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La determinazione dei collegi elettorali

Come anticipato, l’art. 3 della legge, nel disciplinare la determinazione dei col- legi elettorali, innova profondamente la disciplina consolidatasi nel corso dell’espe- rienza del maggioritario a partire dal 1993, che vedeva nel Parlamento il dominus della procedura.

Nell’impianto originario della legge, al Senato sono previste venti circoscrizio- ni elettorali, divise in 116 collegi uninominali e in un numero imprecisato di collegi plurinominali. Alla Camera, le circoscrizioni sono invece ventotto, divise in 232 collegi uninominali e, analogamente al Senato, in un numero imprecisato di collegi plurinominali. La determinazione dei collegi è rimessa ad un decreto legislativo da emanarsi nel termine di trenta giorni dall’entrata in vigore della legge, il quale fissa, altresì, il numero dei collegi plurinominali.

La scelta dello strumento ex art. 76 Cost. pone una preliminare questione rela- tiva alla compatibilità di essa con il dettato dell’art. 72, ultimo comma Cost., nella parte in cui prevede per le leggi in materia elettorale una riserva di assemblea. L’interpretazione della disposizione consolidatasi nella dottrina prevalente e nella prassi è nel senso che tale divieto operi come vincolo procedurale una volta che il Parlamento abbia deciso di intervenire in subjecta materia con legge, ma non possa essere esteso fino al punto di ritenere che esso ponga una riserva di legge formale; l’art. 72, in altri termini, inciderebbe solo sul procedimento legislativo da utilizzare qualora la disciplina elettorale sia posta con legge, senza che ciò escluda l’intervento di atti con forza di legge.

La tesi prevalente è stata di recente sottoposta a vaglio critico proprio in rife- rimento all’impiego della delega legislativa da parte della legge n. 165 del 2017. Si è sostenuto2 che la ratio dell’art. 72, ultimo comma, è evidentemente quella di garanti- re, in materie particolarmente delicate dal punto di vista politico, la trasparenza dei processi decisionali e il coinvolgimento delle opposizioni parlamentari. Sicché, la previsione si tradurrebbe, evidentemente, in un monumento all’inutile se tali garan- zie potessero essere poste nel nulla dalla scelta di intervenire su tali materie con atti aventi forza di legge. In altri termini, o l’art. 72 ultimo comma non ha senso, oppu- re esso deve ritenersi espressione di una riserva di legge formale in materie così sensibili da richiedere l’intervento del Parlamento nelle sue forme più garantistiche. Sotto altro profilo, è evidente che la determinazione dei collegi elettorali rientra nella nozione di “materia elettorale”, alla luce della circostanza, già evidenziata, che

2 D.CASANOVA, La delega legislativa per la determinazione dei collegi elettorali: profili critici di metodo e di

la determinazione del collegio incide significativamente sulla portata rappresentati- va del meccanismo di traduzione dei voti in seggi.

Ne consegue che la previsione della determinazione dei collegi elettorali me- diante decreto legislativo pone dubbi di coerenza con la ratio dell’art. 72, ultimo comma, Cost., e segna una non irrilevante contraddizione nel quadro complessivo della legge alla luce della circostanza che la modifica dei collegi è rimessa al Parla- mento, sia pure mediante la previsione di una iniziativa legislativa riservata al Go- verno (art. 3, co. VI legge n. 165 del 2017).

Il citato art. 3 detta i principi e i criteri direttivi che debbono vincolare l’eser- cizio della delega. Essa prescrive, innanzi tutto, collegi particolarmente piccoli, tali che a ciascuno sia assegnato un numero di seggi compreso tra due e otto al Senato e tra tre e otto alla Camera. La scelta del legislatore si ripercuote sull’effettività della rappresentanza, poiché, come visto, il sistema elettorale proporzionale, che, come meglio si dirà, nella disciplina legislativa determina l’elezione dei candidati nei col- legi plurinominali, risulta effettivamente proiettivo della composizione politica dell’elettorato solo all’interno di collegi cui è attribuito un numero sufficientemente ampio di seggi. Peraltro, si è osservato che nella disciplina legislativa di cui al citato art. 84 del d.P.R. n. 361 del 1957 la preferenza espressa in un determinato collegio può determinare l’assegnazione del seggio ad un candidato presentatosi in un altro collegio plurinominale, ciò che esclude, evidentemente, la conoscibilità per l’elet- tore del candidato al quale giova la sua preferenza3. La previsione legislativa di col- legi assai ridotti appare dunque mortificare la logica proiettiva che dovrebbe ispira- re un sistema elettorale proporzionale, ed appare perciò razionalmente inconciliabi- le con il modello prescelto.

La legge prevede altresì che, per la Camera, “la formazione dei collegi unino- minali è effettuata adottando come riferimento, ove possibile, le delimitazioni dei collegi previste dal […] decreto legislativo n. 535 del 1993” previsione, in verità, scarsamente comprensibile non solo perché il decreto richiamato disciplinava i col- legi uninominali per l’elezione del Senato, ma, altresì, perché la definizione di tali collegi è evidentemente intervenuta sulla base di criteri demografici e territoriali vecchi di venticinque anni, della cui attualità è dunque ragionevole dubitare4.

La legge stabilisce poi che la popolazione di ciascun collegio (uninominale o plurinominale) può discostarsi dalla media della popolazione dei collegi della relati- va circoscrizione di non oltre il 20% in eccesso o in difetto (art. 3, co. I, lett. c). Questa percentuale è stata ritenuta eccessivamente ampia, suscettibile di determina-

3 L. SPADACINI, La proposta di riforma elettorale all’attenzione del Senato: alcuni dubbi di illegittimità costi-

tuzionale, 5.

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re abusi sotto il profilo della delimitazione “su misura” di singoli collegi, incidendo sul risultato elettorale5.

Nella determinazione dei collegi, il Governo deve inoltre garantire la coerenza del bacino territoriale e la contiguità del territorio di ciascun collegio (salvo il caso in cui il collegio contenga porzioni insulari), anche tenendo conto delle unità am- ministrative presenti nel collegio stesso; tra l’altro, non può suddividere il territorio comunale, salvo il caso di Comuni che, per l’elevata densità demografica, siano su- scettibili di essere ripartiti in più collegi.

Infine, il decreto legislativo deve assicurare l’omogeneità del collegio sotto il profilo economico-sociale e storico-culturale.

A proposito della circoscrizione Friuli-Venezia Giulia è stabilito che uno dei collegi debba costituirsi favorendo i candidati espressione della minoranza lingui- stica slovena, in ottemperanza al disposto dell’art. 6 Cost. Si è, tuttavia, osservato che la previsione derogatoria ha consentito una determinazione di collegi eccessi- vamente sproporzionata (il collegio n. 4 ha quasi il doppio degli elettori del collegio n. 6), e ha profondamente inciso, in questa Regione, sul rapporto tra collegi uni- nominali e plurinominali, soprattutto per l’elezione del Senato (in cui sono previsti sei seggi da eleggere nei collegi uninominali e un solo seggio di recupero propor- zionale; alla Camera il rapporto è invece di sei a cinque)6. Di fatto, il sistema della legge ha consentito la creazione di un “feudo elettorale” a vantaggio della maggio- ranza che ha approvato la legge n. 165 del 2017, che vanta in questa Regione un elettorato particolarmente fidelizzato7.

Ai fini della determinazione dello schema di decreto legislativo, l’art. 3, co. III della legge istituisce una commissione presieduta dal Presidente dell’Istituto Na- zionale di Statistica e composta da dieci esperti in materia elettorale, senza oneri per lo Stato. Le funzioni della commissione non sono elencate dalla disposizione, sicché è da ritenere che i suoi compiti siano, in concreto, determinati dal Governo medesimo. Questo rilievo, unito alla circostanza che i membri della commissione (ad eccezione del Presidente) sono scelti dallo stesso Governo, rendono la com- missione un’articolazione di quest’ultimo e impediscono di configurarla come un organo ausiliario dotato di una significativa autonomia8.

5 D.CASANOVA, La delega legislativa, 204 ss., il quale corrobora i suoi rilievi critici in una prospet-

tiva comparata. La fissazione dello scarto tra i collegi nella misura del 20% costituisce un unicum che pone l’esperienza italiana in una posizione di innegabile anomalia.

6 Ancora D.CASANOVA, La delega legislativa, 208 ss. L’A. segnala che un’analoga sproporzione si

verifica anche nei seggi attribuiti alla Regione Molise. In termini analoghi, L. SPADACINI, La proposta di

riforma elettorale all’attenzione del Senato: alcuni dubbi di illegittimità costituzionale, 7.

7 Si confrontino le considerazioni di A.APOSTOLI, Il c.d. Rosatellum-bis. Alcune prime considerazioni, 8. 8 D.CASANOVA, La delega legislativa, 189; L. SPADACINI, La proposta di riforma elettorale, 8 ss. En-

trambi gli Autori osservano che la previsione di una commissione con funzioni ausiliarie era prevista già nella legge elettorale del 1993, in cui, però, la nomina dei componenti era rimessa ai Presidenti delle Camere; soluzione certamente più coerente nella prospettiva di garantire la terzietà della Com- missione.

Lo schema di decreto deve essere trasmesso alle Commissioni parlamentari competenti per materia, le quali hanno 15 giorni dalla trasmissione per esprimere un parere. Decorso infruttuosamente tale termine, il decreto può essere senz’altro emanato. Il parere non è vincolante per il Governo, che tuttavia, qualora non in- tenda recepirlo, deve inviare alle Camere una relazione adeguatamente motivata contestualmente alla pubblicazione del decreto.

La legge non chiarisce se il rispetto del termine di trenta giorni per l’esercizio della delega sia comprensivo dei quindici giorni previsti per il parere della Commis- sione o se questi si sommino al termine di cui all’art. 3, co. I. La prima soluzione sembra la più coerente con la formula utilizzata dalla disposizione (“Il Governo è delegato ad adottare, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, […] un decreto legislativo), sebbene tale interpretazione dimezzi, di fatto, il termine a disposizione del legislatore delegato per l’esercizio della delega dovendo egli lasciare alle Camere i quindici giorni previsti per l’espressione del loro parere9.

Come si è detto, per la revisione dei collegi determinati dal decreto legislativo l’art. 3, co. VI della legge prescrive l’intervento con legge ad iniziativa riservata al Governo.

Ai sensi dell’art. 2, co. I del d.P.R. n. 361 del 1957, non modificato dalla legge, l’assegnazione di seggi alle singole circoscrizioni e il riparto di essi nei collegi di cia- scuna circoscrizione è effettuata con decreto del Presidente della Repubblica da emanarsi contemporaneamente alla convocazione dei comizi elettorali10.

Come si è detto, la disciplina della determinazione dei sistemi elettorali è stata innovata a seguito dell’entrata in vigore della legge n. 51 del 2019. La ratio del provvedimento, espressa nella sua stessa rubrica, è l’adeguamento della normativa al disegno di legge costituzionale finalizzato alla riduzione del numero dei parla- mentari. Da questo punto di vista, la legge si inserisce nella tendenza (in verità, di dubbia correttezza istituzionale) ad anticipare sul piano della legislazione ordinaria gli effetti di una revisione costituzionale ancora in itinere, come una sorta di “scara- manzia costituzionale” per il buon esito della stessa che tuttavia, nell’esperienza precedente, non ha dato i risultati sperati. La legge n. 51 sostituisce dunque la de- terminazione del numero fisso dei seggi da attribuire nei collegi uninominali con una determinazione rapportata al numero dei parlamentari, in ragione di tre ottavi (art. 1). In tal modo l’applicazione della legge risulta indipendente dal numero dei parlamentari e, dunque, non necessiterebbe di ulteriori riforme nell’ipotesi di una riforma costituzionale che incidesse su di esso. L’art. 3 della legge, tuttavia, reca una delega al Governo per la determinazione dei collegi (uninominali e plurinomi- nali), “qualora, entro ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore della presente

9 D.CASANOVA, La delega legislativa, 195 ss.

10 La delega legislativa è stata attuata con il decreto legislativo n. 189 del 2017, che ha ridisegna-

to le circoscrizioni elettorali tanto per la Camera che per il Senato abrogando il precedente decreto n. 122 del 2015, adottato in ottemperanza alla delega contenuta nella legge n. 52 del 2015, che aveva disciplinato le circoscrizioni elettorali della sola Camera dei Deputati.

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legge, sia promulgata una legge costituzionale che modifica il numero dei compo- nenti delle Camere”. La soluzione adottata dal legislatore del 2019 ripropone i dubbi già oggetto di analisi nelle pagine che precedono e, in più, introduce una cu- riosa fattispecie di delega sospensivamente condizionata che potrebbe dar luogo a notevoli problemi pratici (nell’ipotesi in cui, ad esempio, una riforma costituzionale in tal senso fosse approvata successivamente ai ventiquattro mesi, ciò che rende- rebbe la delega inutiliter data).

3. La disciplina del sistema elettorale: la presentazione delle liste e l’espressione del voto