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Fondi pensione chiusi (d.lgs 252/2005)

Capitolo 2 La previdenza complementare in Italia

2.2. Tipologie di fondi

2.2.1 Fondi pensione chiusi (d.lgs 252/2005)

I fondi pensione chiusi sono soggetti con o senza personalità giuridica, autonomi rispetto al soggetto promotore e istituiti a beneficio esclusivo di particolari categorie di lavoratori che appartengono alla stessa categoria professionale, alla stessa impresa o allo stesso territorio. Infatti questa tipologia di piani

pensionistici nasce grazie all’iniziativa delle parti sociali, lavoratori o imprese, che convengono nella istituzione del fondo e stabiliscono le modalità di

partecipazione.

La normativa italiana prevede l’esistenza di due tipologie di fondi chiusi:  Fondi a beneficio definito

 Fondi a contribuzione definita.

In realtà l’operatività dei fondi a beneficio definito è vincolata ai soli lavoratori autonomi e ai liberi professionisti, mentre è esclusa a priori alle altre categorie di destinatari. Dunque, per i lavoratori dipendenti le prestazioni erogate dai fondi pensione possono essere solo aggiuntive rispetto a quelle offerte dal primo pilastro, invece per i lavoratori autonomi e liberi professionisti è previsto anche l’accesso a fondi pensione di tipo integrativo, in grado di assicurare loro una pensione globale, pubblica e privata, pari alla percentuale predeterminata alla retribuzione percepita.

A prescindere da questa distinzione, tra regime a beneficio definito o

contribuzione definita, il criterio utilizzato per la gestione delle risorse è quello della capitalizzazione.

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a)Requisiti di partecipazione e godimento

Per quanto riguarda i requisiti di partecipazione e di godimento ai fondi pensione è prevista una distinzione importante: il Legislatore da un lato lascia un certo margine di discrezionalità per la definizione dei requisiti di accesso alle

prestazioni, dall’altro invece pone alcune condizioni limite necessarie per avere diritto al trattamento pensionistico.

Infatti il diritto alla pensione si acquisisce al compimento della stessa età pensionabile stabilita dal regime obbligatorio29 e solo dopo avere maturato un periodo di contribuzione al fondo non inferiore a cinque anni.

Sulla base di questa regola generale l’aderente può anche decidere di posticipare l’accesso alla pensione integrativa, decidendo di proseguire volontariamente nella contribuzione. In quest’ultimo caso, sarà lo stesso aderente a stabilire autonomamente il momento della fruizione della prestazione aggiuntiva. Qualora invece le prestazioni siano erogate con anticipo di cinque anni rispetto alla maturazione dei requisiti, devono presentarsi determinate condizioni quali: stato di inoccupazione per un tempo superiore a 48 mesi o invalidità permanente che comporti la riduzione delle capacità di lavoro a meno di un terzo.

D’altro canto è prevista anche la possibilità di richiede in qualsiasi momento un’anticipazione della posizione individuale maturata. In questo caso l’importo non potrà mai essere superiore al 75% e dovrà sempre essere motivato da esigenze di spese sanitarie a seguito di gravissime situazioni relative a sé, al coniuge e ai figli per terapie e interventi straordinari riconosciuti dalle

competenti strutture pubbliche30. In alternativa la motivazione può riguardare l’acquisto della prima casa di abitazione per sé o per i figli o per ristrutturazioni

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Riferimento obbligato alla Riforma Fornero: DL 201/2011 ha inasprito in generale i requisiti di accesso fissandoli a 66 anni per gli uomini (dipendenti ed autonomi) e per le lavoratrici del pubblico impiego; la riforma ha anche innalzato gradualmente i requisiti con riferimento alle lavoratrici del settore privato, con l'obiettivo di parificare l'età pensionabile tra uomini e donne entro il 2018 (anno in cui i requisiti saranno uguali per tutti).

30 Sull’importo erogato, al netto dei redditi già assoggettati ad imposta, è applicata una ritenuta a del 15% ridotta di una quota pari a 0,30% eccedente il quindicesimo anno di partecipazione al fondo, con un limite massimo di riduzione di 6 punti percentuali.

36 della prima casa per un massimo del 75%31. In aggiunta sono annoverate ulteriori esigenze degli aderenti per un importo non superiore al 30% chiedibile solo dopo che sono decorsi otto anni dall’iscrizione al fondo32.

Per quanto riguarda le modalità del riscatto, questo può essere parziale o

totale:

 È parziale nella misura del 50% della posizione individuale maturata, nei casi di cessazione dell’attività lavorativa che comporti l’inoccupazione non inferiore a 12 mesi e non superiore a 48 mesi, ovvero in caso di ricorso da parte del datore di lavoro a procedure di mobilità o cassa integrazione guadagni ordinaria e straordinaria.

 È totale invece per i casi di invalidità permanente che comportino la riduzione della capacità di lavoro a meno di un terzo e a seguito di cessazione dell’attività lavorativa o inoccupazione per un periodo di tempo superiore a 48 mesi. Tale facoltà può essere esercitata nel quinquennio precedente la maturazione dei requisiti di accesso alle prestazioni pensionistiche complementari.

In caso di morte dell’aderente prima della maturazione del diritto alla prestazione pensionistica, l’intera posizione individuale maturata è riscattata dagli eredi ovvero dai diversi beneficiari dallo stesso disegnati, siano essi persone fisiche o giuridiche. In mancanza di tale indicazione una parte della posizione viene devoluta a finalità sociali secondo le modalità stabilite dal “Ministro del lavoro e delle politiche sociali” e la parte restante invece viene devoluto al fondo pensione stesso33.

31 Devono essere decorsi otto anni di iscrizione al fondo e l’acquisto deve essere documentato da atto notarile

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Sugli importi erogati al netto dei redditi già assoggettati ad imposta, si applica una ritenuta di imposta del 23%.

33 Sulle somme percepite a titolo di riscatto è prevista una ritenuta a titolo di imposto del 15% ridotta dello 0,30% per ogni anno eccedente il quindicesimo anno di partecipazione a forme pensionistiche complementari con un limite massimo di riduzione di sei punti percentuali.

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b)Trasferibilità dei diritti maturati34

È previsto dal decreto in esame la possibilità di trasferimento dei diritti maturati. Per cui l’aderente, decorsi due anni dalla data di partecipazione ad una forma pensionistica complementare ha la facoltà di trasferire l’intera posizione

individuale maturata ad altra forma pensionistica sia per effetto di un passaggio ad attività lavorativa differente, sia in costanza del rapporto di lavoro.

Questo trasferimento non può essere ostacolato direttamente o indirettamente né da costi aggiuntivi a carico del lavoratore, né da clausole che risultino limitative di questo diritto. Il trasferimento comporta però l’adesione totale a un nuovo fondo pensione, che percepirà tutti i nuovi versamenti dell’aderente, tutti i

contributi volontari e datoriali ed anche il montante cumulato precedentemente35. Se da un lato il principio di portabilità delle posizioni previdenziali rafforza i presidi di tutela nei confronti degli aderenti, dall’altro solleva problemi più complessi. Infatti se spinta oltre i limiti, la portabilità rischia di confliggere con l’ottica di lungo termine che dovrebbe essere alla base degli investimenti previdenziali e si avrebbe come effetto solo quello di accresce i costi della gestione.

c) Devoluzione del TFR maturando

Uno degli aspetti peculiari della normativa italiana riguarda la modalità di contribuzione previste ai fondi, specie con riferimento ai lavoratori dipendenti. La soluzione normativa trovata per finanziare il fondo pensione è quella della devoluzione del Trattamento di Fine Rapporto(TFR) al fondo che risulta una manovra importante per risolvere il problema fondamentale della crescita della previdenza complementare nel nostro Paese.

La riforma del Trattamento di fine rapporto è addirittura decollata con un anno di anticipo rispetto alla tempistica stabilita dal decreto legislativo 252/200536.

34 Art 14 d.lgs n. 252/2005

35 C.d. “piena eleggibilità immediata”

36L’entrata in vigore del nuovo assetto era prevista dal 2008, invece, per effetto della legge Finanziaria

38 I contributi del trattamento di fine rapporto rappresentano già una forma di

risparmio, definito “risparmio forzoso”. Nasce in prima istanza come protezione dei periodi di disoccupazione, ma nel tempo si è trasformato in risparmio

previdenziale (per chi resta a lungo con lo stesso datore di lavoro).

La riforma ,che non tocca le quote di TFR già maturate ma solo quelle che maturano dal 1° gennaio 2007, o se successiva dalla data di assunzione ,segue il

principio della libera determinazione da parte dei soggetti interessati di versare

alla forma pensionistica complementare, cui si è deciso di aderire, il TFR maturando.

Tuttavia, mentre per i lavoratori autonomi e per i liberi professionisti il

finanziamento al fondo pensione si esaurisce con i contributi corrisposti dagli stessi aderenti, nel caso in cui si tratta di lavoratori dipendenti, invece si possono contemplare altre due forme di finanziamento che sono da un lato il contributo a carico del datore di lavoro(determinato sulla medesima base di calcolo prevista per il versamento eseguito dal lavoratore) e dall’altro il versamento di una quota o della totalità del TFR.

Quest’ultimo può essere conferito alle forme pensionistiche complementari con cadenza annuale secondo due modalità: modalità esplicite o modalità tacite.

 Modalità esplicite: il conferimento deve avvenire entro sei mesi dalla data di prima assunzione del lavoratore che può decidere di conferire l’intero importo del TFR maturando ad una forma di previdenza

complementare dallo stesso prescelta37; qualora il lavoratore, in alternativa decida, sempre nell’arco di sei mesi, di mantenere il TFR maturando presso il proprio datore di lavoro tale scelta può essere successivamente revocata decidendo per il conferimento del TFR maturando ad una forma pensionistica complementare. 38

37 Per la prima volta il lavoratore può scegliere liberamente il fondo a cui far affluire il TFR, sia esso aperto o realizzato mediante contratto di assicurazione, senza che il datore di lavoro si possa opporre. 38 Per le aziende con più di 50 dipendenti il TFR maturando verrà trasferito di obbligo al Fondo Tesoreria gestito dall’Inps per contro dello Stato.

39  Modalità tacite: queste seguono il meccanismo del “silenzio-assenso”.

Fanno riferimento alla situazione in cui il lavoratore non esprime alcuna volontà sulla destinazione del TFR maturando, e dunque a decorrere dal mese successivo della scadenza dei sei mesi ivi previsti, il datore può traferire il TFR maturando dei dipendenti alla forma pensionistica prevista dagli accordi o contratti collettivi, anche territoriali, salvo sia intervenuto un diverso accordo aziendale.

In caso di presenza di più forme pensionistiche di categoria il TFR

maturando è trasferito, salvo diverso accordo aziendale, a quella che abbia il maggior numero di iscritti tra i lavoratori dell’azienda.

Nel caso opposto, cioè in assenza di fondi che rispondono ai criteri citati, i flussi futuri di TFR vanno trasferiti alla forma pensionistica

complementare creata presso l’Inps, il FONDINPS39 .

Si delinea così un meccanismo distinto in tre percorsi differenti dove il criterio cardine rimane sempre quello del “silenzio-assenso” che pone il lavoratore in una situazione non semplice. Infatti egli è chiamato a decidere se conferire integralmente l’accantonamento annuo del TFR al fondo di previdenza complementare scelto o se lasciarlo nelle disponibilità del datore di lavoro. Per l’azienda l’accantonamento del TFR al fondo pensione comporta una perdita di capitale a basso costo ma un vantaggio fiscale. Invece il lavoratore

nell’effettuare la scelta fra il mantenimento del TFR presso il datore e l’adesione a una forma complementare, deve tener conto che nel primo caso si ha un incremento della quota di TFR maturata nell’anno, mentre la seconda soluzione risente dell’andamento di mercato dei titoli a cui fanno riferimento i fondi e le polizze assicurative con finalità previdenziale, con gli eventuali vantaggi e rischi che ne seguono.

In merito a ciò quindi il datore di lavoro, prima dell’avvio del periodo di sei mesi, ha l’obbligo di fornire al lavoratore adeguate informazioni sulle diverse scelte disponibili. Trenta giorni prima della scadenza dei sei mesi utili ai fini del

39 Forma pensionistica complementare a contribuzione definita, amministrata da una comitato dove è assicurata la partecipazione dei rappresentanti dei lavoratori e dei datori di lavoro.

40 conferimento del TFR maturando, il lavoratore che non abbia manifestato alcuna volontà deve ricevere dal datore di lavoro le necessarie informazioni relative alla forma pensionistica complementare verso la quale il TFR maturando verrà conferito. In merito alla scelta che viene compiuta dal datore di lavoro, gli statuti e i regolamenti delle forme pensionistiche complementari prevedono

l’investimento di tali somme nella linea a contenuto più prudenziale tale da garantire la restituzione del capitale e rendimenti comparabili, nei limiti previsti dalla normativa statale e comunitaria, al tasso di rivalutazione del TFR.

Una volta stabilito di destinare il TFR a un fondo pensione la scelta è

irrevocabile . In alternativa è data la possibilità di lasciare il TFR in azienda40

(ovvero, per le aziende con 50 o più dipendenti, al Fondo Statale gestito

dall’Inps). Questa opzione a favore dell’azienda può essere revocata in qualsiasi momento: in questo caso per il dipendente non cambia nulla rispetto alla

situazione preesistente all’entrata in vigore della riforma tale che al momento della cessazione del rapporto di lavoro gli verrà liquidato l’intero TFR maturato. Questa opzione a favore dell’azienda può essere revocata in qualsiasi momento. Il trasferimento del TFR alla previdenza complementare41 cambia in base all’anzianità di assunzione del lavoratore.

In particolare - secondo il decreto interministeriale 30/01/2007 di attuazione alla legge Finanziaria - si deve distinguere fra:

 lavoratori già assunti al 31 dicembre 2006: le quote di TFR da versare alla previdenza complementare sono quelle che maturano dal mese successivo a quello in cui è stata espressa la scelta del lavoratore da effettuarsi entro il 30 giugno 2007. Il primo versamento delle quote andrà comunque effettuato dopo il 30 giugno 2007.

 lavoratori che hanno fatto ingresso in azienda a partire dal 1° gennaio

del 2007 (neoassunti): hanno 6 mesi di tempo dalla data di assunzione per

esprimere la loro scelta. il datore di lavoro, se l’azienda conta 50 o più dipendenti, è tenuto a versare, via via che maturano, le quote mensili di

40 Ovvero, per le aziende con 50 o più dipendenti, al Fondo Statale gestito dall’Inps. 41

41 TFR al Fondo statale gestito dall’Inps, se i dipendenti sono meno di 50 il TFR rimane in azienda, per sempre, in caso di silenzio assenso o fino alla modifica della scelta da parte del lavoratore.

Lavoratori dipendenti iscritti alla previdenza obbligatoria prima del 29 aprile 1993:chi ha iniziato a lavorare prima del 29 aprile 1993 si trova di

fronte a più opportunità. Il lavoratore può decidere:

1. nell’ipotesi in cui abbia già aderito a un fondo pensione può continuare a contribuire con la stessa quota versata in precedenza, mantenendo presso il datore di lavoro il resto del TFR maturando; 2. può decidere di versare al fondo a cui è già iscritto l’intero TFR maturando;

3. se non è ancora iscritto può scegliere di trasferire il TFR futuro (anche solo nella misura fissata dagli accordi collettivi) ad una forma di previdenza complementare;

4. può decidere di non aderire alla previdenza complementare. In questo caso bisogna fare una distinzione in base alle dimensioni aziendali. Infatti se nel 2006 l’organico medio era composto da 49 dipendenti il datore di lavoro non deve effettuare nessuna scelta, oltremodo se l’organico medio era composto da 50 dipendenti allora il datore deve versare il TFR maturato dal 1°gennaio 2007, compresa la rivalutazione al fondo statale gestito dall’Inps.

Le soluzione della devoluzione del TFR dall’azienda a fondo pensione se da un lato consente di accumulare capitale per operare in maniera efficiente, dall’altro solleva numerose problematiche concernenti la perdita per le imprese di una fonte di finanziamento a basso costo rappresentate dal TFR. Infatti così viene meno quel meccanismo di accumulazione interna che grazie alla possibilità di accantonare nel bilancio delle imprese permette di incrementare il fabbisogno finanziario. Così per ovviare a queste perdite sono state introdotte delle misure compensative nella forma di sconti e contributi fiscali.

In ultimo si può osservare come in tema di devoluzione del TFR la decisione di mantenere il TFR in azienda permette la revoca dell’opzione iniziale in qualsiasi

42 momento da parte del lavoratore, mentre la seconda scelta di devolverlo a favore della previdenza è una scelta irrevocabile. Tra gli esperti questa disparità porta ad un problema di illegittimità stante il divario tra il principio di libertà di

partecipazione alla previdenza complementare e il regime monodirezionale che caratterizza l’adesione alla stessa tramite il conferimento del TFR.

Alla scelta legislativa di mobilizzazione del TFR si obietta inoltre che su 23 milioni di Italiani occupati, sono circa 11 milioni quelli che possono contare effettivamente sul TFR e paradossalmente si tratta di quei lavorati che meno hanno bisogno della previdenza integrativa, poiché le loro pensioni sono anche le più elevate42.

L’esperienza internazionale mostra che le modalità di adesione tacita al secondo pilastro previdenziale tendono ad indurre tassi di iscrizione elevati(intorno al 77- 80% dei potenziali lavoratori43).Tuttavia, appare chiaro come il silenzio-assenso non sarà una misura idonea per lo sviluppo ancor scarso della previdenza

integrativa italiana.

Il meccanismo del silenzio-assenso non deve essere utilizzato come una scorciatoia per accelerare il trasferimento del TFR attraverso scelte non

consapevoli ed individuali, ma deve essere un processo svolto con ogni sforzo possibile da parte del datore affinché il lavoratore esprima in modo consapevole le sue preferenze dopo un’attenta analisi delle possibili alternative che il

Legislatore concede.

42 Riferimento alla “Relazione per l’anno 2013-2014” della Covip. 43

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d) Il nuovo regime fiscale della previdenza complementare

L’aspetto più innovativo è rappresentato dalle agevolazioni fiscali introdotte dal Legislatore al fine, come detto, di incentivare i lavoratori e i datori ad aderire a forme di prevenzione complementare44.

Questo nuovo regime di tassazione non riguarda il TFR né le altre somme e indennità ricevute in dipendenza della cessazione del rapporto di lavoro, come le somme a titolo di indennità di preavviso, di patto di non concorrenza o di

incentivo all’esodo. Il TFR infatti è tassato secondo le previsioni nell’art 19 del Testo Unico delle imposte sul reddito (Tuir). Viene in tale sede calcolato l’aliquota media, ottenuta applicando le aliquote Irpef valide alla data di maturazione dell’indennità al reddito di riferimento, a sua volta determinato dividendo l’importo del TFR maturato per il numero di anni e frazione di anno preso a base di commisurazione del TFR e moltiplicato per 12. Inoltre, soltanto per le somme maturate dopo il 1° gennaio 2001, verrà ricalcolata l’imposta in base all’aliquota media di tassazione dei cinque anni precedenti a quello in cui è maturato il diritto alla pensione.

La disciplina fiscale delinea un sistema articolato nelle tre fasi di

accumulazione, investimento ed erogazione. Questo modello infatti è

sviluppato secondo lo schema “ETT” ( Esenzione-Tassazione-Tassazione), ovvero è prevista l’esenzione dei contributi (entro determinati limiti di

deducibilità), la tassazione dei rendimenti prodotti nella fase di accumulo e la tassazione delle prestazioni erogate, al netto della quota corrispondente ai rendimenti già tassati e al netto dei contributi non dedotti.

Più specificatamente:

 Nella fase di accumulo tutti i contributi versati alle forme di previdenza complementare, sia quelli versati dal lavoratore che quelli versati dal datore di lavoro sono interamente deducibili dal reddito Irpef fino ad un massimo di 5.164,67 euro. La novità è rappresentata dall’eliminazione del doppio vincolo, cioè del limite fissato all’importo più piccolo tra il 12% del reddito ed euro 5.164,57 che vigeva in precedenza.

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44  Inoltre al lavoratore assunto dopo il 31/12/2006 è previsto che nei 20 anni

successivi al quinto anno di partecipazione a forme pensionistiche

complementari, ha la possibilità di dedurre contributi eccedenti il plafond annuo di 5.164,57 euro. L’ammontare si determina come differenza positiva tra

25.822,85 euro e i contributi effettivamente dedotti nei primi 5 anni, con il massimo di 2.582,29 euro annui (massimo deducibile annuo: 7.746,86 euro). In ogni caso questa deduzione non potrà essere superiore ad euro 2.582.29 annui.

 I rendimenti, vale a dire gli incrementi positivi conseguiti a seguito della gestione finanziaria delle risorse, non sono soggetti ad IRPEF, IRES ed IRAP. Essi sono, invece, assoggettati ad un’imposta sostitutiva dell’11%, aliquota che è sostanzialmente più bassa rispetto a quella applicata sui rendimenti realizzati da altre forme di investimento.

 Nel momento in cui si raggiungono i presupporti per il ricevimento della pensione, si può scegliere se ottenere una prestazione sotto forma di capitale (nella misura massima del 50%) o di rendita. In entrambi i casi il prelievo fiscale sarà esercitato solo sulla parte non ancora assoggettata a tassazione durante la fase di accumulo: saranno quindi esclusi i contributi non dedotti (oltre la soglia di 5.164,57 euro ) e i rendimenti già tassati.

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