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L’affettività messa alla prova dalla detenzione

La detenzione di un genitore interviene in modo traumatico nelle relazioni familiari con gravi risvolti soprattutto nei figli coinvolti, e, poiché un terzo della popolazione detenuta è genitore, si può comprendere la criticità che ciò rappresenta anche per la società esterna al carcere.

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Proprio questo aspetto sociale del fenomeno assume un ruolo fondamentale nell’intervento psicopedagogico di chi desidera sostenere il genitore nel mantenere il suo ruolo fondamentale, nonostante e durante la detenzione e per sostenere il figlio del detenuto nel mantenere un legame affettivo e relazionale, in modo che il bambino non perda un pezzo fondamentale della storia familiare. Il modo in cui i componenti della famiglia vivono l’esperienza della detenzione varia in base alla durata della stessa e al tipo di reato. Ciò che accomuna tutti i soggetti è l’interruzione dei rapporti familiari che genera per forza di cose una riorganizzazione delle dinamiche relazionali interne alla famiglia e che ricadono soprattutto sui figli. Questi cambiamenti possono causare numerose problematiche che si riflettono sullo sviluppo dei figli con conseguenze anche gravi. Molte ricerche ci dimostrano come un simile allontanamento forzato possa avere come conseguenze crisi d’identità, comportamenti trasgressivi o depressivi, dovuti proprio ad angosce d’abbandono, difficoltà a parlare della propria storia, impossibilità di esercitare padronanza e progettualità riguardo il proprio futuro.

Per questo motivo la soluzione auspicabile risulta essere il mantenimento della relazione genitori-figli, in modo che il genitore possa vivere il proprio periodo di detenzione senza dover rinunciare al proprio ruolo di genitore e il figlio, continuando a mantenere questo essenziale legame, possa crescere avendo consapevolezza della propria storia.

Grazie alle ricerche di René A. Spitz sappiamo che l’impatto dell’allontanamento della madre sullo sviluppo del bambino è considerevole. L’Autore parla di “sindrome di ospedalizzazione” che causa un vero e proprio deperimento psichico, una regressione e un’involuzione. Il bambino che viene abbandonato dal genitore, in

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particolare dalla madre e che quindi perde la figura che lo protegge, regredisce a quella fase di vita in cui ancora non è formato, per cui questa improvvisa e traumatica involuzione può avere esiti tragici20.

Proprio per evitare questa sindrome di ospedalizzazione e di involuzione, alcuni Paesi hanno optato per il non allontanamento del minore dalla madre in caso di reclusione; tuttavia, anche in questa ipotesi, resta comunque un rischio serio per il minore: in effetti il bambino deve poter vivere e crescere in un ambiente umano in cui possa svilupparsi, un ambiente che può essere garantito o dalla presenza della madre o di un valido sostituto materno.

Quando la madre è in carcere non può garantire tutto ciò, essendo la detenzione una esperienza dolorosa e ansiogena che non le permette di svolgere il proprio ruolo come dovrebbe: ecco il motivo della scelta di tenere il bambino in detenzione con la madre per il minor tempo possibile per poi trovare una soluzione alternativa che eviti o attenui traumi. Essendo un argomento molto delicato, le posizioni ed opinioni sull’argomento sono contrastanti, non potendosi a priori decidere cosa sia meglio per il bambino. Molto dipende dalle condizioni carcerarie in cui la madre si trovi reclusa: se l’ambiente fosse particolarmente degradante, se generasse stati di ansia nella madre, è facile intuire come ella non sarebbe nel pieno delle capacità fisiche e mentali e di conseguenza non potrebbe garantire il sostegno adeguato al proprio figlio. D’altro canto, si potrebbe prendere l’esempio delle prigioni tedesche “aperte”, dove alle mamme detenute è consentito il lavoro all’esterno e il rientro nel luogo di detenzione la sera, per cui i bambini frequentano la scuola delle varie

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comunità, ed in tali condizioni un bambino può restare vicino alla madre senza dover essere costretto - pur ‘egli- a sopportare la situazione di reclusione.

Il problema principale, dunque, è capire quale siano i veri strumenti e le concrete possibilità che il sistema penitenziario conceda alla madre detenuta per contribuire effettivamente al sano sviluppo del figlio21.

1.4.1 Separazione e rimozione dei genitori

Un altro fattore di rischio, che segue alla separazione prolungata dal genitore, è la “cancellazione” dello stesso. Questo accade quando un genitore, assente dal proprio ambiente familiare in specie detenuto, viene completamente eliminato e di lui in famiglia o nel contesto non si parli più. In pratica accade che si imponga al bambino di non parlare della condizione reclusiva del genitore, oppure di cercare un sostituto.

Questo allontanamento psichico, quando è lungo e duraturo, crea delle patologie identitarie anche molto gravi. Un genitore cancellato non è un genitore di cui si libera il bambino, ma, anzi, lo si lega a lui nel senso che diventa un elemento determinante del suo presente e del suo futuro. Bisogna quindi “storicizzare” l’individuo: prima che un individuo possa esistere come soggetto, deve essere “assoggettato”, avere una storia familiare, un passato22. I bambini che vivono angosce del genere sono più esposti degli altri a processi che portano alla trasgressione.

21 Seminario bambinisenzasbarre I legami familiari alla prova del carcere in collaborazione con Relais Enfants Parents (Parigi), Eurochips (Parigi), col sostegno di Fondazione van Leer (L’Aia).

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Più siamo certi del nostro passato, meglio lo possediamo, più siamo capaci di programmare il nostro futuro; meno siamo parte di un racconto e di una storia familiare, meno saremo reattivi rispetto al futuro, reagendo in modo impulsivo alle condizioni del presente. Queste reazioni portano alla trasgressione o alla remissione di qualsiasi desiderio, ovvero alla depressione.

Quando si cancella la storia di un genitore al bambino perché è detenuto, lo si espone a questi rischi: una delle conseguenze maggiori è la possibilità di sviluppare patologie del comportamento, difficoltà a sopportare frustrazioni e la posticipazione dei propri progetti, di conseguenza trasgredirà o al contrario vivrà una vita inanimata, cupa e depressa.