• Non ci sono risultati.

Partiti e forma di governo

Le considerazioni che precedono costituiscono una prospettiva dalla quale esaminare il ruolo dei partiti politici nel contesto dei rapporti tra gli organi costitu- zionali, ossia della forma di governo. Tale rapporto è riconducibile non soltanto al parametro normativo astrattamente considerato, ma altresì ai concreti rapporti tra gli attori politici in un determinato momento storico (c.d. prassi costituzionale), per cui la forma di governo è un concetto suscettibile di variare nel tempo, costante per i soli profili espressamente disciplinati dalla Costituzione103.

Nei limiti di tale regolazione normativa, tali rapporti sono cristallizzati e, dun- que, immutabili fino all’eventuale intervento di una revisione costituzionale. Tutta- via, i medesimi rapporti risultano, altresì, condizionati dall’egemonia che i partiti esercitano sugli ordinamenti giuridici degli organi rappresentativi, nei termini di cui si è detto. Tale egemonia dà luogo ad una serie di prassi e di convenzioni che, non meno del dato normativo costituzionale, contribuisce a determinare il concreto at- teggiarsi della forma di governo.

Questa circostanza è stata particolarmente sottolineata dall’autorevole dottrina che osservava come i modelli parlamentari affermatisi nel contesto dello Stato bor- ghese siano stati profondamente trasformati a seguito dell’erompere dei partiti di massa e della loro efficacia condizionante sulle strutture dello Stato stesso104. La

102 H. KELSEN, Essenza e valore della democrazia, 72. 103 E. CROSA, Sulla classificazione delle forme di governo, 441 ss. 104 M.S.GIANNINI, Prefazione, 304 ss.

IL PROBLEMA GIURIDICO DELLA RAPPRESENTANZA POLITICA 33

“purezza” delle forme giuridiche costituzionali viene dunque ad integrarsi con l’ordinamento delle forze partitiche, che trasforma taluni dei postulati logici alla ba- se del costituzionalismo borghese tra cui, a titolo di esempio, quello della separa- zione dei poteri: gli organi rappresentativi sono, in effetti, assoggettati all’influenza delle forze politiche egemoni, ciò che le rende un continuum unitario i cui rapporti dipendono dalle relazioni instaurate tra i partiti egemoni105.

Ne consegue che la forma di governo costituisce la risultante di una serie di regole, talune delle quali cristallizzate nella Carta fondamentale e, pertanto, stabili nei limiti in cui la Decisione costituente è stabile per previsione normativa ovvero per il “comune sentire” delle forze politiche, altre cangianti in funzione del diverso modellarsi del sistema dei partiti e delle reciproche interazioni nel corso del tempo.

Sicché, il sistema partitico costituisce un elemento strutturale della forma di governo, in quanto fattore di legittimazione degli organi costituzionali rappresenta- tivi e, pertanto, capace di influenzarne le relazioni e l’attività106. Ne deriva, altresì, che la legge elettorale, quale atto attraverso cui si determina e si estrinseca l’egemo- nia dei partiti, costituisce a sua volta una variabile essenziale della forma di gover- no, ancorché formalmente non tradotta in formule costituzionali, a cui si riconnet- te naturalmente un’efficacia conformativa della stessa forma di governo e, in qual- che misura, del rapporto tra la legittimazione degli organi rappresentativi e la col- lettività politica complessivamente intesa.

Tale impostazione, a lungo pacifica, è stata recentemente criticata sulla base della constatazione che i rapporti tra gli organi costituzionali risultano condizionati da diversi gruppi di pressione, per cui sarebbe arbitrario circoscrivere ai soli partiti l’inserimento nella forma di governo: sicché, il ragionamento su tale problematica deve circoscriversi al solo dato positivo, tralasciando, dunque, i fattori di condizio- namento esterni; l’indagine finisce, così, col concentrarsi sui soli profili strutturali, tralasciando quelli funzionali107. L’opinione, tuttavia, per quanto autorevole, non può essere accolta. Non può non convenirsi sulla premessa che il ragionamento giuridico deve limitarsi all’esame dei dati positivi, evitando di valorizzare eccessi- vamente il ruolo delle prassi e delle convenzioni al fine di non ridurre il ruolo del giurista a quello di storico o di sociologo108. Ma proprio il diritto positivo offre ri- levanti argomenti a favore dell’inserimento del sistema partitico tra gli elementi co- stitutivi della forma di governo. Invero, solo ai partiti politici (e non anche ai grup- pi di pressione) la Carta rimette la fondamentale funzione di legittimare gli organi politici democratici, selezionandone i funzionari e definendone le linee di condotta

105 G.LEIBHOLZ, Strukturprobleme, 299. 106 L.ELIA, Governo (forme di), 638 ss. 107M.LUCIANI, Governo (forme di), 553 ss.

108G.LEIBHOLZ, Strukturprobleme, 279 ss. Contra, tuttavia, G.CAPOGRASSI, La nuova democrazia di-

retta, 420 ss.; G.GUARINO, Lo scioglimento, 268 ss. Si tratta di una disputa sul metodo del diritto costi- tuzionale che non può, naturalmente, essere affrontata nel presente lavoro.

mediante la determinazione della politica nazionale109: ciò appare dimostrato dalla storia costituzionale dell’ultimo ventennio, nella quale uno dei protagonisti politici principali è stato un gruppo di potere economico che, per realizzare i propri inte- ressi, ha dovuto soggiacere ad un processo di “trasfigurazione […] in istituzione della rappresentanza politica”110. Intanto gli organi democraticamente legittimati possono operare, nel modello costituzionale, in quanto sottoposti all’influenza – o, se si preferisce, all’egemonia – delle forze partitiche111. Tale ruolo è implicitamente ammesso dalla stessa dottrina in esame che, correttamente, inserisce il sistema elet- torale (ossia la forma giuridica attraverso la quale si traduce l’egemonia dei partiti sulle istituzioni rappresentative) tra gli elementi essenziali della forma di governo112. Le considerazioni svolte introducono la problematica, che sarà ripresa nel luo- go opportuno, relativa alla previsione normativa del primato dei partiti sui gruppi di pressione, ossia del primato della politica sugli interessi settoriali e, in particolare, sugli interessi economici riferibili a poteri privati determinati. Può sin d’ora antici- parsi che, ai sensi degli artt. 1 e 48 Cost., il fenomeno dei gruppi di pressione si col- loca nella sfera del giuridicamente indifferente e può, dunque, considerarsi senz’altro lecito, ma tenendo fermo che è il partito l’istanza che, per espressa previ- sione costituzionale, detiene le redini della decisione. Se il sistema partitico rinun- ziasse a tale ruolo a vantaggio dei gruppi di pressione stravolgerebbe il disegno del- la Carta e contraddirebbe il modello democratico che i Padri Costituenti ci hanno consegnato.

109 F.ZAMMARTINO, Partiti, sistemi elettorali e crisi della democrazia rappresentativa in Italia, 167 ss. 110 F.BILANCIA, La crisi dell’ordinamento giuridico dello Stato rappresentativo, 174.

111G.LEIBHOLZ, Strukturprobleme, 72 ss. 112M.LUCIANI, Governo (forme di), 572.

CAPITOLO II

IL SISTEMA ELETTORALE E LA TRADUZIONE GIURIDICA DELL’EGEMONIA NELLA COSTITUZIONE