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Naturalizzare le credenze religiose

Marianna Frosina

Dipartimento di Scienze Cognitive, della Formazione e degli Studi culturali Università degli studi di Messina

mfrosina@unime.it

1. Il ragionamento teleologico come intuizione cognitiva precoce

E‘ ormai chiaro che la cultura e la religione condizionano le credenze e le decisioni degli individui. Da dove provengono le credenze religiose e come mai continuano a popolare la mente umana? Da molti punti di vista, come per esempio l‘inclinazione ad adottare un ragionamento di tipo teleologico, le credenze religiose sono in continuità con le intuizioni (Girotto, Pievani, Val- lortigara, 2008). Nei bambini piccoli, quattro anni circa, con lo svilupparsi della teoria della mente10, è stata verificata la presenza di ragionamento teleo- logico: da dove deriva quest‘ultimo? Le credenze religiose sono il risultato di un indottrinamento culturale, una semplice questione di esposizione a queste idee sin dalla nascita? Se questa ipotesi fosse vera i bambini molto piccoli

10 Esistono evidenze sperimentali che tendono a rifiutare questa affermazione, indicando

invece addirittura nelle prime settimane di vita la presenza di fenomeni imitativi che lascerebbe- ro supporre l'esistenza di un qualche genere di rappresentazione, per quanto rudimentale della mente altrui e della propria (Gallagher, S., 2005).

non dovrebbero esibire segnali di queste credenze soprannaturali prima di un‘effettiva esposizione culturale in tal senso (Bering, 2006). Molte ricerche (Bloom, 2004; Bering, 2008; Kelemen, Rottman, Seston, 2012) provano la presenza di pensiero teleologico prima dell‘esposizione culturale. Se ciò fosse vero anche la libertà religiosa è vincolata naturalmente dal nostro cervello (Girotto, Pievani, Vallortigara, 2008), dalla nostra mente. Attraverso un natu- ralismo liberalizzato (De Caro, Macarthur, 2005), proverò a razionalizzare le credenze religiose come intuizioni cognitive precoci. A tal proposito, pare che esse si siano evolute principalmente per due motivi: il primo ha a che ve- dere con la funzione ansiolitica (superamento della paura della morte, situa- zioni inaspettate e difficili da controllare, pericoli improvvisi), la seconda ipotesi ha a che fare con la funzione sociale (promozione della cooperazione tra gruppi aventi lo stesso credo, credito sociale, fitness). Tutto ciò è vero in parte poiché tali benefici adattativi possono essere promossi in altri modi,la politica per esempio, ma gli esseri umani preferiscono in maniera del tutto na- turale credere nel sovrannaturale e non in altro.

Secondo il biologo americano Wilson, le credenze religiose sarebbero un sot- toprodotto di meccanismi adattativi naturali, risultato indiretto di meccanismi mentali (Girotto, Pievani, Vallortigara, 2008). Dunque, intuizioni cognitive che non dipendono dalla cultura, ma che si manifestano nel bambino molto precocemente e solo in un secondo momento verranno veicolate dalla cultura. Le credenze intuitive sarebbero generate dal corretto funzionamento dei si- stemi cognitivi adibiti alla folk physics , folk biology , folk psychology e vin- colano i contenuti delle credenze culturali. Le credenze religiose, nello speci- fico, nascono come credenze intuitive e successivamente, veicolate dalla cul- tura, diverranno riflessive. Dunque, negli ultimi, anni gli scienziati cognitivi hanno profuso notevoli sforzi per indagare la natura della folk psychology, in- tesa come una teoria della psicologia umana, una struttura dati o una rappre- sentazione di conoscenze, alla base delle competenze ordinarie di spiegazione e previsione del comportamento proprio e altrui. Secondo lo psicologo Jesse Bering, credere nella vita dopo la morte sarebbe come uno stato di base che fa parte della nostra psicologia intuitiva: per noi creature intenzionali risulte- rebbe davvero difficile immaginare di non sentire più niente e, quindi, non esserci più come entità capaci di esperienze soggettive. In altri termini, le credenze religiose, sono accomunate dal fatto di violare le nostre aspettative circa le caratteristiche osservabili delle entità del mondo. Secondo Bering è il ―non credere‖ ad essere controintuitivo e, in un certo senso, "impossibile" per la mente umana poiché anche i più scettici e materialisti avranno sicuramente sperimentato, in forme magari più sottili, "l‘impossibilità di non credere" (Bering, 2004). Ma perché crediamo così fortemente che le nostre credenze

siano vere? Esse deriverebbero da meccanismi innati, sorti da funzioni adat- tative e connesse alla distinzione tra animato e inanimato, al riconoscimento di entità intenzionali, alla comprensione e previsione dei comportamenti dei propri simili, all‘attribuzione di un senso causale e intenzionale a fenomeni naturali inspiegabili o dolorosi: strategie adattative, che si sono rivelate così importanti da essere selezionate. I meccanismi che stanno alla base delle cre- denze religiose sono basate, dunque, da adattamenti della vita sociale, uno sviluppo eccessivo della specializzazione della mente che tratta gli oggetti animati e ci consente di relazionare con le alte persone, di entrare in contatto con esse in maniera efficace, di prevederne il comportamento e di agire di conseguenza (Perconti, Piazza 1998; Churchland 1991). Attribuire una mente porta con sé due importanti conseguenze: l'attribuzione di intenzionalità e il ruolo causale degli stati mentali (Dio, angeli, demoni, sono agenti intenziona- li con i quali l‘essere umano intrattiene relazioni) (Bruni,2009). Le aree del cervello deputate per la socialità dovrebbero essere le medesime delle cre- denze religiose infatti, lo scambio di reciprocità nella preghiera spontanea, ri- corda il rapporto tra due individui umani dotati di una mente. Tuttavia, gli es- seri umani continuano a credere o, meglio, ad utilizzare un pensiero teleolo- gico e nessuno è disposto ad accettare la sottomissione dell‘io al cervello. Concludendo, attraverso un approccio filosofico, supporto l‘ipotesi che ritie- ne le credenze religiose naturali ed intuitive. Siamo nati per credere (Girotto, Pievani, Vallortigara, 2008) tuttavia, lungo il nostro personale processo evo- lutivo, possiamo scegliere se credere o meno (gli atei, per esempio) (Girotto, 2014) anche se l‘intuitività del pensiero teleologico continuerà a manifestarsi (Keleman et al. 2013).

Bibliografia

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Bering J., (2008), The Never Say Die: Why We Can't Imagine Death, Scientific American Mind, October/ November, 2008.

Bloom P., (2004), Descartes' Baby: How the science of child development explains what makes us human, New York, Basic Books, trad. it. Il bambino di Cartesio, Il Saggiatore, Milano, 2005.

Bruni D., Naturalizzare la religione, ―Segno‖, Anno XXXV, n. 309, pp. 75-82 settem- bre/ottobre, 2009.

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De Caro M, Macarthur D., (2005), La mente e la natura. Per un naturalismo liberaliz- zato, Fazi Editore, Roma.

Gallagher, S., (2005), How the Body Shapes the Mind. New York: Oxford University Press, 284 pp.

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Perconti P.,Piazza F., 1998, Psicologia del senso comune: teoria o topica?, relazione presentata al V Convegno della Società ltaliana di Filosofia del Linguaggio, Bologna 14-16 maggio.

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