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DIALOGO CON EMANUELE FELICE

Nel documento Territorio Vino Agricoltura. In Abruzzo (pagine 162-164)

Ottavia Aristone Raffaella Radoccia

7.1. DIALOGO CON EMANUELE FELICE

La forma straordinaria di governo del territorio e gli interventi realizzati a sostegno dell’agricoltura a valere sulla Cassa per il Mezzogiorno sono esplorati da Emanuele Felice, secondo tracce legate alla cooperazione, al finanziamento pubblico, al rappor- to con l’industrializzazione, all’emergere di nuove modalità istituzionali e di nuove professionalità.

La prima fase di intervento (decennale) della Cassa del Mezzogiorno si può leggere come fattore positivo di mantenimento della popolazione al lavoro agricolo e di attivazione di energie sociali, finanziarie e d’impresa, in grado di suscitare potenziali ricadute sul sistema economico regionale, ad esempio le cooperative vitivinicole?

Direi di sì. Alcuni numeri per rendere l’idea. A fine 1965 in tutta l’area abruzzese-mo- lisana di intervento della Cassa i finanziamenti agli impianti cooperativi di trasforma- zione e conservazione dei prodotti agricoli avevano interessato 315 strutture. La spesa ammontava a quasi 3 miliardi di lire del tempo, una cifra considerevole, distribuita per 36 società cooperative: fra queste, ne beneficiarono tredici enopoli per 1 miliardo e 753 milioni, otto caseifici per 349 milioni, sei oleifici per 227 milioni, una centrale or- tofrutticola per 446 milioni. Come si vede, gli enopoli ebbero una parte importante dei finanziamenti, oltre la metà. Ma non c’è solo questo. Occorre considerare che l’importo complessivo dei progetti finanziati (con il contributo di cui sopra) sfiorava i 38 miliardi di lire del tempo: la leva finanziaria è quindi davvero notevole, di quasi tredici volte. Nel settore questo non fu il solo tipo di intervento che ebbe ricadute importanti. Ad esempio, a partire dal 1957, la Cassa incoraggiò il miglioramento delle competenze tecniche e scientifiche: in tutto l’Abruzzo, Molise e bacino del Tronto, a fine 1965 risultavano istituiti ben 19 tra centri di assistenza e scuole agrarie professionali, più di regioni come la Campania (14) o la Puglia (13) (anche se meno della Calabria, 42, o della Sardegna, 31).

In termini più generali, l’intervento della Cassa è certo stato utile per rallentare l’eso- do agricolo e per migliorare le condizioni produttive del comparto agro-alimentare. Tuttavia, va anche detto che da questo punto di vista alla fine è risultato essere una soluzione tampone, che ha avuto esiti limitati: l’esodo agricolo si verificò ugualmen- te, e fu massiccio. Era inevitabile, dati i tempi. Forse, in termini di pre-condizioni per lo sviluppo economico, le ricadute migliori di quella stagione si sono avute sul piano infrastrutturale: nella costruzione di strade che hanno migliorato i collegamenti fra i numerosi piccoli centri della regione, nella realizzazione di infrastrutture idriche moderne (acquedotti, fognature), all’altezza del nostro tempo; in campo agricolo, nell’esecuzione di numerosissime opere di miglioramento fondiario che hanno signi- ficativamente rafforzato l’assetto del territorio.

OTTAVIA ARISTONE, RAFFAELLA RADOCCIA | DIALOGHI. NUOVE MAPPE DI LAVORO 161

L’attuazione della seconda fase della Cassa del Mezzogiorno (industrializza- zione) si può leggere come un motivo di integrazione di reddito familiare e quindi di compressione delle potenzialità dello sviluppo del lavoro agricolo in senso imprenditoriale?

Anche questo è vero. Il finanziamento all’industria, dispiegatosi dal 1957 in avanti, ha sicuramente ridotto le potenzialità attrattive dell’agricoltura. Tuttavia, temo che, se anche non vi fosse stato, le cose per l’agricoltura, in quel periodo, non sarebbero cambiate di molto. Le forze di attrazione avrebbero ugualmente spinto via le persone dai campi, ma verso l’industria di altre regioni o di altri paesi: in pratica, l’emigrazio- ne. Le sostanziose agevolazioni all’industria della Cassa sono quindi servite a frenare l’abbandono dei centri abruzzesi (anche perché sono stati finanziati i settori leggeri, anziché i grandi impianti intensivi in capitale, molto più che in altre parti del Mez- zogiorno), il quale però, nondimeno, è risultato notevole (l’Abruzzo è l’unica regione del Sud il cui numero di abitanti diminuì, negli anni Cinquanta e Sessanta). Il punto è che il tessuto di piccoli centri montani che costituisce una parte importante della demografia abruzzese per quei tempi offriva davvero poco: molto forti le spinte non solo verso la costa della regione, ma anche verso Roma e il Nord Italia.

I nuovi soggetti istituzionali, imprenditoriali e sociali, messi in campo dall’in- tervento straordinario hanno dato vita a nuove professionalità, hanno intro- dotto nuove competenze, hanno contribuito a modificare gli assetti economici ed istituzionali nel territorio regionale?

In parte sì, in parte no. Sappiamo che ciò è avvenuto nel Teramano e nel Pescarese. Sappiamo che i risultati sono stati più deludenti nella parte meridionale della regione e nell’Aquilano. Per certi versi, questi esiti diversi si devono a condizioni di partenza che erano già differenti. Nel Teramano e nel Pescarese vi era già un tessuto di picco- le e medie imprese con salde radici agricole – che derivava dalla struttura mezzadrile – e che ha trovato più naturale evolvere verso la piccola e media impresa dei settori manifatturieri leggeri (fra cui l’agro-alimentare); in ciò opportunamente agevolato dall’intervento straordinario, che lì era maggiormente orientato a finanziare l’am- pliamento degli impianti esistenti (appunto perché questi c’erano, e attivavano delle spinte dal basso proprio in questo senso); ma anche, non dimentichiamolo, grazie al supporto di istituzioni e strutture locali, si pensi al ruolo che hanno avuto le Casse di Risparmio. Nel Sud e nell’interno la situazione era diversa: la Cassa ha agito soprat- tutto dall’alto, nell’industria ha finanziato settori più pesanti (l’elettronica, la mecca- nica), e le ricadute sul sistema locale sono state molto minori; quelle esperienze sono entrate più facilmente in crisi a partire dagli anni Settanta, e a volte il filo di continu- ità si è perduto − non sempre però: pur se ridimensionate, nella valle del Sangro e nel Vastese importanti esperienze sono proseguite fino ai nostri giorni.

TERRITORIO VINO AGRICOLTURA | IN ABRUZZO

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Nel documento Territorio Vino Agricoltura. In Abruzzo (pagine 162-164)