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Il dibattito sulla definizione d‟arte: un contributo dal punto di vista delle scienze cognitive

Alessandro Bruzzone

Dottorato FINO - Università degli Studi di Torino alebruzzone76@gmail.com

1. “Arte” come concetto aperto

Negli anni Cinquanta, basandosi sulla nozione di ―somiglianza di fami- glia‖ sviluppata nelle Ricerche filosofiche da Ludwig Wittgenstein, alcuni fi- losofi americani affermarono l‘impossibilità di una definizione essenzialista di ―arte‖: vale a dire, tale concetto non sarebbe delineabile attraverso un in- sieme finito di proprietà necessarie e sufficienti tali da catturarne l‘essenza. Tra quegli autori troviamo Morris Weitz, che nell‘influente articolo del 1956

The Role of Theory in Aesthetics presenta quello di ―arte‖ come un concetto aperto: poiché l‘arte è caratterizzata da continue trasformazioni, talvolta mol-

to profonde, il suo concetto sembra funzionare in un modo analogo a quello di ―gioco‖. Per l‘appunto, l‘esempio portato da Wittgenstein nel presentare la teoria delle somiglianze di famiglia:

Considera, ad esempio, i processi che chiamiamo «giuochi». Intendo giuochi da scacchie- ra, giuochi di carte, giuochi di palla, gare sportive, e via discorrendo. Che cosa è comune a tutti questi giuochi? – Non dire: «Deve esserci qualcosa di comune a tutti, altrimenti non si chiame- rebbero «giuochi» – ma guarda se ci sia qualcosa che sia comune a tutti.- Infatti, se li osservi, non vedrai certamente qualche cosa che sia comune a tutti, ma vedrai somiglianze, parentele, e

anzi ne vedrai tutta una serie. Come ho detto: non pensare, ma osserva! – Osserva, ad esempio, i giuochi da scacchiera, con le loro molteplici affinità. Ora passa ai giuochi di carte: qui trovi mol- te corrispondenze con quelli della prima classe, ma molti tratti comuni sono scomparsi, altri ne sono subentrati. Se ora passiamo ai giuochi di palla, qualcosa di comune si è conservato, ma molto è andato perduto. Sono tutti «divertenti»? Confronta il giuoco degli scacchi con quello del- la tria. Oppure c‘è dappertutto un perdere e un vincere, o una competizione fra i giocatori? Pensa allora ai solitari. Nei giuochi con la palla c‘è vincere e perdere; ma quando un bambino getta la palla contro un muro e la riacchiappa, questa caratteristica è sparita. Considera quale parte ab- biano abilità e fortuna. E quanto sia differente l‘abilità negli scacchi da quella nel tennis. Pensa ora ai girotondi: qui c‘è l‘elemento del divertimento, ma quanti degli altri tratti caratteristici sono scomparsi! E così possiamo passare in rassegna molti altri gruppi di giuochi. Veder somiglianze emergere e sparire […].

Non posso caratterizzare queste somiglianze meglio che con l‘espressione «somiglianze di famiglia»; infatti le varie somiglianze che sussistono tra i membri di una famiglia si sovrappon- gono e s‘incrociano nello stesso modo: corporatura, tratti del volto, colore degli occhi, modo di camminare, temperamento, ecc. ecc. – E dirò: i ―giuochi‖ formano una famiglia […]. (L. Witt- genstein, 1953, § 66, 67)

2. Concetti aperti e scienze cognitive

L‘articolo di Weitz è stato il punto di partenza di un vasto dibattito nell‘ambito della filosofia analitica, che ha coinvolto tanto posizioni post- wittgensteiniani, quanto neoessenzialisti (per un inquadramento del proble- ma, cfr. Carroll 2000, Davies 1991, e la voce The Definition of Art nella Stan- ford Encyclopedia of Philosophy).

Nel contempo, nel campo delle scienze cognitive, le osservazioni di Wittgenstein hanno influenzato le ricerche empiriche di Eleanor Rosch (Ro- sch 1973), di alcuni anni successive, costituendo il punto di avvio di un‘ampia tradizione di ricerca che, in anni recenti, ha portato a differenti ca- ratterizzazioni non classiche dei concetti (teorie dei prototipi, teorie degli esemplari, ―teorie delle teorie‖; cfr. Murphy 2002). Con il risultato che, nell‘ambito della teoria dei concetti, il paradigma classico ed essenzialista, una volta dominante, è entrato in una profonda fase di crisi.

Eppure, i fecondi risultati di queste ricerche sono stati scarsamente con- siderati nel dibattito filosofico sulla definizione di arte. Un‘eccezione è rap- presentata da un articolo di Jeffrey Dean del 2003, che afferma la necessità di una caratterizzazione del concetto di ―arte‖ nei termini della teoria dei proto- tipi. Tuttavia, Dean adotta una versione della teoria dei prototipi piuttosto da- tata ed inoltre limitata, se consideriamo le alternative oggi disponibili nel campo delle scienze cognitive (cfr. Murphy 2002).

Il lavoro di Dean è stato criticato da Thomas Adajian, che ha portato due obiezioni:

1) La teoria dei prototipi, in quanto teoria psicologica, non può supportare una tesi filosofica quale l‘antidefinizionismo: il pro- blema dell‘esistenza di una definizione di arte non può essere ridotto alla natura delle rappresentazioni mentali del concetto di ―arte‖.

2) Dean ignora le altre importanti teorie (appunto: teoria degli esemplari, ―teorie delle teorie‖) sviluppate nell‘ambito delle scienze cognitive, che sono prima facie alternative alla teoria dei prototipi.

In questo articolo sostengo che:

1) è dubbia. Sicuramente la teoria dei prototipi è una teoria psico- logica, ossia mirante a descrivere i concetti intesi come rappre- sentazioni mentali: ma è ragionevole assumere che, in un caso come quello del concetto di ―arte‖, esista qualcosa oltre le rap- presentazioni mentali intrattenute dagli agenti? I problemi posti da concetti storico-culturali come ―arte‖ sembra molto diverso da quelli posti, per esempio, dai concetti di generi naturali, per i quali una assunzione realistica sembra essere plausibile.

2) è legittima, ma non implica che la teoria dei prototipi, e più in generale, le teorie delle scienze cognitive non siano rilevanti per il dibattito intorno alla definizione di arte. Posizioni recenti svi- luppate sia nel campo della psicologia empirica (Murphy 2002), sia nella filosofia delle scienze cognitive (Machery 2009), opta- no per una caratterizzazione ibrida della nozione di concetto, nella quale le posizioni esistenti (ancora: teorie dei prototipi, teorie degli esemplari, ―teorie delle teorie‖) sono considerate per lo più alternative complementari.

La prospettiva delineata nel presente articolo, pertanto, è tesa a offrire strumenti più funzionali e meglio articolati per l‘analisi del concetto di ―arte‖. Nel far ciò, prefigura sostanziali possibilità di soluzione per il problema filo- sofico della definizione d‘arte; e, nel contempo, fornisce un ―campo di pro- va‖ molto interessante per valutare l‘applicabilità delle attuali teorie del con- cetto nelle scienze cognitive.

Adajian, T. (2005), On the Prototype Theory of Concepts and the Definition of Art, The Journal of Aesthetics and Art Criticism, Vol. 63, No. 3, pp. 231—236 Carroll, N. (2000), Theories of Art Today, University of Wisconsin Press, Madison Davies, S. (1991), Definitions of Art, Cornell University Press, Ithaca & London Dean, J. T. (2005), The Nature of Concepts and the Definition of Art, The Journal of

Aesthetics and Art Criticism, Vol. 61, No. 1, pp. 29—35

Machery, E. (2009), Doing without Concepts, Oxford University Press, New York Murphy, G. L. (2002), The Big Book of Concepts, MIT Press, Cambridge (MA) Rosch, E. (1973), Natural Categories, Cognitive Psychology, Vol. 4, No. 3, pp. 324—

350

Stanford Encyclopedia of Philosophy http://plato.stanford.edu/entries/art-definition/ Weitz, M. (1956), The Role of Theory in Aesthetics, The Journal of Aesthetics and

Art Criticism, Vol.15, No. 1, pp. 27—35, trad. it. Il ruolo della teoria in estetica, in Kobau, Matteucci, Velotti (a cura di) Estetica e filosofia analitica, Il Mulino, Bolo- gna, 2007

Wittgenstein, L. (1953), Philosophische Untersuchungen, Basil Blackwell, Oxford, trad. it. di M. Trinchero Ricerche filosofiche, Einaudi, Torino, 1967