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Non è detto ch’egli avesse avuto procura da loro e nemmeno che avesse promesso di ottenere la ratifica del suo operato Ciò è tanto più sospetto, in quanto

Capitolo prim o

14 Non è detto ch’egli avesse avuto procura da loro e nemmeno che avesse promesso di ottenere la ratifica del suo operato Ciò è tanto più sospetto, in quanto

che nella convenzione testé conclusa con Genova (Ca is de Pie r l a s, Statuts, p. 119 e sgg.) lo aveva fatto pure per i suoi fratelli; in essa sono nominati soltanto Gu­ glielmo Peire e Pietro Balbo. Guglielmino aveva consentito che essi ratificassero la convenzione entro un mese dal loro arrivo a Genova o alla contea.

Guglielmo Peire è colui che più tardi sposerà la figlia dell’imperatore greco, e forse allora era già in Romania; v. sopra, cap. I. Pietro Balbo è probabilmente lo stesso menzionato nella convenzione del 23 febbraio (p. 147) e che poi si sarebbe

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e per tutti gli altri eredi. Le ulteriori disposizioni dimostrano che non si trattava di una donazione allo scopo di averne la restituzione in feudo come era invece avvenuto prima con Genova 1S. Se così fosse stato, non sarebbero state prese disposizioni tanto minuziose riguardo al modo di regolare la giurisdizione sui paesi della Provenza, conferita in cambio al conte. Simile fu il contenuto degli accordi stipulati- poco dopo dai conti Bonifazio e Giorgio, figli di Emanuele 16. In ogni caso buona parte di essi furono eseguiti17, e una porzione considerevole della contea cadde in do­ minio di Carlo d’Angiò. Decisamente antiche prerogative del Comune di Genova rimasero in tal guisa lese1S; i diritti di regalia, prima acquisiti, non potevano più essere fatti valere di fronte al potente successore dei conti. Una minaccia diretta stava nel fatto che Guglielmino aveva espressa- mente rinunziato a qualsiasi pretesa sopra Roccabruna, Monaco, S. Remo e Ceriana19 ; non risulta però che Carlo ne abbia profittato, come pure che il suo modo di procedere, anche in Piemonte, sia stato violento. Nè sembra ch’egli abbia impedito a Genova l’acquisto di altre parti della contea.

trovato in guerra con il Siniscalco di Carlo. E’ strano tra l’altro che il conte accenni solamente al territorio che era appartenuto a suo padre. Forse non ne era en trato in pieno possesso? Egli nomina una serie di castelli appartenenti a questo territorio, ma promette in fine di consegnarli e così anche il resto del paese, per quanto possa valere la sua influenza. E’ fatta pure parola di un omicida d un ra tello del conte, che però nel documento non è chiamato Manuel, come Gioffredo,

591, certo erroneamente, volle aggiungere a complemento.

15 L.J., I, 116. Cfr. Caro, Verf. Gen.,p. 13.

16 S te r n fe ld , Karl von Anjou, p. 144, nr. 3 b; Papon, III, p. 56, nota. Carlo non fece convenzioni con altri membri della famiglia dei conti; L.J., I, 1411, ne avrebbe fatto menzione.

17 Cfr. Gioffredo, 593 e sgg., sui giuramenti di fedeltà che furono prestati a Carlo, specialmente in Saorgio; per Sospello cfr. Alberti, Ist. della città di Sospetto,

p. 106. Sul fatto che in Provenza fossero stati realmente accordati dei possedimenti ai conti, cfr. Cais de Pierlas, Statuts, p. 13. Forse Pierre de Vintimille (L. Bar­

t h é l é m y, Invent, des chartes de Baux, p. 239) appartiene ai loro discendenti stan- ziativisi.

18 L.]., I, 200. Nel 1157, anche gli abitanti, fra altri, di Sospello (C espeel)

giurarono fedeltà al Comune; Saorgio (Saurcium) trovasi tra i luoghi che allora il conte Guido Guerra donava al Comune (ibid., I, 197). Ancora nel 1257 Guglielmino prometteva che i suoi sudditi e quelli di suo fratello avrebbero dovuto prestare giu­ ramento di fedeltà al Comune, al quale, e non a lui, essi avrebbero dovuto obbedire, se egli avesse mancato ai patti della convenzione.

19 C ais de P ie rla s , Statuts, p. 117.

Il trattato con Carlo d’Angiò e tentativo di Sim o n e Gr il l o

Il 24 novembre 1259, Pagano, marchese di Ceva, anche quale procu­ ratore della moglie Veirana 20 e di suo fratello Michele, vendette al capi­ tano Boccanegra, per conto del Comune, i castelli di Badalucco e di Bajardo per intero, Arma e Bussana per metà, tutto quello che il conte Oberto possedeva a Carpasio e Rezzo21, come pure la metà dei feudi, di cui egli poteva disporre nella Marca di Albenga e nella contea di Ventimiglia. Il prezzo totale fu di 2300 lire genovesi. Anche questo non fu certo un ac­ quisto simulato e i documenti consultati sulla presa di possesso ne danno prova sufficiente 22. Mediante questi acquisti e quelli che vi andavano an­ nessi 23, non solo venne impedito un ulteriore ingrandimento della potenza

20 L.J., I , 1298. Lo strumento di procura del 16 agosto 1258 vi è inserto a p. 1300 e sgg. ed è espresso in forma così generale, che non si può accertare con si­ curezza se fino da allora si fosse posto mente alla vendita; però, dalla menzione del Capitano possiamo concludere che vi dovevano essere state in precedenza delle nego­ ziazioni. Veirana è designata come figlia del defunto conte Oberto di Ventimiglia; i luoghi venduti comunque le erano toccati dall’eredità da lui lasciata; suo fratello Bonifacio aveva avuto l’altra metà.

21 Cfr. L .J., I , 943 e sgg., nr. 720 e sgg. Questi documenti dovevano passare in possesso del Comune come titoli del suo diritto.

22 G u a rn eriu s Judex, certo quello stesso che più tardi concluse la convenzione con il Paleologo, sembra essere stato incaricato della presa di possesso. L’11 dicembre 1259, (L .J., I , 1301, nr. 921) Veirana gli conferma il contratto d’acquisto in castro Baaluchi, nel cui possesso egli è immesso da lei e da Pagano. Guarnerio installa subito un castellano e servien tes. Nel giorno seguente viene compilato un inventario del castello e delle terre appartenenti a questa proprietà.

I l 13 dicembre ha luogo a Montaldo il giuramento di fedeltà, prestato nelle mani di Guarnerio dagli abitanti del luogo, appartenente a Badalucco. Pagano impone la prestazione del giuramento ai Signori di Carpasio (L.J., I, 1304 e sgg., nr. 923). Il 14 dicembre si verifica lo stesso per Bajardo. Il giorno seguente Guarnerio è a Taggia (ib id ., I, 1306 e sgg.). Seguono ancora dichiarazioni sui diritti e il possesso di questi villaggi e borgate venduti: ibid., I, 1309, nr. 924, per la curia Boiardi-, ibid., I, 1310 e sgg., nr. 295, dichiarazioni dei consoli di Montaldo relative ai diritti anche in Carpasio e Rezzo e sulle proprietà in Bussana. La gente di questa località giura fedeltà il 16 dicembre (ibid., I, 1313, nr. 926), ma soltanto per la metà; lo stesso fanno il 17 dicembre quelli di Arma (ibid., I, 1313 e sgg., nr. 927). Il docu­ mento nr. 928 contiene, come sembra, delle aggiunte.

23 L ./., I , 1321, nr. 933 (giugno 1260): Mobilia, uxor qu. Guillielmi Pugni d e M o n ta ld o, vende al Capitano per lire 100 i suoi diritti sui beni di suo marito in Montaldo e V illa Rodulfi, ibid., I, 1322, nr. 934 (7 agosto 1260): la gente di Arma si sottomette al Comune, in modo che questo può insediarvi un podestà; ibid., I, 1325, nr. 935 (4 marzo 1261): Jacobino e Janella Avvocato, figli di Pietro, il primo

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di Carlo, ma gli fu resa impossibile l’occupazione della valle di Taggia e gli rimase tagliata la via per le altre località sulla costa occidentale di Genova. In sostanza possiamo dire che nell’anno 1261 si definì la situa­ zione dei possedimenti da ambo le parti, quantunque il sorgere di nuove pretese potesse dar luogo in ogni momento a conflitti.

Nell’anno 1262 il Comune era completamente occupato con la guerra contro Venezia; Marsiglia si era di nuovo sollevata contro Carlo, la cui mira principale era ora la sottomissione di quella città24 ; motivi, questi, sufficienti perchè tanto Carlo quanto Genova cercassero di evitare, me­ diante un accordo, questioni che li sviassero dallo scopo principale della loro politica.

Il 21 luglio 1262 venne stipulato il trattato23, a quanto pare senza

anche quale procuratore del conte Bonifacio, come da istrumento dell’8 dicembre 1260, vendono al Capitano in nome del Comune il castello di Triora con tutte le sue pertinenze; inoltre la metà della località di Dodi, dove una volta sorgeva il di­ strutto castello di Dodi, ed infine la metà di Arma e Bussana.

I l precedente proprietario di tutti questi luoghi era stato il conte Oberto; il prezzo complessivo ammonta a lire 2300. L’11 marzo Pietro Avvocato e sua figlia Juleta, moglie del conte Bonifacio, ratificano il contratto di compravendita (ibid., I, 1329 e sgg., nr. 937). Il delegato del Comune, che qui figura, è Lanfranco Bolbonino, da identificarsi col comproprietario di Dolceacqua, il quale riceve pure il giura­ mento di fedeltà degli abitanti di Triora (ib id , I, 1334, nr. 939). E’ da escludere che gli Avvocato vi dimorassero da molto tempo, poiché il 21 febbraio 1260 il conte Bonifacio aveva venduto le stesse proprietà a Janella Avvocato per 3000 lire (L.J., I I , p. 36, nr. 24), e ciè ex licentia mihi concessa per consilium ]anue.

24 Cfr. Ste r n fel d, Karl von Anjou, p. 162 e sgg.

25 L.J., I, 1402 e sgg., nr. 955, da un originale ora in Archivio di Stato di Genova, Mat. polit., mazzo 5. Sternfeld, Karl von Anjou, p. 167, n. 1, nomina fra i testimoni « l’Arcivescovo di Tours». In L.J., I, 1410, vi è un Egidio Tyrensi archie­ p isco p o , che era allora effettivamente in Francia (cfr. Ròhricht, Syria Sacra, p. 18). La data è 21 luglio 1262, IV ind. L’indizione è la genovese, il che è strano essendo il notaio un francese; però abbiamo anche una stesura del documento ad opera di un notaro genovese, Nicolosus Bambaxarius (vedi H.P.M., Ch., II, 1619), il quale è menzionato come testimonio in L.J., I, 1410. Questa stesura proviene da una copia edita in H.P.M., Leges Municipales, I, 101 e sgg., ma porta la falsa data del 22 luglio. Gio ffredo, 605 e sgg., si è certo servito di questo esemplare, così che in lui trovasi la falsa lezione Turon invece di Tyr en e la falsa data del 22 luglio. In L.J., I, 1411, nr. 956, trovasi pure un documento supplementare della stesa data 21 luglio; in H.P.M., Ch., II, 1618, nr. 1960, il documento di ratifica a Genova nel Parlamento (11 agosto 1262) steso da un notaro genovese.

Il trattato con Ca r lo d’Angiò e tentativo d i Sim o n e Grillo

che fosse stato preceduto da lunghe trattative26. In forma semplice e cor­ rispondente ai reciproci interessi, vengono fissati i confini dei territori, in sostanza poco differenti dai precedenti. Genova tiene Ventimiglia, Monaco e Roccabruna, come pure Podium Pini (Pigna), con Mentone, pos­ sesso di Guglielmo Vento; essa si obbliga a non impadronirsi in nessun caso dei territori posseduti da Carlo nella contea di Ventimiglia, di Mo­ naco e del territorio di Turbia dalla parte d’occidente fino al Rodano. Il Comune rinunzia inoltre a tutti i diritti spettantigli sulla parte della con­ tea che è in mano di Carlo, come pure su Briga e Castiglione27. A sua volta Carlo rinunzia a qualsiasi intromissione nella situazione attuale dei

E ’ sorprendente come No s t r a d a m u s rechi notizie discordanti. A p. 226 egli dice che il 2 luglio 1260 venne conclusa una convenzione fra Carlo e tre delegati genovesi. Questi ultim i sono gli stessi del L.J., I, 1403, cosicché qui esiste un ma­ nifesto errore. P oi a p. 229 riferisce che Carlo nel 1262 mandò quattro inviati a Genova (gli stessi di H.P.M., Ch., I I , 1618) e riproduce anche il contenuto di questo documento; ma la fonte che egli utilizzava conteneva certamente anche qual­ cosa di più: l ’atto di procura degl’inviati di Carlo (il quale porta la data di martedì, le len d e m a in d e la f e s t e . . . S. ja q u es 1262, mentre certamente invece è il 26 luglio, mercoledì); il verbale relativo alla lettura della convenzione nel Consiglio di Genova e la relativa deliberazione; ratifica e lista dei Consiliarii dell 8 agosto, p. 230.

No s t r a d a m u s n on p oteva essersi inventato tutto quanto. Egli conosceva troppo p och i d o c u m e n ti d ella cancelleria g en ovese per potere, sulla base di essi, costruire d ei fa lsi. P e r e s ., n e l d ocu m en to d i L.]., I, 1403 e sgg., che forse poteva conoscere,

n on è fa tto c e n n o d egli O tto N o b ili. Nostradam us non sa chi essi siano, com e si v ed e d a lla su a erro n ea sp iegazion e a p. 230. N on abbiam o quindi alcun m otivo per

p orre in d u b b io c h ’egli si sia effettivam en te valso di un docum ento tuttora inedito. De s im o n i, I l m a r c h e s e di M onferrato, p. 348, n e ha portato plausibili ragioni contro

Sc h u l t z, D ie L eh en sv. d er ital. trobadors, p. 406. N em m eno si deve ammettere che

No s t r a d a m u s a b b ia falsam ente in trod otto nella lista i nom i di cinque trovatori ge­ n o v esi c o n te m p o r a n e i, p oiché qu attro d i essi si trovano anche nella lista del Con sig lio d i c u i in App. 2, nr. 13, com e il Desim o n i giustam ente osserva. G li elenchi d ei p re se n ti in C o n sig lio d ifferiscono sem pre l’uno dall’altro: cfr. Caro, Verf. Gen.,

p. 90.

26 L ’istrumento di nomina dei tre inviati genovesi, Tedisio Fieschi, Bovarello Grimaldi e Marchisino de Cassino, del 9 luglio (L.J., I, 1403 e sgg.) dice ad preseti tandum s e. . . d. Karolo-, quindi devono come prima cosa presentarsi a lui.

27 Questi due luoghi non erano allora ancora occupati da Carlo, come dimostra l’espressione (L .J., I, 1404, 1406) lic e t forsan ea m odo non teneant, quantunque essi appartenessero a quelli ceduti da Guglielmino: Cais de Pie r la s, Statuts, p. 117.

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possessi del Comune sulla riviera, dalla cresta dei monti fino al mare e su tutti gli altri luoghi28, cedendo qualunque diritto che potesse competergli su quei paesi. In tal guisa è messo un argine a future contese e sono poste le basi d’una pace durevole pattuita nella forma consueta, anche mediante le ulteriori disposizioni del trattato. Nessuna delle parti dovrà recar danno all’altra; esse dovranno prestarsi vicendevole aiuto affinchè a nessuna venga tolta parte dei propri territori79, nè una di esse potrà dare appoggio ai nemici dell’altra. Carlo concederà ai Genovesi protezione nella Provenza, salvo il caso, appena ipotizzabile, che volessero entrarvi in armi per assa­ lire i re di Francia o d’Aragona. Se un Genovese verrà derubato da un suddito del conte, questi dovrà provvedere ad assicurargli il risarcimento del danno entro quaranta giorni da quello di proposizione dell accusa e in pari tempo bandire il colpevole; nessun Genovese potrà essere tenuto responsabile per il fatto di un altro. Le medesime disposizioni valgono per Carlo ed i suoi sudditi in Genova e territorio, con la sola riserva che ri­ mane loro vietato di transitare armati per combattere contro re Manfredi di Sicilia30. Il Comune tiene dunque ferma la convenzione con quest ultimo.

Esso procura poi anche, mediante un ulteriore accordo, concepito a dir vero in termini molto generici, che non gli vadano perduti certi van­ taggi e perciò si fa concedere che i suoi cittadini e gli abitanti del territorio debbano pagare soltanto le usuali antiche tasse nei paesi attualmente pos­ seduti dal conte e dalla contessa di Provenza o in quelli che potessero ac­

28 Per Dolceacqua viene convenuto nell’aggiunta al documento (L.J., I, 1411) che Carlo non si varrà dei diritti spettantigli su di esso nei confronti dei proprietari di allora. Ma Guglielmo, Giorgio e gli eredi di Bonifacio di Ventimiglia - qui manca per essi il titolo di conti - potranno avanzare le pretese che loro spettassero su Dol­ ceacqua, in conseguenza della vendita delle loro terre a Carlo, ed egli si riserva nei loro confronti il diritto acquisito in conseguenza della compera fatta da loro. Questo quindi sembra essere un punto sul quale non si era venuti ad un perfetto accordo. Non sappiamo però se esso abbia dato luogo a nuovi dissensi. App. 3, nr. 10, c. 160 v. (1 marzo 1263): Lanfranco Bolbonino, gerens vices Jacobi, eius filii, potestatis D ulcisaque e quattro consoli del luogo istituiscono un tutore.

29 Devesi tener conto che per Carlo non solamente sono compresi Castiglione e Briga, ma anche Marsiglia, pure nel caso che egli in quel dato tempo non ne fosse in possesso: L.J., I, 1400. Con ciò è escluso che Genova potesse aiutare gl’insor­ genti marsigliesi. Sternfeld, Karl von Anjou, p. 167, n. 1, risulta avervi sorvolato. 30 L.J., I, 1407: dummodo non vadant cum armis regis Manfredi Sicilie; fra arm is e regis manca in offensione; cfr. H.P.M., Leges Municipales, I, 105.

Il t r a t t a t o con C a r lo d ’A ngiò e te n ta tiv o di Simone G r i l l o

quistare in avvenire31. Se Genova promette pressoché le medesime cose a favore dei sudditi di Carlo, non è già perchè avessero la stessa impor­ tanza, ma solo per una certa reciprocità già ammessa anche per tutte le altre concessioni.

Dalla stipulazione di questo trattato non possiamo trarre la conse­ guenza di una propensione di Carlo per il partito guelfo, maggiore di quella che poteva aver avuto verso il capitanato del Boccanegra; non si tratta di una vera e propria alleanza, ma solo di un trattato di pace e di amicizia. Allora Carlo aveva appena intavolato le trattative con Urbano IV 32; nel 1262 egli non era ancora il capo dei Guelfi d’Italia, come lo fu poi anni dopo, e perciò era possibile a Genova di vivere in pace nel medesimo tempo con il papa e con lo Staufen. Genova rinunziava è vero ad antichi diritti, che tuttavia non erano mai stati di grande importanza. Il cavalle­ resco Bonifazio di Castellane33, il nemico giurato dei Francesi del nord, poteva considerar ciò come un’umiliazione, ma per la città del commercio tornava utile di starsene sicura con i vicini, mentre era in lotta con Ve­ nezia per il dominio del mare. Essa poteva tranquillamente pensare ai propri interessi, senza essere costretta a prendere partito fra Manfredi e Carlo, tanto più che in quel momento erano sorte aspre contese fra i par­ titi della nobiltà.

Fra i popolari, scomunica e interdetto potevano aver bensì cagionato qualche fermento, ma forse ancor più gli avvenimenti connessi con l’inat­ teso ritorno della flotta dalla Romania. Nel 1264 ne venne nuovamente armata una, il cui comando fu affidato a Simone Grillo M, appartenente alla

31 L.J., I , 1408: in tota terra v e l in mari dd. com itis vel com itisse seu eorum su cc e s s o r u m , e t quam n u n c habent d. co m es v el d. com itissa, vel d e cetero habuerint v e l a c q u is ie r in t ip si v e l aliquis eoru m seu su ccessores eorum vel alicuius eorum ; le antiche disposizioni valevano solo per la Provenza, come pure le successive, che neppure erano incondizionatamente impegnative: ibid., I, 1409.

32 Cfr. St e r n f e l d, Karl von A njou, p. 168.

33 S . Di e z, L eben und W erke d e r Troubadours, p. 164. La canzone può forse appartenere al 1262: cfr. Me r k el, Il P iem onte e Carlo I d ’Angiò, p. 320.

34 A nnali, 246 [IV, 54]. L ’ammiraglio è già nominato il 10 marzo {App. 3, nr. 17, c. 55 v.)\ nel documento di questo giorno è fatto cenno di cauzione prestata a Simone G rillo arm iratum p ro d icto com uni (se. Janue) e così pure c. 58 v., 19 marzo. Invece A pp. 3, nr. 14, c. 51 v. (28 marzo 1264): documento riguardante una cauzione prestata a Jacobinum A urie e t Ogerium Scotum, am atores navium et ga­ lea ru m p r o c o m u n i Janue-, come nei precedenti documenti, la cauzione deve servire

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parte ghibellina della nobiltà33. Il suo contegno 36 aveva destato il non infondato sospetto ch’egli mirasse a ricostituire il Popolo e a diventarne il Capitano. Specialmente i Grimaldi sono contrari a tale proposito; non sono però essi soli ad assoldare servi armati e a mettere le loro case in stato di difesa37. A quanto pare, il Podestà aveva invitato Simone Grillo a comparire dinanzi a sè, ma il Grillo rifiutò di andarvi. Quegli manda allora i suoi militi a casa di quest’ultimo, ma sono ricevuti a sassate, men­ tre le campane di S. Maria delle Vigne suonano a stormo, non certamente per ordine del Podestà. Sono segni minacciosi di un’imminente solleva­ zione del Popolo, che tuttavia non avvenne, almeno in massa, come il Grillo poteva aspettarsi. Quasi tutti i nobili, con a capo i Fieschi, danno di piglio alle armi e si schierano intorno al capo supremo del Comune, con l’intenzione di cogliere in casa il Grillo, il quale, ritenutosi troppo de­ bole per la resistenza, si recò insieme con i suoi partigiani al palazzo del Podestà, pronto ad obbedire ai suoi ordini. Vi rimase due giorni, al terzo, insieme con suo nipote Ancellino, fu costretto a prestare una grossa cauzione per buon contegno; dopo di che andò a Porto Venere. Quivi attese, fino a che la flotta fu pronta alla partenza, non essendogliene stato tolto il comando. La pubblica quiete in città fu presto ristabilita .

per garanzia che la promessa di prestare servizio in felici armamento, quod fieri debet p rò co m u n i ]a n u e ad custodiam maris, sarà mantenuta; ibid., c. 79 v. (13 ma^ ° 1264). App. 3, nr. 12, c. 69 (10 maggio 1264): Egidius notarius, qu. Marchi de Villa- franca, dichiara ad Acurso Guarnerio d’aver garantito per lui presso Ogerio coto e compagni, co n stitu tis su per officio accipiendi soldaerios prò viagio presenti, quo iturus es t d. Sym on G rillus dom inus capitaneus; similmente ibid., c. 74: 13 maggio, c. 74 v.. 19 maggio; c. 77: 26 giugno.

35 Un Federico Grillo viene nominato nel 1241 dall’imperatore Federico II capitano dei suoi fedeli Genovesi: L.J., I, 999; Annali, 194 [ III, 106].

36 Annali, 246 [IV, 54]: q u ia ... propter officium armiragie insolempnius pro­ ce d er et, e t h om in es ed am populares ad ipsum confluerent. Il senso non è chiaro, forse il Grillo stesso s’incaricò direttamente dell’arruolamento degli equipaggi ed i popolari accorsero in modo inusitato per prendere parte alla spedizione. I documenti citati alla nota 34 potrebbero far supporre che in seguito sarebbero stati incaricati fun­ zionari particolari per l’arruolamento e i disordini sarebbero poi avvenuti alla fine