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Capitolo 2 La previdenza complementare in Italia

2.2. Tipologie di fondi

2.2.3. Dimensione del fenomeno

Dall’ultima analisi Covip di fine 2014 le forme pensionistiche complementari registrate ammontano a 496, di cui 38 sono fondi negoziali, 56 fondi aperti, 78 PIP, 323 fondi preesistenti e FondInps. Rispetto al 2013 il numero risulta ridotto di 13 unità.

A raccogliere quasi il 50% delle adesioni sono solo 11 fondi pensione, che registrano più di 100.000 iscritti. Quelli di minore dimensioni invece, con meno di 1.000 iscritti sono 268, prevalentemente fondi preesistenti che raccolgono complessivamente solo l’1% del totale degli iscritti. Alla fine del 2014 gli aderenti alle forme pensionistiche complementari sono 6,5 milioni, cioè il 29,4% degli occupati, una cifra irrisoria rispetto all’obiettivo di crescita prefissato. Più nel dettaglio i fondi negoziali hanno 1,9 milioni di aderenti, gli aperti oltre 1 milione, i fondi preesistenti 650.000. In continua crescita sono i PIP, che hanno superato i 2,4 milioni di aderenti, e i fondi aperti. Invece nel settore

dei fondi negoziali si intravedono segnali di dinamismo. E’ atteso un incremento delle adesioni nel settore edile, dove è stato introdotto un meccanismo di

adesione automatica innovativo che prevede il coinvolgimento, mediante il

versamento del contributo datoriale, di tutti i lavoratori dipendenti del settore, per una platea di riferimento pari a circa 500.000 unità. È’in aumento anche il

numero degli iscritti, circa 1,6 milioni, che non versano contributi, con una prevalenza del fenomeno tra le adesioni individuali rispetto alle collettive e tra i lavoratori autonomi rispetto a quelli dipendenti.

Con riferimento invece al patrimonio delle forme pensionistiche complementari, questo ha raggiunto 131 miliardi di euro, circa il 12% in più rispetto alla fine del 2013. Esso rappresenta l’8,1% del PIL e il 3,3% delle attività finanziarie delle famiglie italiane.

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54 Nel corso dell’anno sono stati raccolti contributi per 13 miliardi di euro, 600 milioni in più rispetto al 2013. Dei contributi versati, 5,3 miliardi di euro provengono da flussi di TFR, di cui l’82% confluisce nei fondi pensione negoziali e preesistenti.

In generale le forme pensionistiche hanno riportato rendimenti positivi,

beneficiando del buon andamento dei mercati finanziari, sostenuti dalle politiche monetarie espansive e dalle migliorate condizioni dell’economia globale.

I fondi pensione negoziali e quelli aperti hanno ottenuto in media rendimenti pari, rispettivamente, al 7,3 e al 7,5%; i PIP “nuovi” di ramo III hanno guadagnato il 6,8% e quelli di ramo I il 2,9%. Prendendo a riferimento un orizzonte più ampio, il rendimento medio annuo negli ultimi 5 anni si è attestato al 4,8% per i fondi negoziali e al 5,2% per i fondi aperti; per i PIP è stato pari al 4,9% per i prodotti di ramo III e al 3,2 per le gestioni separate di ramo I.

Rispetto al 2013 i costi medi sono rimasti stabili per tutte le forme di previdenza complementare. I PIP rimangono le forme più onerose, per le reti di

collocamento e i relativi meccanismi di remunerazione.

L’allocazione degli investimenti delle forme pensionistiche complementari hanno premiato titoli di debito per il 62% di cui circa i quattro quinti costituiti da titoli di Stato, le azioni per il 17% e per il 13% in OICR.

Gli investimenti immobiliari diretti e indiretti sono presenti quasi esclusivamente nei fondi preesistenti e ammontano a 4,2 miliardi di euro. Gli investimenti in fondi mobiliari chiusi rappresentano un fenomeno marginale.

Complessivamente gli investimenti destinati al nostro Paese ammontano a 34,5 miliardi di euro (35% del totale), di cui 28 miliardi sono rappresentati da titoli di Stato.

Se si escludono gli investimenti in titoli dello Stato italiano e la componente immobiliare, la quota di patrimonio che le forme pensionistiche complementari indirizzano verso il nostro Paese è limitata: gli investimenti in titoli emessi da imprese italiane ammontano a 2,6 miliardi di euro (3% del totale); di questi, 1,8 miliardi si riferiscono a titoli di debito e 0,8 miliardi a titoli di capitale. La quasi totalità è rappresentata da titoli quotati.

55 Alla fine del 2014 gli investimenti dei fondi pensione in titoli di capitale italiani costituiscono circa il 5% del portafoglio azionario complessivo, che ammonta a oltre 16 miliardi.

Ci sono margini dunque per un maggiore apporto da parte dei fondi pensione al finanziamento delle imprese nazionali e, più in generale, ai progetti di

investimento di medio-lungo periodo nel nostro Paese.

Molto importante è stata l’attività della COVIP nel corso del 2014 che nell’ambito del complessivo sistema di controlli ha determinato circa 600

interventi di vigilanza. Attraverso queste azioni l’Autorità ha dedicato particolare attenzione al processo di razionalizzazione dei fondi pensione, per superare realtà di minori dimensioni.

Inoltre è stata avviata la prima iniziativa di adesione c.d. contrattuale realizzata nel settore dell’edilizia dove è stato introdotto un meccanismo di adesione automatica innovativo che, attraverso il contributo datoriale e dei lavoratori, prevede il coinvolgimento di circa 500.000 unità.

Quanto agli Enti Previdenziali privati, l’azione della COVIP si inserisce in un più articolato sistema di vigilanza, che coinvolge altre istituzioni. Annualmente la COVIP infatti predispone e trasmette ai Ministeri vigilanti Lavoro ed Economia una relazione, per ciascun ente previdenziale, su articolazione delle attività detenute, redditività, politica di investimento, impiego delle risorse, sistema di gestione e controllo dei rischi.

Accanto a tale attività, la COVIP ha svolto ulteriori approfondimenti su specifici ambiti di operatività finanziaria che hanno riguardato singoli enti, dando sempre conto ai Ministeri vigilanti. Tali approfondimenti, hanno rivelato che le attività complessivamente detenute dagli enti di previdenza di base privati ammontano a 66 miliardi euro.

Gli attivi evidenziano una cospicua presenza di investimenti immobiliari che si attestano a quasi 20 miliardi di euro, corrispondenti al 30% delle risorse. Con riguardo agli altri investimenti, la quota più rilevante delle attività è investita in titoli di debito, pari a 20 miliardi (quasi il 30% delle attività); di questi il 66% è relativo a titoli governativi.

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Circa il 50% del patrimonio complessivo viene comunque investito in Italia. Tuttavia gli investimenti in titoli emessi da imprese italiane è contenuto:

ammonta a 2,5 miliardi, il 4%del totale delle attività, di cui 1,4 miliardi sono titoli di natura obbligazionaria e 1,1 miliardi di natura azionaria.

Le prospettive del settore: necessità di un “salto di paradigma”

Ad oltre 20 anni dalla loro istituzione, i fondi pensione costituiscono una radicata presenza nell’economia del Paese, con autonomia decisionale e finanziaria

sono però destinate a ridursi le aspettative di guadagno sui titoli a reddito fisso, che hanno costituito la forma prevalente di impiego delle risorse delle forme pensionistiche complementari. Oggi, dunque, la propensione dei fondi pensione verso il mercato obbligazionario rappresenta un fattore di criticità.

Massimizzare i rendimenti netti entro rischi “accettabili” rende necessario guardare a strumenti finanziari con un profilo di rischio più elevato, ma più redditizi.

Il momento attuale richiede pertanto un deciso “salto di paradigma” nei

processi organizzativi interni, nella capacità di gestire i rischi e di fronteggiare la concorrenza; nell’orientare le politiche di investimento verso un’allocazione più adeguata all’evoluzione del mercato, mantenendo comunque un’offerta ampia e coerente con le finalità previdenziali perseguite; nella ricerca di dimensioni adeguate, obiettivo cui si può concorrere anche con una maggiore dinamica concorrenziale fra le diverse forme pensionistiche e con un’apertura sempre più marcata al mercato europeo. Si tratta di misure che puntano a innalzare la pressione competitiva sulle forme complementari, che potrebbero contribuire a migliorare l’efficienza del sistema.

Tutto questo deve essere accompagnato da misure volte ad accrescere ulteriormente i profili di trasparenza al fine di favorire una maggiore consapevolezza nelle scelte dei lavoratori, data anche una significativa diversificazione dei costi praticati dalle diverse forme pensionistiche.

57 Al riguardo, la COVIP è in procinto di adottare misure tese a potenziare

la comparabilità fra le diverse forme, tanto in fase di adesione quanto di trasferimento, integrando la nota informativa con adeguate rappresentazioni. Nonostante il contesto economico in miglioramento, le politiche di protezione sociale e di sviluppo del welfare restano condizionate dal vincolo relativo al progressivo pareggio di bilancio, da conseguire nel 2017.

Tale obiettivo limita le politiche di sviluppo del welfare nei prossimi anni, soprattutto nei confronti dei due comparti che costituiscono le componenti di maggior rilievo della spesa pubblica in Italia: prestazioni sociali e sanità. Nel 2014, a fronte di una spesa delle amministrazioni pubbliche pari a 826 miliardi di euro, le due principali componenti della spesa sociale sono: le

prestazioni sociali in denaro per 328 miliardi di euro e la spesa sanitaria per 111 miliardi di euro. La somma delle due componenti di spesa, pari a 439 miliardi, costituisce oltre il 63% del totale della spesa corrente primaria, pari a 692 miliardi.

Il processo di riforma del sistema pensionistico richiede pertanto lo sviluppo di una previdenza complementare destinata da un lato ad integrare in modo significativo le prestazioni offerte dal sistema obbligatorio, dall’altro ad offrire una risposta adeguata all’esigenza di una maggiore flessibilità nell’uscita dal mondo del lavoro.

La bozza sulla relazione, in uscita nella forma definitiva a Dicembre 2015, secondo le parole del Presidente della Covip, Francesco Massicci <<sarà

sostanzialmente in linea con quella dell’anno precedente, ma con una venatura di ottimismo in più>> La ripresa seppur lenta e non definitivamente consolidata dell’economia sembra riuscire a contrastare le misure governative per frenare il settore ( aumento della tassazione, Tfr in busta paga).

Il tema della previdenza complementare deve essere posto all’attenzione del legislatore in chiave organica al fine di valutare iniziative che possano:

 da un lato, favorire lo sviluppo delle adesioni, soprattutto per quelle categorie (giovani – lavoratori autonomi) che sinora hanno tardato ad avvicinarsi alla previdenza complementare, anche mutuando esperienze

58 di altri Paesi che stanno dando buoni risultati e rafforzando le iniziative di diffusione della cultura previdenziale;

 dall’altro, realizzare una manutenzione evolutiva del sistema, in modo da adeguarlo all’evolversi delle esigenze e dei bisogni dei lavoratori.

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