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e il ristabilim ento dell’ antica costituzione

Giudizio complessivo sul Boccanegra. - Lega dei nobili contro di lui. - Avvenimenti del maggio 1262. - Fine del Boccanegra. - Ristabilimento dell’antica costituzione.

Il 5 gennaio 1262, arrivò la nave che recava a Genova le pietre del palazzo veneziano di Costantinopoli '. Tale trofeo non doveva trovare de gno ricevimento, poiché in città regnava la massima eccitazione. Come a

biamo visto più sopra2, il Boccanegra non si era contentato della sua posi­ zione di Capitano del Popolo, ma aveva concentrato in sè tutto il governo e messo quindi in seconda linea tutti gli organi del Comune che ne erano a parte. Gli Annali3 gli rimproverano di avere agito quasi come un tiranno, di avere fatto legge della sua volontà, di aver distribuito a suo piacere gli incarichi, di aver messo mano arbitrariamente nell’ordinario corso della giustizia e, finalmente, di essersi di propria testa impegnato in alleanze, senza alcun riguardo alle deliberazioni del Consiglio. Tali accuse possono essere anche alquanto esagerate, poiché dai documenti appare che siglio, almeno nella politica estera, abbia sempre partecipato alle relative decisioni4. Altrettanto meno può dirsi che i nobili fossero stati completa­

1 Annali, 243 [IV, 45]. Non è ammissibile che allora giungesse la prima notizia della presa.

2 V. sopra, cap. VI. 3 Annali, 243 [IV, 451.

4 Ge r m a in, I, p. 241 (10 ottobre 1259): gli inviati di Montpellier presentano le loro domande al Podestà, al Capitano, agli Anziani ed al Consiglio; la risposta viene data (ibid., p. 244) il 17 ottobre dal Podestà e dal Capitano, d e consilio et volun­ ta te ancianorum et consilii gen era lis. . . d elib era cen e prehabita. Questi quattro organi prendono pure parte alla ratifica del trattato con Manfredi (L./., I, 129 . s tembre 1259), all'invio dei delegati al Paleologo (ibid., 1350) - cfr. Annali, 24 [IV, 41] - deliberato con silio; il giuramento di osservare i patti della lega viene prestato dal Podestà, dal Capitano, dagli Otto Nobili, dagli Anziani, dai consiliarii m agni consilii, om nes consules ministeriorum et 14 viri d e nobilioribus m elioribus et d iciorib u s com unis Janue per compagnam, ad hoc specialiter ad brevia vocatif n L.J., I, 1401 (16 aprile 1262), tratta il solo Podestà, previa decisione del Consiglio.

La caduta del Boccanegra

mente esclusi dalle dignità cittadine e dal governo della cosa pubblica5. Potevano essere risentiti per non aver più avuto, come per il passato, da soli tutto il potere nelle loro mani. Le riforme, che il Capitano aveva in­ trodotto, non senza violenza e per quanto utili alla generalità, avevano leso i loro interessi 6.

La relazione degli Annali può essere l’espressione del sentimento della nobiltà e non basta per dare un giudizio generale sul Boccanegra, dal momento che guarda le cose da un solo lato. Egli non può essere impu­ tato di vere crudeltà mentre si era dimostrato sempre disposto a riconci­ liarsi coi suoi avversari. Indubbiamente fu sempre sua intenzione di im­ piegare i poteri conferitigli a prò della cosa pubblica. E’ certo che egli abbia dato un energico impulso alla costruzione di edifizi pubblici7. E’ un sorprendente tentativo, quello da lui intrapreso, di fondare cioè, col solo appoggio dei popolari, di fronte alla radicata nobiltà, una specie di signo­ ria che era ben lontana dall’avere un carattere militare, e una peculiare politica estera. Anche senza l’elezione del Boccanegra le cose non sareb­ bero sostanzialmente andate altrimenti ed anche l’importantissima alleanza con Bisanzio si può diffìcilmente ascrivere alla sua personale iniziativa. Se egli si lasciò alquanto trascinare dai Ghibellini, ciò può aver aumentato l’odio dei Guelfi contro di lui, ma, come presto vedremo, ciò non fu d’alcun giovamento alla stabilità della sua posizione. Questa era basata sul bisogno che avevano i popolari d’avere un rappresentante dei loro interessi in con­ trasto con quelli della nobiltà; se il Capitano quindi estendeva al di là dei limiti le sue attribuzioni, i popolari non potevano non risentirne altro che vantaggio. L ’errore ch’egli commise fu, in conclusione, di non essersi cu­ rato abbastanza di dare una solida organizzazione alle classi inferiori. Le sue riforme, che pur eliminavano tanti abusi, avevano l’impronta del di­ spotismo. Mentre egli ledeva nel modo più aspro i nobili, nel contempo conferiva loro ambascerie e incarichi. Ciò non bastava a conciliarglieli,

5 L.J., I, 1400 (26 febbraio 1262): fra gli altri nobili anche i Grimaldi fra gli Anziani; Ugo Fieschi è inviato al papa: Annali, 243 [IV, 44]; Moroello Malocello e Raimondo della V olta fanno parte dei castellani di Gavi, che entrano in carica il 1° maggio 1261: F ol. Not., I, c. 327 v.

6 V. sopra, cap. V I.

7 V. l’iscrizione in Re m o n d in i, Iscrizioni m edioevali della Liguria, p. 93; sul palazzo di S. Giorgio, cfr. St e l l a, A nnales G enuenses, 990. Quanto ai lavori del porto e del molo, v. L .J. I, 1254, 1316 e sgg., 1320, forse connessi fra loro.

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mentre per contro ai popolari non piaceva affatto vedere una considerevole quantità di nobili sedere nel Consiglio del Popolo. In verità si trattava di un problema che nasceva dalla realtà delle cose. Un onesto artigiano non era adatto per rappresentare Genova dinanzi la Curia, nè per la carica di castellano. Il tempo per un governo esclusivamente popolare non era an­ cora arrivato. Il Capitano del Popolo non poteva fare a meno dei nobili, quantunque sapesse quanto essi lo odiavano. In ciò sta la causa vera della sua caduta e, dal momento che egli disponeva ad arbitrio, anziché legitti mamente ed equamente, dei diritti del Popolo, così la sua signoria si ri dusse ad un episodio senza durevoli conseguenze.

Il mezzo attraverso il quale, nel 1257, le classi inferiori avevano in teso acquistare maggiore importanza nella vita dello Stato, non si era 1 mostrato il più adatto. Può darsi che i più ricchi popolari se ne fossero poi accorti e per questo si fossero allontanati dal Boccanegra . ^ oro sarebbe convenuto di poter partecipare al governo con regolarità e in posizione di primo piano: in tal guisa avrebbero potuto sperare di arriva e, per altra via, meglio al loro scopo. La caduta fu provocata dalla circostanza che anche il partito della nobiltà, che prima aveva favorito 1 elezione e Capitano, lo abbandonò. Quel partito forse aveva creduto di potero in rizzare conforme ai propri desideri, ma avendo visto che egli invece vo eva governare da solo, ritenne essere migliore soluzione quella di rista 11 , in comune con gli antichi avversari, le primitive forme costituziona i.

L’accordo fra i capi della nobiltà impressionava il Boccanegra diffidava specialmente dei Grimaldi. Risulta che i nobili avessero conclu fra loro una formale alleanza segreta e fissato un giorno nel quale dovev aver luogo la sollevazione generale contro il Capitano. Questi intanto pre deva delle misure di precauzione. Alcuni informatori suscitavano 1 o tenendo informato un partito delle intenzioni dell altro. Quando infine Boccanegra temette prossima la rivolta, decise di prevenirla, facendo im prigionare nella notte dal 6 al 7 maggio 9 alcuni nobili. Costoro avevano

8 Annali, 243 [IV, 45]. Non è chiaro quale parte abbia avuto il Podf f a Giordano de Relvengo, nobilis civis Astensis. Secondo gli Annali, 1. c., egli sare stato contro il Capitano. E’ però strano che egli sia poi stato deposto contempora­ neamente a lui. In Asti egli figura spesso: Cod. Ast., II, 307; I I I , 722 etc., a aprile 1250 appartiene ai rectores societatis militum di Asti: ibid., I I I , 1158.

9 Annali, 244 [IV, 46]: cogitavit (se. capitaneus) eorum propositum prevenire nocte. La sollevazione ha luogo mentre ante noctem poten tes civitatis preven ire (per

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avuto notizia del suo progetto; si imponeva ima pronta decisione, poiché la gente del territorio chiamata alle armi dal Boccanegra già si stava diri­ gendo in fretta verso Genova10. Questa volta però i minacciati non fuggi­ rono come nel 1259, ma nel pomeriggio del 6 maggio diedero di piglio alle armi, prima del tempo stabilito, per prevenire il colpo tramato contro di loro.

Quando il Capitano udì il rumore, si affacciò alla finestra del palazzo col suo seguito, chiamando alle armi. Si chiudono le porte dell’atrio, la campana suona a stormo n, l’araldo percorre le strade, facendo squillare col corno il segnale d ’allarme, ma colpito da una pietra cessa tosto di vivere. Tuttavia sulla piazza di S. Lorenzo si raccolgono circa 800 armati12. Il Capitano lascia il palazzo e tiene parlamento, nel quale probabilmente pro­ nuncia sentenze contro i ribelli con l’approvazione dei presenti13. Poi si dirige verso le case dei Grimaldi, certo con l’idea di distruggerle; ma dopo breve cammino torna indietro. Non è chiaro il motivo della sua inde­ cisione; forse ebbe timore che allontanandosi il suo palazzo andasse per­ duto. Simile contegno dovette fare una cattiva impressione sui suoi se­ guaci, che cominciarono a disperdersi.

Risulta che i nobili avessero fissato un punto di riunione per loro ed i loro aderenti14. A d alcuni del loro partito viene tagliata la via per arri­ varvi da popolari radunatisi in una strada15; ma costoro rimangono soc­ combenti dopo un breve combattimento. Lanfranco, fratello del Capitano,

ven ire non h a sen so) festin a veru n t, e cioè p ost die Nonas Madii sabato circa boram none-, ciò ha u n c h ia ro significato qualora si legga pridie, poiché il 6 maggio nel 1262 cade d i sab ato .

10 A nnali, 2 4 4 [ I V , 4 6 ]: c u m . . . iarn hom ines potestaciarum mandato capitanei januam p ro p era ren t-, probabilmente essi dovevano prestare aiuto per l’arresto dei nobili.

11 A nnali, 2 4 4 [IV , 4 6 ], Cfr. C aro, Verf. Gen., pp. 58, 146, n. 37. Questa volta era sta ta c e rta m e n te suonata la campana p op u li: L.J., I, 1266 e sgg.

12 A nnali, 1, c., in platea-, in ogni caso si vuol alludere alla piazza San Lorenzo, sulla quale si trovava il palazzo abitato dal Capitano: Annali, 241 [IV, 38].

13 A nnali, 1. c. Cfr. analoghi avvenimenti anteriori in Caro, Verf. Gen., p. 26 e sgg.

14 A nnali, 244 e sgg. [IV, 46], linea 14 e sgg. Il testo non è interamente comprensibile. F o ssa tellu m può essere una piazza della città, adatta per luogo di riunioni.

15 A nnali, 244 [IV , 46]: Interim ex parte nobilium per Cannetum transire volentibus.

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che combatteva contro i nobili riuniti, non era in sufficienti condizioni per tener testa e cadeva nella mischia mortalmente ferito. A tale notizia il Boccanegra perde ogni coraggio ed i suoi partigiani si disperdono. L’arci­ vescovo, unitamente ad altri16, interviene come conciliatore e ottiene per lui garanzia di sicurezza della persona. Prima di sera la quiete è già rista­ bilita; il deposto Capitano 17 col suo seguito passa la notte nel palazzo del Podestà 18. La sua parte è ormai finita e probabilmente non rimane ancora a lungo in Genova. Subitamente, così come era sorto, il suo nome sparisce dalle patrie tradizioni. L’ex Capitano del Popolo morirà al servizio del re Filippo I I I di Francia, del quale si era fatto vassallo e per il quale doveva costruire le fortificazioni ed il porto di Aiguesmortes 19. La sua memoria non si cancellò dall’animo di coloro che egli intendeva liberare dal peso del reggimento aristocratico. La sua famiglia continuò a prosperare in Ge­ nova20. Ciò che era fallito all’antenato, avrebbe dovuto riuscire, quasi 80 anni dopo, a Simone Boccanegra, primo Doge e Difensore del Popolo di Genova. La sua elezione sarebbe stata tempestosa come quella del suo antenato ed è molto probabile ch’egli ne andasse debitore alla sua memoria. Quando egli un giorno salvò un Grimaldi dal furore del popolo, si udì gridare: « Morte al rampollo degli uccisori del tuo avo » 21.

16 Ibid.-. archiepiscopo autem cum quibusdam mediantibus.

17 Ibid.-. arm is depositis ac capitaneo deposito-, la destituzione in ogni caso faceva parte delle condizioni alle quali al Capitano securitas data fuit.

18 Ibid.-. in dom o Petri Aurie; si tratta evidentemente dello stesso palatium h ered u m qu. O berti Aurie, dove abitava il Podestà: L.J., I, 1254, 1402, etc.; cfr. sopra, p. 7 e cap. V I, n. 52. Pietro Doria è figlio di Oberto: Annali, 288 [V, 31

19 Pa g e zy, M émoires sur le port d ’Aiguesmortes, p. 351, nr. 28, maggio 1272, il contratto. Sulla sua opera colà, cfr. p. 264 e sgg. Egli doveva essere morto prima del 6 gennaio 1275, perchè a tale data la vedova ed i figli sciolgono il contratto: ibid., p. 358, nr. 29 e sgg.; v. anche Langlois, Le règn e d e P hilippe III, p. 392; cfr. Belgran o, Un ammiraglio di Castiglia, p. 42 e sgg. e dello stesso, I G enovesi, p. 326 e sgg., ove non si avvide che il documento era datato secondo l’anno pa­ squale.

20 Nicola Boccanegra, che nel 1290 fu mandato in Corsica come vicario gene­ rale - Annali, 332 [V, 116] - è in ogni caso suo figlio: Pagezy, p. 359. Sua figlia è sposata a Ingheto Spinola: v. sopra, cap. I, n. 31. Mun taner, Cronica Catalana, p. 428, cap. 227, fa menzione d’un Antonio Boccanegra, come del più valoroso genovese identificabile col mercante Antonio Boccanegra: De rebus R egni Sicilie, p. 642.

21 St e l la, 1074: Moriatur ille, qui d e domo est occisorum tui avi.

La caduta del Boccanegra

Nell’anno 1262 la nobiltà aveva riconquistato completamente il po­ tere. Col Capitano erano scomparsi gli Anziani e la società del Popolo. I vincitori si affrettano a ripristinare l’antica costituzione, senza alcuna difficoltà poiché la sua applicazione era stata semplicemente interrotta, dal momento che il precedente reggitore aveva agito d’arbitrio, senza avervi portato nessun cambiamento fondamentale. Il mattino del 7 maggio si tenne parlamento nella chiesa di S. Lorenzo, ove fu costituito un governo provvisorio, che nello stesso giorno nominò i suoi Consiglieri e due giudici di origine locale investiti del potere giudiziario22. Non risulta chiaro l’at­ teggiamento tenuto verso il Podestà fino allora in carica. Il giorno seguente viene tenuto Consiglio, ove, senza le formalità consuete e con generale approvazione, viene eletto Podestà Martino da Fano, alla condizione di unirsi suo figlio Palmerio e lasciandogli la scelta di assumere egli stesso la direzione del governo o trasmetterla a quest’ultimo23. Il 1° luglio en­ trano in carica e Palmerio presta il giuramento24. Egli sta da solo alla testa del Comune, essendo cessata la suprema autorità del Capitano25. Il Con­

22 A nnali, 244 [IV , 48]: a c duos indices assessores suos, vid elicet Raymun- dum d e Casali, u t iu d ic e t eis, et Bonifacium d e Volta, ut predictum currit male­ ficium. La ripartizione delle funzioni risulta essere uguale a quella dei due giudici del 1257; v. sopra, p. 24. In ogni caso sono rutti e due di Genova. Il primo, il 17 aprile 1257, nel co lleg iu m iudicum (App. 6, nr. 4, c. 19 v.); del secondo pure vi è indicato il nome. Non è chiaro donde Canale, II, p. 164, abbia tratto i nomi dei rettori; non troviamo fra essi un Nicola (Annali, 1. c.).

23 A nnali, 1. c. Forse Martino era allora sul punto d’entrare nell’ordine dei domenicani: cfr. Sa r t i, I, 1, p. 147 e sgg. Palmerio doveva in ogni caso essere con­ siderato come un partigiano del papa: v. Potthast, nr. 18771: 9 gennaio 1264;

Del Gi u d i c e, C od. d i p i, I, p. 48 = Mi n ie r i Ric c io, Alcuni fatti rig. Carlo I, 1252-1270, p. 6. L ’11 settembre 1265 gli viene affidata da Carlo d’Angiò una missione ed è designato come m iles.

24 P a lm eriu s d e Fano Ja nue civita tis potestas, 9 luglio 1262: L.J., I, 1403. 25 I nuovi castellani entranti esibiscono ora lettere del Podestà, munite del sigillo del Comune; v. sopra, cap. V I, n. 9. App. 3, nr. 10, c. 98 v.: 11 luglio; c. 99: 26 luglio; c. 100: 6 agosto; c. 101: 23 agosto. C. 99 ( 28 luglio): Giovanni Bota­ no di Roccabruna elegge un procuratore per difendersi a Genova contro l’accusa di Luchetto G attilusio coram d. potestate. App. 6, nr. 2, nr. 166 (16 luglio): deli­ berazione del Consiglio d’Albenga sulla nomina d’un sindaco che deve comparire coram d. P a lm erio d e Fano honorabili potestate civitatis Janue o al suo assessore d. N icolao d e S. G em iniano, per difendere il Comune contro l’accusa di Jacobus f. qu. d. A n seim i d e Linguilia e rispettivamente provare che Albenga non può essere convenuta a Genova.

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siglio, composto quasi esclusivamente di nobili26, dirige la sua attività come prima del 1257, nè più si trova menzione d’un consiglio di Anziani27, nè più esiste una società del Popolo. Fu forse allora che venne approvato Io statuto che imponeva al Podestà di non tollerare la costituzione di un nuovo Popolo, obbligandolo anche a dare una rilevante cauzione in garan­ zia dell’osservanza di tale disposizione28. Con ciò il capo del Comune di­ venta in pari tempo il custode dei particolari interessi della nobiltà.

26 Vedi la lista in L.J., I, 1403 e sgg.

27 L.J., I, 1403 (9 luglio 1262): il Podestà d e voluntate e t beneplacito consi­ liariorum co m u n is J a n u e . . . n e c non e t ipsi consiliarii. . . n om in e e t v ice comunis Janue conferiscono poteri a sindaci. App. 2, nr. 13 (6 settembre 1262): il Podestà e 5 ex o c to n ob ilib u s pro com uni auctoritate et d ecreto consiliariorum Janue ad con­ silium . . . co n grega toru m , ad quod interfuerunt sex p er quam libet com pagnam vocati e t e le c ti ad b revia secundum form am capituli, n ec non et nos d icti consiliarii confe­ riscono poteri ad inviati.

La partecipazione degli Otto Nobili si riscontra anche prima del 1257; cfr.

Ca ro, Verf. G en., pp. 49 e 126 e sgg.; che ne fossero stati aggiunti sei per ogni Com­ pagna era fatto corrispodente all’uso, sussistente già dal 1238 fino al 1257: ibid., p. 29. L ’indirizzo delle lettere (Belgrano, Cinque docc., p. 227) del Paleologo nobi­ lissim is viris e t d ilectis im perio m eo potestati Janue d. Palm erio d e Fano, consilio e t com u n i eiu sd em civitatis, in R egistres d ’Urbain IV, p. 72 (19 gennaio 1263) è lo stesso usato prima del 1257: cfr. Caro, Verf. Gen., pp. 38 e 107, n. 92. Se vi fossero stati anche degli Anziani, dovremmo trovarne qualche menzione nei documenti, il che non si verifica. G li Anziani formavano appunto il consiglio del Capitano e scompa­ iono senz’altro con esso. Le liste date dal Canale, II, p. 665 e sgg., non meritano al­ cuna fede.

28 App., 2, nr. 86 b:Et dare d eb eb it (se. potestas) securitatem d e libris decem m ilibus m o n ete sue, quod observabit capitulum d e non faciend o p op u lo in Janua vel rassa v el conspiratione. Ciò fa parte delle condizioni alle quali il futuro Podestà deve aderire, accettando la scelta fatta della sua persona; cfr. Ca ro, Verf. Gen., p. 35. Nel 1225 questa condizione ancora non esisteva: H.P.M., Ch., I I , 1333. Se questo Statuto fosse stato in vigore già nel 1257, esso sarebbe stato violato da parte di Alberto de Malavolta, avendo egli acconsentito all’elezione del Boccanegra. Diffì­ cilmente tale elezione avrebbe potuto avvenire senza seria resistenza, se il Podestà fosse stato obbligato a non tollerare la costituzione del Populus. Invece proprio questo obbligo specifico può spiegare la resistenza opposta dai Podestà ad analoghi tentativi nel 1264: Annali, 246 e sgg. [IV, 54]; nel 1265: Annali, 251 [IV, 70-71] e nel 1270: Annali, 270 [IV, 140],

La caduta del Boccanegra

In questo stato di cose, le classi medie e inferiori non potevano spe­ rare di acquistare influenza nello Stato, se non unendosi strettamente fra di loro. Nel 1257 lo avevano tentato, ma i mezzi adoperati non erano stati del tutto rispondenti allo scopo; nel 1262 cadeva il Capitano del Po­ polo, che aveva voluto estendere troppo i suoi poteri. La vittoriosa nobiltà vuole impedire il rinnovarsi del tentativo. Per il momento essa era con­ corde; era assai dubbio però che l’armonia potesse durare. Urbano IV vo­ leva farla finita con la signoria degli Staufen a Napoli, nuove tempeste minacciavano tutta l’Italia e Genova non poteva rimanere estranea alla lotta imminente. La prima profonda scissione fra i nobili aveva avuto luogo quando, nella lotta fra Federico II e Gregorio IX, in tutta la peni­ sola erano sorti con le armi alla mano, gli uni contro gli altri, i partigiani dell’imperatore e quelli del papa. Allora avevano vinto i secondi. Costoro avevano diretto per lungo tempo ed in via esclusiva la politica del Comune. Sotto il Boccanegra era avvenuto un certo mutamento nel comportamento generale dei Guelfi. Invero sotto il mite Alessandro IV, per sua natura amante della pace, non si avvertiva il bisogno d’una decisa presa di posi­ zione. Il nuovo papa tendeva con zelo ardente a ciò ch’egli considerava come lo scopo della sua vita, il riacquisto cioè del regno di Sicilia per la Chiesa; Manfredi non era un nemico da sottovalutarsi. Se ora il papa e lo Staufen andavano a gara per cattivarsi il favore del Comune, era forse da aspettarsi che l ’alleanza conclusa fra i Fieschi ed i Grimaldi con gli Spinola e i Doria, per uno scopo del tutto particolare, potesse essere durevole?

Negli anni in cui gli avvenimenti storici mondiali ondeggiavano con moto appena sensibile in un mare quasi tranquillo, Genova aveva potuto tener dietro ai propri interessi particolari e sostenere per conto proprio le guerre con Pisa in Sardegna e con Venezia nelle acque della Siria e della Grecia. Se il papa era allora intervenuto, lo aveva fatto per far valere la sua autorità imparzialmente come capo supremo della cristianità e nell’in­ teresse della pace. Poteva egli fare altrettanto in questo momento in cui