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La dimensione territoriale della variabilità dell’inflazione derato dell’intervallo di variazione dei tassi di

Nel documento RAPPORTO ANNUALE (pagine 56-65)

inflazio-ne delle municipalità. Nel complesso, emerge una mar-cata diminuzione dello scarto tra il tasso di crescita mi-nimo e massimo dei prezzi misurati nei capoluoghi di provincia, che segnala una diminuzione del grado di variabilità territoriale del fenomeno inflazionistico. In particolare, nel 2002, il tasso di inflazione rilevato a li-vello locale è risultato compreso tra un minimo dell’1,4 per cento e un massimo del 4,3 per cento. Nell’anno successivo gli estremi dell’intervallo sono risultati ri-spettivamente pari all’1,6 e al 3,7 per cento. La disag-gregazione per ripartizioni geografiche evidenzia come la riduzione dell’intervallo interessi tanto l’area setten-trionale del Paese quanto quella meridionale. Per con-tro, nelle regioni centrali, la differenza tra il tasso di in-flazione massimo e minimo è aumentata nell’ultimo an-no rispetto al 2002.

Sia per quanto riguarda l’incidenza delle città a in-flazione superiore alla media sia per il grado di varia-bilità dei tassi di crescita dei prezzi, tra il 2002 e il 2003, si registra un aumento del grado di omogeneità del fe-nomeno inflazionistico nell’insieme delle regioni set-tentrionali. Differenze permangono, invece, rispetto al-le altre aree del Paese, in special modo, nel Mezzogior-no dove la dinamica dei prezzi al consumo misurati a li-vello provinciale nel 2003 si è mantenuta, nel comples-so, su tassi di crescita relativamente elevati.

Infine, considerando la diffusione territoriale di si-tuazioni di persistenza di spinte inflazionistiche più so-stenute, nel 12,3 per cento delle città capoluogo esami-nate, il ritmo di crescita dei prezzi al consumo è risulta-to più elevarisulta-to di quello nazionale sia nel 2002 sia nel 2003. Il fenomeno è più diffuso nelle regioni del Nord-est e del Mezzogiorno d’Italia dove, rispettivamente, il 21 e il 17 per cento delle province ha registrato, in en-trambi gli anni, tassi di crescita dei prezzi superiori al-la media nazionale. X Numerosità Deviazione standard 2002 Deviazione standard 2003

numero % numero % min max range min max range

Nord-ovest 18 4 22,2 4 22,2 1,6 4,3 2,7 1,6 3,3 1,7 0,60 0,41 Nord-est 19 10 52,6 4 21,1 1,4 3,3 1,9 1,7 3,4 1,7 0,48 0,40 Centro 18 5 27,8 5 27,8 1,8 3,4 1,6 1,6 3,6 2,0 0,38 0,52 Mezzogiorno 18 7 38,9 6 33,3 1,6 3,7 2,1 2,1 3,7 1,6 0,45 0,48 Italia 73 26 35,6 19 26,0 1,4 4,3 2,9 1,6 3,7 2,1 0,49 0,47 RIPARTIZIONI GEOGRAFICHE Città al di sopra della media nazionale 2002 Città al di sopra della media nazionale 2003 Variazione 2002 Variazione 2003

Fonte: Istat, Indagine sui prezzi al consumo

Tavola 1.24 - Città capoluogo di provincia con tasso di crescita medio annuo dei prezzi al consumo superiore alla media nazionale - Anni 2002-2003

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principalmente al più elevato grado di persistenza evidenziato, negli ulti-mi anni, dal fenomeno inflazionistico in Italia rispetto alla maggior parte degli altri paesi dell’Uem.

Il confronto tra i tassi di variazione sui dodici mesi dei prezzi al con-sumo mostra come, a partire dal secondo trimestre del 2002 fino a quasi a metà dell’anno successivo, l’inflazione abbia manifestato in Italia una dinamica più accentuata rispetto alla media degli altri paesi dell’Unione monetaria (Figura 1.18). In questo arco temporale, il divario nel ritmo di crescita in ragione d’anno dei prezzi al consumo si è ampliato, sebbene con un andamento non monotono, passando dai due decimi di punto per-centuale di aprile 2002 all’1,4 per cento di maggio 2003. Nella seconda metà dell’anno è emerso un andamento opposto, con una risalita del tas-so di inflazione del resto dell’Uem a fronte della discesa registrata nel no-stro Paese e il differenziale è diminuito in dicembre a sette decimi di pun-to percentuale. Nei primi mesi del 2004, tuttavia, la forbice si è riaperta parzialmente, in conseguenza di una discesa dell’inflazione meno veloce in Italia che nella media degli altri paesi dell’area dell’euro.

1.2.5 Mercato del lavoro

Nell’area dell’euro, dopo il picco ciclico raggiunto nella primavera del 2002, la crescita dell’occupazione si è interrotta. Secondo le stime della Banca centrale eu-ropea basate su dati armonizzati dei conti nazionali, il profilo congiunturale del-l’occupazione è rimasto piatto per tutto il 2003. Il risultato ha riflesso il protrarsi sia del calo della domanda di lavoro nel settore primario e nell’industria, sia della modesta creazione netta di posti di lavoro nel terziario. Per quel che riguarda le grandi economie dell’area, l’occupazione si è ridotta in Germania (-1,1 per cento nella media del 2003) mentre è aumentata marginalmente in Francia; in Spagna, alla sostenuta dinamica dell’attività produttiva ha corrisposto un’evoluzione della domanda di lavoro particolarmente robusta (+1,9 per cento).

-0,5 0,0 0,5 1,0 1,5 2,0 2,5 3,0 3,5

gen-00 lug-00 gen-01 lug-01 gen-02 lug-02 gen-03 lug-03 gen-04

Differenziale Italia - Resto dell'Uem Uem

Resto dell'Uem Italia

Fonte: Eurostat

Figura 1.18 - Indici armonizzati dei prezzi al consumo nell’Uem e differenziale dell’Italia rispetto al resto dell’Uem - Anni 2000-2004 (variazioni

per-centuali rispetto al corrispondente mese dell’anno precedente)

La crescita dell'occupazione si interrompe nell'Uem …

In Italia, il volume di lavoro assorbito dal sistema economico ha registrato lo scorso anno una crescita pari, nelle valutazioni di contabilità nazionale, allo 0,4 per cento (104 mila unità di lavoro standard), anche se decisamente più contenu-ta che nel recente passato. Alla nuova marcacontenu-ta flessione dell’input di lavoro in agricoltura (-3,7 per cento) si è associato un modesto progresso nell’industria (0,4 per cento) e un’attenuazione del ritmo di sviluppo nei servizi (0,8 per cento).

In base all’indagine sulle forze di lavoro il numero di occupati è aumentato nel 2003 dell’1,0 per cento (225 mila persone). La differenza rispetto alla dinamica delle unità di lavoro standard è imputabile principalmente all’aumento del ricorso alla Cassa integrazione guadagni e alla contrazione delle posizioni lavorative plu-rime6, entrambi motivati dalla situazione di ristagno dell’attività economica.

In rallentamento rispetto agli anni precedenti, la dinamica dell’occupazione è stata caratterizzata da un indebolimento dei tassi di crescita tendenziali tra la pri-ma e la seconda parte del 2003. Sulla base dei dati depurati dalla stagionalità l’au-mento dell’occupazione, ancora significativo in gennaio e aprile, si è interrotto a partire dall’estate sia nel Centro-nord sia nel Mezzogiorno. In quest’ultima area peraltro, dopo tre anni di crescita prossima o superiore a quella dell’intero terri-torio nazionale, l’occupazione aveva già manifestato una dinamica molto conte-nuta tra l’inizio dell’anno e la primavera. Con la rilevazione di gennaio 2004 la de-celerazione della tendenza espansiva dell’occupazione ha trovato conferma. Il ritmo di crescita tendenziale della domanda di lavoro è sceso allo 0,8 per cento (167 mila persone). In confronto a ottobre 2003, al netto dei fattori stagionali, il numero di occupati è aumentato dello 0,2 per cento (Figura 1.19).

Nel corso del 2003 l’aumento dell’occupazione ha riguardato prevalentemen-te le classi di età più anziane. Emersa progressivamenprevalentemen-te a partire dal 1999, la ri-composizione delle forze di lavoro occupate in favore degli individui con alme-no cinquanta anni di età si è accentuata. I lavoratori di età compresa tra 50 e 64 anni, che costituivano il 19,4 per cento dell’occupazione complessiva nel 1999 e il 20,2 per cento nel 2002, hanno rappresentato lo scorso anno il 20,8 per cento del totale degli occupati. Più in particolare, il numero di occupati nella classe di età 50-59 anni ha segnato un incremento di 153 mila unità, che ha rappresentato circa due terzi dell’aumento complessivo dell’occupazione. A tale evoluzione hanno concorso fattori demografici, relativi alla presenza nella popolazione oc-cupata delle coorti particolarmente numerose dei nati a cavallo degli anni Cin-quanta, e le modifiche della normativa previdenziale degli anni Novanta, che hanno determinato il graduale innalzamento dei requisiti di età e di contribuzio-ne per l’accesso alle pensioni di vecchiaia o di anzianità. Un ulteriore fattore può essere attribuito all’allentamento del divieto di cumulo tra pensione e altri reddi-ti previsto dalla legge finanziaria per il 2003. Gli stessi dareddi-ti dell’indagine sulle for-ze di lavoro confermano che l’aumento dell’occupazione delle classi di età più anziane corrisponde a una riduzione delle uscite. Con riferimento alla classe di età 50-59 anni, nel 1999 per ogni 100 occupati 5,1 avevano lasciato il posto per pensionamento; nel 2003, il tasso di uscita dall’occupazione verso la pensione è sceso al 3,4 per cento.

6Per un verso, le persone coinvolte dalla Cassa integrazione sono classificate dall’indagine come occupati mentre sono esclusi dal calcolo delle unità di lavoro dei conti nazionali; per l’altro, le pre-stazioni lavorative plurime non rientrano nel computo del numero di occupati dell’indagine mentre sono incluse nella stima della quantità di lavoro utilizzata dal sistema produttivo. Occorre inoltre ricordare che l’indagine sulle forze di lavoro, diversamente dai conti nazionali, considera come sin-golo occupato ogni soggetto con una prestazione lavorativa anche a orario ridotto mentre esclude specifiche categorie (lavoratori che abitano in convivenze, militari di leva, stranieri non regolari) e la popolazione non residente che lavora in unità produttive dislocate sul territorio nazionale.

… e rallenta in Italia

Aumentano gli occupati tra gli over 50

La crescita dell’occupazione ha nuovamente riguardato in misura più consi-stente la componente femminile che, nella media del 2003, è aumentata dell’1,6 per cento (circa il doppio di quella maschile), rappresentando il 57 per cento del-l’incremento complessivo dei posti di lavoro. Nel corso dell’anno, tuttavia, la di-namica dell’occupazione femminile si è attenuata, restando modesta anche nella rilevazione di gennaio 2004. La struttura per sesso dell’occupazione ha registrato una modifica marginale: la quota delle donne sul totale degli occupati lo scorso gennaio è risultata pari al 37,9 per cento, appena un decimo di punto in più ri-spetto a un anno prima. Resta pertanto ampio il divario del nostro Paese, in ter-mini di incidenza dell’occupazione femter-minile, rispetto all’Ue (43,0 per cento nel 2002) e a Francia e Germania (45,3 e 44,6 per cento rispettivamente).

Con riguardo alla popolazione tra 15 e 64 anni, il tasso di occupazione è sali-to nel 2003 al 56 per censali-to, sei decimi di punsali-to in più rispetsali-to a un anno prima, ma la dinamica ascendente, già in rallentamento nel 2002, si è ulteriormente af-fievolita (+1,1 e +0,8 punti percentuali nel 2001 e nel 2002). In parallelo alla mag-giore permanenza nel mercato del lavoro, il tasso di occupazione specifico della classe 55-64 anni è salito al 30,3 per cento (28,9 per cento nel 2002). Nonostan-te il persisNonostan-tere di una Nonostan-tendenza positiva, il tasso di occupazione italiano rimane ampiamente al di sotto del dato medio dell’Ue (64,2 per cento nel 2002).

La fase di crescita più contenuta dell’occupazione ha coinvolto le posizioni la-vorative dipendenti, aumentate in media dell’1,2 per cento, il più modesto incre-mento dal 1999. Nell’area meridionale il tasso di crescita del lavoro subordinato è passato dal 3,1 per cento del 2002 allo 0,6 per cento, a causa della sensibile de-celerazione della dinamica del terziario. Per l’occupazione autonoma, al calo del-la seconda parte del 2002 è seguito un moderato recupero, che ha indotto un au-mento dello 0,5 per cento nella media del 2003. Il contributo degli indipendenti alla crescita dell’occupazione totale è comunque rimasto limitato. Nel gennaio 2004 la tendenza espansiva delle posizioni lavorative dipendenti si è ulteriormen-te atulteriormen-tenuata, con un tasso di crescita ulteriormen-tendenziale dello 0,9 per cento; per quelle in-Nuovo sviluppo dell'occupazione femminile 99 101 103 105 107 109 111 113 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004

Italia Centro-nord Mezzogiorno

Fonte: Istat, Rilevazione trimestrale sulle forze di lavoro

Figura 1.19 - Occupati per ripartizione geografica - Anni 1995-2004 (dati

destagio-nalizzati, numeri indice in base 1995=100)

Tassi di occupazione ancora al di sotto della media Ue

dipendenti l’evoluzione è rimasta moderatamente positiva, con un incremento dello 0,5 per cento.

A consuntivo del 2003, il 75 per cento dell’aumento dell’occupazione dipen-dente ha riguardato posizioni a tempo indeterminato e orario pieno. Il contribu-to della tipologia contrattuale standard, particolarmente significativo nelle prime tre rilevazioni dello scorso anno, si è ridotto in ottobre (Figura 1.20). Dei 149 mi-la dipendenti in più a tempo indeterminato e orario pieno registrati dall’indagine sulle forze di lavoro nella media del 2003, 102 mila si collocavano nel Centro-nord e 47 mila nel Mezzogiorno. Gran parte dell’aumento di tali posizioni ha ri-guardato i soli individui di età compresa tra i 50 e i 54 anni, a conferma del rile-vante ruolo svolto dall’estendersi delle permanenze nella condizione di occupa-to. Contrariamente al precedente biennio, l’espansione dell’occupazione perma-nente ha trovato modesto supporto nella misura del credito d’imposta, introdot-to dalla legge finanziaria per il 2001, a favore dell’occupazione a tempo indeter-minato. Dopo la soppressione degli incentivi nel luglio 2002, le modifiche proce-durali e in termini di tetto di spesa, apportate dalla successiva reintroduzione del provvedimento con la legge finanziaria per il 2003, hanno difatti ridotto la con-venienza per le imprese all’utilizzo di tale incentivo.

La dinamica dell’occupazione a termine e/o a tempo parziale, rallentata all’inizio del 2003 e interrottasi in primavera, ha ripreso slancio in luglio e si è accentuata in ottobre. Il fenomeno, concentrato nel terziario, ha riguarda-to esclusivamente il Centro-nord e soprattutriguarda-to la componente femminile. In questo quadro, il numero dei lavoratori con contratto a tempo determinato, risentendo della flessione intervenuta nel Mezzogiorno, ha registrato nella media dello scorso anno un modesto incremento; l’incidenza sul totale dei dipendenti è rimasta invariata al 9,9 per cento. Anche la quota di lavoratori a tempo parziale è restata pressoché stabile (dal 9,1 per cento del 2002 al 9,2 per cento). Soltanto l’incidenza delle lavoratrici part-time nelle regioni

set-Tempo indeterminato e orario pieno trainano l’occupazione dipendente 0,0 0,3 0,6 0,9 1,2 1,5 1,8 2,1 2,4

2002 gen-03 apr-03 lug-03 ott-03 gen-04

Permanenti a tempo pieno A termine e/o a tempo parziale

Fonte: Istat, Rilevazione trimestrale sulle forze di lavoro

Figura 1.20 - Contributi delle diverse tipologie contrattuali alla variazione dell’oc-cupazione dipendente - Anni 2002-2004 (valori percentuali)

Si dimezza l'incremento dell'occupazione nell'industria

tentrionali ha segnalato un significativo progresso, portandosi al 20,4 per cento dell’occupazione femminile dell’area. Nei dati più recenti, relativi al gennaio 2004, l’aumento dell’occupazione a termine e/o a tempo parziale si è ulteriormente accentuato, contribuendo per circa la metà all’espansione delle posizioni lavorative dipendenti.

Anche nel 2003 l’allargamento della base occupazionale si è concentrato nei servizi (Tavola 1.25). Nell’indagine sulle forze di lavoro il numero di oc-cupati nel terziario è aumentato dell’1,1 per cento (159 mila persone), con-tribuendo per 0,7 punti percentuali all’incremento complessivo dell’occupa-zione. In base ai dati destagionalizzati, la crescita si è interrotta nella secon-da parte dell’anno, anche a causa dell’ansecon-damento negativo emerso per il la-voro autonomo. L’espansione dell’occupazione terziaria si è concentrata nel commercio, alberghi e pubblici esercizi (120 mila persone in più nel 2003, pari al 2,8 per cento) e nei servizi alle imprese (53 mila persone, pari al 3,2 per cento) dove pure si è registrato un netto rallentamento rispetto agli an-ni precedenti.

All’inizio del 2004 la domanda di lavoro del terziario ha riacquistato vi-gore con un incremento congiunturale dello 0,5 per cento (69 mila perso-ne in più rispetto a ottobre 2003), cui ha concorso sia il prolungarsi della crescita dei dipendenti sia un recupero di dinamismo del lavoro autonomo. Al lordo dei lavoratori in cassa integrazione guadagni (Cig), l’industria in senso stretto ha registrato nel 2003 un aumento degli occupati dello 0,5 per cento (26 mila persone), dimezzato in confronto a un anno prima. Il rallentamento del ritmo di crescita si è esteso sia al lavoro dipendente sia

Migliaia Var. % Migliaia Var. % Migliaia Var. % Migliaia Var. % Migliaia Var. %

Agricoltura 180 9,9 224 -1,7 148 -9,3 524 -3,2 1.075 -1,9 Industria 2.474 1,1 1.776 2,7 1.244 0,1 1.524 0,9 7.019 1,3 In senso stretto 1.991 -0,1 1.403 1,9 912 -1,1 904 1,3 5.210 0,5 Costruzioni 483 6,0 373 5,7 333 3,7 620 0,4 1.809 3,5 Servizi 3.918 1,3 2.785 0,4 3.102 2,8 4.155 0,4 13.960 1,1 Totale 6.572 1,4 4.785 1,1 4.494 1,6 6.203 0,2 22.054 1,0 Agricoltura 40 0,0 63 -1,6 51 -12,1 298 -1,0 452 -2,1 Industria 1.974 0,8 1.403 3,1 928 0,8 1.160 0,6 5.465 1,3 In senso stretto 1.693 -0,7 1.193 2,4 727 -0,7 717 1,3 4.329 0,4 Costruzioni 281 10,6 210 7,1 201 5,8 443 -0,5 1.135 4,7 Servizi 2.843 1,5 1.970 0,5 2.256 2,9 3.061 0,7 10.129 1,4 Totale 4.857 1,2 3.436 1,5 3.235 2,0 4.519 0,6 16.046 1,2 Agricoltura 140 12,9 161 -1,8 97 -7,6 226 -6,2 623 -1,7 Industria 500 2,0 373 1,1 316 -1,6 364 2,0 1.554 1,1 In senso stretto 298 3,5 210 -0,5 185 -2,6 187 1,6 881 0,8 Costruzioni 202 0,0 163 3,2 132 0,8 177 2,3 674 1,5 Servizi 1.075 0,8 815 0,0 846 2,4 1.094 -0,7 3.831 0,6 Totale 1.715 2,1 1.349 0,1 1.259 0,6 1.684 -0,9 6.008 0,5 ATTIVITÀ ECONOMICHE TOTALE DIPENDENTI INDIPENDENTI Ripartizioni geografiche Italia

Nord-ovest Nord-est Centro Mezzogiorno

Tavola 1.25 - Occupati per ripartizione geografica, posizione nella professione e settore di attività economica - Anno 2003 (migliaia di persone e variazioni percentuali rispetto all’anno precedente)

Fonte: Istat, Rilevazione trimestrale sulle forze di lavoro Crescita dell’occupazione concentrata nel terziario Aumentano le occupate part-time al Nord

a quello autonomo. Il fenomeno ha interessato l’intero territorio naziona-le, a esclusione delle regioni del Nord-est. La perdurante debolezza del-l’attività industriale ha continuato a incidere negativamente sull’occupa-zione delle grandi imprese (500 addetti e oltre), in discesa ininterrotta da oltre un decennio: al netto della cassa integrazione essa è diminuita in me-dia d’anno del 3,2 per cento. Alla contrazione della base occupazionale nelle imprese di maggiore dimensione si è associato un aumento del ricor-so alla cassa integrazione, in particolare di quella straordinaria. In termini di ore autorizzate, gli interventi di sostegno al reddito, motivati da proces-si di ristrutturazione e riconverproces-sione industriale, hanno manifestato conti-nui accrescimenti soprattutto nel comparto della meccanica. Nel 2003 gli interventi straordinari hanno segnato un incremento del 70,4 per cento (circa 44 milioni di ore in più rispetto al 2002), il più elevato dall’inizio de-gli anni Ottanta.

L’occupazione industriale dopo aver manifestato una decelerazione della crescita nel 2003 ha segnato lo scorso gennaio una significativa ri-duzione. In base ai dati destagionalizzati dell’indagine sulle forze di lavo-ro, tra ottobre 2003 e gennaio 2004 il numero di occupati è sceso dello 0,6 per cento (30 mila persone) riportandosi sullo stesso livello di dodici me-si prima.

Nel settore edile è proseguita la lunga fase espansiva in atto dal 1999. Al sensibile progresso registrato dall’indagine sulle forze di lavoro in gen-naio e aprile ha fatto seguito una dinamica più contenuta nelle successive rilevazioni, che ha portato la crescita nella media del 2003 al 3,5 per cento (61 mila persone). La decelerazione nella seconda parte dell’anno ha anche riflesso il previsto venire meno degli incentivi fiscali alla ristrutturazione degli immobili, ripristinati sul finire del 2003. Il ritmo di sviluppo con-giunturale della manodopera occupata nelle costruzioni è nuovamente tor-nato a crescere significativamente in gennaio (+0,9 per cento, pari a 17 mi-la persone in più rispetto a ottobre 2003).

Nel 2003 l’offerta di lavoro è aumentata dello 0,7 per cento (157 mila persone), con un’espansione più contenuta di quella degli anni precedenti. Alla riduzione del ritmo di sviluppo della componente maschile si è ac-compagnata quella più sostenuta della componente femminile. La divari-cazione per sesso dei tassi di crescita dell’offerta si è ulteriormente ristret-ta, restando a favore delle donne. Nella media del 2003, a fronte di un in-cremento dello 0,9 per cento delle forze di lavoro femminili, quelle ma-schili sono aumentate dello 0,5 per cento (1,3 e 0,6 per cento rispettiva-mente nel 2002). Il rallentamento della dinamica dell’offerta, già marcato nella seconda parte del 2003, è proseguito nell’indagine del gennaio 2004, quando il tasso di crescita tendenziale è sceso allo 0,3 per cento.

Al moderato ampliamento dell’offerta ha corrisposto un limitato innal-zamento della partecipazione al mercato del lavoro. Nella classe di età tra 15 e 64 anni, il tasso di attività è passato dal 61,0 per cento del 2002 al 61,4 per cento del 2003. Nel Mezzogiorno, per la prima volta dal 1996, il tasso di attività si è ridotto (dal 54,0 al 53,7 per cento), a sintesi di una stabiliz-zazione di quello maschile e del calo di quello femminile. Il progresso del-la partecipazione al mercato del del-lavoro nelle restanti ripartizioni ha ampli-ficato i divari territoriali.

Al divario tra la crescita della domanda e quella dell’offerta ha corri-sposto una riduzione del numero delle persone in cerca di occupazione sceso, nella media del 2003, a due milioni 96 mila unità (96 mila in meno rispetto al 2002). Il restringimento dell’area dei senza lavoro è risultato proporzionalmente più ampio nel Mezzogiorno. Vi ha inciso,

contestual-Prosegue la fase espansiva delle costruzioni

mente alla perdita di dinamismo della domanda di lavoro, la rinuncia di parte dell’offerta a intraprendere concrete azioni di ricerca di un impiego. Come già nel 2002, il calo dello stock dei disoccupati che hanno perso (o abbandonato) il lavoro è stato relativamente più ampio di quello delle per-sone in cerca di occupazione provenienti dalle non forze di lavoro (con o senza precedenti esperienze professionali). È proseguita su tutto il territo-rio nazionale la discesa della componente di lunga durata della disoccupa-zione, portatasi al 57 per cento del totale della disoccupazione (59 per cen-to nel 2002). Nel Mezzogiorno, tuttavia, il 66 per cencen-to dei disoccupati era alla ricerca di un’occupazione da almeno un anno (67 per cento nel 2002). D’altro canto, nelle regioni meridionali, a testimonianza della persistente difficoltà all’inserimento lavorativo dei giovani, la quota di disoccupati di lunga durata tra i soggetti sprovvisti di precedenti esperienze lavorative è rimasta invariata intorno al 78 per cento.

Il tasso di disoccupazione si è attestato nella media del 2003 all’8,7 per

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