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La razionalizzazione giuridica del rapporto di fiducia

Nello Statuto Albertino il rapporto fiduciario era rimesso ad un sistema di re- gole consuetudinarie che ne valorizzavano la natura prettamente politica. La Costi- tuzione italiana ha operato la diversa scelta di razionalizzare taluni aspetti di tale rapporto, ossia di ricondurne taluni profili a regole di diritto positivo che orientino la scelta del Capo dello Stato verso soluzioni che ricevano il consenso delle Camere e consentano al Governo di operare17. Tali aspetti si sostanziano, come accennato, nella previsione di termini attinenti alla votazione fiduciaria (uno acceleratorio di dieci giorni per la mozione di fiducia e uno dilatorio di tre giorni per quella di sfi- ducia), l’obbligo di motivazione delle mozioni relative alla fiducia parlamentare, la “trasparenza rafforzata” (mediante la votazione per appello nominale) delle relative procedure e, per quanto concerne la mozione ex art. 94, ultimo comma, Cost., la previsione di un quorum di presentazione di almeno un decimo dei componenti l’Assemblea parlamentare.

Il termine ex art. 94, co. III Cost. assolve alla funzione di consentire al Gover- no la predisposizione di un programma sul quale realizzare la convergenza di una maggioranza. Si ritiene che tale termine sia perentorio18, sebbene la disposizione citata sia una lex imperfecta che non prevede per l’inosservanza del termine alcuna conseguenza. Il silenzio della Costituzione induce a rimettere l’opportunità di una sanzione ad un giudizio meramente politico delle Camere; ne consegue che la pre- sentazione oltre i dieci giorni a cui consegua la deliberazione della fiducia non infi-

17 G.FERRARA, Il Governo di coalizione, 98 ss.; M.OLIVETTI, La questione di fiducia, 94 ss. 18 M.OLIVETTI, La questione di fiducia, 94 ss., e bibliografia ivi citata.

RAPPORTO FIDUCIARIO E RAZIONALIZZAZIONE GIURIDICA DELL’EGEMONIA 113

cia la legittimità del Governo. È chiaro, comunque, che al Governo in attesa di fi- ducia resta preclusa ogni attività che ne chiami in causa la responsabilità politica, pertanto l’eventuale ritardo ha l’effetto di prolungare il periodo entro il quale l’Esecutivo può compiere soltanto atti di ordinaria amministrazione. La questione è, comunque, meramente accademica perché la formazione della coalizione ege- mone precede, nella prassi, il momento della nomina del Governo, in ragione della presentazione di una maggioranza determinata già al momento della consultazione elettorale (come nell’esperienza del bipolarismo maggioritario) ovvero dell’esito delle consultazioni da parte del Capo dello Stato. La procedura di consultazione, in particolare, sottratta a qualsivoglia regolamentazione giuridica, riporta la ricerca della maggioranza nell’alveo dei rapporti tra le forze politiche, privando di ratio il termine di presentazione alle Camere: all’atto del giuramento il Governo è dunque già espressione di un patto di coalizione19.

Considerazioni analoghe possono essere svolte a proposito dell’obbligo di motivazione, che nelle intenzioni del Costituente avrebbe dovuto connettere la vo- tazione fiduciaria ad un impegno programmatico della coalizione egemone e che invece si realizza, normalmente, mediante il rinvio alle dichiarazioni programmati- che del Presedente del Consiglio, secondo forme del tutto analoghe alla prassi sta- tutaria. L’obbligo di motivazione esprime, comunque, il carattere unitario ed indivi- sibile dell’oggetto della delibera, tale che le Camere non possono negoziarne i con- tenuti accogliendone alcuni e respingendone altri. La previsione costituisce un limi- te per le forze politiche che intendano aderire alla coalizione egemone successiva- mente alla sua formazione: o il patto di coalizione viene accettato in blocco, oppu- re è rifiutato. La previsione non opera invece per le forze che intendano prestare il c.d. “appoggio esterno” alla maggioranza, non istituzionalizzando la propria ade- sione mediante l’ingresso nella compagine governativa ed essendo quindi libere di ritirare il proprio appoggio in relazione a singole vicende senza assumersi davanti ai propri elettori la responsabilità di una crisi istituzionale.

Del terzo aspetto che si è individuato della razionalizzazione giuridica della fi- ducia, la previsione di una modalità di votazione particolarmente trasparente (l’appello nominale), si è già detto.

L’ultimo profilo investe il quorum di presentazione della mozione di sfiducia. La previsione costituisce una considerazione normativa dell’opposizione parlamen- tare come soggetto politico autonomo: la messa in discussione del rapporto fidu- ciario nelle forme della deliberazione parlamentare non è una facoltà dei singoli funzionari, bensì un’attribuzione che investe una forza politica, a fortiori dissenzien- te dalla coalizione egemone, che tuttavia detenga il controllo di almeno un decimo di ciascuna Camera; il quorum è analogo a quello previsto per la remissione in as- semblea dei disegni di legge attribuiti alle Commissioni parlamentari in sede delibe-

19 Patto che il Governo in carica, come già detto, ha persino ridotto per iscritto nelle forme di

rante (art. 72, co. III Cost.). Ne deriva che, nel disegno costituzionale, la nozione giuridicamente significativa di opposizione ne richiede la rappresentatività politica in ragione di almeno un decimo della consistenza delle Assemblee parlamentari. Tale rilevanza giuridica si estrinseca nelle facoltà di cui ai citati artt. 72, co. III e 94, ultimo comma, Cost.; al di fuori di tale ipotesi, la Corte costituzionale20 ha escluso che l’opposizione parlamentare possa avere rilievo quale soggetto di diritto unita- rio, rilevando la limitazione dell’egemonia della coalizione di Governo in rapporto ai singoli parlamentari. Sul punto si avrà modo di svolgere qualche ulteriore consi- derazione nel capitolo che segue.

Come si è detto, la mozione di sfiducia può essere discussa al decorso del ter- mine dilatorio di tre giorni. La previsione ha la ratio di consentire alla coalizione egemone di ricompattare i propri ranghi, al fine di scoraggiare votazioni fondate su circostanze contingenti: la votazione della mozione di sfiducia, nella disciplina co- stituzionale, richiede un confronto ponderato, finalizzato ad accertare l’effettiva crisi del patto di coalizione21.

Anche la disciplina della mozione di sfiducia, tuttavia, ha avuto una rilevanza marginale nella storia costituzionale, ed è stata indirizzata, nell’unica ipotesi in cui ha avuto esito positivo, verso un singolo Ministro. La vicenda fu, peraltro, peculia- re perché lo strumento era utilizzato dalla stessa coalizione di maggioranza, il cui indirizzo politico era ritenuto in contrasto con l’operato del Ministro, e non in anti- tesi ad essa come, invece, la disciplina costituzionale lo disegna. Nella storia della Repubblica nessun Governo ha rassegnato le dimissioni all’esito del procedimento

ex art. 94, ultimo comma, Cost. La crisi della coalizione egemone si è consumata

sempre all’interno delle forze politiche, e si è tradotta nella presentazione delle di- missioni indipendentemente da qualsivoglia attività del Parlamento, anche quando la Presidenza della Repubblica ha tentato, infruttuosamente, di rimettere la crisi di Governo al cospetto delle Camere.

Dalle considerazioni che precedono consegue che la razionalizzazione giuridi- ca del rapporto fiduciario ha dato una modesta prova, perché le vicende del rap- porto di fiducia hanno coinvolto, essenzialmente, la dimensione puramente politi- ca, essendo il momento istituzionale meramente formale e in larga misura superato da prassi che mortificano la ratio delle previsioni costituzionali.