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Il trattato con Manfredi e il compromesso nel papa

Situazione di Manfredi. - Pretese genovesi di privilegi nel Regno di Sicilia. Trat tato del 1257. - Intromissione di Alessandro IV nella guerra tra Genova e Venezia. - Invio di legati alla Curia. - Trattative a Viterbo. - Conclusione del compromesso, 3 luglio 1258.

In passato, quando la potenza imperiale contava ancora qualche cosa in Italia, erano stati fatti dei tentativi per appianare, mediante decisioni giudiziali, le liti che continuamente sorgevano fra Genova e Pisa. Ora non ne era più il caso. Proprio allora era avvenuta in Germania la vergognosa duplice elezione. Riccardo non riuscì mai a stabilire un efficace governo, nemmeno a nord delle Alpi. Alfonso aveva bensì fin da principio posto gli occhi principalmente sull’Italia; ma, quanto alla Sardegna, doveva usare ogni precauzione nell’attaccarla, perchè la Chiesa romana, ab anti quo, vantava indiscutibili diritti sull’isola. Non è noto se il re di Castig ia abbia mai prestato il promesso aiuto alla città che lo aveva eletto impe ratore ’.

Federico I I era riuscito a riprendere l’attività che i precedenti orni natori di Sicilia avevano rivolto verso oriente. Egli avrebbe avuto la

1 E ’ assolutamente sorprendente che nei noti documenti pisani relativi all eie zione di Alfonso ad imperatore (Bo h m e r, Regesta Im perii, nr. 5484 e sgg.) sia " omI nato l’arcivescovo Stefano di Torres come testimonio presente alla sua cortc. u esat tezza della lezione Turritanus, cfr. Scheffer-Boichorst, K leinere F orschungen zür G esch ich te d es M ittelalters, p. 232, n. 2. Belgrano, Re. a Cod. dipi. E ccles., p. 148 (2 marzo 1262) fa menzione di Stefanus olim archiepiscopus Turritanus. Egli doveva esser morto prima del 28 febbraio 1261, poiché di questa data è la lettera con la quale Alessandro IV cassava la elezione di Robaldus ad arcivescovo e nomi nava in sua vece P(rosper): D e lis le , Fragment du dernier registre d Alexandre IV, p. 111.

Non è noto se Alfonso abbia effettivamente protetto Pisa. Già il 23 marzo 1257, nell’occasione della sua riconciliazione con il papa, la città aveva acconsentito ad accettare (Potthast, nr. 16794) come re romano e imperatore soltanto quello da lui approvato. La rilevanza dell’« incidente elettorale» è così finita. Il 16 agosto 1261 Alfonso conferma i privilegi che suo padre aveva concesso ai Genovesi per Siviglia (L.J., I, 1393) e così pure le donazioni da lui fatte, aumentandole (L.J., I, 1394) per lo stabilimento colà d’un quartiere genovese: L.J., I, 1392.

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forza d intervenire con la sua flotta in una guerra marittima fra Genova e Venezia. Manfredi, nell’anno 1257, non poteva ancora pensare a far valere all esterno 1 influenza che il possesso del ricco e bene organizzato regno dell Italia meridionale lo avrebbe naturalmente messo in grado di esercitare. Fu abbastanza per lui l’aver potuto dominare i suoi avversari interni ; egli governava ancora in nome di Corradino, ma poteva andare incontro a incalcolabili pericoli se si fosse schierato dalla parte d’una delle città, per rendersi così nemica l’altra. Infatti, se Alessandro IV non aveva nè la forza ne 1 abilita del suo predecessore, mai però aveva fatto rinunzia all idea di far valere i diritti della Chiesa romana sopra Napoli e la Sicilia . A Manfredi non era bastato quindi tenersi in stretta neutra­ lità, ma aveva dovuto concedere alle città marittime franchigie commer­ ciali, se voleva star sicuro da ostilità da parte di esse.

Con Venezia se la cavò relativamente a buon mercato. Nel settem­ bre 1257 4, egli confermò a questa città un privilegio di Federico II del 1232, con il quale le relazioni commerciali erano regolate in modo equo. Le tasse di compravendita importavano nelle province di terraferma l’l,% per cento, altre norme valevano per la Sicilia; nel trattato era pure com­

2 Cfr. Sc h i r r m a c h e r, D ie letz ten H ohenstaufen, p. 129 e sgg.

E noto che la corona di Sicilia fu allora concessa a Edmondo, figlio di Enrico I I I re d Inghilterra: cfr. ibid., p. 52 e sgg. Fino ad ora è stato tenuto poco conto della parte che vi ebbe il conte Tomaso di Savoia. Egli era in stretta relazione con la casa reale d ’Inghilterra: cfr. Matth. Pa r is., Cronicae, 388. Era ammogliato con la nipote di papa Innocenzo IV , Beatrice, della schiatta dei conti di Lavagna: ibid., 326. Che il suo arresto a Torino nel 1255, quando era implicato nella guerra con Asti ghibellina (cfr. M e r k e l, I l P iem o n te e Carlo 1 d ’Angiò, p. 72 e sgg.), disturbasse i piani di E nrico I I I , prova una lettera in W. Sh ir l e y, Royal and oth er historical le tie r s , I I , p. 115, collocata dall editore giustamente nel 1256; così per le premure del re, ib id ., p. 122; Matth. Pa r is., 357 e 362, e quelle del papa, ibid., 360 e 379, per ottenere la sua liberazione. Cfr. i documenti del re Riccardo, del 14 aprile 1258, in Bo h m e r, R e g e s t a Im p erii, nr. 5341 e sgg.

Anche il nipote di Innocenzo IV , Ottobono, cardinale diacono del titolo di S. Adriano, era in relazione con Enrico I I I , il cui desiderio sarebbe stato che Ottobono e altri due cardinali fossero nominati legati in Germania (Sh ir l e y, II, p. 115), perchè influissero sull’elezione del re in senso favorevole all’Inghilterra. Data l’influenza dei Fieschi a Genova, era da aspettarsi che si tentasse di ottenere l’appoggio della città per piani di conquiste inglesi. Se Riccardo fosse penetrato in Germania e Tomaso nell’Italia Settentrionale, sarebbe rimasta aperta la via per Napoli ad un esercito invasore inglese, aiutato dalla flotta genovese.

4 Bo h m e r, R e g e s ta Im p erii, nr. 4665 e sgg.

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presa la promessa di vicendevole amicizia. Nessuna delle due parti con­ traenti avrebbe permesso che nei rispettivi territori fossero allestite flotte od altri mezzi di offesa contro l’altra5. Vennero poi aggiunte garanzie per il risarcimento dei danni6.

Più diffìcili erano le relazioni con Genova. Nella confusione in cui si trovava il regno di Sicilia durante la minorità di Federico II, era stato emesso, in suo nome, a favore di Genova, un privilegio che le accordava straordinari vantaggi7. Nessuna tassa dovevano pagare i Genovesi nè per importazione, nè per esportazione, nè poteva esser loro frapposto alcun impedimento all’esportazione per Genova di grano od altri viveri . Era stata loro accordata giurisdizione consolare in tutto il regno; erano stati donati loro possedimenti a Messina9, Siracusa, Trapani e Napoli per l’impianto di fondaci. E’ certo però che i Genovesi non poterono godere di tali larghi privilegi per una lunga serie di anni. Quando Federico I I venne a Roma per l’incoronazione, non volle confermarli10 e in ogni caso caddero nel 1238, quando Genova si mise dalla parte dei nemici dell’imperatore. Papa Innocenzo IV aveva accordato alla sua patria franchigie d’imposta d’ogni specie negli Stati della Chiesa, conservandole pure tutte le immunità, possessi e diritti che aveva già ottenuti, allor­ quando la Sicilia fosse ritornata all’obbedienza della Chiesa12. Quando Corrado IV morì, le pergamene avrebbero dovuto acquistare valore pra­ tico, ma pare che allora Alessandro IV abbia confermato puramente la franchigia da imposte 13.

Sulla base di tali concessioni, Genova poteva avanzare domande a

5 Sc h ir r m a c h e r, Die letzten, pp. 604, 606; Capasso, Hist. d ip i regn i Sicil., pp 135, 137. Dan dolo, 365, ha usato molto inesattamente il documento.

6 Quando Manfredi aveva assunto il titolo di re, era stato rinnovato il con­ tratto: Bo h m e r, R egesta Imperii, nr. 4704 (luglio 1259). V. anche nr. 4709.

7 Dicembre 1200: L.J., I, 462.

8 Si dovrebbe colmare in Januam la lacuna in L.J., I, 463.

9 Ibid., 463: domum que fuit Margariti, in possesso del Comune nel 1214: Annali, 134 [ II, 132 e nota 1; ibid., 171].

10 Annali, 146 [II, 168 e sgg.].

11 L.J., I, 1071 e sgg.: 9 giugno 1251; ibid., I, 1065 e sgg.: 8 giugno. 12 L.J., I, 1088 e sgg.: 23 giugno 1251.

13 L.J., I, 1215 e sgg.: 8 gennaio 1259. M.G.H., Epist. sec. X III, I I I , 320. Cfr. Annali, 233 [IV, 13 e sgg.].

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qualunque sovrano o pretendente del regno di Sicilia, se questi ne cer­ cavano l ’amicizia. Ma d’altra parte, la franchigia dei dazi rappresentava tale perdita per il fisco, e l’indipendenza dalla giurisdizione una tale di­ minuzione delle regie prerogative, che per un potente signore si rendeva impossibile l ’ulteriore conferma dei privilegi. Quanto meno egli era co­ stretto a contare sull’amicizia o sull’aiuto dei Genovesi, altrettanto mi­ nore poteva essere la misura delle concessioni a loro favore. Con ciò si spiega il diverso contegno che Manfredi, Carlo d’Angiò e i regnanti ara­ gonesi di Sicilia, come Carlo I I di Napoli, tennero verso Genova. Questa poteva bensì chiedere ad ognuno di essi i medesimi privilegi, ma l’otte­ nerli era in funzione di un rapporto di forza.

Manfredi accordò nel 1257 14 ai Genovesi e alle loro merci l’esen­ zione nel suo regno da qualunque imposta; ma con un certo numero di eccezioni. Se non venivano da Genova stessa, essi dovevano pagare il terzo dell’imposta, alla quale erano obbligati verso l’ultimo legittimo sovrano di stirpe normanna, Guglielmo I I 1S; inoltre dovevano una com­ petenza stabilita per la pesatura delle merci, quella d’uso per la misu­ razione, oltre la consueta tassa di ripa. Ogni mercante doveva poi pagare, quando veniva da Genova, una tassa di riconoscimentoI6. Affinchè non si verificasse doppia imposizione, era stabilito che le tasse dovessero essere corrisposte soltanto all’atto della vendita delle merci. Queste ecce­ zioni limitavano in qualche modo le accordate concessioni di massima. Non diversamente fu fatto per le disposizioni riguardanti i conso­ lati. A Gaeta, Napoli, Siracusa, Augusta, Siponto, Trani e Bari, i Geno­ vesi ricevono terreni per erigervi palazzi di giustizia e per di più 100 once d ’oro, se il Comune le avesse chieste, per contributo nelle spese; quelli già esistenti vengono confermati. A Messina e ove si trovano queste corti di giustizia 17, i Genovesi possono avere consoli con ampia giurisdizione

14 L .J., I , 1293, inserito al nr. 918; nulla è noto riguardo a trattative preliminari. 15 Cfr. L .J., I , 202 e 300.

16 L .J., I, 1294: s c d si d e Janua veniant, solvant squi fatum unum pro quolibet m er ca to r e .

17 L .J., I, 1294. Devesi leggere co n fir m a n tes ... logias om nes, quas habent ad p r e s e n s . I n M essa n a et om n ib u s aliis terris regni, ubi habent logias Januenses, pos­ sin t h a b e r e s u o s c o n s u le s etc. Cfr. a conferma L]., I, 1348, e Orlando, Cod. leggi S icil., p. 104, dove il testo è cambiato, il senso non è affatto chiaro e forse non ca­ sualmente. Siccome in un certo numero delle principali città solo adesso si dovevano

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civile e criminale sopra i propri cittadini18, e solo davanti ad essi dovevano essere sporte le accuse; ad eccezione del caso d’omicidio che era riser­ vato alla magistratura locale. In tal guisa Genova non aveva raggiunto la pienezza dei diritti precedentemente acquisiti19, ma tuttavia essi erano sempre maggiori di quelli accordati alle città rivali. Inoltre è importante la concessione di poter esportare liberamente una determinata quantità annua di viveri, qualora però il paese non fosse minacciato da carestia20

fondare stabilimenti fissi genovesi, così non si può ammettere che ve ne fossero già, il che si spiega anche con la lunga interruzione delle relazioni commerciali, a causa della guerra con Federico II.

In Messina esisteva effettivamente nel 1257 una logia; ciò è detto espressa- mente e forse ne esistevano anche in altre città. Si dovrebbe però ritenere che se tale fosse stato il caso, queste città sarebbero state nominate espressamente, come Messina. Ed è dubbio se quel habent debba significare: « soltanto dove esistano già queste lo g ie, i consoli avranno piena giurisdizione», ovvero se siano comprese nella concessione anche le suddette nuove da fondarsi. La seconda interpretazione sarebbe più conforme all’equità. Devesi però riflettere che nella conferma del 1261 (L.J., I,

1348) si promette di dare terreno per la fondazione di lo g ie a Gaeta, Napoli, Siracusa, Augusta, Siponto, Tram e Bari, ma che vi manca la promessa delle 100 once. Questo già basta a provare che il secondo documento non è una semplice riproduzione del primo. La ripetizione quasi letterale della prima concessione dimostra quindi che essa fino allora non aveva avuto effetto. Più tardi troviamo a Napoli una logia dei Geno­ vesi: cfr. Mi n i e r i Ric c i o, N uovi stu dii riguard. la dominaz. Angioina n el regn o di Sicilia, p. 29. In mancanza di altre testimonianze è discutibile fino a qual punto le condizioni del contratto abbiano avuto effetto. A Messina la logia risulta dai docu­ menti: L.J., I, 1318 (7 maggio 1260), 2 co n su les Janue prò com uni Janue in Sicilia (c o n s titu ti), accettano la donazione d’una casa vicina alla logia.

18 L 'ex cep tis su prad ictis (L.J., I, 1294) si riferisce a Provenzali, Romani, To­ scani, Veneziani, Pisani e abitanti nel regno siciliano (ibid., I, 1293), per i quali i pri­ vilegi non erano validi, ancorché si spacciassero per Genovesi (qui se d iceren t Ja- n u en ses). Ciò prova inoltre che le concessioni fatte a Genova erano le più ampie.

19 Nel privilegio di Federico I I del 1200 (L.J., I, 462) era lasciata piena libertà di erigere consolati, senza che la loro giurisdizione fosse vincolata da riserva alcuna.

20 L.J., I, 1295: quando victualia ven den tu r ana quinque salme v el ultra p er unciam , quando per un’oncia si ottenevano cinque salme o più. Se il prezzo per una salma è maggiore di 1/5 d’oncia, l ’esportazione del grano è proibita. Ciò si deve spiegare così: a causa di un cattivo raccolto, il prezzo del grano aumenta per la diminuita offerta, potendo raggiungere una rilevante quotazione a danno dello Stato, tanto più se oltre alla domanda interna si aggiungesse quella diretta a far esportare il grano dal paese. Ad evitare ciò, venne presa la suddetta deliberazione, più sfavorevole ai Genovesi di quella del 1200: L.J., I, 463.

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e contro garanzia che dovessero essere trasportati proprio a Genova e non altrove.

Tutte queste sono concessioni unilaterali21, che Manfredi effettua per « eccesso di grazia » 22, mancando le quali, Genova non avrebbe accettato da parte sua alcun obbligo. In queste ultime sta l’importanza politica del trattato che doveva ristabilire l’amicizia fra le due parti. Le forme sono le solite 23. L ’importanza attuale è questa: che Manfredi promette di non concedere che venga allestita una flotta da guerra nei suoi domini da nemici dei Genovesi contro di essi, nè di permetterne l’approdo; in gene­ rale di non accordare favore, passaggio o fornitura di viveri a chiunque volesse attaccare i Genovesi. Le navi genovesi sono protette dall’autorità sovrana quando stanno all’àncora lungo le coste dei domini del re, salvo il caso che intendessero attaccare amici suoi. Ciò corrisponde tal quale alle promesse che poco dopo Manfredi doveva fare a Venezia. Il che dimostra la sua piena neutralità nelle guerre marittime24 e i suoi sforzi affinchè queste turbassero il meno possibile il commercio del suo regno. Genovesi e Veneziani non potranno combattere le loro battaglie nelle acque dell’Italia meridionale; i pacifici bastimenti mercantili vi avranno diritto di essere difesi dagli abitanti contro piraterie nemiche25.

Se ora Genova promette dal canto suo apparentemente quasi la stessa cosa, l ’importanza però ne è tutta differente. Essa non ammetterà nè lascerà passare nel suo territorio e nei suoi porti i nemici di Man­ fredi, nè concederà loro aiuto, favore o viveri se toccheranno il territo­ rio genovese armati contro Manfredi ed il suo regno. Il Comune non permetterà che entro i suoi confini venga allestita alcuna flotta nè da esso nè da altri contro Manfredi. In questo modo rimane chiusa un’im­

21 A lcune disposizioni regolano pure, come sembra, certe contestazioni pendenti, non im portanti però per il futuro.

22 L .J., I , 1294: d e h a b u n d a n ti etiam gratia.

23 I b id ., I , 1293. I Genovesi devono essere protetti da Manfredi nei suoi dom ini; i danni che dovessero soffrire da parte dei suoi sudditi dovranno essere risarciti con la punizione di quelli che li avessero procurati. Nessun Genovese sarà responsabile per i debiti o i reati di un altro. Ciò vale anche per Manfredi e per i suoi sudditi nei dom ini di Genova: ib id ., I, 1295 e sgg.

24 Questo non è stato rilevato sufficientemente da Sc h irrm a c h er, Die letzten, p. 130.

25 Vedi L.J., I, 1294: in particolare habebim us eo s in personis et rebus sub p r o t e c t i o n e e t d e fe n s io n e s e ig n o r ie nostre.

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portante via per qualunque spedizione che il papa potesse chiamare in suo aiuto dal di là delle Alpi. Non potevano inoltre venir noleggiate navi genovesi per trasporti di truppe contro lo Staufen, circostanza che aveva costituito un importante fattore in alcuni precedenti piani d’attacco con­ tro Napoli.

Tutto ciò non costituiva una stretta alleanza, ma soltanto un rista­ bilimento di buone relazioni. Decisamente i vantaggi ottenuti da Genova sono grandi, dovuti principalmente all’importanza che le dava la sua posi­ zione nella lotta fra Manfredi ed il papato. Quegli doveva cercare di aumentare il numero dei suoi amici e così pagar cara la semplice neutra­ lità della potente città marittima. Allo stato delle cose, non era pensabile che una potenza secolare potesse intervenire nella guerra fra Genova e Venezia. La Francia, priva di forza navale, non vi aveva alcun interesse, e così pure Carlo d’Angiò. Gli sforzi per rialzare il commercio di Marsi­ glia lo avrebbero potuto spingere a mettersi dalla parte di Venezia, tanto più che si trovava impigliato in un conflitto di confini con Genova26 ; ma è difficile supporre che egli pensasse allora a vasti piani d’azione 27. Peraltro la continuazione della guerra sarebbe stata un’onta per tutto 1 Occidente. Tanto sangue era stato versato per strappare ai Saraceni la Terra Santa, ed ora le discordie di coloro che dovevano difenderla per primi minacciavano di mandare in completa rovina il resto dei posse­ dimenti cristiani. Il papato aveva una volta infiammato lo zelo per le crociate, e lo manteneva costantemente vivo con le sue esortazioni; era dunque suo dovere di mettere riparo al male con un passo decisivo, tanto più che i prelati ed i baroni di Siria avevano chiesto espressamente il suo aiuto28. Un approfondito esame della maniera in cui si contenne il papa ed i successi che ottenne dimostrano come egli fosse largamente

26 Per una più esatta descrizione, v. oltre, libro II, cap. II.

27 Nella pace con Marsiglia del 31 maggio 1267 (Sternfeld, Karl von Anjou, p. 297), egli promette di sovvenire la città per il riacquisto dei suoi possedimenti e diritti al di là del mare e specialmente di quelli di Acri. Il contratto è concluso colà con i Veneziani (v. sopra, cap. I l i ) dal console di Marsiglia, che era in pari tempo suo inviato. Marsiglia fu in discordia con Montpellier, ma nel 1257 venne fatta la pace e furono appianate le differenze: De Vie e Vaisset e, Hist. génér. d e L anguedoc, V i l i , p. 1413 e sgg. Cfr. Ge r m a in, I, p. 222 e sgg. Il 6 luglio 1257 Genova mandò inviati a Montpellier: ibid., I, p. 227; fra Montpellier e Pisa pende­ vano delle questioni (ibid., I, p. 229 e sgg.), ma questi fatti non avevano grande importanza per i combattimenti in Acri.

28 Annali, 238 [IV, 30],

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in grado di esercitare effettivamente la sua forza di giudice supremo su tutta la cristianità. Era proprio in questi casi che si manifestava tutta l ’efficacia di questa forza, quando cioè una guerra disastrosa per tutti non avrebbe potuto cessare altrimenti.

Si può ben credere che Alessandro IV avesse intravveduto di mas­ sima l ’importanza della situazione, poiché il suo contegno fu piuttosto energico. Egli scrisse lettere alle tre città, dimostrando il grave pericolo da cui era minacciato il regno di Gerusalemme, già tanto oppresso, a danno della fede cristiana. Egli, che secondo la parola del profeta ha la supremazia su tutti i popoli e regni di ogni paese ove viene invocato il Signore, intendeva opporre un argine ai pericoli che sovrastavano al pub­ blico bene spirituale e temporale29. Di conseguenza, egli citava le tre città a comparire davanti a sè, entro un dato termine, a mezzo di legali rappresentanti, muniti di idonei poteri. Contro chi, senza giustificazione, non lo avesse fatto egli avrebbe aperto un processo e chiamato il braccio della forza secolare, specialmente di Siria. La scomunica e l’interdetto sarebbero stati la necessaria conseguenza contro la città disobbediente. L ’arcivescovo di Messina portò la citazione a Genova30 e a Pisa31, un altro nunzio a Venezia32.

Non sembra che l’esecuzione della citazione sia stata differita. Il 12 maggio, con l ’approvazione del minore e maggior Consiglio, il Doge no­ minò tre rappresentanti33, con ampi poteri per la conclusione d’una pace

29 C iò dalla lettera di M .G .H ., Epist. s. X III, I I I , 446 = Raynaldus, Annales e c c l., anno 1 2 5 8 , par. 33. A l principio sono qui indicate, come al solito, le trattative prelim inari, cosicché da esse possiamo dedurre con sicurezza il contenuto della pre­ cedente lettera, rimasta tuttora ignota, nella quale il papa domandava l’invio di dele­ gati: A n nali, 2 3 8 [IV , 30]. Secondo l’uso della cancelleria papale, devesi ammettere che le lettere a Genova, Pisa e Venezia, fossero sostanzialmente di eguale tenore. Il 14 febbraio 1258, le autorità di Genova furono scomunicate da un sub-delegato papale, avendo esse rifiutato la dovuta soddisfazione ad un cittadino romano derubato