Programmazione e agricoltura
66 TERRITORIO VINO AGRICOLTURA | IN ABRUZZO
per la competitività territoriale europea, attraverso un uso più efficiente del suolo e una più equilibrata gestione delle risorse naturali ed ambientali.
La programmazione dei fondi comunitari 2014-2020 offre l’opportunità di costruire una strategia per il rilancio delle aree rurali nelle diverse regioni europee, con una rinnovata attenzione. In questa sede, si intende delinearne alcuni elementi innovati- vi e fornire una sintesi delle politiche agricole comunitarie di carattere strutturale nel quadro dello sviluppo rurale italiano e quindi regionale. L’efficacia e l’efficienza di tali politiche sono ricercate attraverso la più recente formulazione di specifici indica- tori per il monitoraggio e le valutazioni ex ante ed ex post a supporto della complessa azione di programmazione.
In proposito, il Quadro Strategico della politica di coesione europea 2020 indica un sistema di condizionalità ex ante per ciascun obiettivo specifico, come pre-condi- zioni fondamentali necessarie alla realizzazione degli investimenti. Tra queste, si fa riferimento alla valutazione di efficacia e impatto dei programmi (Comitato delle Re- gioni, 2012), così da migliorare l’impiego dei fondi europei disponibili e garantirne la coerenza con gli obiettivi di Europa 2020.
In particolare nel contesto regionale abruzzese, l’analisi del quadro valutativo delle precedenti fasi di programmazione dello sviluppo rurale ha la finalità di fare emerge- re i fabbisogni delle zone rurali indagate, con riferimento alle disparità da affrontare e alle effettive forze motrici dello sviluppo rurale sostenibile. In tal senso, si intende tracciare un orientamento sulle politiche locali regionali, con l’obiettivo di com- prenderne lo stato di attuazione e gli strumenti innovativi (Strategia Europa 2020). Nella attuale fase di riduzione della spesa pubblica, le esigenze della rendicontazio- ne nell’utilizzo dei Fondi – secondo il principio di accountability, responsabilità e trasparenza – e l’analisi degli effetti prodotti e dei processi attivati dalle precedenti politiche appaiono essenziali al fine di supportare il decisore pubblico a partire dal
learning from experience.
3.1. L’AGRICOLTURA NEL QUADRO EUROPEO
Il riposizionamento strategico dell’agricoltura nell’attuale quadro delle politiche euro- pee richiede di soffermarsi sul legame tra aree urbane e rurali. I progressivi trasferi- menti di persone, merci e capitali dalle città alle aree agricole sono da tempo indaga- ti dalla letteratura di settore e giocano un ruolo importante nelle dinamiche urbane e rurali contemporanee.
Van Leeuwen (2010) utilizza una visione di rete sistemica (systemic network per-
spectives) per descrivere le interazioni tra città ed hinterland, sottolineando che
le zone maggiormente distanti dai centri urbani e dipendenti dal settore agricolo presentano in genere una sfavorevole situazione demografica, bassi tassi di occu- pazione, scarso sviluppo del settore terziario, mancanza di opportunità per donne e giovani e problemi ambientali, con erosione del suolo da acqua e vento, inquinamen- to, danni alla qualità delle acque per impiego di fertilizzanti, danni alla biodiversità,
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perdita dei caratteri del paesaggio. In queste aree il miglioramento della qualità delle risorse naturali, la carente dotazione di attrezzature e il miglioramento della qualità della vita rappresentano una questione essenziale.
Dunque nella prospettiva europea di auspicabile ripresa territoriale, le scelte di intervento nelle aree rurali richiedono una classificazione, con l’individuazione di specifiche priorità. In effetti, «oggi è sicuramente anacronistico identificare lo spa- zio rurale con quello agricolo ed è innegabile l’importante ruolo delle popolazioni e delle attività non agricole nei processi evolutivi che hanno caratterizzato lo spazio rurale europeo negli ultimi decenni» (Storti, 2000, pag. 21)2. La classificazione pro- posta dalla Commissione – secondo una metodologia formulata nel 1993 dall’Orga-
nizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OECD, 1993) – prevede
sia l’identificazione delle aree urbane e rurali in base alle dinamiche insediative della popolazione (grado di urbanizzazione) e alla densità di popolazione, sia la distinzione del territorio per “aree di ruralità” delle province in base alla quota di popolazione rurale (cfr. Storti, 2013): regioni prevalentemente urbane, con popo- lazione rurale inferiore al 20% del totale; regioni intermedie, con una quota della popolazione rurale compresa tra il 20 e il 50%; regioni prevalentemente rurali, con popolazione rurale superiore al 50%.
Nel nostro Paese con il Piano Strategico Nazionale (PSN) 2007-2013 si è proposto il superamento del criterio adottato dalla Commissione (rural-urban typology), rite- nendo che il livello provinciale fosse poco adatto a cogliere le specificità territoriali. Nell’attuale programmazione 2020, il Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali (MIPAAF) ha previsto l’aggiornamento delle categorie territoriali attraverso l’individuazione delle zone svantaggiate sulla base di parametri climatici e topogra- fici e mediante un processo di fine tuning a livello regionale3. Tale metodo è basato sulla individuazione di 4 categorie di base: aree prevalentemente urbane; aree rurali urbanizzate; aree significativamente rurali; aree prevalentemente rurali (cfr. Storti, 2013). Pertanto in Italia le linee di indirizzo nazionali 2020 propongono una mappatu- ra del territorio che renda conto delle aree per le quali si ritiene opportuno perseguire una strategia coordinata con misure di sostegno alla crescita.
Sulla scorta degli obiettivi di Europa 2020, risultati attesi e target sono volti a garan- tire servizi essenziali per i cittadini, tutelare e valorizzare le risorse naturali e cultu-
2 Tra i recenti studi finalizzati alla classificazione del territorio nazionale in due o più tipologie di aree rispetto al grado di intensità del fenomeno urbanità/ruralità, quelli più significativi sono stati condotti dall’ISTAT (1986) – che descrive le caratteristiche dei comuni italiani attraverso alcune variabili e un approccio di cluster analysis, tenden- do ad identificare il rurale con il ritardo socio-economico – e dal gruppo dell’INSOR (1992; 1994) – che identifica il rurale con «un ambiente naturale caratterizzato dalla preponderanza della “superficie a verde” su quella edificata», e successivamente in base al criterio della «superficie non urbanizzata». A tal proposito, si veda l’interessante contributo di storti D.(2000) su Tipologie di aree rurali in Italia.
3 L’art.50 del Regolamento (CE) n. 1698/2005 definisce le zone oggetto di revisione come quelle «caratterizzate da svantaggi naturali considerevoli, segnatamente scarsa produttività del suolo o condizioni climatiche avverse, e nelle quali il mantenimento dell’agricoltura estensiva è importante per la gestione del territorio».
Per approfondimenti sul fine tuning, si rimanda all’aggiornamento della classificazione del territorio a cura dell’INEA (storti d., 2013).