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Notarnicola B.1, Tassielli G.1, Renzulli P.A.1, Lasigna F.2, Leone G.2, Di Capua R.1 1

Dipartimento Jonico in "Sistemi Giuridici ed Economici del Mediterraneo: società, ambiente, culture", Università degli Studi di Bari “Aldo Moro”, Taranto, Italia

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Italcave S.p.A, Taranto, Italia

bruno.notarnicola@uniba.it

Abstract

L’introduzione a livello comunitario della metodologia Organization Environmental Footprint (OEF) sta spingendo numerose organizzazioni alla quantificazione ambientale complessiva delle proprie attività attraverso l’utilizzo dello strumento Life Cycle Assessment (LCA). L’applicazione dell’approccio del ciclo di vita all’organizzazione nel suo complesso deve tener conto di tutte le attività della catena di approvvigionamento, dall’estrazione delle materie prime fino alla gestione finale dei rifiuti, al fine di garantire il miglioramento dell’efficienza ambientale. Un’importante realtà aziendale della Provincia di Taranto, operante in differenti settori economici, sta applicando la nuova metodologia OEF all’intero sistema aziendale al fine di individuare i processi più impattanti e adottare gli opportuni interventi di mitigazione. La società Italcave S.p.A., coinvolta nel progetto di OEF, si occupa di numerose attività produttive, che vanno dalla gestione di un sistema di trattamento di rifiuti speciali non pericolosi (RSNP) all’erogazione di servizi di ricettività turistica. L’organizzazione è particolarmente attenta alle tematiche di sostenibilità, infatti aderisce al nuovo Regolamento EMAS III e ha dotato i propri impianti di un Sistema di Gestione Integrato volto alla tutela della qualità, dell’ambiente e della sicurezza. Il sistema di trattamento dei RSNP è inoltre dotato di Autorizzazione Integrata Ambientale. Il modello di contabilità ambientale OEF si integra molto bene con tutti questi strumenti in quanto permette alla società di conseguire un miglioramento continuo delle proprie performance ambientali. Il presente lavoro illustra i risultati dell’applicazione delle prime fasi dello studio di LCA ai principali macro impianti del sistema analizzato a partire dall’impianto complesso di discarica per RSNP con annessa piattaforma di inertizzazione. L’utilizzo dei risultati delle LCA dei singoli processi aziendali permetterà di valutare gli impatti ambientali dell’insieme di sistemi che costituiscono l’azienda e di calcolare l’impronta ambientale dell’intera organizzazione.

Introduzione

La sperimentazione della metodologia OEF avviata dalla Commissione Europea in collaborazione con il Joint Research Centre di Ispra ha l’obiettivo di ridurre la molteplicità dei metodi presenti nel territorio comunitario per il calcolo delle prestazioni ambientali delle organizzazioni. Si tratta di una metodologia basata sullo strumento LCA che tiene conto dell’intero ciclo di vita del sistema produttivo di un’organizzazione che fornisce prodotti o servizi, con la finalità di ridurre gli impatti ambientali delle diverse attività della catena di approvvigionamento, migliorare l’efficienza delle risorse e la competitività aziendale (Commissione Europea, 2013a). Questo strumento non sostituisce gli attuali sistemi di gestione ambientale esistenti, ma deve essere applicato il più possibile nel contesto dei sistemi di ecogestione e audit ambientale EMAS e standard ISO 14001 (Pelletier et al., 2014). Tra le metodologie esistenti per misurare la performance ambientale di un’organizzazione, lo strumento OEF presenta numerosi miglioramenti tra cui una chiara definizione delle categorie di impatto ambientale, l’obbligo di valutare la qualità dei dati e indicazioni più precise per affrontare alcune criticità degli studi di LCA come il problema dell’allocazione (Commissione Europea, 2013b). Particolarmente interessante risulta l’applicazione di tale strumento ad un’azienda medio-grande della Provincia di Taranto, impegnata in numerose e diversificate attività produttive all’interno del territorio jonico. La società Italcave S.p.A. (Italcave, 2016), committente dello studio di OEF, si occupa di numerose attività economiche perseguendo una politica aziendale di continuo miglioramento delle proprie performance in materia di qualità, ambiente e sicurezza. In allineamento con questa politica, lo studio di OEF della società tiene conto di tutte le attività aziendali quali la gestione di un sistema di trattamento di RSNP, l’estrazione e la lavorazione di inerti calcarei, il deposito temporaneo di prodotti energetici solidi, l'attività di carico, scarico e trasporto di merci imballate e alla rinfusa sul molo polisettoriale del porto di Taranto e l’erogazione di servizi di ricettività turistica. L’obiettivo dello studio è

quello di valutare il profilo ambientale dell’organizzazione attraverso lo studio di LCA dei sistemi appena descritti per poi valutare il profilo ambientale dell’intera organizzazione con un approccio OEF. I risultati saranno propedeutici per il continuo monitoraggio delle prestazioni ambientali dell'intero sistema organizzativo. In questo lavoro sono illustrate le prime fasi di applicazione della LCA, che consistono nella raccolta di dati di input e output delle varie fasi del ciclo di vita dei principali macro impianti dell’organizzazione, rappresentati dalla discarica di RSNP e dalla cava di inerti calcarei. Tali dati serviranno poi alla definizione dell’inventario dei due sistemi.

Materiali e metodi

La metodologia di base per l’applicazione dello studio di OEF alla società Italcave S.p.A., oltre alla guida metodologica sulla OEF pubblicata dalla Commissione Europea, è rappresentata dalla normativa di riferimento degli studi di LCA (ISO, 2006a; ISO, 2006b; JRC, 2010). La metodologia LCA consentirà di quantificare e valutare gli impatti ambientali dei differenti sistemi produttivi dell’organizzazione, evidenziando le fasi critiche di ciascuno dei sistemi analizzati. Partendo dallo studio del sistema di trattamento di RSNP e dell’attività di estrazione e lavorazione di inerti calcarei, attualmente il progetto si è occupato della definizione di tutti gli elementi che determinano i sistemi da analizzare e della raccolta di tutti i dati di input e output necessari per la definizione dell’inventario. In particolare, per entrambi i sistemi si è definito l’obiettivo specifico degli studi, l’unità funzionale, i confini del sistema, le procedure di allocazione, la qualità dei dati, il metodo di valutazione degli impatti, le ipotesi e le assunzioni alla base dello studio. L’obiettivo specifico degli studi è rappresentato dall’esigenza del committente di conoscere le prestazioni ambientali dei propri sistemi produttivi al fine di intervenire con gli opportuni interventi di riduzione degli impatti ambientali. La definizione dell’unità funzionale ha tenuto conto della funzione svolta dai due sistemi: il trattamento dei rifiuti speciali da un lato e l’estrazione di inerti dall’altro. I due sistemi analizzati sono stati suddivisi in processi principali (upstream, core e downstream) con un approccio “dalla culla alla tomba” per i quali si sono raccolti dati primari direttamente presso l’azienda relativi all’anno 2016 e dati secondari provenienti da banche dati LCA (prevalentemente Ecoinvent) o da altre fonti di letteratura. Per quanto riguarda il problema dell’allocazione, tutti gli impatti sono allocati al servizio svolto da ciascun sistema con espansione dei confini per tener conto delle coproduzioni. Per i rifiuti prodotti dal sistema e avviati a smaltimento si considerano gli impatti ambientali derivanti da tale trattamento, mentre per i rifiuti prodotti e avviati a recupero, si considerano gli impatti ambientali dei trasporti di tali rifiuti dall’impianto al sito di trattamento e recupero terzi. Il metodo di valutazione degli impatti da implementare è rappresentato dall’ILCD 2011 Midpoint Method le cui principali categorie di impatto sono state integrate dalla domanda di energia cumulativa (CED). Specifiche ipotesi e assunzioni sono state fatte per i due sistemi oggetto di analisi di questo lavoro.

Risultati/discussione

Il sistema di trattamento di RSNP

Lo studio di LCA del sistema di trattamento di RSNP è strutturato come una short-term LCA così come suggerito dalle Product Category Rules (PCR) della EPD per i sistemi di gestione dei rifiuti (EPD, 2008), e quindi considera solo gli impatti ambientali connessi alla fase di gestione operativa e sino a 30 anni dopo la chiusura della discarica (post-gestione), tralasciando gli effetti ambientali che possono verificarsi anche dopo centinaia di anni dalla chiusura. Si considera come unità funzionale il trattamento di una tonnellata di rifiuto speciale in ingresso all’impianto. Nell’anno 2016 sono stati conferiti in discarica 547.701 tonnellate di RSNP rappresentati per il 93% da rifiuti prodotti da impianti di trattamento appartenenti alla categoria CER 19. Il maggior flusso di rifiuti proviene dalla Regione Campania (51%) e dalla Regione Puglia (44%). Le principali Province di provenienza di questi rifiuti sono rappresentate dalla Provincia di Bari (21%), Provincia di Napoli (19%) e Provincia di Salerno (17%). Come si evince dalla figura 1, che riporta il diagramma di flusso dell’impianto di smaltimento di RSNP, l’analisi degli impatti ambientali del sistema analizzato parte dalle emissioni legate al trasporto da terzi dei rifiuti fino al sito di smaltimento, considerando un totale di 111.588.631 tonnellate-chilometro. Il flusso di rifiuti in ingresso all’impianto è successivamente sottoposto a verifica documentale, controllo visivo e pesatura. I dati di inventario di questo processo riguardano principalmente il consumo di energia elettrica dell’ufficio pesa che nel 2016 ammonta a 14.487 kWh. Dopo la fase di accettazione, i rifiuti speciali sono conferiti in discarica ad eccezione di alcuni fanghi da reflui civili ed industriali da inertizzare prima del loro smaltimento. Nel 2016 sono stati sottoposti a trattamento di inertizzazione con ossido di calcio 6.941 tonnellate di fanghi di depurazione non ammessi direttamente in discarica a causa del loro elevato contenuto di umidità (Italcave, 2016). Le restanti 540.760 tonnellate di

rifiuti sono state smaltite in discarica ad opera di mezzi terzi o di mezzi interni in conformità al D.M. 27/09/2010 e s.m.i.

Fig. 1 Diagramma di flusso del Sistema di Trattamento RSNP della Italcave S.p.A. – anno 2016

Il trattamento di inertizzazione di 6.941 tonnellate di fanghi ha portato ad un consumo di 530 tonnellate di ossido di calcio, 1.090 mc di acqua industriale, 5.200 litri di acido solforico, 2.000 litri di soda caustica e 9.154 litri di diesel per la movimentazione del rifiuto all’interno del capannone. Particolarmente significativo è stato il consumo di energia elettrica di questa fase pari a 446.423 kWh legato principalmente al funzionamento dell’impianto di aspirazione aria e trattamento aeriformi. Quest’ultimo impianto in particolare è responsabile della produzione di 1.147 tonnellate di acqua di spurgo delle torri di lavaggio inviate a trattamento terzi e di 20.784.068 mc di reflui aeriformi scaricati in atmosfera dal camino di scarico principalmente sotto forma di composti azotati (circa 108 kg nel 2016). Particolare attenzione merita il processo di smaltimento dei rifiuti in discarica, per il quale si riporta in tabella 1 il flusso degli input utilizzati per la sistemazione dei rifiuti e gli output generati dal processo modellizzati considerando le relative emissioni dal momento del conferimento fino a 30 anni dopo la chiusura dell’impianto.

INPUT

Materia in ingresso RSNP (t) 547.701

Argilla (t) 94.950

Manto bentonitico (t) 125

Telo HDPE (t) 119

Tessuto non tessuto TNT (t) 12

Materiali inerti per copertura rifiuti (t) 253.425

Ghiaia silicea (mc) 400

Tubi in PEAD (mt) 4.834

Prodotto deodorizzante (L) 14.000

Carburanti Elettricità/calore Diesel (L) 396.937

Trasporto materie prime (t.km) 8.033.907

Trasporto rifiuti prodotti (t.km) 6.579.489

Elettricità (kWh) 104.106

OUTPUT

Rifiuti da trattare/smaltire Percolato (t) 93.326

Biogas captato (mc) 26.310.600

Biogas non captato (mc) 8.770.200

Per la modellizzazione del biogas e del percolato di discarica sono state formulate specifiche assunzioni e ipotesi che rispecchiano le condizioni operative della discarica oggetto di studio. Per quanto riguarda la modellizzazione del biogas di discarica, si è partiti dall’analisi della composizione dei rifiuti in ingresso per poi valutare la percentuale, in termini di massa, di contenuto di carbonio biogenico nei rifiuti speciali utilizzando i valori consigliati nelle linee guida dell’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC, 2006) e nei documenti della Environmental Protection Agency degli Stati Uniti d’America (EPA, 2010). Secondo questi studi soltanto il 50% del carbonio organico biogenico contenuto nei rifiuti subirà effettivamente dei processi di biodegradazione che porteranno alla formazione di biogas nel ciclo di vita esaminato (30 anni). Il 50% di questa frazione di carbonio (DOCF) darà origine a metano e il restante 50% formerà anidride carbonica. Poiché dalle analisi della composizione del biogas fornite dalla Italcave S.p.A. risulta che il 10% del biogas è composto da altre sostanze come idrogeno, ammoniaca, acido cloridrico, composti organici volatili e altro, si è ipotizzato che oltre al metano e all’anidride carbonica, dalla discarica verranno emessi altri gas in quantità pari al 10% del volume totale di biogas prodotto dalla discarica. Le altre assunzioni riguardano la quota di biogas captato, per il quale si è preso come riferimento lo studio dell’Environmental Protection Agency (EPA) americana che considera un valore medio di captazione del biogas dalle discariche pari al 75%. Tenendo conto dei dati site-specific del sito produttivo, si è inoltre ipotizzato che il 75% del biogas captato è bruciato in torce e il 25% è inviato al motore endotermico per il recupero di energia elettrica. Le combustioni del biogas nelle torce e nel motore endotermico danno luogo principalmente alla formazione di anidride carbonica che insieme alla CO2 non captata non concorreranno alla formazione di effetto serra, data la loro natura biogenica. Le ipotesi e le assunzioni utilizzate per modellizzare la produzione del biogas nell’arco temporale di 30 anni, ha permesso di valutare la sostenibilità ambientale del sistema e di redigere il bilancio del carbonio che attraversa l’organizzazione riportato graficamente in figura 2.

Fig. 2 Bilancio del carbonio in entrata e in uscita dal sistema di trattamento RSNP riferito al rifiuto conferito nel 2016 Lo studio di LCA del sistema di trattamento rifiuti in esame, oltre a considerare le emissioni di anidride carbonica derivanti dalla combustione del biogas così modellizzato, terrà conto dei crediti ambientali derivanti dalla produzione di 11.346.446 kWh di energia elettrica prodotta fino al 30° anno di post-gestione dall’impianto di recupero energetico. Per quanto riguarda la modellizzazione della produzione del percolato di discarica nel tempo, si tratta di una stima assai complessa che dipende da numerosi fattori quali le caratteristiche geomorfologiche della discarica, le precipitazioni atmosferiche e la composizione dei rifiuti smaltiti (Astrup et al., 2006). Nel sistema analizzato, il percolato è stoccato in appositi silos per poi essere avviato a smaltimento presso terzi con un abbattimento del 90% degli inquinanti. Nel presente studio si assume che il percolato prodotto nel periodo di post-gestione sia pari al quantitativo emesso nell’anno 2016 (46.663 tonnellate). Si ipotizza inoltre una percentuale di captazione del 100% del percolato prodotto. Lo studio del sistema ha considerato tutti i flussi di input e di output degli uffici tecnici e di tutte le attività a servizio della discarica, tra cui l’emungimento di 13.896 mc di acqua di falda con un relativo consumo di 4.994 kWh di energia elettrica, il lavaggio dei mezzi che nell’anno di riferimento ha consumato circa 6.000 litri di flocculante e 1.824 kWh di energia elettrica e la gestione di circa 3.175 tonnellate di acque di prima pioggia successivamente avviate a smaltimento terzi e di 11.500 e 2.500 tonnellate rispettivamente di acque

di seconda pioggia e di acque della pista perimetrale della discarica riutilizzate all’interno del sito. Gli uffici tecnici della discarica e gli altri servizi annessi hanno consumato inoltre 280 mc di acqua potabile, 139.637 kWh di energia elettrica, 11.177 litri di diesel principalmente per il trasporto del personale e prodotto rifiuti destinati principalmente a trattamento terzi. Al sistema di trattamento rifiuti si è attribuito inoltre il 45% dei flussi di materia, energia ed emissioni degli uffici centrali e dell’officina a servizio di tutte le attività produttive dell’organizzazione. La stessa percentuale è stata applicata al sistema di estrazione e lavorazione di inerti calcarei. Particolare attenzione si è dedicata infine all’inventario del fine vita della discarica riferito ai rifiuti conferiti nell’anno 2016 che ha tenuto conto del consumo dei materiali che saranno utilizzati per la copertura finale della discarica e del consumo di energia elettrica per l’illuminazione esterna. Tra i consumi di energia elettrica del fine vita della discarica rientra anche il consumo di energia elettrica delle pompe del percolato prodotto durante la post-gestione.

Il sistema di estrazione inerti

L’attività di estrazione e lavorazione di inerti rappresenta un’altra importante attività produttiva della società Italcave S.p.A. In figura 3 si riporta il diagramma di flusso della cava di inerti riferito all’anno 2016. Per lo studio di LCA del sistema, si considera come unità funzionale l’estrazione di 1 tonnellata di inerti calcarei. Il processo può essere suddiviso in cinque sotto fasi: coltivazione del fronte di cava, carico e trasporto del materiale inerte dalla volata, frantumazione e vagliatura primaria e secondaria, carico e trasporto finale dei prodotti ottenuti destinati alla vendita. Nell’anno 2016 sono state estratte 869.725 tonnellate di inerti calcarei dal processo di coltivazione del fronte di cava, incluse le tonnellate di tout venant venduto e di scogli messi in giacenza. La fase di coltivazione del fronte cava avviene mediante l’utilizzo di esplosivo e comprende le fasi di perforazione della roccia, caricamento delle mine nei fori realizzati e il processo di brillamento. A tal fine nell’anno 2016, sono stati utilizzati 42.997 litri di diesel per l’attività di perforazione e 91.550 kg di miscela di nitrato d’ammonio e olio combustibile (ANFO). L’inventario di questa fase ha inoltre quantificato i materiali componenti e le miscele degli altri materiali esplodenti utilizzati nell’anno di riferimento: micce detonanti, micce a lenta combustione, detonatori e ritardatori e le tonnellate-chilometro del trasporto di questi materiali.

Al fine di considerare l’intero ciclo di vita del processo, alla fase di coltivazione del fronte di cava, sulla base del quantitativo di inerti estratti nel 2016, sono stati imputati gli impatti derivanti dal consumo di diesel e dalla produzione dei residui dell’attività di scotico del terreno vegetale che rappresenta la prima fase del ciclo di vita del sistema oggetto di studio. Per la stima delle emissioni della fase di brillamento, la letteratura scientifica evidenzia come l’utilizzo di esplosivi ANFO nelle attività di estrazione di inerti nelle cave sia responsabile di emissioni di polveri e di ossidi di azoto. In particolare per gli ossidi di azoto si stima un fattore di emissione medio di 5 kg per tonnellata di esplosivo utilizzato (Oluwoye et al., 2017). Proseguendo con le fasi successive, gli inerti avviati alla fase di frantumazione e vagliatura primaria nel 2016, pari a 837.384 tonnellate, sono stati caricati a mezzo pala gommata sui dumper per il trasporto all’impianto con un consumo complessivo di 221.198 litri di diesel. L’impianto di frantumazione e vagliatura primario è dotato di una vasca di raccolta con sgrossatori a rullo all’interno del quale il materiale è vagliato per ottenere le diverse pezzature di stabilizzato naturale (vedi figura 3) e che complessivamente rappresentano il 36,47% del materiale prodotto dalle operazioni di brillamento. L’80% dello stabilizzato naturale prodotto è utilizzato dalla discarica di RSNP gestita dalla stessa azienda. Il 63,53% degli inerti estratti (pezzatura 70-350 mm) è trasportato attraverso nastro trasportatore all’impianto di frantumazione e vagliatura secondaria, ma solo il 52,29% è sottoposto a frantumazione mentre l’11,24% resta a deposito. Dall’impianto di frantumazione e vagliatura secondario, costituito da un mulino primario e secondario e due vagli vibranti, si ottengono i prodotti finiti richiesti dal mercato e riportati in figura 3. I dati di inventario dei due processi di frantumazione riguardano principalmente il consumo di energia elettrica che nel 2016 ammonta a 240.774 kWh per la frantumazione e vagliatura primaria e a 621.859 kWh per la frantumazione e vagliatura secondaria. A questo proposito, sarà necessario risolvere il problema dell’allocazione dell’energia tenendo conto contemporaneamente della massa e dei prezzi dei prodotti ottenuti. Il consumo di energia della fase di frantumazione e vagliatura secondaria è di circa tre volte superiore al consumo di energia dell’impianto primario, essendo minore la granulometria del materiale ottenuto (Tassielli et al., 2006). L’ultima fase del sistema analizzato è rappresentato dal carico e dal trasporto del materiale destinato alla vendita previa pesatura a cui è attribuito un consumo di 43.745 litri di diesel. L’inventario dei servizi a supporto della cava di inerti tiene conto dei consumi di energia elettrica dell’emungimento di 26.532 mc di acqua di falda pari a 114.235 kWh, il consumo di 4.949 litri di gasolio per la caldaia e le emissioni dei principali rifiuti prodotti dal sistema e smaltiti presso terzi come i rifiuti organici, inorganici, le acque meteoriche del piazzale cava, cemento e fanghi da lavaggio mezzi aziendali. Concludendo, la definizione dell’inventario dei due sistemi completato con quello delle altre attività produttive svolte dalla società consentirà di valutare gli impatti ambientali e permetterà di evidenziare i punti critici di ciascun sistema produttivo. Lo studio di LCA dei singoli sistemi rappresenterà la base per l’applicazione dello studio di OEF finalizzato alla misurazione dell’impronta ambientale dell’intera organizzazione.

Riferimenti

Astrup, T., Mosbæk, H., Christensen, T.H. (2006). Estimating long-term leaching from waste incineration air-pollution-control

residues. Waste Management 26, pp.803–814.

Commissione Europea (2013a). Raccomandazione della Commissione, del 09 aprile 2013, relativa all'uso di metodologie comuni