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DICHIARAZIONI RESE DA IANNI' GAETANO

Nel documento REPUBBLICA ITALIANA (pagine 104-110)

Sentenza Appello "Livatino ter" Capitolo II L'esecuzione materiale del delitto

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omicidio, anche se io frequentavo diverse persone, quando uno frequenta Diego Guameri, a Canicattì, è come frequentare il vertice dì Cosa Nostra, poi Borino Mìcciché, cioè sono persone importanti all'interno di Cosa Nostra ...

principalmente si diceva: <<Questo ragazzo (il dott. R. Livatino) è morto gratis>>" ( cfr. verb. ud. citata, pag. 79 - 82 e 91 ).

Il collaboratore ha, inoltre, precisato che Diego Guarneri gli aveva detto che l'omicidio del magistrato non era opera di "Cosa Nostra"; egli, infatti, aveva affermato: "non era una cosa che ci riguardava, non era una cosa che avevamo fatto noi" ( cfr. verb. ud. citata, pag. 84 e 90).

11. DICHIARAZIONI RESE DA IANNI' GAETANO.

Iannì Gaetano ha dichiarato di aver fatto parte della famiglia di Gela, denominata

"Iannì-Cavallo", dedita al traffico di stupefacenti e di armi, a rapine e ad estorsioni.

Il gruppo mafioso, di cui egli era a capo insieme con Cavallo Aurelio, operava nelle province di Caltanissetta e di Agrigento (Canicattì, Favara, Palma di Montechiaro, Porto Empedocle) e si contrapponeva a "Cosa Nostra";

organizzazione, quest'ultima, che a Gela era rappresentata dal "clan Madonia", i cui esponenti principali erano gli Argenti, gli Emmanuello e i Trubia.

Egli ha così delineato i rapporti tra le due organizzazioni: "Ma c'è stato all'inizio del 1987 è cominciata la guerra, e lì eravamo contrapposti, abbiamo fatto diversi omicidi, sia noi che loro. Poi abbiamo avuto una tregua e lì abbiamo divisi i

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guadagni illeciti al 50%" ( cfr. verb. ud. 10.6.1997, pag. 3 - 4 ).

Il collaboratore, su domanda del Pubblico Ministero, ha precisato che la "guerra", iniziata nel 1987 per ottenere il controllo del territorio di Gela e conclusasi nel Marzo del 1991, aveva causato un centinaio di morti; era, invero, stata stabilita una prima tregua che, tuttavia, venne rotta dal suo gruppo il quale, anticipando un'analoga azione da parte del "clan Madonia", perpetrò, nel Novembre del 1990, la cosiddetta "strage" di Gela in cui perirono otto persone e altre rimasero ferite ( cfr. verb. ud. citata, pag. 6 - 9).

La tregua, conclusa nel Marzo del 1991, prevedeva che "tutti i soldi illeciti che si prendevano, dovevamo dividere al 50% e poi informarsi l'uno con l'altro se a Gela dovevamo fare qualcosa, ammazzare qualcuno oppure fare saltare un negozio o qualche impresa, ci dovevamo informare ... affinché tenevamo il paese sotto controllo" (cfr. verb. ud. citata, pag. 6).

Egli ha, quindi, riferito che le estorsioni venivano consumate dai componenti dei due gruppi (clan Iannì-Cavallo e clan Madonia) che agivano insieme; ì proventi venivano, poi, divisi a metà .

Il collaboratore ha così delineato la struttura della sua organizzazione: "Ma noi eravamo poi divisi in gruppi. All'inizio, come ho detto, l'abbiamo fondata con Aurelio Cavallo. Poi io sono stato inviato a soggiorno in Sardegna, e lì mi dedicavo io in parte alla mia famiglia in Sardegna e col traffico dì droga e armi. E a Gela poi c'era Aurelio Cavallo. Poi hanno arrestato Aurelio Cavallo e li dirigeva per Gela le file Paolello Orazio ... Da noi c'erano i gruppi di fuoco, sì, composti dai miei figli Marco e Simone, Paolello, Spina e altri" (cfr. verb. ud. citata, pag.

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Iannì Gaetano ha, poi, dichiarato che per un'efficace contrapposizione a "Cosa Nostra" venne conclusa un'alleanza con gruppi "stiddari" di altri paesi e, in particolare, con il "clan Carbonaro" di Vittoria, i Russo di Niscemi, i Sanfilippo di Mazzarino e i Riggio di Riesi (le ultime tre "famiglie" erano composte da

"fuoriusciti di Cosa Nostra"); furono anche allacciati rapporti di alleanza con

"famiglie" della provincia di Agrigento: i Barba di Favara, i Grassonelli di Porto Empedocle, l' Avarello e il Gallea di Canicattì, il Benvenuto di Palma di Montechiaro, nonché con gli Zicchitella della provincia di Trapani (cfr. verb. ud.

citata, pag. 9 - 13 e 28).

Egli ha, in particolare, affermato che l'alleanza con i Grassonelli di Porto Empedocle fu stipulata nel 1990, nel carcere di Trapani, da Grassonelli Salvatore (il padre di Giuseppe) e, per il gruppo di Gela, da Cavallo Antonino e Lauretta Vincenzo; la conclusione dell'alleanza fu comunicata all'esterno attraverso i familiari; del resto - ha precisato il collaboratore - "non c'erano problemi per avere contatti con i detenuti" .

Egli ha, poi, affermato: "Ma guardi, io ricordo che il carcere di Agrigento ce l'avevano in mano gli agrigentini. Per esempio come i Grassonelli e gli altri ... Mi risulta perché c'era la voce in giro dentro la nostra organizzazione, per esempio quando andavano ad Agrigento i nostri detenuti stavano bene ... lo mi ricordo che dovevamo fare scappare una persona lì, un certo Puccio ad Agrigento. E mi pare che c'erano anche armi lì nel carcere di A6rrigento. Però non ricordo benissimo i particolari perché, siccome questo non è avvenuto, e comunque si sapeva nella ·

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nostra organizzazione che c'era questo ... che ci facevano dei favori questi in carcere" ( cfr. verb. ud citata, pag. 17 - 20).

Anche lo scambio di informazioni, durante i colloqui, era facile poiché - ha riferito Iannì Gaetano - i colloqui avvenivano assieme "per cui non c'erano problemi a parlare con quei ragazzi lì" (cfr. verb. ud. citata, pag. 20).

Il collaboratore ha precisato di avere conosciuto l' Avarello ma non il Gallea, che era uno zio dell' Avarello.

Il Gallea era, infatti, detenuto in carcere al suo rientro dal soggiorno obbligato in Sardegna; ha, tuttavia, aggiunto il collaboratore: "Per quanto ne so io, comandava lo zio"; chiarendo che nelle riunioni "interprovinciali" erano "i ragazzi" (il Benvenuto, il Grassonelli, suo figlio Simon che aveva commesso degli omicidi assieme all'Avarello) a indicare nel Gallea colui che anche dal carcere comandava (cfr. verb. ud. citata, pag. 13 - 14).

Del gruppo di Canicattì egli non conobbe altri poiché - ha affermato Iannì Gaetano - "io non andavo in quei posti. Io, quando loro venivano nei nostri covi, allora l'ho conosciuti lì ad alcuni. Siccome nei nostri covi non venivano tutti, noi mandavamo alcune persone che rappresentavano i paesi" (cfr. verb. ud. citata, pag. 13).

Il collaboratore ha, quindi, riferito di avere conosciuto Avarello Gianmarco in occasione di una strage, perpetrata in provincia di Agrigento nel 1991 ( forse a Racalmuto), cui avevano preso parte anche Sole Alfredo e Paolello Orazio e nel corso della quale era rimasto !,JTavemente ferito un altro affiliato di Gela, Antonio

Gueli.

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Egli rivide l' Avarello in un covo dove si erano recati per dividersi le anni che erano state procurate in Belgio dal Benvenuto; ancora altre volte e in occasioni diverse ebbe modo di incontrare l'Avarello (cfr. verb. ud. citata, pag. 15, 28 e 34 -35).

Iannì Gaetano ha precisato che i rapporti tra i diversi gruppi della "Stidda"

consistevano in scambi di favore per omicidi da compiersi nella lotta che li contrapponeva a "Cosa Nostra"; più, in particolare, venivano scambiati i killer e venivano messi reciprocamente a disposizione "covi" per il rifugio dei latitanti.

Egli ha, nell'ambito dello "scambio dei favori", indicato il tentato omicidio ai danni di Pulci Calogero, commesso a Sommatino dal figlio Simon e al quale aveva partecipato anche l'Avarello (che guidava l'autovettura) ed ha altresì indicato la "strage" di Racalmuto alla quale presero parte Paolello Orazio e Gueli Antonio (di Gela), l'Avarello (di Canicattì) e Sole Alfredo, quest'ultimo di Racalmuto (cfr. verb. ud. citata, pag. 15 - 16).

Il collaboratore ha, quindi, riferito che a una riunione "interprovinciale" tra diversi gruppi della "Stidda", svoltasi nel covo di "Casuzze" di Marina di Ragusa, avevano partecipato il Grassonelli di Porto Empedocle, Peppuccio Benvenuto, che

"rappresentava" il gruppo di Palma di Montechiaro, forse l' Avarello per il gruppo di Canicattì ed affiliati di Vittoria che non riusciva a ricordare ( cfr. verb. ud.

citata, pag. 20 - 22 e 29, luogo in cui il collaboratore ha ribadito che il Benvenuto

"rappresentava" il gruppo di Palma di Montechiaro ed ha precisato che forse aveva conosciuto uno dei Calafato, parente del Benvenuto).

Egli, dopo avere precisato che l' Avarello era "sempre assieme" al Benvenuto, ha .

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confermato, in seguito a una contestazione del Pubblico Ministero, che nella provincia di Agrigento i gruppi della "Stidda" si contrapponevano ai "Di Caro, i Ribisi, gli Allegro, i Messina e gli Albanese", specificando che i Messina erano di Porto Empedocle e che gli Allegro avevano subito un agguato nel 1991, "il giorno di San Silvestro", all'interno del Bar 2000 di Palma di Montechiaro.

In quell'azione trovò la morte un affiliato del gruppo di Gela, Neluccio Camiolo, che era stato inviato da Paolello Orazio e messo a disposizione degli alleati, su richiesta del gruppo "stiddaro" di Palma di Montechiaro ( cfr. verb. ud. citata, pag . 24 - 26).

Iannì Gaetano, in relazione all'omicidio del dott. R. Livatino, ha dichiarato che il fratello del proprio cognato, Morteo Francesco, aveva saputo, in un periodo di comune detenzione con Spina Vincenzo, Trainito ed altri presso la casa circondariale di Trapani, dallo stesso Pace e dall'Amico (chiamato dal collaboratore D'Amico) che costoro erano stati gli autori delll'.) omicidio del dott.

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R. Livatino ed ha ribadito che l'uccisione del magistrato era stata opera del gruppo agrigentino alleatosi con l'organizzazione della "Stidda" di Gela (cfr . verb. ud. citata, pag. 31 e 33 - 34 ).

Iannì Gaetano ha precisato che questa notizia gli fu data nel periodo in cui egli, insieme con Paolello Orazio, trascorreva la latitanza in un covo della provincia di Ragusa e che null'altro egli aveva saputo del delitto.

Il collaboratore, su domanda del P.M., ha affermato di avere iniziato a collaborare all'inizio del 1993, non avendo condiviso il progetto del suo gruppo di uccidere cinque commercianti di Gela; egli ha, infine, precisato di avere confessato gravi

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delitti per i quali non era stato mai sottoposto ad indagini ( cfr. verb. ud. citata, pag. 37 - 38).

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