e in par- ticolare della Unità di Progetto “Roofscapes: nuove stra- tegie per il progetto architettonico e urbano” del Corso di Laurea Magistrale in Architettura Costruzione e Città (G. Ambrosini, G. Callegari), incentrata sul tema della soprae- levazione, che ha sviluppato la piattaforma di ricerca “Roofscapes” presso Politecnico di Torino http://www. roofscapes.polito.it/. (Coordinamento scientifico G. Am- brosini,G. Callegari, A. Spinelli). L’azione di ricognizione sull’ampio panorama di esperienze in ambito europeo è stata sviluppata con contributi di “REHA PUCA: Requali- fication de l’Habitat Collectif à haute performance énerg- étique”, Agenzia Territoriale per la Casa della Provincia di Torino (ATC), Istituto Trentino di Edilizia Abitativa (ITEA). Sul tema dell’implementazione dei servizi nei quartieri di edilizia sociale pubblica è incentrato l’Atelier del Corso di Laurea Triennale in Architettura, dal titolo “Rigenerazione della città pubblica. Il quartiere Le Vallette a Torino” (P. Gregory, M.L. Barelli).

8. La sperimentazione della metodologia Social Return on Invesment (SROI) per la valutazione dei benefici sociali relativi ad un progetto di rigenerazione urbana è stata ap- plicata al complesso Brione ITEA a Rovereto, nell’ambito della tesi di laurea Ferro C., Lodato C., “Riqualificare il patrimonio di edilizia residenziale pubblica”, Tesi di Laurea Magistrale in Architettura, Costruzione, Città, Politecnico di Torino, relatori: G. Ambrosini, G. Callegari, M. Bottero, M. Chiogna, C. Corsico, settembre 2014.

9. Casi studio significativi, su differenti tipi storici e co- struttivi, sono gli interventi su Square Vitruve a Saint-Blai-