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Detenzione domiciliare e Detenzione domiciliare speciale

2.6 Misure alternative alla detenzione a tutela della genitorialità

2.6.4 Detenzione domiciliare e Detenzione domiciliare speciale

L’istituto della detenzione domiciliare è stato introdotto dalla L. 10 Ottobre 1986 n. 663 nell’Ordinamento Penitenziario del 1975 con l’obiettivo di rendere l’esecuzione penale meno afflittiva per soggetti

47 Art. 11, 8° comma, L. 26 luglio 1975 n. 354 Norme sull’ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della libertà.

48 Art. 11, 9° comma, L. 26 luglio 1975 n.354.

49 Introdotto dalla L 8 marzo 2001, n.40 Misure alternative alla detenzione a tutela del

rapporto tra detenute e figli minori.

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ritenuti meritevoli di particolare tutela51 e di un trattamento più favorevole poiché presentano particolari esigenze di sostegno, soggetti nei confronti dei quali l’Ordinamento tende a non rendere eccessivamente sproporzionata e gravosa la pena detentiva in ragione delle loro condizioni personali.

La ragione di questi interventi alternativi in minima parte è da ricercarsi anche nelle sanzioni da parte della CEDU52 di cui è stata destinataria l’Italia a causa del sovraffollamento carcerario e di conseguenza nella ricerca del contenimento della popolazione detenuta, ma essenzialmente la ratio della detenzione domiciliare rispecchia sia la tutela dei diritti del minore, che la volontà di ridurre il tasso di carcerazione infantile.

La possibilità di accedere alla detenzione domiciliare nella fase di esecuzione della pena è disciplinata dall’art. 47 ter53 O.P., il quale prevede che la reclusione per specifici reati54 non superiore ai quattro anni, anche se si tratta di parte residua della pena, possa essere scontata nella propria abitazione, in un luogo di privata dimora o ancora in un luogo pubblico di cura, assistenza ed accoglienza. Questa alternativa è prevista nel caso in cui a scontare la pena sia una donna incinta o madre di bambini che non abbiano compiuto il decimo anno di età e con lei conviventi – in questo specifico caso è previsto che la detenzione domiciliare possa essere scontata anche presso una casa famiglia protetta. La detenzione

51Tognazzi S. La detenzione domiciliare della madre: bilanciamento tra tutela della

collettività e tutela del minore in Diritto penale e processo. Agosto 2018.

52 Corte EDU, Sez II, sent. 8 gennaio 2013 Torreggiani e a.c Italia, ric. n. 43517/09, 55400/09 57875/09, 61535/09, 35315/10 e 37818/10.

53 Modificato in ultimo dalla L 27 maggio 1998, n.165.

54 Ad eccezione di quelli previsti dal Libro II, titolo XII, capo III, sezione I, e degli articoli 609 bis, 609 quater e 609 octies c.p., dell’art. 51 comma 3-bis c.p.p., e dell’art.4

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domiciliare è prevista allo stesso modo per il padre alle medesime condizioni della madre, ovvero avere un figlio minore di dieci anni e con lui convivente, ma solo nel caso in cui la madre sia deceduta o assolutamente impossibilitata ad assistere i propri figli. Sarà il Giudice di Sorveglianza a valutare la concessione della misura alternativa in oggetto in base alle capacità e possibilità – sia oggettive che soggettive- che il detenuto ha per assistere al meglio il proprio figlio.

La detenzione domiciliare riflette la natura polifunzionale del sistema carcerario: da una parte comunque permette l’espiazione della pena e il controllo nei confronti di una persona condannata e socialmente pericolosa, d’altra parte assicura che la pena sia scontata in forme e modalità compatibili con il senso di umanità tutelato dagli artt. 2 e 27 3° comma della Costituzione55 .

La funzione umanitaria di detta misura alternativa è stata confermata dalla stessa Corte Costituzionale, che ha imposto l’applicazione della misura nel momento in cui il contrario avrebbe pregiudicato sia il genitore che il minore. In effetti, nello specifico caso di una detenuta madre, espiare una pena in carcere è contrario al senso di umanità perché oltre al dover vivere in uno stato di detenzione, si presenta il disagio dovuto al non poter educare, crescere e assistere il proprio figlio, disagio esasperato da un contesto che annulla l’autorità genitoriale e la libertà decisionale. D’altra parte come abbiamo già dettò l’assenza del genitore dalla vita del bambino può avere degli effetti devastanti sulla crescita psicofisica dello stesso, così come l’introduzione del figlio all’interno dell’istituto carcerario,

55Mastropasqua G. Esecuzione della pena detentiva e tutela dei rapporti familiari e di

convivenza. I legami affettivi alla prova del carcere. Cacucci Editore, 2007. Cit. pag.

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seppure garantisca la vicinanza alla madre, determina un vero e proprio sacrificio da parte del bambino che crescerà in un ambiente ostile e privo di stimoli.

La Corte Costituzionale ha dunque affermato il preminente interesse del minore ed il suo diritto a ricevere cura, educazione e istruzione56, diritti tutelati allo stesso modo dalla Convenzione sui diritti del fanciullo57 la quale stabilisce che “l’interesse superiore del fanciullo è considerazione preminente” in ogni questione che coinvolge il minore ed infine dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Ue (nota anche come Carta di Nizza) “in tutti gli atti relativi ai bambini […] l’interesse superiore del bambino deve essere considerato preminente”58.

In sostanza dunque per quanto riguarda la detenzione domiciliare, considerando l’interesse preminente del minore, l’espiazione della pena del genitore in carcere, soprattutto la madre, deve considerarsi un evento eccezionale e di conseguenza il rigetto dell’istanza domiciliare deve essere minuziosamente motivato da gravi elementi oggettivi da cui emerga la pericolosità del condannato e quindi il preminente interesse della sicurezza sociale su quello di tutela del minore. Questo stesso ragionamento vale per l’applicazione della misura cautelare della custodia in carcere59.

La detenzione domiciliare speciale invece è disciplinata dall’art. 47 quinquies60 O.P., la quale viene concessa nel caso in cui la pena non sia

56 Tutelati costituzionalmente dagli artt, 29, 30 e 31 Cost.

57 Stipulata a New York nel 1989 e resa esecutiva in Italia con la L 176/1991 58 Art. 24 comma 2 CEDU.

59Tognazzi S. La detenzione domiciliare della madre: bilanciamento tra tutela della

collettività e tutela del minore in Diritto penale e processo. Agosto 2018.

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inferiore ai quattro anni (per la quale come abbiamo visto è prevista la detenzione domiciliare di cui sopra), quindi si tratta di pene abbastanza lunghe purché non vi sia un concreto pericolo di commissione di ulteriori delitti e se vi sia la possibilità di tornare a convivere con i propri figli. Le condizioni per cui la detenzione domiciliare speciale sia consentita sono le medesime già dette, ovvero per madre con figli minori di dieci anni con lei conviventi, o padre qualora la madre sia deceduta o assolutamente impossibilitata ad assistere i propri figli e non vi siano altre persone a cui affidare i minori. In questo caso però, ulteriore condizione è che sia stata espiata almeno un terzo della pena o almeno quindici anni nel caso di ergastolo.

È evidente come i presupposti per l’accesso alla detenzione domiciliare speciale siano più stringenti e restrittivi di quelli previsti per la detenzione domiciliare, tra l’altro, ad esempio, l’impossibilità di reperire persone diverse dal padre disposte a ricevere in affidamento il minore, è un presupposto aggiuntivo e difficilmente accertabile.

Questa misura alternativa si configura come misura di progressione trattamentale finalizzata all’inclusione familiare e sociale della persona condannata, per cui la sua concessione passa attraverso la verifica caso per caso di rischio di ricadute recidivanti e reiterazione del reato commesso. Con la L. n. 40/2001 si è voluto tentare di risolvere il drammatico problema dei bambini in carcere con la possibilità di creare sul territorio nazionale alcune “case carcerarie” per madri detenute e bambini, anche con lo scopo di attuare il principio costituzionale di cui all’art. 31 che affida allo Stato il dovere di predisporre gli strumenti giuridici e sociali a tutela della maternità e dell’infanzia.

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Ciononostante la Magistratura fatica ad applicare tale disposizione in quanto di difficile interpretazione, con conseguente frequente condanna alla reclusione carceraria di piccoli innocenti con le loro madri.

- Il caso della detenzione domiciliare della madre

A proposito di detenzione domiciliare della madre con la sentenza della Cassazione Penale, Sez I, 6 febbraio 2018 n. 5500, la Corte interviene sul rigetto dell’istanza di detenzione domiciliare promossa da una condannata in condizioni familiari particolarmente disagiate: madre di nove figli, di cui gli ultimi due minori di dieci anni ed uno di questi con problemi di salute. Il Tribunale di Sorveglianza non le aveva concesso la misura alternativa a causa dei suoi precedenti penali e di comportamenti delinquenziali avuti anche a seguito della fruizione di misure alternative. La Corte di Cassazione accoglie il ricorso nei confronti del Tribunale a causa dell’utilizzo di “presunzioni assolute di pericolosità”: stabilendo che il Giudice deve operare un attento bilanciamento dei due interessi contrapposti – tutela del minore e tutela della società -, in particolare considerando “la preminenza della tutela del minore sull’interesse dello Stato all’esecuzione in forma carceraria della sanzione penale”; di conseguenza la Corte ha ritenuto che la misura alternativa per la madre possa essere negata solo in presenza di condizioni oggettive di reale pericolo di recidiva basate su fatti concreti e soprattutto attuali.

Dato che la detenzione domiciliare è caratterizzata dalla sua natura umanitaria e assistenziale ma anche rieducativa, scontare una pena nel proprio ambiente domestico o in una struttura di cura e accoglienza significa sostenere la detenuta nel recupero della propria dimensione

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affettiva, di poter svolgere attività lavorative e poter usufruire di programmi di reinserimento.

La detenzione domiciliare è la misura adatta proprio a tutelare gli spazi affettivi del condannato ed allo stesso tempo garantire la pretesa punitiva dello Stato, non trasferendo l’individuo dal suo ambiente in un contesto restrittivo e alienante61. Tale misura assolve a finalità assistenziali, antidesocializzanti e rieducative62 allo stesso tempo, infatti la tutela del minore per quanto preminente non è in contrasto con la risocializzazione della madre, anzi ne stimola la buona riuscita: lo status di madre è proprio il miglior presupposto per favorire il recupero ed il reinserimento della madre.

- Il caso della detenzione domiciliare del padre

Abbiamo già analizzato l’art. 47 ter O.P. il quale prevede la possibilità per la figura genitoriale paterna di poter accedere alla misura alternativa solo nel caso in cui “la madre sia deceduta o altrimenti assolutamente impossibilitata a dare assistenza alla prole”.

Ebbene a tal proposito la Corte Costituzionale con la sentenza 13 aprile 1990 n. 215 afferma che il diseguale trattamento riservato alla madre e al padre non è dettato da alcuna razionalità giuridica e legislativa; anzi mette in evidenza la discriminazione di alcuni importantissimi ed essenziali valori costituzionali: l’uguaglianza morale e giuridica dei coniugi su cui si fondano il matrimonio e i diritti della famiglia (art.29 Cost.), il

61Delehaye E. La detenzione domiciliare da beneficio per pochi a nuova specie di pena in Diritto penale e processo 2000.

62 Affermano la finalità rieducativa della detenzione domiciliare, Corte Cost. 6 Giugno 1989, n. 237 in www.giurcost.org; Cass. Pen., Sez I, 30 gennaio 2015; Cass. Pen., Sez I, 10 maggio 2002, Calia in CED.

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diritto/dovere dei genitori a mantenere, educare i figli e nel caso di incapacità dei genitori la legge deve provvedere ad assolvere tali compiti (art.30 Cost.), ma soprattutto la protezione dell’infanzia e gli istituti necessari a tutelarla (art. 32 Cost.).

Con la presente sentenza dunque la Corte esprime proprio la carenza che esiste sotto questo profilo: si preclude al minore la possibilità di ricevere l’assistenza del padre detenuto, grazie alla detenzione domiciliare, quando la madre si trovi impossibilitata a provvedervi, nel caso dell’oggetto di tale sentenza, per questioni lavorative.

Tra l’altro quest’ultimo caso appare ormai superato dall’orientamento giurisprudenziale che ha riconosciuto la possibilità di concessione della detenzione domiciliare al padre, se la madre svolge attività lavorativa. (Cass., sez. I, n. 7315/99, Castelletto, rv. 215237). Ovviamente il semplice svolgimento dell’attività lavorativa non basta a determinare l’impossibilità della madre a occuparsi della prole, ma il Giudice deve fare riferimento a più parametri: l’impegno e l’assenza che l’attività lavorativa comporta, i tempi necessari per il riposo, l’impossibilità di aiuti familiari nelle ore lavorative…