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La media mobile esponenziale

? La formulazione sopra esposta assume tale forma:

2.2 Modelli utilizzati per la stima della volatilità

2.2.2 La media mobile esponenziale

Un ulteriore approccio atto alla stima della volatilità, è quello definito dal modello EWMA (Exponential Weighted Moving Average) o più semplicemente media mobile esponenziale. Tale modello nasce dall’esigenza di superare i limiti gravanti sulle medie mobili semplici, ovvero il compromesso derivante dall’assegnazione di un campione di osservazione ottimale n e il limite ancor più ingombrante dovuto all’echo effect, tramite opportune ponderazioni non uniformi alle diverse osservazioni. Volendo descrivere analiticamente tale modello è possibile servirsi della seguente formulazione:

30 Alexander C., The handbook of risk management and analysis, pag. 235-237, Chichester, Wiley &

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𝜆

0

𝑋

𝑡−1

+ 𝜆𝑋

𝑡−2

+ 𝜆

2

𝑋

𝑡−3

+ … + 𝜆

𝑛−1

𝑋

𝑡−𝑛

1 + 𝜆 + 𝜆

2

+ … + 𝜆

𝑛 −1

dove 𝜆 è una costante definita nell’intervallo ]0,1[ e denominata decay factor, essa indica il “grado di persistenza” delle osservazioni campionarie passate. Una volta aver definito la formulazione analitica di tale modello è possibile comprendere come la media mobile esponenziale non sia nient’altro che una media ponderata, alla quale i pesi distribuiti alle osservazioni sono potenza diverse di una costante 𝜆. Tra i vantaggi attribuili a tale modello ricordiamo la maggior velocità di reazione di tale media, che permette di tener in considerazione gli eventuali shock derivanti dal mercato e la capacità di attenuare la variazione derivante dall’uscita dal campione di osservazione di un dato relativo ad uno shock pronunciato, al fine di ridurre l’inconveniente derivante dell’echo effect. Tornando alla costante lambda, come accennato in precedenza è possibile attribuire un valore che oscilla tra lo zero ed uno in funzione di quella che sarà il grado di persistenza delle osservazioni passate, ponendo infatti (1- 𝜆) come fattore di velocità di decadimento, è possibile osservare come per valori di lambda vicini a uno le media tenderà ad adeguarsi più lentamente alle condizioni più recenti dei mercati, al contrario un valore di tale costante prossimo allo zero implicherà una maggiore velocità di adeguamento delle osservazioni passate che tenderanno ad uscire dal campione di osservazione più velocemente.

Volendo attribuire alla formulazione precedente i rendimenti di tipo log r attribuibili ai fattori di mercato con media pari a zero, otterremo la seguente equazione31:

σσ ^ 𝑡 2 =𝑟𝑡 −1 2 + 𝜆𝑟 𝑡 −22 + 𝜆2𝑟𝑡 −32 + … + 𝜆𝑛−1𝑟𝑡 −𝑛2 1 + 𝜆 + 𝜆2+ … + 𝜆𝑛−1

Dall’equazione soprastante è possibile ricavare la deviazione standard:

𝜎𝑡 = √1 − 𝜆

1 − 𝜆𝑛∑ 𝜆𝑖𝑟𝑡 −1−𝑖 2 𝑛−1

𝑖 =0

che per n che tende ad infinito e ricordando la media nulla dei rendimenti di mercato è possibile ottenere:

31Sironi A., Resti A., Rischio e valore nelle banche. Misura regolamentazione, gestione, Milano, Egea,

34 𝜎𝑡 = √(1 − 𝜆) ∑ 𝜆𝑖𝑟 𝑡 −1−𝑖 2 𝑛−1 𝑖 =0

Figura 3: Volatilità e rendimenti con media mobile esponenziale

Fonte: A., Sironi A., Rischio e valore nelle banche. Misura regolamentazione, gestione, M ilano, Egea, 2008

La figura 3 illustra la stima della deviazione standard determinata tramite il modello della media mobile semplice confrontandola l’approccio delle medie mobili esponenziali. Attraverso questa, è possibile notare i vantaggi derivanti dall’utilizzo di tale procedura, si ponga l’attenzione sulla data relativa all’11 settembre 2001 alla quale segue un aumento repentino della volatilità stimata, come è facile notare a differenza di quanto avviene nella stima della volatilità ricavata tramite la media mobile semplice, utilizzando il modello descritto in questo paragrafo non si assiste a nessuna diminuzione esuberante al momento dell’uscita del dato dal campione di osservazione, ciò deriva dalla logica sottostante il funzionamento di tale approccio che consente di ridurre in maniera più graduale la volatilità stimata per il tramite dei pesi che vengono progressivamente ridotti con il trascorrere del periodo di osservazione. Un altro vantaggio attribuibile a tale approccio è riferibile al fenomeno della leptocurtosi, ovvero il fenomeno per il quale la distribuzione empirica mostra code più spesse di quelli descritti da una distribuzione di tipo normale. É possibile notare come, contrariamente a quanto avviene in un approccio metodologico che fonda il suo funzionamento sull’osservazione di una volatilità costante nel tempo, servendosi dell’osservazione di una volatilità variabile sia possibile plasmare la distribuzione dei rendimenti al fine di renderla più aderente alla distribuzione empirica che questi mostrano, rendono tale

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modello maggiormente puntuale e quindi ottenendo una stima più attendibile. Tale modello, pur mostrando importanti passi avanti nella stima della volatilità se confrontata a quella ricavata per il tramite delle medie mobili semplici, non è esente da alcune criticità a carattere meramente operativo. Essenzialmente tali lacune fanno riferimento alla scelta della costante lambda e alla dimensione del campione di osservazione. La derivazione del valore riferibile alla costante λ dipende dalle aspettative circa la velocità con la quale la volatilità dei fattori di rischio muta nel tempo. Come accento in precedenza, la costante in esame rappresenta il grado persistenza delle osservazioni campionarie passate, quindi qualora ci si aspetti che la volatilità effettiva dei fattori di rischio gravanti sulle posizioni possa mutare velocemente, sarebbe opportuno utilizzare un fattore ridotto in modo da attribuire un peso minore alle osservazioni più lontane e viceversa. Un altro elemento al quale la costante λ sembra esser subordinata è il periodo di detenzione della posizione, in particolare è possibile notare come quanto più breve risulti essere il periodo di detenzione di tale posizione, tanto maggiore risulti essere la necessità di stimare la volatilità nel breve periodo e quindi di utilizzare un valore ridotto della costante. È utile ricordare come per valori prossimo allo zero la media mobile esponenziale tende ad assumere i connotati della media mobile semplice, attribuendo lo stesso identico peso ai dati presenti nel campione di osservazione.

Con riferimento alla seconda criticità, è importante evidenziare come la dimensione del campione di osservazione risulti vincolato al solito trade-off esistente tra la scelta di un campione di osservazione ampio, che permetta dunque di avere maggiori informazioni e di rendere le stime puntuali e l’esigenza di dover concentrare l’analisi della volatilità su un intervallo di osservazione più breve che permetta di plasmare le condizioni correnti del mercato. Altro elemento determinante nella scelta della dimensione del campione di osservazione è la frequenza con la quale i dati contenuti in esso vengono aggiornati, qualora questi vengano adeguati costantemente sarà possibile utilizzare un campione di ampia dimensione che permetterà dunque di avere a disposizione un’ampia gamma di informazioni utili nella stima della volatilità teorica.

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2.2.3 I modelli GARCH

Come appena osservato, la logica sottostante il funzionamento delle medie mobili esponenziali consente di porre rimedio alle lacune gravanti sulla media mobile semplice, ciò nonostante, le stime ricavate dall’utilizzo della tecnica precedentemente esposta non risultano comunque affidabili a causa dell’ipotesi, comune ad entrambi i modelli, circa la previsione di una volatilità costante nel tempo che consente di ricavare delle previsioni sui dati osservati in passato. Contrariamente a quanto ipotizzato dalle serie storiche però, l’osservazione empirica mostra come in realtà i rendimenti legati alle diverse tipologie di strumenti finanziari siano di sovente soggette a fenomeni di volatility clustering32. Con tale termine si è soliti indicare una situazione nella quale i fattori di mercato, responsabili della variazione delle posizioni in esame, mostrano periodi di volatilità superiore, che possono perdurare anche per periodi prolungati. I modelli GARCH (generalized autoregressive conditional heteroskedasticity), introdotti per la prima volta da Tim Bollersev33 nel 1986 per ovviare al fenomeno di cui sopra, consentono di determinare la volatilità dei fattori di mercato servendosi della tecnica di regressione utilizzando i dati passati delle volatilità osservata, generando una stima dinamica che si evolve nel tempo. Al fine di analizzare il funzionamento di tali modelli, può essere di aiuto scomporre il loro acronimo, in modo da delineare le caratteristiche salienti.

Eteroschedasticità è la prima caratteristica attribuita alla varianza, con tale termine si vuole indicare la propensione della varianza che risulta essere variabile nel tempo. Contrariamente a quanto ipotizzato per i modelli precedenti, tale fenomeno risulta interessare le serie storiche concernenti gli strumenti finanziari.

Condizionale tale termine indica la seconda caratteristica di tali modelli, le loro stime infatti sono funzione delle informazioni precedentemente osservate. Al contrario di quanto avviene per la stima ricavata dai dai storici, la stima condizionale tende ad inglobare il grado di permanenza di tali informazioni, sintetizzandole in seguito sul valore corrente della volatilità. Si può dunque affermare che il valore il campione di informazioni disponibile nel periodo precedente, condiziona la stima delle variabili future.

32 A. Resti, A. Sironi, Rischio e valore nelle banche. Misura regolamentazione, gestione, Milano, Egea,

2008

33 T. Bollerslev, Generalized autoregressive conditional heterosk edasticity, Journal of Econometrics 31

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Il termine autoregressivo fa invece riferimento allo schema utilizzato nel plasmare l’eteroschedasticità condizionata, che si fonda su una regressione sulla varianza stessa, permettendo dunque sulla base delle informazioni disponibili di derivare il valore futuro della volatilità.

Mentre con il termine generalizzato occorre far riferimento ad una modellazione del primo metodo introdotto da Rober Engle, definito metodo ARCH. Il modello GARCH è una generalizzazione del modello sopracitato e come tale applicabile a qualsiasi variabile finanziaria, garantendo la sua versatilità.

Una volta aver definito le caratteristiche salienti di tali modelli, ai fini della loro derivazione analitica risulta utile far riferimento alla loro versione originale i modelli ARCH. Questi modelli sono soliti esplicitare la varianza come una media mobile composta da p errori di previsione passati elevati al quadrato, da qui ARCH(p). Analiticamente:

𝜎

𝑡2

= 𝛼

0

+ 𝛼

1

𝜀

𝑡−12

+ 𝛼

2

𝜀

𝑡−22

+ … + 𝛼

𝑝

𝜀

𝑡−𝑝2

Lo scopo di tale formulazione analitica è quello di modellare quanto osservato nell’evidenza empirica, infatti è possibile osservare come al verificarsi di un determinato errore di previsione 𝜀, definito dalla differenza tra la volatilità effettivamente osservata e il valore stimato, segue un aumento della volatilità prevista relativa ai periodi p derivante dal coefficiente 𝛼 che assume valori positivi. Questo modello tende ad esplicitare il fenomeno precedente esposto del volatility clustering secondo il quale un shock improvviso su un determinato fattore di rischio tende a perdurare andando ad incidere sulla stima della volatilità futura. Il modello GARCH nasce dall’esigenza di correggere le lacune gravanti sulla metodologia ARCH, l’evidenza empirica infatti, mostra come al fine di arrivare ad una stima puntuale della varianza, si renda necessaria l’implementazione di numerosi fattori di ritardo, rendendolo poco flessibile e parecchio oneroso. Il modello GARCH pone rimedio a questa criticità introducendo un secondo coefficiente q, atto ad evidenziare il ritardo relativo ai valori passati della varianza stessa, ecco dunque la denominazione GARCH (p,q). Analiticamente:

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𝜎𝑡2= 𝛼0 + 𝛼1𝜀𝑡−12 + 𝛼2𝜀𝑡 −22 + … + 𝛼𝑝𝜀𝑡−𝑝2 + 𝛽1𝜎𝑡−12 + 𝛽2𝜎𝑡−22 + … + 𝛽𝑞𝜎𝑡−𝑞2 con 𝛼0> 0 e 𝛼1… 𝛼𝑝, 𝛽1… 𝛽𝑞 ≥ 0

Volendo esplicitare la funzione dei parametri descritti all’interno delle formulazione soprastante è possibile notare come il coefficiente 𝛼𝑝 denoti la sensibilità della varianza ad improvvise fluttuazioni dei valori nei fattori di mercato, un valore elevato di tale coefficiente indica che la stima della volatilità è fortemente influenzata dalle informazioni disponibili al periodo precedente. Il coefficiente 𝛽𝑞 denota il grado di persistenza, per vaori elevati di tale parametro si ritiene che i livelli di varianza osservati in passato possano perdurare a lungo.

In altre parole, la stima della varianza per il tramite della metodologia GARCH (p,q), non dipenderà esclusivamente dagli effetti di brevissimo periodo della varianza ma assumerà una certa connotazione storica riflettendo gli effetti derivanti dal medio lungo termine della variabile considerata. La versione più utilizzata di tale modello è quella che ipotizza un solo fattore di ritardo per entrambi i parametri, GARCH (1,1) descritto con la seguente formulazione:

𝜎

𝑡2

= 𝛼

0

+ 𝛼

1

𝜀

𝑡−12

+ 𝛽

1

𝜎

𝑡−12

Ciò che salta all’occhio una volta aver esplicitato i parametri contenuti nella formulazione è che il modello GARCH (1,1) ha una logica di funzionamento assimilabile a quella utilizzata dalla media mobile esponenziale, ma contrariamente a quanto accade per questa, il decay factor è stimato in maniera endogena dal modello. I modelli a eteroschedasticità condizionale autoregressiva presentano alcuni importanti vantaggi tra cui:34

 Riconoscono l’esistenza di un fenomeno di correlazione seriale e lo implementano per il tramite di un modello autoregressivo;

 Riconoscono un’adeguata importanza alle nuove informazioni incorporate negli shock di mercato;

 Lascia che siano gli stessi dati a determinare il decay factor della volatilità.

34 A.Sironi, A.Resti, Rischio e valore nelle banche. Misura regolamentazione, gestione, Milano, Egea,

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Nonostante i vantaggi discussi, il modello GARCH è comunque esposto a limitazioni rilevanti. Il primo limite fa riferimento all’ipotesi sottostante la distribuzione degli errori previsione, il modello poggia su una distribuzione di tipo normale mentre l’evidenza empirica sembra invece presentare caratteristiche di asimmetria e code più spesse, è possibile dunque osservare valori effettivi relativi alla volatilità che si discostano molto dal loro valore medio. A ciò si aggiunge l’incapacità del modello di determinare il segno della variazione della volatilità, tale fenomeno conosciuto con il nome “leverage effect”35 deriva dal fatto che gli errori di previsione precedentemente illustrati, risultano elevati al quadrato dunque la loro stima risulta indifferente al fatto che tali errori abbiano un segno negativo o positivo.