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Sistema dei partiti e indirizzo politico nella stagione del bipolarismo maggiorita-

2013)

In questo contesto si inserisce il fenomeno, già descritto, per cui la connota- zione ideologica del partito tende a sfumare, così come, naturalmente, la divergen- za in ordine al programma di Governo (che peraltro, come detto, è in larga misura incanalato nei parametri costituzionali e comunitari). Il partito si connota, dunque, in ragione della propria organizzazione assai più che dei contenuti cui essa dovreb- be essere servente20. È l’appartenenza alla struttura, assai più che l’opinione in or- dine a particolari problematiche (opinione in gran parte omogenea per tutto il cor- po elettorale, quale che sia la preferenza politica21), che identifica i membri del par- tito. Nel sistema costituzionale attualmente vigente, quale risultante dall’influenza dell’Unione Europea ma, altresì, dai centri di potere della finanza internazionale, il Governo della Repubblica presenta margini di discrezionalità politica limitatissimi; in larga misura, esso assume la funzione di esecutore più o meno fedele di scelte politiche maturate in sedi sovranazionali: ne è prova la tendenziale omogeneità del- le politiche economiche e sociali degli esecutivi che si sono avvicendati nell’espe- rienza costituzionale più recente. Come si è rilevato, il riconoscimento di tali circui- ti decisionali, nonché l’adesione a tali scelte, “scolora” la connotazione politica dei partiti che aspirano a funzioni di governo, dando ad essi, per altro verso, la possibi- lità di accedere all’area di governo senza pregiudizi di carattere politico o ideologi- co. I Ministri traggono la propria legittimazione politica non dall’espressione di una determinata ideologia, che costituisce un dato esogenamente determinato accettato così dalla maggioranza come dall’opposizione (o da gran parte di essa), ma dalla loro appartenenza ad una struttura organizzativa. Attraverso la loro adesione alle decisioni politiche suggerite o, talvolta, imposte in tali sedi decisionali, i partiti na- zionali le legittimano conferendo ad esse una veste formale di democraticità, e al contempo traggono da esse la propria legittimazione a governare, liberi della neces- sità di esprimere una propria ideologia e, dunque, di tradurla in concreti provvedi- menti di governo.

Ne consegue che il Governo si caratterizza dunque per una morfologia essen- zialmente autoreferenziale. In tale contesto, il partito si presenta al corpo elettorale

20 P. CIARLO, Mitologie dell’indirizzo politico e identità partitica, 159 ss. Si tratta di un fenomeno che si

è ulteriormente accentuato nella fase della storia costituzionale successiva al crollo del muro di Berli- no e alla scomparsa dei partiti che avevano dominato la scena politica fino a quel momento.

21 Sarebbe interessante ragionare delle cause di tale omogeneità, sebbene ciò coinvolga compe-

tenze che vanno oltre la prospettiva del giurista puro. Certamente, una di tali cause è la tendenza del sistema politico a “costruire” problemi sociali la cui rilevanza pratica è, alla prova dei fatti, assai mo- desta. Si pensi alla questione dell’immigrazione, che è senz’altro una delle politiche principali del Go- verno della XVIII legislatura, sulla quale si misura un certo grado di consenso da parte del corpo elet- torale, sebbene l’Italia sia uno dei Paesi europei con il minor tasso di immigrazione, di guisa che l’attenzione a tale “emergenza” è, forse, esagerata.

non tanto facendo leva sulle peculiarità del suo programma, quanto su quelle delle sue forme esteriori, e sull’asserita superiorità di essa su quella dell’avversario in termini di capacità politica, di fedeltà al principio democratico, di onestà, ecc. Ciò accentua la dicotomia amico-nemico all’interno del gioco politico22, perché l’atte- nuarsi della polarizzazione ideologica è bilanciata dall’acuirsi di quella tra le forme di comunicazione politica, al fine di mantenere la specificità rispetto agli altri parti- ti. In altri termini, il paradosso della neutralizzazione delle ideologie è che essa acuisce lo scontro tra le forze partitiche, perché la polemica sostituisce il confronto sui programmi23.

Il fenomeno, che sia pure in misura meno evidente appare riferibile sin dagli anni ’7024 (come evidenziato dal largo consenso con cui erano approvate le c.d. “leggine”) è facilmente verificabile osservando la prassi costituzionale dal 1993 al 2013. In questo periodo, l’introduzione del sistema elettorale maggioritario ha reso necessarie aggregazioni tra forze politiche talvolta poco omogenee, le quali hanno dovuto omologarsi dal punto di vista ideologico al fine di permettere la sopravvi- venza della coalizione. La “convergenza verso il centro” all’interno di ciascuna coa- lizione ha ridotto, in qualche misura, il grado di polarizzazione complessiva del si- stema; ma questo ha determinato una situazione di tendenziale incomunicabilità tra i reciproci schieramenti e il tramonto di talune consuetudini e convenzioni costitu- zionali ispirate da una logica di raccordo con le forze avverse25.

Queste considerazioni impongono una rivisitazione della categoria dell’indi- rizzo politico e della sua distinzione rispetto all’indirizzo amministrativo ex art. 95, co. I Cost. Una volta che il partito politico si connota in ragione della sua struttura, di guisa che ne sfuma la matrice ideologica, anche il concetto di indirizzo politico deve essere traslato dal piano contenutistico a quello strutturale: per cui, esso deve intendersi essenzialmente come il grado di partecipazione del singolo partito agli organi costituzionali che svolgono le funzioni pubbliche più elevate e, in particola- re, le funzioni discrezionali di attuazione delle prescrizioni costituzionali e comuni- tarie: vale a dire, essenzialmente, del Governo e del Parlamento26.

Sembra possibile sostenere che lo spostamento della caratterizzazione del par- tito dal programma alla struttura determina, altresì, il passaggio da una connotazio- ne programmatica dell’indirizzo politico ad una strutturale. Tale fenomeno ha con-

22 C.SCHMITT, Il concetto di politico, 103 ss. 23 G. FERRARA, Il governo di coalizione, 26 ss.

24 Il saggio di G. Ferrara citato alla nota precedente, che ha analizzato per la prima volta tale

connotazione del sistema partitico, è del 1973.

25 Come la convenzione costituzionale di attribuire la presidenza della Camera dei Deputati

all’opposizione.

26 Governo e Parlamento, in quanto organi che traggono la loro legittimazione dalla medesima

realtà, ossia il sistema dei partiti, operano dunque come una struttura essenzialmente unitaria. Si tratta di un fenomeno il cui studio andrebbe troppo oltre la prospettiva del presente lavoro e deve qui esse- re, pertanto, data per presupposta.

EGEMONIA DEI PARTITI POLITICI E FORMA DI GOVERNO 87

dotto alla proliferazione di quel fenomeno che si suole definire con l’espressione di “governo tecnico”: il quale fa espressamente leva sul carattere esecutivo di scelte politiche non riconducibili al governo stesso, e, per altro verso, si compone di Mi- nistri il cui legame con il sistema dei partiti assume un ruolo assolutamente secon- dario (il che appare dimostrato dall’ampio consenso di cui godono i Governi che si autodefiniscono in tal guisa)27. Nell’esperienza costituzionale più recente, la distin- zione tra Governi tecnici e Governi politici appare, in verità, sfuggente, sia per la sostanziale continuità che caratterizza i provvedimenti adottati, sia per l’ampia maggioranza che ha appoggiato tali esecutivi, tale da coinvolgere quasi tutte le for- ze politiche rappresentate in Parlamento28.

Sul piano funzionale, il rafforzamento dell’egemonia della maggioranza favori- to dal sistema elettorale maggioritario ha concentrato l’attività di determinazione dell’indirizzo politico nel Governo, mortificando il ruolo del Parlamento quale sede di dialogo tra la coalizione egemone e le opposizioni. Tale circostanza ha trovato realizzazione in ragione della trasformazione di alcuni istituti, disciplinati quali fat- tispecie eccezionali, in procedure “normali” di esplicazioni dei processi decisionali. Ci si riferisce, in particolare, ai noti casi del ricorso agli atti con forza di legge e alla questione di fiducia, i quali a partire dalla metà degli anni ’90 hanno trovato un’applicazione sempre più vasta che ha cambiato profondamente il volto della forma di governo torcendo in misura significativa i dati positivi costituzionali. A tale prassi ha cercato di porre un freno la giurisprudenza costituzionale, che tutta- via non è riuscita a modificare la situazione di vassallaggio delle Camere all’attività di Governo senza precedenti nella storia costituzionale repubblicana.