• Non ci sono risultati.

Dimostrazione del risultato principale

In questa sezione, l’ultima di questo capitolo, cercheremo di arrivare alla dimostra- zione del Teorema 29, e quindi di ciò che volevamo provare questo capitolo, ossia il Teorema 25. Il modo in cui vorremmo farlo sarà verificare le ipotesi del Lemma 42 nel caso la costante di quasisimmetria di fτ sia vicina a 1, il che ci permetterà

grazie al Lemma 43 di verificare le ipotesi del Teorema 61 e quindi migliorare la costante di quasisimmetria di fτ. Otterremo quindi un argomento induttivo per il

Teorema 29.

Lemma 62. Per ogni δ2, T1 >0 esiste K > 1 tale che, se le seguenti condizioni

sono rispettate

• A, B, C sono geodetiche orientate in H2, d(A, C) > 0 e B separa A e C

• d(A, C) ≤ T1

• O è l’ortogonale comune per A e C • x = A ∩ O, y = B ∩ O • f : ∂H2 → ∂H3 è K−quasisimmetrica • ∂A0 = f(∂A), ∂B0 = f(∂B), ∂C0 = f(∂C) • O0 è l’ortogonale comune a A0 e C0, e x0 = A0 ∩ O0 • N è l’ortogonale comune a O0 e B0, e y0 = N ∩ O0 si ha d(O0, B0) ≤ δ 2, e |dO0(x0, y0) − d(x, y)| ≤ δ2.

1.5. DIMOSTRAZIONE DEL RISULTATO PRINCIPALE 37

Figura 1.7: Le tre geodetiche descritte nell’ipotesi del teorema, prima e dopo l’applicazione di f.

Dimostrazione. Nella figura 1.7 vedremo com’è fatta la configurazione d’ipotesi. Iniziamo analizzando il caso in cui d(A, C) sia abbastanza piccolo, minore di un certo T2 >0, e che f sia 2−quasisimmetrica. Allora applicando una trasformazione

di Möbius su dominio e codominio di f possiamo supporre ∂A = ∂A0 = {0, ∞}, e

1 ∈ ∂O∩∂O0, utilizzando i modelli rispettivamente del semipiano e del semispazio.

Da ciò segue che ∂C = {c,1

c} per un certo c ∈ R piccolo che possiamo supporre

positivo, e allo stesso modo ∂C0 = {c0, 1

c0}, sempre con un c0 ∈ C piccolo con

f(c) = c0, f(1c) = c10.

Prendiamo ora ∂B = {b0, b1}, con b0,b11(0, c). Allora |f(b0)| < 10|c0|, e

|f(b1)| > 101|c10| dato che f è 2−quasisimmetrica e fissa 0 e ∞. A questo punto

però scegliendo a monte T2 abbastanza piccolo possiamo rendere d(O0, B0), d(x, y)

e d(x0, y0) piccoli quanto vogliamo, e concludere quindi che per ogni δ

2 >0 esiste

T2 >0 per cui se d(A, C) ≤ T2 e f è 2−quasisimmetrica, si ha

d(O0, B0), |d(x, y) − d(x0, y0)| < δ2

per cui ci resta solo da mostrare che per ogni δ2 esiste K > 1 tale che se d(A, C) ∈

[T2, T1] (T2 dipendente da δ2) e valgono tutte le altre ipotesi, allora

d(O0, B0), |d(x, y) − d(x0, y0)| < δ2. (1.5.1)

Se ciò non fosse vero, potremmo trovare delle successioni An, Bn, Cn e fn per

cui queste ultime siano Knquasisimmetriche con Kn→1, ma per cui non vale la

a inizio dimostrazione e passando eventualmente a una sottosuccessione otteniamo come limiti A, B, C e l’identità. Allora però, definendo di conseguenza A0

n come

la geodetica i cui estremi siano le immagini di quelli di An e facendo altrettanto

per B0

n e C

0

n con le rispettive geodetiche, abbiamo A

0 n → A 0 = A, B0 n → B 0 = B e C0

n → C0 = C. Inoltre, dato che l’ortogonale comune a due geodetiche varia in

modo continuo quando la distanza complessa è non nulla, On → O e O0n → O

0,

per cui d(O0, B0

n) → 0 e d(B

0

n, O) 6= 0. Aggiungendo il fatto che N

0

n → N, che

(xn, yn, x0n, yn0) → (x, y, x0, y0) e che x0 = x, y0 = y, abbiamo che

|d(x0n, y0n) − d(xn, yn)| → 0

per cui la 1.5.1 vale per n abbastanza grande, contro l’ipotesi d’assurdo.

Ammettiamo che per un τ ∈ D la rappresentazione ρτ : π1(S0) → PSL(2, C)

sia quasifuchsiana e prendiamo fτ : ∂H2 → ∂H3 la mappa quasisimmetrica norma-

lizzata che coniuga ρ0 a ρτ. Mostriamo ora che l’ipotesi del Lemma 42 è verificata

se fτ è abbastanza vicina all’essere conforme.

Corollario 63. Dato T1 possiamo trovare K1 > 1 tale che se fτ è K1− quasi-

simmetrica, allora vale quanto segue. Se C0(0), Cn+1(0) sono geodetiche in C0(R)

tali che d(C0(0), Cn+1(0)) ≤ T1 , Ci al variare di i ∈ {1, . . . , n} comprende tutte le

geodetiche intermedie tra C0 e Cn+1, e le notazioni per O(0), O(τ), zi(0), zi e Ci(τ)

sono come quelle utilizzate per tutto il capitolo, abbiamo che d(O, Ci), |d(zi, zi+1) − d(zi(0), zi+1(0))| < 1

4e5

.

Dimostrazione. Applichiamo il lemma precedente con δ2 = 16e15. Allora abbiamo

d(O, Ci) < 16e15 per ogni i. Inoltre

|d(z00, zi0) − d(z0(0), zi(0))| < 1

16e5

e lo stesso vale sostituendo i+1 al posto di i, per cui per disuguaglianza triangolare |d(zi0, zi+10 ) − d(zi(0), zi+1(0))| <

1 8e5

inoltre sempre per la disuguaglianza triangolare d(zi, zi+1) ≤ d(zi0, z

0

i+1)+d(O, Ci)+

d(O, Ci+1), per cui

|d(zi, zi+1) − d(zi(0), zi+1(0))| <

1 4e5

1.5. DIMOSTRAZIONE DEL RISULTATO PRINCIPALE 39 Siamo ora pronti a completare la dimostrazione del Teorema 29. Sia R > R1 =

10. Dal momento che lo spazio delle rappresentazioni quasifuchsiane di π1(S0) è

aperto (nello spazio di tutte le rappresentazioni), esiste 1 ∈(0, 1) tale che D(0, 1) è

il disco più grande tra quelli centrati in 0 in cui fτ è K1−quasisimmetrico per ogni τ

appartenente a quel disco, dove K1è la costante del corollario precedente. Abbiamo

potuto scegliere 1 strettamente positivo dal momento che f0 è 1−quasisimmetrica

e dato K > 1 esiste un intorno aperto di 0 nello spazio dei τ tale che in quell’intorno ogni fτ sia K−quasisimmetrica. Per il corollario precedente, l’ipotesi del Lemma

42 è valida per fτ per ogni τ ∈ D(0, 1). Prendiamo C0(0), Cn+1(0) ∈ C0(R) tali che

d(C0(0), Cn+1(0)) ≤ T1, dove T1 è la costante del Teorema 61. Dal Lemma 43, per

R abbastanza grande e per ogni τ ∈ D(0, 1) abbiamo |d0O(C0, Cn+1)| ≤ 109T1eT1.

Da qui otteniamo

|d0(C0(τ), Cn+1(τ)) − dO(0)(C0(0), Cn+1(0))| ≤ 1091T1eT1

per ogni τ ∈ D(0, 1).

Sia ora 0 < δ1 = δ1(

K1, K1) la costante corrispondente del Teorema 61;

mostreremo che 1 ≥ 109Tδ1

1eT1. Se infatti così non fosse, dalla stima precedente

avremmo, per il Teorema 61 che fτè

K1−quasisimmetrica per ogni τ ∈ D(0, 1), e

quindi anche per i valori nella chiusura del disco. Dunque fτ è K1−quasisimmetrica

per ogni τ ∈ D(0, ) per un certo  > 1, ma questo contraddice la definizione di

1. Da questo possiamo dedurre che per ˆ = 109Tδ1

1eT1, per ogni τ ∈ D(0, ˆ) e per R

abbastanza grande la mappa fτ è K1−quasisimmetrica.

Mostriamo ora in breve l’altra stima del Teorema 29. Il teorema di estensione di Slodkowski afferma che possiamo estendere le fτ a mappe quasiconformi di ∂H3

tali che la dilatazione di Beltrami µτ(z) = ∂f∂fττ(z) vari olomorficamente in τ per

ogni z ∈ H3. Per un z fissato applichiamo il lemma di Schwarz alla funzione µ

τ(z),

Capitolo 2

Rappresentazioni di gruppi di

superfici in M

3

Nel capitolo precedente abbiamo dimostrato che il nostro risultato, il teorema della superficie di Kahn-Markovic, segue dall’ipotesi di avere una rappresentazione valida con le coordinate ridotte complesse di Fenchel-Nielsen abbastanza vicine a quelle date. In questo capitolo vogliamo dimostrare che effettivamente è possibile trovare una tale rappresentazione, introducendo i concetti di etichettamento e di insieme dei pantaloni sghembi su una data varietà.

2.1

Etichettamenti

Da questo momento utilizzeremo la notazione M3 = H3/G per indicare una data

3−varietà iperbolica chiusa, con G relativo gruppo Kleiniano. Con Γe Γ indi-

cheremo rispettivamente l’insieme delle geodetiche chiuse in M3 orientate e non

orientate e, data una geodetica orientata γ Γ, con −γindicheremo la stessa

considerata però con l’orientazione opposta.

Consideriamo un paio di pantaloni topologici Π0, e ricordiamo che un paio

di pantaloni in una 3−varietà iperbolica chiusa M3 è un omomorfismo iniettivo

ρ : π1(Π0) → π1(M3), considerato a meno di coniugio. Un paio di pantaloni

in M3 è determinato da - e determina - una mappa continua f : Π0 → M3,

considerata a meno di omotopia. Inoltre un omomorfismo iniettivo ρ come quello di cui sopra determina, sempre a meno di coniugio, una rappresentazione ρ : π1(Π0) → PSL(2, C).

Fissata un’orientazione e un punto base su Π0, possiamo prendere un omeo-

morfismo ω : Π0 Π0 che preservi l’orientazione, sia di ordine tre (vale a dire,

ω3 = Id) e agisca come una permutazione senza punti fissi sui bordi di Π0; una

volta fissato uno dei bordi C, i bordi orientati di Π0 li chiameremo ωi(C) al variare

dell’indice i, cosa che possiamo fare appunto per la proprietà di ω di permutare i bordi. Possiamo supporre inoltre che il punto base di Π0 sia fissato da ω. Con un

piccolo abuso di notazione chiameremo ancora ω : π1(Π0) → π1(Π0) l’isomorfismo

tra gruppi fondamentali indotto dall’omeomorfismo in questione.

Scegliamo ora c ∈ π1(Π0) come l’elemento della classe di coniugio corrispon-

dente a C tale che ω−1(c)cω(c) = Id.

Definizione 64. Detta ρ : π1(Π0) → G una rappresentazione fedele, diciamo che

ρ è ammissibile se per ogni i ∈ {0, 1, 2} si ha che ρ(ωi(c)) è una trasformazione di Möbius iperbolica, e

hl(ωi(C)) = l

i(C))

2

dove l(ωi(C)) la prendiamo con parte immaginaria in (−π, π). Detta inoltre ρ

una rappresentazione ammissibile, un paio di pantaloni sghembi Π è la classe di coniugio di ρ. L’insieme dei pantaloni sghembi lo indicheremo come Π.

Definiremo ora un’involuzione R : Π → Π, che riprenderemo più volte in questo capitolo e sarà di fondamentale importanza in esso.

Definizione 65. Per ogni paio di pantaloni sghembi Π ∈ Π definiamo R(Π) in

questo modo. Detta ρ : π1(Π0) → G una rappresentazione ammissibile la cui classe

di coniugio sia Π, supponiamo che ρ(ωi(c)) = A

i ∈ G, e sia ρ1 : π1(Π0) → G tale

che ρ1(ω−i(c)) = A−1i . Diremo allora che R(Π) = [ρ1].

La mappa R : Π → Π è un’involuzione senza punti fissi, ed è facile verificare che non dipende dal rappresentante ρ scelto per definirla.

Per Π classe di coniugio di ρ chiamiamo con γ(Π, ωi(c)) ∈ Γla geodetica

orientata che rappresenta la classe di coniugio di ρ(ωi(c)); è valida l’identità

γ(R(Π), ωi(c)) = −γ(Π, ω−i(c))

per via della definizione di R, per ogni i. L’insieme di coppie (Π, γ), con γ=

γ(Π, ωi(c)), viene chiamato insieme dei pantaloni sghembi marcati e si indica con

Π∗.

La R definita qui sopra induce su Πun’altra involuzione senza punti fissi, che

chiameremo ancora R : Π→ Π, data da

R(Π, γ(Π, ωi(c))) = (R(Π), γ(R(Π), ω−i(c))). Per finire, possiamo definire una nuova mappa rot : Π→ Πcome

rot(Π, γ(Π, ωi(c))) = (Π, γ(Π, ωi+1(c)))

2.1. ETICHETTAMENTI 43

Definizione 66. Detto L insieme finito di etichette, diciamo che una mappa lab :

L → Πè una mappa di etichettamento valida se

• Esiste un’involuzione RL: L → L tale che R(lab(a)) = lab(RL(a)) per ogni

a ∈ L

• Esiste una bigezione rotL : L → L tale che rot(lab(a)) = lab(rotL(a)) per

ogni a ∈ L.

Un caso di etichettamento che è utile esaminare è il seguente. Chiamiamo NΠ l’insieme delle somme formali sugli interi non negativi di pantaloni sghembi orientati, e diciamo che W ∈ NΠ è simmetrico se

W = n1(Π1+ R(Π1)) + . . . + nmm+ R(Πm))

per alcuni ni interi positivi e Πi ∈ Π. Ogni W simmetrico induce un etichetta-

mento valido nel seguente modo: definiamo L come l’insieme delle coppie (j, k) con j intero compreso tra 1 e 2(n1+ . . . + nm), k ∈ {0, 1, 2}, e lab così:

• lab(j, k) = (Πs, γ∗(Πs, ωk(c))) per j dispari e compreso tra 2(n1+ . . . + ns−1)

e 2(n1+ . . . + ns)

• lab(j, k) = (R(Πs), γ∗(R(Πs), ω−k(c))) per j pari e compreso tra 2(n1+ . . . +

ns−1) e 2(n1+ . . . + ns).

(In altre parole, brevemente: ai primi 2n1 valori di j è associato Π1 se j è

dispari, R(Π1) se j è pari, e k corrisponde alla componente di bordo k−esima; gli

altri indici sono attribuiti alla stessa maniera sugli altri pantaloni considerati). La bigezione RL è data da

RL(j, k) = (j − δ(j), k)

con δ(j) = (−1)j; da lì viene poi definita la bigezione rot

L in maniera coerente.

Definizione 67. Data σ : L → L involuzione, diciamo che σ è ammissibile

rispetto a un etichettamento valido lab se, preso a ∈ L e lab(a) = (Π1, γ) per un

Π1 ∈ Π con γ= γ(Π1, ωi(c)) per un qualche i, si ha

lab(σ(a)) = (Π2, −γ∗)

Notiamo che ogni etichettamento valido ha un’involuzione ammissibile σ : L → L data da σ(a) = RL(a).

Supponiamo di avere un etichettamento valido lab : L → Πe un’involuzione

ammissibile σ : L → L; costruiamo una superficie topologica chiusa S0 dotata di

una decomposizione in pantaloni C0 e una rappresentazione ρ

lab,σ : π1(S0) → G

nel seguente modo.

Innanzitutto per ogni a ∈ L abbiamo lab(a) = (Π, γ) ∈ Π. Consideriamo

l’insieme di tutte le geodetiche γottenute al variare di a ∈ L a meno del segno:

questo sarà l’insieme C0. Ora, detto lab(a) = (Π, γ), gli elementi ottenuti dall’a-

zione di rotL su a sono tutti e soli i b ∈ L tali che lab(b) = (Π, δ∗) per una qualche

geodetica δ: per questo, a ogni elemento di L/rot

L corrisponde una copia del paio

di pantaloni orientato Π0. I pantaloni in questione vengono incollati secondo σ;

vale a dire, se ho lab(a) = (Π1, γ) e lab(σ(a)) = (Π2, −γ∗), incolleremo Π1 e Π2

lungo γ. Così facendo abbiamo definito una superficie chiusa S0 di cui C0 sarà una

decomposizione in pantaloni, e una rappresentazione ρlab,σ. Si può infine verificare

che S0 è connessa se e solo se l’azione del gruppo delle bigezioni hR

L,rotL, σi è

minimale su L, ossia L è il più piccolo insieme invariante per l’azione di questo gruppo, ed è in particolare abbastanza intuitivo il fatto che ogni sottoinsieme in- variante per l’azione di quel gruppo corrisponda a una componente connessa di S0.

Preso a ∈ L, si ha (Π, γ) = lab(a) e (Π

1, −γ) = lab(σ(a)) per dei pantaloni

sghembi Π, Π1 ∈ Π. Detto hl(a) = hl(ωi(C)), con hl(ωi(C)) calcolata per la

rappresentazione corrispondente al paio di pantaloni sghembi Π, otteniamo che

hl(a) = hl(σ(a)) per la definizione di rappresentazione ammissibile. Detto infine l(a) = l(σ(C)), abbiamo facilmente l(a) = l(σ(a)) e hl(a) = l(a)2 . In questo modo,

abbiamo esteso la nozione di hl agli elementi di L.

Ora ci interessa approfondire la struttura del fibrato unitario normale N1(γ) di

una data geodetica chiusa γ ⊂ M3. Il fibrato N1(γ) ha una struttura differenziabile

indotta ed è diffeomorfo a un toro. Gli elementi di N1(γ) sono coppie (p, v), dove p

è un punto di γ e v ∈ TpM3 è un vettore unitario ortogonale a γ in p. Denoteremo

l’unione disgiunta dei fibrati al variare di γ tra le geodetiche chiuse di M3 con

N1(Γ).

Scelta un’orientazione γper γ, consideriamo C come un gruppo additivo e per

ζ ∈ C costruiamo la mappa Aζ : N1(γ) → N1(γ) come Aζ(p, v) = (p1, v1), dove p1

e v1 sono definiti come segue.

Consideriamo ˜γsollevamento di γsu H3 e (˜p, ˜v) ∈ N1(˜γ) un sollevamento di

(p, v). Supponendo che ˜γsia la geodetica tra 0 e ∞ sul modello del semispazio

di H3, prendiamo A

ζ ∈ PSL(2, C) la cui definizione su ∂H3 è Aζ(w) = eζw,

w ∈ ∂H3(ricordiamo che, una volta definita un’isometria sul bordo di Hn, questa si

estende in modo unico a tutto Hn). Definito (˜p

2.1. ETICHETTAMENTI 45 stabiliamo che (p1, v1) ∈ N1(γ) è la proiezione di (˜p1,˜v1) ∈ N1(˜γ). La definizione

non dipende dal sollevamento ˜γscelto.

Se A1

ζ : N1(γ) → N1(γ) e A2ζ : N1(γ) → N1(γ) sono le azioni di C su N1(γ)

costruite rispettivamente su γ orientato in un modo e γ orientato nell’altro modo, su N1(γ) abbiamo allora A1

ζ = A2−ζ = (A2ζ)

−1. A meno di specificarlo, con A

ζ

denoteremo genericamente4 una qualsiasi di queste due azioni.

Il gruppo C agisce transitivamente su N1(γ). Se l(γ) è la lunghezza di tra-

slazione complessa di γ (vale a dire, la distanza complessa tra due sollevamenti successivi di un dato (p, v) ∈ N1(γ)) con parte immaginaria in (−π, π), abbiamo

che Al(γ) = Id su N1(γ). Ciò vuol dire che la mappa A

l(γ)

2 è un’involuzione, il che

ci permette di definire N1(γ) = N1(γ)/A

l(γ)

2 . Anche qui, l’unione disgiunta dei

fibrati sarà denotata da N1(Γ).

Il gruppo additivo C agisce anche su N1(γ); esiste un’unica struttura com-

plessa su N1(γ) tale che l’azione A

ζ sia tramite mappe biolomorfe. Con questa

struttura complessa si ha

N1(√γ) ≡ C/l(γ)

2 Z + 2πiZ



La corrispondente distanza euclidea su N1(γ) la chiameremo dis. Allora, per |ζ|

piccolo abbiamo dis ((p, v), (Aζ(p, v))) = |ζ|, dove con Aζ(p, v) continuiamo a chia-

mare (Aζ(p), dAζ(v)). Inoltre abbiamo anche la mappa indotta Aζ : N1(

√ Γ) → N1(Γ) al variare di ζ ∈ C, dove la restrizione di A

ζ su ogni N1( √ γ) è definita come sopra. Prendiamo ora (Π, γ) ∈ Πe γk tale che (Π, γk) = rotk(Π, γ), per valori di

k in {1, 2}. Sia δkuna geodetica orientata in M3 tale che sia ortogonale a γ∗ e γk, e determiniamo la sua orientazione in modo che sia diretta da γverso γk∗. Se pk = δk∩ γ

e v

k è il vettore unitario in pk con la stessa direzione di δk∗, dal

momento che il paio di pantaloni Π è una classe di coniugio di una rappresentazione ammissibile come da Definizione 64, abbiamo che Al(γ)

2 scambia (p1

, v1) e (p2, v2),

per cui la classe [(pk, vk)] ∈ N1(

γ) non dipende da k, e ha senso porre la seguente definizione. Nella figura 2.1 mostriamo questa costruzione.

Definizione 68. Definiamo la mappa foot : Π∗ →N1(√Γ) come

footγ(Π) = foot(Π, γ∗) = [(pk,vk)] ∈ N1(γ).

Possiamo subito notare che foot(Π, γ) = foot(R(Π, γ)). Per come l’abbiamo

definita, la mappa foot intuitivamente indica il piede della geodetica partente da uno degli altri due bordi del paio di pantaloni e ortogonale sia ad esso che a γ,

Figura 2.1: Il modo di costruire v1 e v2.

Osservazione 69. Sia S0 una superficie topologica chiusa con una decomposizione

in pantaloni C0, e ρ : π

1(S0) → G una rappresentazione tale che ρ ristretta al grup-

po fondamentale di ciascun paio di pantaloni soddisfi le ipotesi della Definizione 64, dove G è sempre il gruppo Kleininano associato a M3. Dato un bordo C ∈ C0

prendiamo Π1, Π2 i due pantaloni di tale decomposizione che abbiamo C come

bordo, e denotiamo i corrispondenti pantaloni marcati come (Π1, γ) e (Π2, −γ).

Consideriamo inoltre s(C) la coordinata complessa ridotta di Fenchel-Nielsen re- lativa a C per ρ e A1

ζ l’azione su N1(

γ) corrispondente all’orientazione γ, e scegliamo ζ0 ∈ C tale che

A1ζ0(foot(Π1, γ∗)) = foot(Π2, −γ).

Questo ζ0 è univocamente determinato a meno di una traslazione in l(γ)2 Z + 2iπZ.

Se A2

ζ è l’altra azione abbiamo

A2ζ0(foot(Π2, −γ∗)) = foot(Π1, γ∗)

dal momento che A1

ζ◦ A2ζ = Id. In altre parole, la scelta di ζ0 non dipende da quale

delle due Aζ scegliamo. D’altra parte sappiamo che s(C) ∈ C/

l(γ)

2 Z + 2iπZ



, e per come abbiamo definito ζ0 abbiamo che s(C) è uguale a ζ0 − iπ, ovviamente

sempre modulo l(γ)

2 Z + 2iπZ.

Siamo ora pronti a enunciare un teorema molto importante, dato che da questo sarà possibile dimostrare quello su cui verte questo lavoro, il Teorema 1.

Documenti correlati