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Rischio modello e volatilità delle misure di rischio nell’ES

4.2 “Fundamental Review of the Trading Book”

5. L’ES non può impedire alle istituzioni di aumentare il proprio valore attraverso

4.9 Il rischio di modello dell’ES

4.9.7 Rischio modello e volatilità delle misure di rischio nell’ES

Dal punto di vista della gestione dei rischi, è più critico determinare se la volatilità di una misura del rischio sia elevata, in quanto la base per la determinazione dei requisiti patrimoniali tende ad essere meno stabile e più sensibile alle realizzazioni casuali dei diversi campioni osservati. Inoltre, le previsioni potrebbero essere più lontane dalla misura effettiva del rischio. Questo è il motivo per cui il nostro interesse consiste nella quantificazione del rapporto di volatilità delle stime per l’ES (α = 0,975) e il VaR (α = 0,99)86.

Fonte: Koch-M edina e M unari (2015)

86 La volatilità di entrambe le misure di rischio usando lo stesso livello di confid enza, α = 0,99, è

analizzata da Yamai e Yoshiba (2005). Paragonano il comportamento della coda del Value -at-Risk e dell’ES e utilizzano un'analisi di simulazione per esaminare la volatilità di entrambe le misure di rischio. Gli autori scoprono che l’ES (α = 0,99) presenta volatilità maggiori rispetto al VaR (α = 0,99) se il processo di rischio sottostante è modellato attraverso una distribuzione pareto generalizzata.

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Si osserva come il rapporto di volatilità VRt + 1 è il più alto per il metodo Hill, mentre per il GPD il GED (asimmetrico) e i rapporti del modello t di Student asimmetrico sono anche superiori a 1, ma non mostrano così grandi differenze tra le volatilità di entrambe le misure di rischio. Contrariamente a questi risultati, i rapporti di volatilità sono inferiori a uno durante la maggior parte del tempo se vengono utilizzate stime empiriche per la distribuzione delle innovazioni. Poiché non sono disponibili espressioni analitiche per il calcolo della volatilità di entrambe le misure di rischio, è stato usato un metodo di bootstrap (jackknife) per la loro derivazione. Utilizzando questo metodo le stime sono sempre esposte a una modifica del set di dati rispetto ad un valore. Sembra che l’ES empirica (α = 0,975) sia meno sensibile a questa procedura rispetto al Value-at-Risk (α = 0,99)87.

Conclusioni

I test di adeguatezza patrimoniale basati sul VaR sono stati ampiamente criticati per due ragioni: non danno credito alla diversificazione e non catturano il rischio di coda. In particolare a causa dell’ultimo punto, il VaR è stato spesso descritto come una misura di rischio degli azionisti: si focalizza sulla probabilità e non sulla misura del default. È stato visto nel corso della trattazione del probabile impatto relativo al passaggio dall’ES (α = 0,975) al Value-at-Risk (α = 0,99) sulla stima di entrambe le misure di rischio e il rischio di modello ad essa correlata. I rischi finanziari di solito sono ben catturati da distribuzioni asimmetriche e leptocurtiche. Di conseguenza, le stime derivanti dall’ES (α = 0,975) sono più alte rispetto a Value-at-Risk (α = 0,99) che porta ad un livello più elevato di requisiti patrimoniali. Mentre questo sembra intuitivo e probabilmente è dovuto alla volontà delle autorità di regolamentazione, troviamo anche il livello del rischio di modello essere più elevato per l’ES (α = 0,975).

Tuttavia l’ES pur considerando la diversificazione, porta a dei fenomeni inaspettati che non si conciliano con uno degli obbiettivi chiave del Regolatore, vale a dire la protezione degli azionisti. Fissando α ∈ (0,1), queste conseguenze non desiderate possono essere descritte come segue:

87 Questo comportamento potrebbe essere attribuito al fatto che le stime empiriche per i valori dei quantili

(nel caso del VaR) reagiscono in maniera più sensibile ad una singola variazione dei dati rispetto alla media dei valori sopra un determinato quantile (nel caso di ES)

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 Ogni volta che la α-esima coda {X <−𝑉𝑎𝑅𝛼(𝑋)} contiene stati in cui il surplus è strettamente positivo, l’𝐸𝑆𝛼 compensa le perdite subite dai creditori con i guadagni degli azionisti. Quindi 𝐸𝑆𝛼 dà vita a quel processo di compensazione degli interessi di creditori e azionisti;

 É possibile che un’istituzione finanziaria ritenuta accettabile sotto l’𝐸𝑆𝛼 mostri un peggior “behavior default” di una compagnia che è stata dichiarata inaccettabile dal test 𝐸𝑆𝛼. Quindi non è possibile affermare che consideri gli interessi degli azionisti.

 Una posizione accettabile secondo l’𝐸𝑆𝛼 può avere qualsiasi profilo di default permesso dal test VaRβ per ogni β ∈ (0,α). Quindi quando si tratti di atteggiamenti di default, il test di adeguatezza del capitale basato sull’ES è meno restrittivo del test VaRβ. Un test ESα consente di poter far passare una posizione da inaccettabile ad accettabile attraverso una semplice modifica della valuta di aggregazione. Quindi, utilizzando ESα come uno standard globale di solvibilità (applicato in ogni giurisdizione nella rispettiva moneta locale) apre ad opportunità di arbitraggio regolamentare. Più specificamente, l’analisi condotta spiega che il ricorso a tale arbitraggio regolamentare potrebbe essere più elevato quando si utilizza l’ES (α = 0.975), poiché i risultati della stima variano in misura superiore, anche se sono esclusi i modelli che non sono in grado di prevedere correttamente entrambe le misure di rischio. Inoltre, l’esposizione al rischio alla mancata specificazione dei parametri è più elevata per l’ES (α = 0,975) rispetto al valore a rischio (α = 0,99) e, ad eccezione della distribuzione empirica, le volatilità per l’ES (α = 0,975) tendono ad essere più elevate rispetto a Value-at-Risk (α = 0,99).

 Il desiderio di un’istituzione di proteggere la sua reputazione non è sufficiente a controbilanciare l’attrattiva di sfruttare le opportunità che esistono in un test ESα per creare profili di default estremi. In determinate circostanze, questo accumulo può essere raggiunto attraverso transazioni finanziarie sul mercato a costo zero. Quindi, in teoria, le istituzioni hanno un incentivo ad assumersi rischi estremi posizionati nell'α-esima coda consentita da ESα.

Ne consegue che, anche se l’ES cattura il comportamento della coda, i vantaggi di passare da un VaR a un regime ES devono comunque essere approfonditi. Poiché l’ES

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calcola la media su una certa α-esima coda, che può contenere scenari di default e di surplus, i test di ES potrebbero nascondere i veri rischi nascosti nella coda e dando segnali potenzialmente errati riguardo la pericolosità di una posizione agli azionisti. Nonostante tutto, questo non implica che il VaR sia una misura di rischio migliore dell’ES, infatti la seconda e quarta criticità menzionata nel suddetto elenco gravano anche sul VaR in modo ancor più pronunciato. Tuttavia, un test di VaR può indurre probabilmente di meno ad un falso senso di sicurezza solo perché ignora completamente la coda. Tenuto conto dei risultati di cui sopra, una questione naturale da chiedersi è se altre misure di rischio coerenti siano migliori in termini di surplus e di invarianza numerica. In conclusione, la scelta della misura di rischio su cui basare un test di adeguatezza di capitale rimane una questione di giudizio e sacrificare una caratteristica desiderabile a favore di un’altra caratteristica ritenuta più importante sembra inevitabile.

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