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Differenza tra ES e VaR

4.2 “Fundamental Review of the Trading Book”

4.3 Differenza tra ES e VaR

Da un punto di vista teorico, vi è un ampio consenso sul fatto che il VaR abbia due fondamentali carenze: la cecità strutturale alla “far tail” delle posizioni di capitale e la mancanza di sub-additività. Con “tail” di una posizione di capitale si intende la coda al di là del quantile al livello di confidenza scelto. La cecità della coda permette ad un’istituzione finanziaria di assumere esposizioni incontrollate nella “far tail”, e la mancanza di sub-additività implica che un test VaR non considera la diversificazione. Artzner et al.59 (1999) svilupparono una teoria delle misure di rischio per fornire una solida base teorica per la progettazione di test di adeguatezza patrimoniale al di là del paradigma VaR. Essi svilupparono l’ES come alternativa attraente al VaR perché ha il vantaggio di non essere cieca nella “coda” della distribuzione e perché riesce a catturare i benefici della diversificazione.

In questo documento non considereremo la differenza tra VaR ed ES in termini di capacità di considerare la diversificazione, concentreremo invece la nostra analisi nel modo in cui l’ES cattura i rischi contenuti nella coda di distribuzione, che avviene essenzialmente prendendo in considerazione il valore atteso della posizione di capitale o i profits and losses di un portafoglio, situati sulle code. Dunque è possibile osseverare che l’ES tiene in considerazione non soltanto la grandezza media delle perdite potenziali ma anche la probabilità di default. Queste considerazioni costituiscono una delle ragioni che giustificano il passaggio del Comitato di Basilea per la vigilanza bancaria dal VaR all’ES, come indicato nel documento consultivo pubblicato nel maggio 2012. La dipendenza del VaR attualmente in vigore come misura del rischio quantitativo deriva in gran parte dalla prassi bancaria. La prassi si è consolidata anche per la richiesta di utilizzare il VaR per finalità di vigilanza. Tuttavia, una serie di punti deboli è stata identificata nel VaR, inclusa la sua incapacità di catturare il “rischio di coda”. Il Comitato ritiene pertanto necessario considerare metriche di rischio alternative che possano superare queste debolezze. A differenza del VaR, l’ES misura la rischiosità di

58 Una proposta molto recente di soluzione rigorosa del problema è di Acerbi C., Szekely B “Back testing Expected Shortfall”, MSCI Research paper.

59 Artzner, P., Delbaen, F., Eber, J.-M., Heath, D. Coherent measures of risk . Math. Fin. 9(3), 203–228,

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uno strumento considerando sia la dimensione che la probabilità di perdite al di sopra di una determinata soglia. In questo modo, l’ES rappresenta il rischio di coda in modo più completo.

La letteratura esistente sulle misure di rischio, si concentra solitamente sulle proprietà teoriche come la coerenza o l’elettività60, ad esempio, mentre il Value-at-Risk gode della proprietà di elettività ma non rispetta il principio della sub-additività quindi non è coerente, l’ES al contrario non gode della proprietà di elettività ma è una misura coerente. La scelta dei modelli per l’ES è complicata dalla mancanza dell’elettività. La mancanza del rispetto della sub-additività può condurre a situazioni in cui la diversificazione dei rischi non è riflessa correttamente. Come risultato di tali analisi, in letteratura vengono discusse diverse misure di rischio alternative. Per esempio, Dowd e Blake61 (2006) confrontano il VaR a misure coerenti, spettrali e di distorsione, Emmer et al.62 (2013) effettuano un confronto fra l’Expected Shortfall, il Value-at-Risk e gli expectiles, e Kou et al.63 (2013) propongono statistiche di rischio naturale come una nuova classe di misure di rischio.

La robustezza di una misura del rischio è data da una robustezza qualitativa e/o quantitativa che generalmente si occupa della continuità o della limitazione delle funzionalità statistiche rispetto a piccole modifiche nei dati o nella distribuzione di probabilità. Studi correlati in questo campo della letteratura sono: Cont et al. (2010), Stahl et al. (2012)64, Emmer et al. (2013) e Kou et al. (2013). Mentre Cont et al. (2010) mostrano che l’ES conduce a stime meno robuste delle altre misure del rischio, Stahl et al. (2012) e Emmer et al. (2013) sottolineano e discutono che l’ES e il VaR sono continui rispetto alla distanza di Wasserstein, ma solo il Value-at-Risk è robusto rispetto alla tipologia debole in determinate condizioni. Kou et al. (2013) propongono statistiche

60 Ziegel (2013): Il rischio di una posizione finanziaria è generalmente sintetizzato da una misura di

rischio. Poiché questa misura di rischio deve essere stimata a partire dai dati storici, è importante essere in grado di verificare e confrontare le procedure concorrenziali di stima. Nella teoria della decisione statistica, le misure di rischio per le quali tale verifica e il confronto sono possibili, sono chiamati

elicitable (come ad esempio il VaR)

61 Dowd, K. e Blake, D., ‘After VaR: The Theory, Estimation, and Insurance Applications of Quantile - Based Risk Measures’, Journal of Risk and Insurance 73(2), 193–229, 2006

62 Emmer, S., Kratz, M. e Tsche, D., ‘What is the Best Risk Measure in Practice? A Comparison of Standard Risk Measures’, Working Paper, 2013

63 Kou, S., Peng, X. e Heyde, C., ‘External Risk Measures and Basel Accords’, Mathematics of

Operations Research 38(3), 393–417, 2013

64 Cont, R., Deguest, R. and Scandolo, G., ‘Robustness and Sensitivity Analysis of Risk Measurement Procedures’, Quantitative Finance 10(6), 593–606, 2010

Stahl, G., Zheng, J., Kiesel, R. and Rühlicke, R., ‘Conceptualizing Robustness in Risk Management’, Working Paper, 2012.

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di rischio naturale, in quanto sembrano robuste per quanto riguarda la mancata definizione del modello e per piccoli cambiamenti nei dati65.

Il quesito che si pone davanti è quello di rilevare quali possano essere le problematiche relative al passaggio da VaR a ES, soprattutto per quanto riguarda un’attività di backtesting robusta e quali possono essere i rimedi a tali problematiche.

Tale situazione ha riportato alla luce il dibattito sui relativi vantaggi di VaR e ES. Tuttavia, questa volta l’attenzione si è più focalizzata sulle proprietà statistiche di VaR e ES e meno sugli aspetti teorici. Il dibattito ha portato all’articolazione di una vasta gamma di valutazioni parzialmente contraddittorie. Ci riferiamo all’articolo di indagine di Embrechts et al. (2014) e i relativi riferimenti per una presentazione completa della maggior parte dei contributi recenti a questo dibattito66.

Nel prosieguo della trattazione si cercherà di ampliare l’ambito di questo dibattito affrontando l’argomento da una prospettiva teorica più di tipo finanziario. In particolare, ci proponiamo di valutare l’idoneità dell'ES come misura di rischio di regolamentazione ponendo la seguente domanda: Quanto è idonea l’ES a soddisfare sia gli obiettivi micro che macro-prudenziali della regolamentazione finanziaria?

Sappiamo che, in una prospettiva teorica, la regolamentazione basata sull’ES può fornire una valutazione fuorviante del comportamento della coda, che non necessariamente protegge gli interessi dei creditori (liability holders) meglio di quella basata sul VaR e può anche consentire l’arbitraggio regolamentare quando viene utilizzato come misura globale di solvibilità.

I risultati a cui si arriverà nel corso del capitolo non intendono invalidare i possibili vantaggi dell’ES come misura di rischio, ma evidenziano la necessità di un utilizzo cauto nel contesto dei regimi di adeguatezza patrimoniale e del controllo del rischio di portafoglio.