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L’incontro con il figlio

CAPITOLO TERZO

3.1 I rapporti familiari all’interno delle strutture penitenziarie

3.1.3 L’incontro con il figlio

Nel capitolo 1 è stato ampiamente trattato il modo in cui l’allontanamento dal genitore possa essere vissuto dal figlio e sono state prospettate le gravi conseguenze che possono portare, anche nel lungo periodo, alla trasgressione o a comportamenti depressivi dei figli- vittime indirette. Quindi prevenire i disturbi del minore è ciò che giustifica tutte le azioni condotte nell’ottica di mantenere le relazioni tra il bambino e il genitore che si trovi detenuto.

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Purtroppo i diversi aspetti che caratterizzano la genitorialità in detenzione risultano affievoliti ed allentati, se non addirittura, in alcuni casi, compromessi; in particolare tre delle funzioni principali della genitorialità vengono meno, ovvero: 1)la funzione protettiva, poiché il genitore è impossibilitato nel continuare a mettere in atto una relazione di accudimento con il bambino; 2) la funzione affettiva, quindi la sfera emotiva che inevitabilmente la distanza ostacola: 3) la funzione normativa, ovvero la capacità di fissare da parte del detenuto/a dei limiti e delle regole in funzione dell’educazione del figlio minore.

È chiaro che la detenzione rappresenti un ostacolo ai rapporti interpersonali, specie ai rapporti genitore-figlio e a volte è necessario sostenere il genitore stesso affinché assuma a pieno il proprio ruolo, in quanto se questo non accade il confronto con il figlio può portare a diversi altri disturbi.

Spesso, inoltre, subito dopo l’arresto del genitore intervengono una serie di fenomeni e di situazioni che ostacolano gli incontri, anche per lunghi periodi, con la prole e di conseguenza si rende necessario neutralizzare ed eliminare i seguenti ostacoli:

- La famiglia. Il primo ostacolo pare avere origini familiari. Uno studio inglese72 mostra che circa la metà delle coppie si separa dopo un anno di detenzione di uno dei genitori, per cui, la maggior parte dei padri detenuti, non riesce a vedere ed incontrare i propri figli proprio a causa della separazione con la madre.

Allo scopo di superare tale “ostacolo” il nostro Ordinamento prevede addirittura che il Giudice del Tribunale della famiglia possa

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incaricare espressamente gli operatori sociali di “prelevare” il minore dalla casa della madre per consentirne il colloquio con il genitore detenuto, al di là delle resistenze materne. Quindi, in questo caso, la legge consente al genitore detenuto di fare appello al Giudice della famiglia proprio allo scopo di favorire il colloquio con il figlio.

In questo ambito si tratta del più frequente e difficile ostacolo da eliminare poiché si richiede una particolare capacità di intervento in dinamiche familiari e come tali delicate, spesso caratterizzate da rabbia, odio, violenze e rancore. Tra l’altro, se il bambino non incontra il genitore detenuto non solo si rallenta la presa di coscienza del bambino riguardo la sua situazione familiare, ma viene meno il ruolo genitoriale e, di conseguenza, l’attaccamento del bambino a quel genitore con inevitabili ed ulteriori ricadute. Il risultato più immediato è la perdita di legittimazione come genitore.

- L’ostacolo giudiziario. Questo ostacolo è oggi meno frequente rispetto al passato, ma pur tuttavia esistono dei casi di divieto da parte dell’Autorità Giudiziaria per il genitore che voglia vedere i propri figli.

In questo ambito i divieti provengono soprattutto dalla Procura, come nel caso in cui, ad esempio dopo una condanna, l’imputato faccia appello al Giudice per non aver precedentemente richiesto l’autorizzazione al diritto di visita per cui la materia a rilasciare l’autorizzazione necessaria non è più di competenza del Giudice Istruttore, ma appunto della Procura presso il Tribunale che, solitamente, la nega.

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In situazioni del genere è di tutta evidenza che gli operatori sociali debbano lavorare con più azioni di convincimento: nei confronti dei magistrati stessi ai quali viene rappresentata la necessarietà della funzione colloquiale, oltre che di inevitabile supporto nei confronti del genitore detenuto al quale il colloquio non è ancora consentito. - L’ostacolo amministrativo. Nel momento in cui, a seguito di carcerazione del genitore sussistano le motivazioni per procedere all’affidamento del minore, la visita di quest’ultimo deve essere autorizzata dall’autorità amministrativa incaricata dell’affidamento che spesso effettivamente la autorizza. Il problema in questo ambito è che però la procedura è talmente lenta che, a volte, le visite vengono concesse addirittura quando il genitore torna in libertà. - Il problema economico. A volte il carcere in cui si trova il genitore

detenuto si trova distante dalla casa in cui vive il minore, per cui diventa difficile raggiungere il luogo di detenzione, ancora di più allorché se la famiglia versa in disagiate condizioni economiche. - Gli ostacoli psicologici. Può presentarsi il caso in cui sia lo stesso

genitore a non voler ricevere la vista del proprio figlio: ciò succede non tanto per evitare la paura che il carcere può incutere al minore, quanto per il sentimento di vergogna che il genitore stesso prova, trovandosi nella condizione di reclusione. Occorre tenere presente che soprattutto quando il genitore non è in grado di ammettere e confessare neppure a sé stesso la propria condizione carceraria, che per lui diventa ancora più difficile relazionarsi con il figlio, per cui può essere utilizzato il pretesto che non sia giusto far conoscere ai propri figli il carcere.

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Moltissimi di questi detenuti si convincono che sia giusto così e, nel caso questo rifiuto avvenga nei primissimi mesi di detenzione, sarà poi molto difficile aiutarli a modificare tale convinzione in seguito. Per ognuno di questi ostacoli gli operatori sociali devono farsi carico di reperire i fondi necessari e gli strumenti adeguati (educativi, psicologici, giuridici, di mediazione) per superarli. E si rende necessario assicurarsi anche delle adeguate condizioni fisiche dell’incontro colloquiale, poiché l’ambiente di detenzione è di per se particolarmente angosciante73.

In molte carceri le visite dei bambini non avvengono in luoghi concepiti appositamente! A tal proposito, ad esempio, l’associazione Bambini senza sbarre ha creato nel carcere San Vittore a Milano spazi all’interno dei quali i bambini possano trovare oggetti a loro familiari, quali giochi che conoscono, per sentirsi meno estranei all’ambiente nel quale loro malgrado vengono a contatto e per ricreare situazioni di vita quotidiane con i loro genitori.

Se il contesto carcerario risulta adatto a queste relazioni, il ruolo di genitore verrà svolto in modo stimolante per il bambino, viceversa un ambiente inadeguato ed opprimente avrà un impatto negativo sull’attaccamento genitore-figlio, poiché il genitore si convince che sarebbe meglio per il bambino essere altrove e questa sensazione fa sì che egli non mostri il necessario affetto nei confronti del bambino.

Oltre l’ambiente “fisico” dell’incontro bisogna cercare soprattutto di garantire l’aspetto qualitativo della relazione, di modo che sia il genitore che il figlio ne risultino soddisfatti. Un genitore detenuto è un genitore in

73 Stessa cosa non potrebbe dirsi delle carceri olandesi che somigliano a motel e le celle sembrano camere d’albergo.

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seria difficoltà e il bambino che lo incontra pensa di vivere un qualcosa di straordinario, per cui non si tratta di un incontro semplice ed a volte può diventare addirittura doloroso e bisogna saper intervenire affinché ciò non accada.